La tecnica della pittura/CAP. VIII.

CAP. VIII. Le sostanze coloranti

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CAP. VII. CAP. IX.
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CAPITOLO VIII




Le Sostanze coloranti.


I
colori in uso nella pittura, a seconda della loro provenienza originaria, si dividono in colori minerali, vegetali ed animali.

I colori minerali sono composti formati in seno alla natura da sostanze metalliche generalmente unite all'ossigeno ed allo zolfo e fissate sulla creta o la silice, che loro togliendo l'aspetto scintillante e le proprietà che contraddistinguono i metalli, li trasformano nelle masse pietrose più o meno compatte e colorate sotto le quali comunemente si presentano in commercio.

Più spesso l'industria rifacendo con processi più rapidi il lento lavoro che si compie nelle viscere della terra o creando nuove combinazioni appresta all'arte un numero considerevole di colori minerali artificiali.

I colori minerali più noti sono il bianco di piombo e di zinco, le ocrie gialle e rosse, il cinabro, il minio, il verderame, il cobalto, la malachite, il lapislazzuli, ecc.

I colori vegetali che, per numero, possono vincere i minerali, ma non rispondono nell'uso per l'arte a quelle esigenze di solidità che formano il pregio principale dei colori [p. 150 modifica]minerali, vengono comunemente estratti dalle piante per mezzo dell'ebullizione o macerazione di quelle parti che li contengono, in liquidi adatti, dai quali per sublimazione o precipitate si ricavano le materie coloranti in forma di polveri inconsistenti e bisognevoli di essere combinate all'allumina o alla creta che loro dà il corpo necessario per l'uso pittorico.

Sostanze vegetali colorate si estraggono dalla radice di robbia, dai semi di guado, dal legno di campeggio, dal verzino, dalla grana d'Avignone, dalla curcuma, dal querciolo, dalla noce di galla, dal zafferano, ecc. Altre provengono dalla torrefazione o carbonizzazione di vegetali, come il bistro, la fuliggine, il nero di sarmenti di vite, di nocciuole di pesca, di sughero, ecc.

I colori animali si ricavano da trattamenti particolari di sostanze contenute in alcuni organi o dalla carbonizzazione di alcune parti di animali. Appartengono à questa più ristretta specie il carmino, la cocciniglia, la porpora, la seppia, i neri d'avorio, di corna di cervo. Dei colori d'anilina, prodotti dalla distillazione del catrame, universalmente noti per la straordinaria intensità colorante ma altresì per la pronta alterazione alla luce, è inutile qualsiasi cenno descrittivo non potendosi che ascrivere à fortuna liberarne completamente qualsiasi colore d'uso per l'arte che ne fosse per caso inquinato.

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Le materie coloranti per essere utilizzabili per l'arte devono prestarsi ad essere ridotte in uno stato molecolare uniforme che assicuri il regolare comportarsi del colore nei miscugli sulla tavolozza giacchè soltanto in questa uniforme intima costituzione della sostanza colorante la luce, che è [p. 151 modifica]causa del colore, può agire su ciascuna minima parte in maniera eguale.

Ma l'omogeneità d'apparenza che dietro conveniente elaborazione si può ottenere da un numero infinito di sostanze minerali, vegetali ed animali, non basta per formare un colore adatto alle complesse esigenze dell'uso pittorico occorrendo per ciò altre proprietà specifiche, che sono:

una intensità massima verso i colori costituenti la luce, cioè il rosso, l'aranciato, il giallo, il verde, l'indaco ed il violetto;

la maggiore possibile resistenza alle azioni fisiche e chimiche che possano alterarne l'aspetto nelle condizioni comuni di conservazione dei dipinti;

l'inerzia di fronte ai veicoli occorrenti per l'impiego dei colori e nei miscugli di colore con colore nell'infinità di combinazioni fatte dall'artista sulla tavolozza.

Sono queste le condizioni che delimitano d'un tratto il numero delle sostanze sparse in natura idonee all'uso pittorico; e dipende dalla difficoltà di trovare riuniti tali requisiti nei colori già in uso nella pittura l'insistente ricerca di perfezionarli.

La ragione di richiedere la massima intensità nei colori da porsi sulla tavolozza si spiega abbastanza riflettendo come dai colori intensi col sussidio del bianco possa discendere un'infinita gradazione di tinte più chiare, mentre da colori chiari sia impossibile risalire a più intensi quando non si avesse che il nero per modificarne il tono.

Altrettanto comprensibile è che i colori non debbano nell'atto del lavoro per le mescolanze necessarie e l'aggiunte di solventi od essiccanti opportuni alla condotta del dipinto essere soggetti a repentini cambiamenti e meno poi che si dovesse aspettare che da colori bianchi, rossi, verdi dovessero per reazioni comunque previste e dirigibili, come [p. 152 modifica]nella pittura a smalto o nella ceramica, risultarne degli azzurri, dei neri o dei violetti — inconvenienti ed inciampi che ridurrebber l'arte del dipingere ai gradi inferiori appunto per queste impotenze di dominio che riducono l'artista schiavo e non padrone dei propri mezzi quasi sempre quando le difficoltà da vincere per l'imitazione del vero sono più grandi ed è più sentita la necessità di materiali ubbidienti alla mano ed all'intelligenza che deve guidarli.

Nè alcuno potrebbe disconoscere l'importanza del terzo requisito che si richiede nei colori perchè le opere si mantengano nella perfetta integrità di rapporti di tinte stabilite dal pittore, per i quali ci è dato di valutarne il singolare valore pittorico.

Ma se rispetto all'intensità delle materie coloranti si può dire acquietata l'esigenza dell'artista perchè nei colori artificiali o naturali disponibili trova la varietà ed i contrasti necessari per la sua arte; e pure rispondano gli stessi colori, coi veicoli di sussidio ritrovati dall'esperienza, a mantenere le difficoltà dell' esecuzione del dipinto nel puro àmbito delle difficoltà intrinseche dell'arte — non così si può dire che si sia provveduto ancora, compatibilmente colla natura delle materie coloranti e gli effetti che si sono raggiunti in altre epoche d'arte, alla inalterabilità delle tinte dacchè il dipinto è compiuto.

