Predica VI

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Predica V Predica VII


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VI.

In questa sesta predica si tratta de’ detrattori con bellissimi essempli.

Draco iste quem formasti ad illudendum ei; omnia ad te expectant (Salmo ciij). — Dilettisimi, le parole preallegate so’ di David profeta a ciij salmi: — Questo drago, cioè il diavolo, il quale tu hai formato acciò che noi ce ne facciamo beffe, non di meno noi aspettiamo aiuto da te, cioè i giusti. — Io voglio stamane 1parlare della punta della lingua, e mostraròvi come ella è gattiva e pericolosa cosa. O, la punta della linguetta! ella è il peggiore pezzuolo che abbi l’uomo! Inde hai quel detto: — la lingua non ha osso, e fassi rompare il dosso. — La mala lingua di cui io voglio parlare, si’ è di colui che è lingua del detrattore.

Prima, come è condizionata, dove dice: draco iste quem formasti.

Siconda, come è ordinata: ad illudendum ei.

Terzo, come è da Dio aiutata: omnia ad te expectant, cioè tutti coloro che vogliono èssare aiutati da Dio.

Della prima parte diremo, ma non tutta, come vuole èssare condizionata. L’altra del rimedio, saperlo pigliare come Idio il manda. Terzo, come Idio ci da’ aiuto a [p. 138 modifica]tutti coloro che il vogliono da li. E però nell’Apocalisse a xij cap., dove dice: Et visum est aliud signum in coelo: et ecce drago magnus, rufus, habet capita septem, et cornua decem, et in capitibus eius diademata septem, et cauda eius trahebat tertiam partem stellarum coeli, et misit eas in terram.2 Dice che ho veduto un altro segno in cielo; et ecco un dracone grande e rosso, et aveva sette capi e dieci corna; e nei capi suoi aveva sette corone, e la coda sua tirava seco la terza parte delle stelle del cielo, e gittòlle a terra. — Tutte queste condizioni ha la maledetta lingua detrattrice. Vediamo tre velenose condizioni de detrattrice e detrattore.

Prima, della sua velenosa condizione: draco magnus rufus; dove dice, draco iste quem formasti.

Siconda, della sua velenosa operazione, dove dice: habens capita septem ei cornua decem, et in capitibus suis septem diademata ad illudendum ei.

Terza, della sua velenosa contaminazione: et cauda eius trahebat tertiam partem stellarum coeli, et misit eas in terram; omnia ad te exspectant. Io ordisco il nostro dire di stamane.

Vediamo la prima della prima parte, cioè del detrattore. Che dice? Dice un segno grande aparve in cielo, un dracone grande, rosso. Dove David dice: Draco iste quem formasti ad illudendum ei.— Questo dracone che tu hai formato, perchè noi ce be facciamo beffe; — dove noi vedremo tre cose.

Prima, la sua malizia: draco.

Siconda, la sua superbia: magnus.

Terza, la sua crudeltà: rufus. [p. 139 modifica]

E queste so’ le condizioni della mala lingua. Prima, malizia; siconda, superbia; terza, crudeltà. Nota bene. Piglia le bandiere e spiegale, e a chi non tocca stamani, sì si segni col carbon bianco. Elli ci so’ di coloro che diranno: no, questo non toca gia’ a me; ma elli toca al tale. — E l’altra dirà: — elli toca alla mia nuora. — L’altra: — elli toca alla mia vicina. — E la donna dirà: — elli toca al mio marito. — E ’l marito dirà: — elli toca alla mia moglie; — e l’uno uomo dirà: — elli non toca a me, ma toca al tale. — Et io prometto che quello a cui non toca stamane, si potrà dire che elli non ci sia.