Indipendentemente dagli esempi eccezionali di conservazione offerti da molte pitture antiche sta il fatto che le sostanze coloranti si alterano più o meno profondamente per azione della luce, dell'atmosfera e per il contatto stesso fra colore e colore, cioè nelle condizioni nelle quali sarebbe necessario che si mostrassero più resistenti, giacchè i dipinti vanno continuamente esposti alla luce, e la loro superficie esterna è in permanente contatto coll'aria ed i miscugli dei colori sono indispensabili per l'esecuzione stessa del dipinto. [p. 153 modifica]Ora è troppo ovvio che se tutto lo studio dei processi e dei materiali pittorici tende a dare a tutte le singole parti del dipinto la maggiore solidità possibile nel senso che principalmente sia guarentita l'incolumità della superficie dei colori, nella quale veramente si riduce il valore artistico che interessa di conservare, torna evidente come le alterazioni d'ogni sorta dei detti colori siano il punto verso cui devono convergere l'attenzione e l'attività del pittore per impedirne o ridurne o trasportarne all'avvenire più lontano il danno inevitabile.

Senonchè i mezzi posti a disposizione dell'artista per raggiungere tale scopo sono pochissimi, come in genere sono pochi i mezzi che riescono ad impedire in modo permanente lo svolgersi delle forze naturali, ond'è bene che il pittore si abitui per tempo a riconoscere l'assurdità della pretesa di eternare i colori — concetto infiltratosi nell'arte assai più per la superficiale cognizione del materiale tecnico che per una dimostrata positiva capacità di riuscirvi. — Nè meglio che da un qualche esame della natura dei colori, del loro modo di formazione e delle cause che ne rendono transitoria la durata può aversi un'idea delle condizioni vere nelle quali avviene il contrasto fra il tempo che esercita l'ineluttabile suo diritto sui colori e l'artista che vorrebbe arrestarlo.

Il colore non è una qualità inerente ai corpi. I corpi assorbono o lasciano passare o respingono certi raggi della luce che li colpisce ed è questa la causa del colore col quale si mostrano. Riguardo alla luce non vi sono corpi perfettamente opachi nè perfettamente trasparenti. Un metallo può essere ridotto in lamina così sottile da dare passaggio per trasparenza alla luce, e il vetro, l'acqua più limpida purchè aumentati di spessore possono precluderne la via sino ad estinguerla compiutamente. Tal corpo assorbe tutti i [p. 154 modifica]raggi colorati della luce meno che i rossi e ci appare rosso, tal altro non assorbe nessuna qualità di raggi ma li respinge tutti e risulta bianco.

Il colore dunque, come si è detto, non è una proprietà della materia ma soltanto un effetto della particolare azione che ogni corpo esercita sulla luce. Questo effetto però è indubbiamente condizionato alla costituzione fisica e chimica dei corpi, vedendosi dai cambiamenti portati su l'uno o l'altro di questi stati modificarsi il colore.

Così se meccanicamente con un brunitojo si forzano le molecole superficiali di un metallo greggio ad una direzione diversa, l'effetto luminoso si cambia come si cambia il color giallo dello zolfo in rosso quando lo zolfo si combina ad una certa quantità di mercurio.

Le sostanze coloranti dal colore più o meno intenso non ripetono tale aspetto se non da questa costituzione molecolare: tanto è vero che operando in guisa da modificarla sia con un atto meccanico come il triturarle, quanto con una combinazione come il fonderle con altro corpo, l'effetto immediato sarà immancabilmente un cangiamento del loro colore primitivo.

La dipendenza dell'effetto delle sostanze coloranti dalla loro disposizione molecolare intima, vale a dire della condizione che la materia offre allo svolgersi delle leggi che governano la luce, risulta da qualunque punto di vista si tenti di penetrare oltre l'impressione superficiale che un colore può destare. Le materie coloranti ricavate dallo stato in cui si trovano in natura, o prodotte artificialmente, residui dell'ebollizione delle piante che le contengono o provenienti da sostanze animali, abbisognano di una più o meno lunga triturazione che ne renda uniforme ogni minima parte.

Quest'operazione offre opportunità di vedere confermato [p. 155 modifica]il diverso effetto della luce dal diverso stato fisico dello stesso corpo, perchè se è vero che la disposizione molecolare nelle materie coloranti è la causa precipua del colore che esse manifestano, ogni modificazione introdotta allo stato delle minute particelle di cui si compone un colore dovrà sempre essere accompagnata da un sensibile cambiamento d'aspetto del colore, dallo stato in cui fu assunto.

Nella triturazione, che per solito diparte da forme piuttosto voluminose, sulle quali, esternamente, molte cause atmosferiche o gazose o di contatto influiscono a nascondere il colore vero della materia da triturare, il primo effetto di uno sminuzzamento che amplia il volume apparente della materia, ed il numero di superfici riflettenti il colore, è quello di una intensità colorante che si direbbe dovesse aumentare col procedere della triturazione.

Ma generalmente avviene il contrario, come lo dimostrano il minio ed il cinabro che da rossi intensi volgono al giallo, l'acetato di rame e la malachite procedenti sempre più verso il verde chiaro man mano che aumenta il numero delle parti di colore diviso dall'azione meccanica del macinello.

E tenendo fisso come tipo di raffronto lo spettro della luce solare si vede l'intensità delle materie colorate che si triturano volgere dagli estremi dei colori dello spettro verso il centro — cioè i violetti procedere verso l'indaco, l'azzurro ed il verde — i rossi verso l'aranciato ed il giallo — con aumento di luce bianca riflessa.

Nelle materie vitree, per quanto colorate intensamente, l'effetto della triturazione è tale da ridurle in polvere bianca.