Io predicai già in luogo che elli mi fu detto: — predica della tale cosa, e non della tale; che se tu predichi della tale, tu farai irare la tal parte. — Et un’altra parte mi diceva: — fa’ che tu dica sopra la tale cosa. — E l’uno mi diceva che io dicessi una cosa; l’altra mi diceva che io non dicesse di quello, ma di quello che tocava all’altra parte. Et io che mi vedeva infra due estremi, che feci? Dissi in me medesimo: elli mi conviene avere buona avvertenzia. Tenni sì fatto modo, ch’io salvai la capra e’ cavoli: che io cominciai a parlare delle cose altissime, e dèi3 l’ordine a tutte; e così poco a poco sciesi giu’ abbasso alle terrene, intanto ch’io insegnai, e dèi l’ordine a tutte quelle cose che erano di bisogno a loro, per insino come si díe dare becare alle galline, sì che a ognuno insegnai il loro bisogno. Ma vediamo in brevità che bisogna a chi ha a governare qualunque cosa si sia, pur al becare delle galline.

Bisogna, prima, sapere.

Sicondo, bisogna volere. [p. 140 modifica]

Terzo, bisogna l’opera, cioè fare. E queste cose vedremo nel maledetto dracone del detrattore, asimigliato al serpente. El serpente è il più astuto e malizioso animale che sia sopra alla terra. Egli è in lui ogni mala iniquità, insino a uccidare i fanciulli piccoli; elli si diletta di stare nel sangue. Tu hai la figura che vi va molto bene nel terzo capitolo del Genesis: Sed et serpens4 erat callidior cunctis animantibus terrae, quae fecerat Dominus Deus. E questo intende che è questo drago. El serpente era malizioso più che niuno altro animale della terra, il quale fusse fatto da Dio. E questo cognocendolo il dimonio, che quello era il più pessimo animale e astuto e velenoso, volse pigliare forma in esso. E questo perchè? Volse in quello, perchè elli era malizioso, e ’l dimonio malizioso; el serpente astuto, e’l dimonio astuto; el serpente velenoso, e ’l dimonio velenoso: Quia omne simile appetit ad suum similem: — ogni simile desidera il suo simile. — Et in questo modo presa la forma, subito andò ad Eva, e cominciolla a lusingare. E se tu hai posto mente al serpente, elli dimostra d’avere tre lingue velenose; e così dimostrò il maledetto serpente a tentare e trafiggere Eva, che era più agevole che l’uomo.

Prima cominciò colla intenzione gattiva per vinciarla.

Siconda, con falsità e bugìa per ingannarla.

Terza, aparenza di bene andò a tentare Eva e posesi a lei, perchè pensò farla più ratto consentire che Adamo.

Prima, dico, andò e cominciò col suo veleno, colla gattiva intenzione o malizia, e disse: nequaquam moriemini: — non morrete, no. [p. 141 modifica]

Sicondo, disse: eritis tamquam Dii: — Voi sarete come dii; e così andò colla falsità.

Terzo, andò con apparienzia di bene dalla parte di fuore, dimostrando sotto buon colore, e disse:5 — voi saprete il bene e ’l male. — E per queste tre lingue mandò il veleno suo inverso la femmina, e tutte tre queste cose disse alla femmina, perchè ella non vorrebbe mai morire: nequaquam moriemini. L’altra: eritis sicut dii . — sarete come dii; — perchè ella disiderasse essere incantatrice. L’altro: scientes bonum et malum; perchè sempre la femina desidera sapere ogni cosa. E qui hai vedute tre iniquità del dracone, co la mala intenzione, con la falsità e con aparenzia di bene. Inde David: Insidiator in abscondito, sicut leo in spelunca sua: — Elli sta lo insidiatore nascoso, come il leone nella spelonca.— Et in un altro loco dice: Sedet in insidiis occultis ut perdat innocentem: — Elli siede co’ ricchi in delizie non di robba, no; ma co’ segreti del cuore, acciò che perda la innocenzia. — Costoro che hanno queste malizie, so’ coloro che sempre detragono in ciò ch’altri dice. Alcuna volta so’ di questi cotali che vengono alla mia predica, e stanno colà attenti, come ellino possano giugnarmi a una parola;6 e quando odono una parola che non lo’ paia così, sai, ellino dice: — Ho, io t’ho a mi!7 — Ora tienmi bene! O, io ve ne vorrò uno dì dire di questi cotali! Rammentatemelo, donne, s’io il dimenticasse. E però abbia per regola generale, che quando la mente è piena di malizia, ella è tanto accecata et offuscata, che se ella [p. 142 modifica]udisse dire bene di Dio, ella dirà e giurerà e credarà fermamente in se medesimo, che Idio sia stato bastemmiato; e fermamente le pare che così sia.