Ciò dipende dalla forma prismatica di ognuna delle più piccole parti frantumate dei vetri, nelle quali forme vi è sempre qualche faccia posta in direzione tale da riflettere [p. 156 modifica]la luce bianca del sole o del lume col quale si osserva; e le altre sono disposte in modo da impedire, per le molteplici riflessioni e rifrazioni della luce, che questa penetri attraverso la grossezza di ogni molecola per approfondirsi negli strati secondarii e meno accessibili della massa del colore. In opposte circostanze invece si hanno le graduazioni di tinta più intense delle sostanze coloranti, sino al nero che è assorbimento, quasi completo, di tutta la luce incidente un corpo materiale.

Dalle quali osservazioni si può ricavare il principio generale che se la sostanza colorante che si tritura è poco divisibile e di natura assorbente o terrosa, la sua intensità colorante andrà aumentando colla triturazione, mentre se la materia del colore è molto divisibile, trasparente, di frattura prismatica, la triturazione verrà sospingendo il colore ad una intensità luminosa sempre in aumento, chè l'aumentare delle faccettature delle minute particelle del colore aumenterà i raggi di luce bianca riflessa.

Nell'applicazione dei colori al dipinto l'aumento degli strati di uguale colore mantiene inalterato questo principio. I bianchi con tutti i colori che hanno corpo, essendo sovrapposti aumentano d'intensità luminosa, precludendo l'accesso della luce agli strati profondi; i colori intensi in istrato di maggiore grossezza volgono al nero, poichè scavano, per modo di dire, degli abissi sempre più fondi alla luce che non può più uscirne.

Ridotti i colori nel massimo stato di divisibilità che si può ottenere da accurata macinazione, onde avvenga più facile e regolare il loro miscuglio coi solventi particolari di ogni processo di pittura, un ulteriore cambiamento d'aspetto viene loro portato dal passaggio dallo stato di polvere a quello di impasto o soluzione liquida nel conglutinante ad essi aggiunto che serve a tenere aggregato in sè il colore [p. 157 modifica]e farlo aderire alle superfici appropriate a ciascun processo di dipingere.

I liquidi dissolventi dei colori avendo tutti una sostanza appiccicante, trasparente, che permane allo stato di trasparenza anche quando è avvenuta l'essiccazione del liquido, conducono ad un aumento della intensità del colore come se fosse bagnato in proporzioni differenti, vale a dire dall'immersione completa in un liquido, sino ad uno stato umido o completamente secco.

Questo nuovo effetto è pur sempre dipendente dalla relazione nuova che intercorre fra la luce e lo stato molecolare del colore bagnato che non è nè potrebbe più essere quello dello stato secco, giacchè fra molecola e molecola della sostanza colorante si è incastrato un nuovo e diverso corpo che ha un modo suo particolare di comportarsi rispetto alla luce, e naturalmente comportarsi in proporzione della quantità in cui vi esiste, non occorrendo dimostrazione per persuadere che l'effetto di un corpo liquido o trasparente fra le molecole dei colori non è sempre eguale, e dipenderà la quantità di luce bianca riflessa dalla quantità e qualità del liquido trasparente, o, ciò che torna lo stesso, dalla maggiore o minore compattezza molecolare del colore: come d'altronde ne offrono continua e non sempre desiderata prova non solo le sostanze coloranti vegetali che essendo tutte fissate sull'allumina o la creta, materie molto porose, soffrono grande alterazione dall'aggiunta di liquidi, ma anche i colori minerali che si mostrano variamente influenzati dai solventi onde alcuni si alterano poco ed altri diventano quasi neri.

Le differenze caratteristiche dei varii processi di dipingere, le più importanti dal lato dell'arte, per la utilizzazione dell'aspetto esteriore delle sostanze coloranti che l'artista pone sulla tavolozza per imitare gli effetti del vero, sono [p. 158 modifica]determinate da tutti questi modi di comportarsi della luce secondo la disposizione molecolare dei corpi.

Nella pittura ad olio dove il glutine oleoso tiene sommerso tutto il colore e la luce diffusa è poca, si ha il massimo aumento d'intensità colorante che si possa procacciare ai colori per mezzo di liquidi trasparenti, suscettibili, nell'essiccare, di mantenere ai colori l'apparente stato di bagnato e la massima forza di adesione con la superficie di appoggio. Il pastello rappresenta l'opposto delle proprietà dei colori nel processo ad olio, dominandovi la maggior diffusione di luce bianca, mentre l'affresco, la tempera e l'acquerello ne sono lo stato intermedio.

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Risulta chiaro da queste premesse che mantenendo immutata la luce sotto la quale si vede una sostanza colorante e pure immutate le condizioni molecolari per le quali la stessa sostanza colorante si presenta con un determinato colore, questo colore resterà indefinitamente lo stesso come è pur chiaro che se, mantenuta la stessa luce d'osservazione, si verifica un cambiamento nel colore della sostanza in esame, il cambiamento si deve necessariamente attribuire ad un'alterazione sopravvenuta nello stato fisico o chimico della sostanza stessa, sia per cause dipendenti dalle qualità proprie della materia che per influenze esterne la cui entità — come quella della modificazione molecolare avvenuta — può sfuggire; ma il principio è troppo evidente per soffrire eccezione da tale riflesso, tanto più quando si abbia un'idea dei fenomeni luminosi e dei limiti nei quali possono compiersi.

La sostanza colorante inalterabile dunque non può essere che quella che è priva in sè di condizioni che la pongano in balla degli agenti esterni che possono modificarne l'aggregato molecolare, oppure sarà quella situata in maniera da [p. 159 modifica]essere sottratta a qualsiasi azione esterna — all'infuori della luce dalla quale dipende il colore che affetta — onde viene spontanea la domanda: è possibile in natura un aggregato molecolare capace di sottrarsi alle influenze della luce, del calorico, dell'aria, delle affinità che mantengono in perpetua trasformazione la materia? — oppure, ciò che abbiamo visto condurrebbe allo stesso risultato, è possibile sottrar un corpo qualsiasi alla luce, al calorico, all'aria, alle influenze di affinità coi corpi circostanti nel mezzo stesso dello espandersi di tutte queste forze come è condizione consentanea all'uso delle sostanze coloranti e del dipinto?

Non è che cercando di penetrare negli elementi più semplici costituenti i corpi che è possibile intravedere la complessità degli effetti della loro massa.

La maggior parte dei colori riconosciuti dotati dei requisiti che si sono detti indispensabili per la pittura appartengono alle sostanze minerali. Ciò permette di approssimarsi a questa semplicità di forme da esaminare, perchè nei minerali, salvo pochissimi dai quali non si ritraggono colori, la forma che li individualizza è il cristallo, anche quando all'occhio non appariscono che come masse informi destituite esteriormente, e sempre per noi, di ogni apparente ordinamento molecolare.

Il cristallo dai caratteri salienti, dalle forme geometriche bene distinte come quelli del quarzo, della pirite, ecc., dipende da circostanze esterne che ne favorirono la formazione, onde più comunemente si hanno gli aggregati cristallini così minuti che occorre il microscopio per vederli; ma siccome i caratteri ottici sono dipendenti dalla composizione fisica e chimica del cristallo, nè queste si mostrano diverse per la dimensione dei cristalli, così adoperando un mezzo d'ingrandimento sarà tolta la difficoltà dell'esame. Ora è evidente che se, p. es. del cinabro, possiamo ve[p. 160 modifica]dere i poliedri esagonali che fisicamente lo formano, ingranditi dal microscopio, trasparenti come splendidi rubini nella regolare loro invariata seguenza, colle stesse faccettature, la stessa trasparenza e intensità di colore prodotta dal ripetersi dello stesso giuoco di riflessioni, di rifrazioni o di assorbimento di luci, come lo potremo vedere nella riunione di grandi prismi esperimentando in un gabinetto di fisica, l'idea degli effetti singoli di tali unità della massa del cinabro come dell'effetto complessivo, necessariamente uniforme e regolarissimo, ci si affaccierà con quella massima chiarezza e precisione che non si potrebbe mai dal solo considerare o la quantità di cinabro raccolta in un recipiente o distesa in superficie su qualunque piano.

Ma questo piccolo cristallo è già per sè stesso una riunione di parti ancora più piccole il cui modo di legame oltre il regolarne la speciale forma, influenzando il corso della luce, ne determina il particolare colore, per via anzitutto della materia che lo compone, per l'aria e per l'acqua che si interpongono negli spazi molecolari, d'onde non solo tutti i colori che può assumere a seconda di questi, ma ciò che importa rilevare, ed è della più facile comprensione, l'esile compagine di questi minuscoli corpi, il delicato congegno d'unione mantenuto per la picciolezza medesima delle parti, dalla forza di affinità ridotta alla minima potenza, l'evidenza infine del come la più lieve sottrazione di quell'acqua, di, quell'aria, da cui si precisa una colorazione, fissa fin che durano tali circostanze, debba discenderne un cambiamento ed anche una scomparsa per le più lievi cause che intervengano ad alterarvi il modo di propagarvisi della luce, come vediamo nell'esile spessore di una bolla di sapone svolgersi, man mano che si assottiglia, tutte le più fantastiche iridescenze che la fantasia possa concepire.

È là dentro in questa infinitamente piccola intelaiatura [p. 161 modifica]di. molecole e di spazi, in questo mondo nelle sue più minute particolarità ancora inaccessibile ai mezzi odierni di indagine, ma nei rapporti colle leggi che ne governano i fenomeni ottici abbastanza studiati, almeno in quei casi che su più vasta scala si possono riprodurre artificialmente, che si decide dell'aspetto di quelle masse pietrose talvolta dalla durezza granitica che nulla potevano suggerire al ricercatore ridotto a misurarne la resistenza alle azioni molteplici del tempo battendovi le nocche delle dita o pestandole con un martello.

Le cause di alterazione sopravvenienti alle sostanze coloranti non sono tutte rapide, nè tutte determinano una modificazione fisica o chimica facilmente rintracciabile e della quale si possa dimostrare l'esatto processo di avvenimento.

Non vi è argomento più controverso della relazione fra i caratteri di forma di una sostanza e la sua composizione chimica, giacchè contrariamente alla teoria accolta fino al principio del secolo scorso, secondo la quale ogni sostanza chimicamente definita non poteva possedere che una particolare forma e quindi caratteri ottici distinti, è ormai provato che composti differenti possono avere forma uguale e quindi caratteri fisici simili, eppure emanare colori diversi, come infatti lo dimostrano il solfuro di mercurio o cinabro che è rosso, mentre l'etiope minerale (che è lo stesso solfuro di mercurio) è nera, e così una quantità di sali di cobalto, che possono essere o rossi od azzurri, i sali di cromo e di cadmio, ora gialli, ora aranciati, ed anche rossi, bastando portarli ad una varia temperatura perchè avvengano tali varietà di colori. Il che vuol dire che nonostante questa apparente esteriore simiglianza di forma e di composizione vi è però tanto di differenza negli spazi intermolecolari, negli angoli, nei parametri e nelle inclinazioni degli spigoli dei cristalli, nella quantità d'aria o di acqua di cristallizza[p. 162 modifica]zione, e nella differenza chimica atomica di che spiegare l'avvenuto cambiamento anche per un semplice aumento di temperatura, giacchè il calorico mantiene i corpi in una continua variabilità di forma, per quanto impercettibili siano al nostro sguardo. Azioni sulle quali sarebbe ancora da dire pei raggi oscuri calorifici emessi dal sole che si rivelano nello spettro con una progressione sensibile al di là del rosso dove l'occhio non distingue più nulla.