Siconda è falsità e bugia di colui il quale sempre detraie. Tu hai l’esemplo a xij cap. del Deuteronomio: Hoc solum cave, ne sanguinem comedas: sanguis enim eorum pro anima est, et idcirco non debes animam comedere cum carnibus. — Non mangiare sangue d’animali, imperò che ’l sangue loro è anima; e però non debbi mangiare la carne coll’anima. — Anco hai nel Levitico a xix° cap.: non maledices surdo — Non malediciare el sordo. — El detrattore fa contro a questo comandamento; imperò che elli dice male di colui che non ode; che se elli fusse in luogo ch’elli udisse, forse non direbbe male di lui. E però ti dico: dilli dinanzi e non di dietro; parla innanzi alla persona. Non vedi tu che tu non sei in carità? Se il tuo prossimo fa alcun male, va’ e tiene il modo che t’è stato insegnato. Si peccaverit in te frater tuus, corripe eum inter te et ipsum solum.— Se ’l tuo fratello falla, fa’ che tu il riprenda fra te e lui solo. — Non dice coram populo, come tu fai, ma infra te e lui soli.

Terza falsità si è che talvolta il detrattore va con aparienza di bene, e parla male d’altrui. Elli va sotto ombra di bello modo, mostrando di avere carità, e la malizia sta aguattata sotto.8 Sai come sta? È come una magagna, e di sopra è inorpellata; e questi cotali, quando vogliono bene occultare la malizia loro, tengono questo modo; che prima che essi parlino alcuna cosa, si mandano uno imbasciatore; e sai che imbasciatore è? Mandano uno sospiro. O, o. — Che hai, eh? Che cosa? — Oh, ho una gran malinconia! — E cominciarà [p. 143 modifica]e dirà: — Fratel mio, ciò ch’io dirò, io il dirò a buon fine: Idio il sa! (E dàlli il pegno): pure io tel voglio dire: el tale ha fatto la tal cosa. Elli mi pare che il tale facci il tal male al mio parere. Elli fa sì e sì, e parmi che vogli fare così e così. — E dirà di molte e molte cose, che di tutte mentirà per gola. Questa mala lingua che fa a questo modo, è assimigliata allo scorpione, el quale fa tre cose tutte maliziose. Prima, lecca co la lingua. — Sicondo, abraccia9 colle branche. — Terzo, colla coda, la torce e rizala e morde. In questo proprio modo fa il detrattore. Va’, vede quello che è detto nel Deuteronomio a xij cap.: Ne sanguinem comedas: — Non volere mangiare sangue. — Si absconderis ec. — Se il serpente mordarà di nascoso, io orarò; — diceva David. Simile anco David10 di costoro parlando: Qui retribuunt mala pro bonis, detrahebant mihi: — Amandolo io, elli mi ditraea, e diceva male di me; e io ne facevo questa vendetta, che io oravo per lui. — Questo cotale detrattore si può assimigliare a uno serpente, che si chiama regolo. Questo serpente ch’io vi dico, è tanto velenoso che, come elli toca una fonte d’aqua, subito l’ha tutta contaminata e avelenata, tanto è pessimo il suo veleno. Similmente fa la mala lingua, chè ella può di subito col suo mal dire avelenare una città, una patria, una provincia. Inde disse Alessandro11 in uno suo sermone sopra il detrattore: Dicit quod prope est detractoris, quia quanto mala loquitur, tanto magis occoecabitur: — [p. 144 modifica]E’ dice che quanto peggio dice, più acceca. — E distingue che so’ di due ragioni detrattori, dicendo che due sònno i lumi dell’anima: l’uno è specolativo, el sicondo è acciecativo. A vedere uno che fa una cosa, e uno ne dirà male e un altro bene: questo perchè addiviene? Perchè l’uno li vuole male e l’altro bene. Vuoi vedere se colui che ne dice male, elli giudica male? Or