Oltre al calorico che ha tanta importanza nel determinare nei corpi il grado di colore sotto il quale si vedono, nello stesso tempo che è anche uno dei mezzi per rendere più stabili le sostanze coloranti, dimostrandosi dall'esperienza che dei colori artificiali prodotti dall'industria i più solidi sono quelli che hanno subito temperature più forti, la luce ha un'azione chimica che si potrebbe dire quasi di predilezione per le sostanze coloranti, se non fosse effettivamente che un'illusione, perchè la luce non opera minimamente sui colori ma sulle condizioni molecolari dei corpi dalle quali proviene l'effetto, come si è già detto dei vari colori.

I processi di fotografia, oggi tanto noti, spiegano come effettivamente l'azione della luce operi sulla costituzione chimica dei corpi, cioè, modificando l'aggregato molecolare che importa per conseguenza altro orientamento del moto ondulatorio e delle vibrazioni della luce. Nel bromuro d'argento dello strato di collodio esposto alla luce, la decomposizione che avviene, non è niente affatto diversa da quella prodottavi della soluzione diluita di solfato ferroso o di acido pirogallico o di idrochinone colle quali si prosegue nella camera oscura il processo iniziatosi nella macchina fotografica, nè altrimenti che riduzione diversa ma sempre materiale è quella per cui le parti verdi delle piante sotto i raggi luminosi tolgono il carbonio all'atmosfera per restituirle l'ossigeno libero. [p. 163 modifica]

Nè quest'azione è propria soltanto dei raggi luminosi visibili, esistendo, al pari dei raggi calorifici oscuri, altri raggi oltre al violetto estremo dello spettro, i raggi chimici ultravioletti, atti a produrre fenomeni chimici rilevantissimi; è da notarsi, che possono emanare da corpi pure oscuri, i quali cioè sono lontani anche dal suggerire l'idea di un'influenza qualsiasi sui corpi circostanti.

Un'altra causa di facile alterazione nei colori è senza dubbio quella procurata dalla estrema divisibilità derivata dalla macinazione e dallo scioglimento nei veicoli di liquidità, che distruggendone la compattezza d'origine pone in balia degli agenti di decomposizione o decoloranti anche quelle parti delle molecole del colore che per la naturale coesione sarebbero state difese. E sino dove giunga la divisibilità di certe sostanze coloranti ci può essere indicato dall'enorme volume d'acqua che si può tingere con pochi grammi di carmino o di blu di Prussia, e quindi la superficie bianca, che si potrebbe colorire con tale quantità di liquido ed il grado di sottigliezza di uno strato simile, ed è certo che se il carmino è un colore sensibilissimo alla luce, tale sensibilità sarà infinitamente aumentata dalla esilità della superficie esposta ai raggi diurni, giacchè oltre l'azione diretta esternamente, per la trasparenza del colore concorrerà pure la luce riflessa dal fondo su cui appoggia il colore stesso.

Disgregata la sostanza colorante dall'introduzione dei glutini, se il colore è sensibile all'azione atmosferica è pure evidente che oltre l'influenza dell'aria sulla superficie esterna del dipinto si avrà anche quella dell'aria introdottasi fra particella e particella della tinta per via del glutine medesimo, onde calcolando la resistenza di una sostanza colorante sia contro la luce che l'aria, ed i contatti sopravvenienti dai miscugli, sarà delle più frequenti circostanze nelle quali il colore è [p. 164 modifica]ridotto dal lavoro pittorico in condizioni misere di volume che non in strati considerevoli, raramente adoperando il pittore i colori così come li pone sulla tavolozza.

Del modo di agire nelle affinità e nelle repulsioni che si generano pel contatto dei corpi onde ne seguono le decomposizioni e le combinazioni nuove, numerosissime anche fra le sostanze coloranti per i miscugli indotti dalla ricerca delle gradazioni, non si finirebbe più di portare esempi. La biacca, che è un carbonato di piombo, in contatto dell'aria perde l'acido carbonico che viene sostituito dall'ossigeno cambiandosi così in ossido di piombo che è giallo: colle esalazioni sulfuree annerisce, come annerisce per il contatto con tutti quei colori che contengono derivati dallo zolfo.

Le formule: joduro di piombo, cromato di piombo, arseniato di piombo, protossido e biossido di piombo, sottosolfato di piombo e simili, cui corrispondono i colori comunemente conosciuti coi nomi di gialli citrigni o color limone, gialli di cromo, massicotto, minio, orpimento, miniera ranciata, rosso di Saturno, giallo minerale, giallo di paglia, anneriscono adoperati puri, ed anneriscono o rendono verdastri i colori d'ogni genere cui si mescolano.

Il mercurio non dà che le combinazioni collo zolfo veramente solide, quali il cinabro ed il vermiglione, ma anche queste subordinate al bianco col quale si mescolano.

Così le combinazioni del rame, dell'arsenico ed i cianuri di ferro, che si alterano alla luce e nei composti di altri ossidi metallici, non apportano che annerimento sicuro e probabilità di scomparsa, come egualmente avviene per il realgar, lo scarlatto, l'azzurro di montagna, il bleu celeste, l'azzurro di Berlino o di Prussia, il blu minerale, il blu d'Anversa.

Nei verdi, oltre il verderame ed i cinabri, esiste una [p. 165 modifica]quantità grande di derivazioni dal blu di Prussia, mescolate ai gialli di piombo bellissime a vedersi, ma infide quanto mai, come lo indica la qualità dei componenti.

Le sostanze vegetali dalle quali si ricavano i colori noti sotto il nome di lacche, sono ancora più soggette a profonde ed irrimediabili alterazioni, perchè l'azione decolorante della luce giunge sino a cancellarne la traccia dai dipinti. Solo la lacca di Robbia o garance fa eccezione, mostrandosi resistentissima quando sia mescolata a vernice, ma non così si può dire dei colori estratti dal legno di Fernambuco o del Brasile, dal sandalo rosso, dal fiore di Cartamo o zafferano, dal verzino, dalla grana d'Avignone, dal guado, dall'indaco, dall'oricello, dal tornasole ed altri molti più o meno scomparsi dall'uso pittorico in causa della loro incerta stabilità nelle applicazioni ai dipinti, sia per effetto della luce che delle emanazioni gazose, e dei miscugli colle sostanze minerali.

Si esamini ora se sia possibile mantenere attorno ad un dipinto quelle condizioni di calorico, di purezza atmosferica, di difesa dalla luce che sarebbero il mezzo indicato per conservare le sostanze coloranti poste sul dipinto nello stato in cui uscirono dal lavoro pittorico.

Colle vernici l'esperienza ha dimostrato che in qualche parte si rimedia o se non altro si prolunga un certo isolamento favorevole alla conservazione del dipinto, perchè essendo impermeabili si arresta l'evaporazione dell'acqua nei composti idrati, intanto che si proteggono anche dalla azione chimica dell'atmosfera, ed essendo un mezzo di propagazione meno veloce della luce, questa anzichè penetrare nella vernice ne è riflessa potentemente. Ma la vernice non può certamente impedire il ritorno o la tendenza al ritorno dello stato molecolare dei colori che fu procurato dalle temperature elevate. Sul blu di cobalto, ad esempio, che [p. 166 modifica]diventa pallido col tempo, e non deve questo effetto nè alla luce, nè all'atmosfera, ma alla ripresa d'uno stato molecolare dovuto alla temperatura subìta nella fabbricazione, perchè è dimostrato che al blu di cobalto impallidito si può ritornare il colore riscaldandolo di nuovo fortemente, lo strato di vernice non serve affatto, non avendo altra azione sui colori che di difesa puramente esterna quale potrebbe essere rappresentata da un vetro soprapposto al dipinto.

Nei colori invece che hanno bisogno di idratarsi continuamente, come il cinabro pel quale è pure dimostrato che sotto l'azione dell'acqua in parte riprende il suo colore, la vernice colla sua impermeabilità impedisce che il cinabro possa usufruire dell'umidità atmosferica, ed ecco la vernice utile da una parte, impotente da un'altra, diventare in questo caso nociva.

Le proprietà delle vernici, per essere delimitate mentre le cause alteranti i colori sono molteplici, diventano così molto spesso dannose in vario grado sullo stesso dipinto, specialmente per tutti i colori che hanno tendenza ad ingiallire per il notevole ingiallimento che esse stesse subiscono col tempo, e se tuttavia in parte sono indubbiamente utili, non sono poi applicabili a tutti i processi di pittura, anzi si limita la loro convenienza alla pittura ad olio, cosicchè in generale si può dire che mancano i mezzi per formare attorno ai dipinti quella sospensione di forze che hanno nel calorico, nella luce, nell'atmosfera, nell'affinità chimica, i rappresentanti più influenti sulla natura delle sostanze coloranti; onde la vagheggiata inalterabilità, e peggio, perpetuità dei colori, non ad altro veramente si riduce che nelle qualità intrinseche delle materie coloranti stesse, qualità delle quali si è detto abbastanza in che limite possano avervi luogo e quanto deve essere considerato ancora l'affievolimento ad esse portato dall'impiego pittorico. [p. 167 modifica]

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La teorica dei tre colori fondamentali cioè il supposto che tutti i colori possibili derivino da tre soli colori, per ciò detti fondamentali, avrebbe sino dal suo apparire, diminuite le alterazioni inseparabili dall'impiego di un gran numero di sostanze coloranti, nè dal lato teorico agli artisti avrebbe importato molto il rosso, giallo ed azzurro di Brewster piuttosto che il rosso, il verde ed il violetto di Young, se praticamente dall'una o dall'altra di queste terne di colori fosse possibile produrre sulla tavolozza tutte le combinazioni che per queste terne, in forma di sensazioni bene inteso, si suppone accadere nel nostro occhio.

La terna rosso, verde e violetto che nella ipotesi oggi dominante di Young per ispiegare il fenomeno della visione ha il sopravvento, però adoperata in pratica coi colori materiali adattabili alla tavolozza del pittore, pure coll'aggiunta del bianco e del nero, non potrebbe in nessuna maniera formare il giallo; e la maggior parte dei miscugli di tali colori non darebbe che un numero interminabile di grigi freddi di ristretta applicazione.

Il rosso, il giallo e l'azzurro, col sussidio del bianco e del nero, sarebbero al contrario bastevoli per un cospicuo numero di combinazioni di tinte se non vi fosse l'ostacolo della materiale natura dei rossi, gialli ed azzurri disponibili che ne rende impraticabile l'impiego secondo le modalità proprie dei vari processi di pittura.

Lasciando in disparte la teoria alla quale uno strappo si farebbe in ogni modo coll'aggiunta del bianco e del nero e premesso il fatto che le materie coloranti si comportano in modo tanto differente dalle luci del vero, specialmente quando si usano in forma d'impasti e velature, cosicchè nessuna fusione sulla tavolozza di rossi, aranciati, gialli, [p. 168 modifica]verdi, azzurri e violetti potrebbe formare il bianco che avviene dall'unione dei raggi corrispondenti della luce vera, come dai complementari della tavolozza non si ricava che dei grigi o dei neri, mentre i complementari veri producono luce bianca, basterà qualche esempio pratico per persuadere dell'insussistenza fra i colori conosciuti di un giallo, un rosso, ed un azzurro coi requisiti che si sono dimostrati necessari.

Per iniziare un esperimento qualsiasi dapprima sarà necessario precisare a quale giallo, a quale rosso e a quale azzurro si dovrà dare la preferenza risultando effetti molto diversi dalla diversa materia di uno stesso tipo di colore. Inoltre, questi tre colori da scegliersi, dovranno essere intensi al massimo grado, ciascuno nel rispettivo colore, per rispondere a tutti i casi possibili, e dovranno altresì essere stabili tanto adoperati da soli che mescolati con tutti gli altri. E dippiù... ma è inutile proseguire. Vi è già nel giallo di che arrestarsi d'un tratto.