fa’ che un’altra persona cui egli voglia bene, facci la medesima cosa. Elli ne dirà bene; sì che colà li pare che sia male, e di qua li par bene. E questo donde viene? Dal difetto tuo. Il difetto ti viene dall’ochio tuo. La siconda che è la ciechità; quando tu non vuoi stare al giudicio d’un altro il quale il cognoscie meglio di te; che essendo l’uno giusto e l’altro ingiusto, chi vede costoro cognoscie chi di costoro è fuore della giustizia. E a questo bisognarebbe quello che io vi predicai l’altra volta. Halo a mente? ch’io dissi di quelli quatro animali, l’uno assimigliato all’aquila, la quale sta in alto e guarda la verità, e giudica sicondo la dritta intenzione; l’altro a superbia, il lione; l’altro ......12 cioè il bu’. Come tu hai in Ezechiel al primo capitolo, dove dice così: Similitudo autem vultus eorum: facies hominis et facies leonis a dextris ipsorum quator, facies autem bovis a sinistris ipsorum quatuor, et facies aquilae desuper ipsorum quator. Che ti vuol dimostrare? Dice che da la parte destra è la faccia dell’uomo, e la faccia del leone è dalla parte sinistra; il vitello è dalla parte di sopra. L’aquila, la faccia del lione e dell’uomo significa la superbia. Dalla sinistra è il vitello, il quale significa lussuria, e l’uno vorrebbe lussuriare, e parli far bene; l’altro vorrebbe essere alto [p. 145 modifica]e superbo, anco gli pare far bene; l’aquila sta dalla parte di sopra, e sta a vedere quello che l’uomo fa, il quale deba avere in sè ragione. Fa’ ragione pure in lussuria e in superbia. Io so’ il lione, e vo’ al vitello per lussuriare, et il lione acconsente al peccato coll’uomo. Simile il vitello va al lione per la superbia; anco l’uomo consente, e l’aquila sta su alto e vede e giudica. Così fanno li uomini iniqui, che quando uno va a lui e diralli male dell’un altro, subito consente e dirà male e peggio in qualunque modo si potrà. E se niuno ne dice bene, nol crede: l’aquila dica sta di sopra, e loda colui che fa bene, e biasima quello che fa male. Ecco l’esemplo. Elli so’ due donne e ognuna ha marito, e questi due uomini hanno quistione insieme, e l’uno di loro ha ragione, e l’altro no. Chi domandasse queste donne, — chi è quello di costoro che ha la ragione? — ognuna dirà: — il mio marito. — E questo perchè è? Perchè hanno l’amore inchinato non a ragione, ma a amore carnale e sensuale. Tu non giudichi bene: altro giudicio si vorrà che il tuo. L’aquila sta di sopra, cioè la ragione, la quale giudicarà innanzi a Dio ogni nostro difetto e ogni nostra virtù: E di questi tali che dànno la ragione là dove è il torto, dice Isaia al V.° capitolo: Vae vobis qui dicitis bonum malum, et malum bonum; ponentibus lucem in tenebris, et tenebras in lucem13: — Guai a voi che giudicate il bene essere male e ’l male bene; e che dite che la dolcezza di Dio è amara, e l’amore del mondo essere dolcie; et anco vi pare dire il vero, tanto siete accecati! — Sai che è? Che Iddio è di sopra, e vede e sa che tu [p. 146 modifica]menti: E questo è il pessimo detrattore, che dicendo uno bene, elli ne dirà male e crederà dire el vero: col quale in ogni modo vedrai essere del fracido. Tu hai veduto in questa parte tre lingue del maladetto serpente del detrattore: prima, dove dice draco, vedesti la mala intenzione; siconda, magnus, vedesti la falsità e la bugía; terzo, rufus, con apparenzia di bene. Draco iste quem formasti; e questo sia per la prima parte principale.

La siconda parte principale aviamo a vedere della mala lingua, come è ordinata; e questo vedrai dove ci dice magnus dimostrandoci la sua superbia. E questo ha la mala lingua del detrattore; sempre nel suo parlare mala dimostra superbia. Ode che figura ce ne dimostra Ezechiel: Draco magne, qui cuvas in medio fluviorum tuorum, et dicis: fluvius meus est. — O dracone grandissimo, che covi nel mezzo dei fiumi, che dici a’ fiumi: tu se’ mio. — E questo detrattore partorisce tre figliole colla sua lingua superba: prima, temerità; siconda, stoltizia; terza, rabbia. Queste tre belle figliole genera il detrattore! Dico che la prima figliola è temerità. E prima ti dico, perchè elli è pessimo vizio, che tute ne guardi; che tu non sia troppo parlatore, nè anco troppo uditore de’ fatti altrui; imperò che questo è un grandissimo difetto, che molti non vegono se non il difetto d’altri, non vegono il loro. Io non so come costoro si fanno: io quando sto costì, non vego di qua dietro alla cicottola; io mi vego bene qui dinanzi a quello che io fo. E così, se io mi voltarò dal lato di qua,14 ora non vego quello che voi fate voi. E per questo ti voglio dire: non volere sapere [p. 147 modifica]i fatti altrui: fa’ i fatti tuoi, e fa’ bene, e non ti curare dell’altrui affari. Ode Bernardo: Cave ne sis aliorum factorum detractor, aut curiosus inquisitor — Guardati che tu non sia detrattore de’ fatti altrui, nè no’ li cercare con curiosità. — Io dico in gènaro15 a tutti: o figliolo, non volere sapere ogni fatto di tuo padre, nè di tua madre, nè del tuo suociaro, nè della suociara, nè del padre di colui, nè della sua madre o di suoi fratelli o di sue genti. In gènaro, non cercare mai i fatti altrui: fa’ il fatto tuo, et ingegnati di fare bene, e non voler sapere più del tuo;16 e se tu andarai con questo vizio, io ti prometto che tu hai gattivo segno di te; chè per questo tu vuoi sapere più del tuo padre,17 e per questo tu il dibotoli18 e fati beffe di lui, e così ogni tuo magiore. Credo che tu sappi come capitò male quel detrattore nel Genesis al nono capitolo. Essendo Noè adormentato ubriaco e pieno di vino, un suo figliolo gattivo e detrattore vedendolo, disse inverso de’ fratelli: — O, o, venite a vedere il nostro padre che è ubriaco, starnazato in terra e scuperto tutto quanto. — O maledetto detrattore, che dicesti? Tu capitarai male: chè seguì per questo, che poi il padre il maledisse, e fu maledetto lui con tutti li suoi discendenti. E qui vedi la vendetta del padre carnale. Così dico anco che tu non debbi detrarre il tuo padre spirituale. O, quante vendette si so’ vedute di coloro che detragono e fanno quelle cose che non debono fare! Udiste voi mai di colui che quando si portava l’arca di Dio, la quale era portata da coloro a’ quali era diputato, e portandola così ella pendeva, che pareva [p. 148 modifica]che ella cadesse, e lui vi pose mano, e solo per questo fu maledetto da Dio e morto? E questo perchè fu? Fu solo perchè non apparteneva a lui questo offizio. Simile dico a te: non sta a te corrègiare il tuo padre spirituale: lassa l’uffizio a colui il quale è deputato a quello, e non vi ponere mano tu. Hai l’essemplo nel secondo libro de’ re di Ozon, che non volse fare l’offizio non debito. E però non cercare mai quello che non toca a te, ma fa’ quello che appartiene a te. E se pure tu vedi uno fare male, non lo corrègiare con la lingua detrattiva, ma con buon modo, come la Chiesa t’ha insegnato. So’ ben molti che non vegono mai altro male che fa il compagno.19 Sècci, o tu che non vedi mai se non il male altrui? Pone mente a quello che dice el Vangelo, dicendo che tu vedi la paglia dinnanzi all’ochio del tuo prossimo, e non vedi la trave che tu hai dinanzi tu.20 E però ti dico che tu correga te nel difetto tuo, e farai meglio che a corrègiare gli altri, e tu stare in peccato. O donne, che obbligagioni sò le vostre? Sapetelo? È che voi facciate bene, e anco di dare il buono esemplo. E di dare il buono essemplo più toca al sacerdote, che a niuna altra persona; come hai nel Decreto, (vj quest., primo cap., Merito); e dico che elli fa peggio un sacerdote dando gattivo essemplo pure dello scandelizzare il prossimo per la mala vita, che se un secolare andasse a robbare in su la strada. La ragione è questa, che colui che sta in su la strada, rubba colui che vi passa, tòlleli i denari, [p. 149 modifica]il cavallo, e’ vestimenti e ciò che gli truova; ma costui col malo essemplo rubba l’anima e ’l corpo di colui che di ciò si scandelizza, e inducielo a dire e fare male e peccato. Ma sai che ti convien fare? Fa’ come io ti dirò, e piglia questo essemplo. Uno va’ in mare, e so’ in una nave padri e figlioli, la moglie, fratelli, famègli; et essendo così in mare, elli viene una fortuna tanto grande, che percuote questa nave a uno scoglio. La nave si fiaca tutta: subito ognuno s’ingegna di campare; chi rimane in sur uno legno, e chi in sur una tavola. Sòvi dei fanciulli picoli, sòvi de’ grandi di cinque anni, di dieci, di venti anni; e così ciscuno s’aita in ciò che può. Saràvi un fanciullo che dirà al padre: — O padre mio, aitami: che se tu non m’aiti, io affogarò: aitami, ch’io non posso più. — Èl padre credo che risponderebbe: — Figliolo, aitati tu, ch’io ho tanta fatica d’aitare me, che mi basta; — imperò che il padre cognoscie che se elli va a badare d’aitare il figliuolo, elli morrà l’uno e l’altro. E però piglia essemplo: non volere usare questa temerità; non mirare tanto i fatti altrui. Doh, udisti tu mai che niuno arrichisse per fare i fatti altrui? Non io; e però dico: fa’ e’ fatti tuoi. E l’uomo savio, non che egli dica male de’ fatti altrui, ma poco parla pure de’ suoi. E sempre colui che è uomo naturale e dritto, cerca di corrègiare i suoi vizi, e non procura troppo i fatti altrui.