I teorici usarono pel giallo, nelle loro esperienze, la gomma-gutta, che non si può adoperare se non che ad acquerello perchè a corpo è di colore aranciato ed è quindi fuori del caso. Le altre lacche gialle, perchè di gialli intensi e appropriati all'ufficio di sopperire per tutti i casi possibili sulla tavolozza, non si saprebbe dove rintracciarne altri fuori delle lacche, se non sono peggiori della gomma-gutta le tengono bordone nello scomparire alla luce, nel non avere corpo sufficiente per i miscugli con colori compatti, nel richiedere una quantità grande di vernici ed essiccanti per essere in qualche modo protetti, per alcun tempo, dal decoloramento prodotto dalla luce.

Se non si fosse persuasi che tutte queste difficoltà del giallo bastino per rinunziare all'idea dei tre colori fondamentali, si provi pel rosso. [p. 169 modifica]

Dovendosi sempre, in ognuno dei tre colori fondamentali, includere la possibilità di rappresentare un giallo, un rosso, un azzurro intensissimi, si dovrà scegliere per rosso ancora una lacca: la lacca di Robbia o garance, perchè col vermiglione o col cinabro non si potrà mai, coll' aggiunta dell'azzurro, raggiungere, ove occorresse, l'intensità e la purezza della lacca di Robbia, e guai a pensare di fondere insieme il rosso e l' azzurro col giallo qualunque scelto come colore fondamentale, chè si formerebbe soltanto del nero.

Dippiù, la lacca di Robbia non è un colore solidissimo che adoperata in velatura, altrimenti annerisce tanto col bianco di piombo che con quello di zinco e non secca senza una gran quantità di vernice o di essiccante. Ma sia pure questo il colore adottato per il rosso, e si debba, ad esempio, ottenere un rosso più chiaro ma intenso simile al cinabro rosso. Mescolando molta lacca di Robbia all'unico giallo disponibile sulla tavolozza e qualche po' di bianco forse dopo molti impasti si riuscirà a mettere insieme una pennellata simile al migliore cinabro della China o dell'Olanda, ma di una liquidità estrema perchè a farlo seccare abbisogna molta vernice, onde, se per caso lo spazio da riempire con questa tinta, fosse alquanto esteso, bisognerebbe rinunziarvi perchè l'estensione rivelerebbe la impotenza del mezzo non essendovi finora colore alcuno che possa sostituire il cinabro salvo l'effetto di contrasto come sarebbe abbassare il tono circostante ad un rosso insufficiente o circondarlo di verde — ciò che evidentemente sposta l'argomento — e rivela il difetto di una teoria che sacrificherebbe volta per volta che si presentasse un ostacolo simile a quello ora accennato per un rosso, tutta l'intonazione del dipinto pel preconcetto di non porre sulla tavolozza un colore che già esiste e rispondente completamente allo scopo cercato, mentre dall'arte non si chieda altro nel di[p. 170 modifica]pinto se non che i colori rispondano all' imitazione del vero e che siano durevoli per quanto è in potere dell'artista di raggiungere.

Lo sforzo di ricavare da tre soli colori quanto con vantaggio per la conservazione delle opere e con risparmio di tempo per l'artista, riesce meglio da una tavolozza fondata sulle proprietà effettive delle sostanze coloranti, non rimane che un acrobatismo tecnico dal lato dell'abilità, mentre da quello più importante dell'avvenire delle opere si mostra un volontario rischio che più esattamente anzi si deve dire un sicuro pericolo al quale si espone il dipinto, mancando sinora assolutamente un giallo, un rosso ed un azzurro che rispondano alle molteplici esigenze della pittura quando si tenga calcolo dei diversi processi di dipingere e della durata del dipinto stesso.

Tutte le ricerche quindi che hanno di mira il sostituire ad un colore poco solido, un altro più duraturo, non potrebbero essere trascurate e non accette all'artista senza suo torto e danno. Ma il risultato delle ricerche non corrisponde sempre all'aspettazione, di maniera che fra la quantità grande di colori già noti e la crescente produzione artificiale, la perplessità nella scelta e il dubbio nell'affidare ai colori l'avvenire della propria opera diventano qualità indispensabili dell'artista odierno.

Sino dal Cennini la provenienza artificiosa di certi co- lori era soggetto di speciale avvertimento, non sapendosi allora che nel seno della natura si operasse con altrettante complicazioni e motivi di sospetto, per la convenienza dei colori per l'arte, come nel crogiuolo del chimico; ma corre un abisso fra il risultato di un processo chimico difettoso e quello della frode che non guarda ai mezzi pure di riescire all'illecito guadagno, d'onde un ragionevole timore che gli stessi progressi che avvantaggiarono l'industria dei [p. 171 modifica]colori non abbiano perfezionato anche le vie di adulterarli e s'imponga al pittore moderno un'avvedutezza della quale non è traccia nei vecchi trattati della pittura.

Le proprietà molto differenti, riguardo alle azioni del tempo, degli stessi colori genuini, li fecero soggetti di molte esperienze onde raramente dagli autori moderni che toccano delle sostanze coloranti si trascura l'indicazione di distinte lunghissime di colori, separandoli in categorie speciali secondo il grado di resistenza offerto alla luce ed all'aria, senza però che sia dato vedere una concordanza di pareri quali dal tempo che si praticano consimili esperimenti é si offrono tali distinte, sarebbe ragionevole di aspettare.

Nella più ristretta categoria dei colori solidi per l'affresco e date le condizioni eccezionali sulle quali può essere fondata una vera e lunga esperienza in tale metodo di pittura, è ammissibile che si possono vedere consigliati da autori che notoriamente non professarono tale metodo di pittura, il cinabro, il vermiglione, il minio, le lacche di Robbia, l'indaco, il bistro, la seppia e la terra di Cassel, ma per la grande quantità di tutti gli altri colori conosciuti e pei quali basta per la prova stendere una quantità qualunque su qualsiasi materiale, lasciando che il tempo operi per procedere dappoi ad un semplice confronto cogli stessi colori di applicazione recente, per ispiegare tali risultati, non solo differenti, ma spesso opposti, come sono quelli di vedere dichiarato solidissimo lo stesso colore che un altro proclama dei più cattivi, è giuocoforza ritenere che a meno di un equivoco grossolano la contradizione non si può spiegare se non che ammettendo esperimenti fatti, bensì con colori dello stesso nome, ma in effetto, di sostanze differenti.