La siconda figliuola è pazìa; imperò che colui che parla male de’ fatti altrui è stolto. (L’uomo savio quando parla dei fatti altrui)21, pensa molto bene quello che [p. 150 modifica]egli vuol dire, e prima che egli parli niuna cosa, elli è in vizio niuno,22 acciò che non li sia detto: — Va’, corregie prima te, e poi coregiarai gli altri. (Vede xj quest., primo capitolo: aliena discernare, et sua oblivisci). Volere cognòsciare e’ fatti altrui e non i tuoi, è una pazia. E Gregorio da’ un essemplo del detrattore molto bello, e dice che elli è simile a colui il quale ha un monte di pòlvare, e ’l vento li viene incontra, et elli tiene li ochi inverso la pòlvare per modo, ch’ella li entra nelli ochi, che li s’empie gli ochi di polvare, che non mira se none a quel monte, e non procura al fatto suo, e poi non può veder bene nè i fatti suoi nè gli altrui. Augustino in X de Trinitatedice così: Nihil est tam bene dictum vel factum, quod detrahendo non possit depravari: — Niuna cosa non è nè tanto ben detta nè tanto ben fatta, che il detrattore la volli mai lodare. — Doh! piglia questo essemplo, o tu el quale se’ detratto: lassa dire chi vuol dire, e tu fa’ sempre bene. Chi è di voi che si tenga o voglia èssare migliore che non fu Cristo? Cristo fece sempre bene, e sempre fu detratto da’ Farisei, e sempre di lui disseno male quanto poterono.

Terza figliuola è rabbia; chè sempre la maledetta lingua detrattrice è rabbiosa. Sai come è fatta? Ella è fatta come il cane o la cagna rabbiosa. E sai come fa il cane rabbioso? Che fa? Porta la boca aperta: ha la boca sanguinosa, e halla rabbiosa del mòrdare. La boca aperta significa che sempre parla male; e ’l più delle volte parla, dove dovarebbe tacere, e spesso tace dove si dovarebbe parlare. E questa è l’usanza del detrattore rabbioso. Porta la bocca sanguinosa, che sempre si dilettano di mangiare sangue e carne. Questi tali si possono [p. 151 modifica]assimigliare a’ cani che stanno alla becaria23, che quando vegono venirvi un cane forestiere, tutti vanno a lui, e annasanlo, e al naso cognoscono che non è de’ loro. Come l’hanno annasato e conosciuto24, subito cominciano a ringhiare25 e mostrare i denti; e come sì comincia a baiare, tutti li cani li corrono adosso, e chi il morde di qua e chi di là, tanto che tutti lo stracciano; e così il cacciano via dicendo: — tu non se’ de’ nostri. — Non fanno così quando vi va uno di loro; che come l’annasano, li fanno carezze, conoscendo che elli è de’ loro compagni detrattori, e fra loro pare che dicano: — costui è de’ nostri.— E benchè non sia conosciuto da tutti, quello che ’l conosce, dicie: — va’, sta’ qua, chè tu se’ de’ nostri, e fa’ quello che tu debbi fare. — E questo sia detto per la siconda parte principale.

La terza parte principale aviamo a vedere, della sua crudeltà; dove è detto rufus, cioè sanguinoso. Di questi tali dice Gregorio: Bestias ferocitate, at volucres velocitate excedit mala lingua: — La bestia feroce del detrattore avanza gli uccelli velocissimi, et anco avanza ogni animale e bestia ferocissima26 col veleno suo. — E che questo sia vero ch’elli sia veloce, lo pruova in mezzo. Tu vedi che una mala lingua, essendo qui, parlarà male d’uno che sarà in Francia, e subito avrà tolto la buona fama a colui il quale è là, solo con una parola. Qual’è quello uccello tanto veloce che vi fosse andato così ratto? Niuno. Anco dico che il veleno suo è pegior veleno che non è di niuno animale che si truovi. La pruova. [p. 152 modifica]Tu vedi l’essemplo che l’uno lupo non mangia l’altro lupo; el cavallo non mangia el cavallo; la lepre non mangia la lepre; el cane non mangia el cane, el leone non mangia el leone. Ma l’uomo gattivo mangia l’uomo buono, e mai non s’ataca a mangiare, se non il buono. E questo maledetto detrattore fa nell’esercizio suo tre uffizi.

El primo offizio suo si è che’elli avvelena.

El sicondo offizio, sì uccide.