Della possibilità di tali scambi che per il dipinto vogliono dire danno anticipato o prematura rovina, è ben giusto che il pittore sia avvertito affinchè nel formare e stabilire la [p. 172 modifica]propria tavolozza sia guidato non tanto dalle promesse che il nome di un colore può fare concepire quanto dalle proprietà accertabili nel colore stesso.

L'uso che si va generalizzando nel commercio di far seguire al nome dei colori, la loro composizione chimica è un passo ancora lontano da questa mèta, giacchè non corrisponde ai mezzi di verifica praticamente alla portata degli artisti, lasciando così insoluto il problema della scelta sicura, specialmente quando i colori sono mescolati ai loro solventi come nei prodotti commerciali pronti in genere per l'uso.

I colori quando sono preparati contengono olio, cera, resine, gomme, glicerina, destrina, miele, secondo che devono servire per la pittura ad olio, a tempera, all'acquerello od a pastello. Tutte le lacche, oltre la materia colorante e i solventi e i glutini, si complicano per la sostanza su cui sono fissati i rispettivi colori, e lo stesso avviene dei pastelli benchè quasi allo stato polveroso. Tanti ingredienti estranei al puro colore, rendono vani i reagenti adatti per scoprirne la costituzione intima ed occorre già un chimico per ritornare un tubetto di pochi grammi al suo stato di polvere secca, seppure è detto che si possa mai più ritornare certi colori alla primitiva purezza, una volta mescolati all'olio ed alle resine.

Poi analizzate le materie coloranti, vi sarebbe da accertare la qualità di ciascun ingrediente discioltovi, perchè anche su questi, come si vedrà, può infierire la sofisticazione ed i conseguenti danni. Così i cartelli sui colori valgono quello che valgono, nè avrà fine tale stato di cose finchè sarà difettoso il controllo.

Un temperamento pratico, che intanto può servire a diminuire le probabilità di scegliere dei colori cattivi, è certamente quello di restringerne il numero per la tavolozza allo strettamente necessario. [p. 173 modifica]

Tutta l'infinita varietà di tinte che presenta la natura non sono che modificazioni dei sette colori componenti la luce, ed ogni gradazione di colore per quanto impercettibile deve prevalentemente informarsi ad uno dei detti sette colori, all'infuori di questi, pel nostro occhio, non essendovi che il bianco ed il nero colle gradazioni intermedie grigie.

Logicamente la tavolozza deve offrire la possibilità di accostarsi all'imitazione dei sette colori spettrali puri e per essersi dimostrato il vano sforzo di pervenirvi dai così detti tre colori fondamentali, necessiterà che sulla tavolozza figurino, col rosso, l'aranciato, il giallo, il verde, l'azzurro ed il violetto, anche il bianco ed il nero. Ma perchè anche tali colori nei corrispondenti offerti dalle sostanze coloranti non rispondono nei miscugli alle tinte che ad occhio si giudicherebbe doverne risultare, si dovrà rinforzarli col soccorso di qualche altro simile colore sempre dei più intensi ed approssimantisi ai sette colori semplici della luce, il resto non potendo essere che un ingombro o un duplicato inutile di quanto il pittore può ottenere coi proprii miscugli.

Tali colori, allorchè per la composizione fisica e chimica fossero adoperabili con profitto in tutti i varî processi di dipingere, si potrebbero ben definire i colori principali della pittura, e poichè se non tutti i requisiti richiesti da un'idea di perfezione d'arte, ma quelli comportabili colle più note proprietà delle sostanze coloranti, sono accertati pei bianchi, nel bianco di piombo e di zinco, pei gialli e pei rossi fra le ocrie naturali sostenute per le gradazioni più intense dal giallolina di Napoli, i gialli di cadmio, il cinabro e la lacca di Robbia, pei verdi e gli azzurri, fra la terra verde, il verde di cobalto, il verde smeraldo, l'oltremare, ed il bleu di cobalto, ed infine pei violetti ed i neri, fra l'ossido di ferro violetto, il violetto minerale e qualche nero privo di bitumi, così di tutti questi colori non può essere che utile [p. 174 modifica]un cenno descrittivo che basti a metterne in vista i caratteri più salienti ed il modo di ottenerli, osservando però sempre che, ristretto, per quanto è possibile, il numero dei colori da preferire, e divulgate le nozioni sui caratteri che più valgono a contraddistinguerli e spiegata la loro preparazione o fabbricazione nei modi più semplici, non resterà facile l'accertarli corrispondenti alle qualità che il loro nome designa, e non meno illusoria la speranza che l'artista potesse sostituirsi all'industria.

D'altronde fu questa impossibilità di provvedere personalmente a tutto, condizione comune a tutte le epoche dell'arte e ad ogni lavoro umano, nè si potrebbe ragionevolmente ricavare per uso dell'arte il principio che l'artista non potendo fare tutto da sè rinunzi anche a quello che è in facoltà di ottenere.

Dippiù si vuole concedere anche il disdegno di occuparsi di alcuna manualità che non sia il lavoro del pennello, ed anzi è da ritenere come erronea l'idea della necessità di un ritorno alle antiche botteghe dei vecchi artefici ed al lungo tirocinio nelle diverse arti che costituì il modo di formazione del criterio tecnico degli artisti, grandissimo nei più felici tempi dell'arte perchè uscendo dal più ristretto campo della pittura si poneva a contatto del materiale tecnico di pressochè tutte le arti e le industrie affini al- l'arte di quei tempi. Ma ciò non vuol significare che l'artista esercitasse tutti i mestieri 1 Egli ampliava soltanto le sue cognizioni ed ecco perchè la scienza può sostituire assai meglio un tirocinio che ad ogni modo aveva sempre per base una nozione empirica dei materiali adoperati o visti adoperare.