El terzo, divora.27

Primo, avelena. Oh! maledetta léngua, che prima avelena altrui, che ella abi udito parlare; che come elli s’afronta con quello col quale vuol parlare, prima attossica et avelena col detrarre, che altra parola si facci; e sempre porta con seco tre veleni:

Primo veleno si chiama simulativo.

Sicondo, riplicativo

El terzo, sboccato.

Primo è il simulativo, che elli dimostrarà la cosa che elli dicie per modo che non si riparrà28 che elli abbi questo veleno; chè ho già veduto tale avere e sapere tanto bene usare quest’arte, che elli la fa tanto sottilmente, che è una cosa da non potersene guardare. Sai come posso assimigliare questo? Come quando tu tocasse le spine delle scardiccione o del rovo, quando elleno sònno giovannelle, che non possono pógniare.29 Così costoro ti dimostraranno la cosa, che non pare che vi sia spina: ella v’è ma tu non la senti. Vuoi vedere se ella v’è? O resta un poco, e poi là, va’, toca, e trovarai che [p. 153 modifica]ella ti pógnarà. Ergo, e’ sermoni suoi che in principio so’ morbidi, in fine, so’ pugnienti e pericolosi e velenosi.

El secondo è riplicativo. Sai, quando una donna ha detto male d’un’altra, sai; quando ella dice: — io ho udito così e così della tale, per lo tal modo e per lo tale. — Che farà costui a cui tu l’hai detto? Ella el dirà anco lei, e dirà per altro modo che tu non dici tu. Chè ella dirà: — elli si dice della tale così e così. — la prima disse in singulare, e costei v’agiogne il prulare.30 E la terza ch’arà udito, v’agiognarà anco peggio, ch’ella dirà: — io ho udito così e così della tale da più persone, e dicesi che ella è gravida del tale. — E l’altra agiognarà anco peggio, chè dicie: — la tale ha parturito un figliuolo al tale. — E l’altra dirà ancor peggio, che dirà: — ella ha fatti parecchi figliuoli altrui, — e ognuno ha agionto31 qualche cosa. O maledetta lingua, guarda quello che tu hai fatto con le parole tue32; chè hai fatti fare tanti peccati, che è una cosa da non crédarlo! Mira di quant’anime tu se’ cagione di far pèrdare! Mira quanti corpi tu hai messo a pericolo! E però quando tu odi uno male, fa’ che mai tu non l’acresca, ma sempre lo scema tanto, che se tu puoi, che nulla non se ne truovi.33

El terzo veleno è sboccato.34 Elli so’ molti che hanno bene, quanto ellino possono dire male d’altrui. E sai in che modo ne dicono male? Alla sbocata,35 senza [p. 154 modifica]temenzia niuna. Ellino non temono Idio che sta di sopra, il quale li arà a giudicare nelle operazioni sue: elli non teme vergogna36. E sappi che questo è un vizio che chiunque l’ha, li pute la boca. Et imparate voi, donne, et anco voi, uomini; chè la puza di questi cotali si può assimigliare alla puza de’ pozzi; che vedi il pozzo che pute da la boca sua, così è di costoro: la puzza loro e’ nella boca loro. E però fa’ che ogni volta che tu odi uno di questi cotali che parli male d’altrui, subito come tu l’odi, turati il naso, e fa’ così37 e dì: — O, elli ci pute! — Se elli seguita pure col suo dire, e tu seguita col tuo dire, e voltati in la’, e dì: — O, elli ci pute forte! — tirandoti uno poco adietro. E così fate voi, o fanciulli: tenete a mente che quando voi udite niuno che dica male di persone, subito vi turate il naso e dite: — O, elli ci pute! — E se voi farete così, mai non vi putirà di niuna cosa gattiva. E voglio che voi sapiate che, perchè ellino putano, che è vero quando ellino si ritruovano tra loro, non pute a loro di loro medesimi.38 Vuoi vedere la ragione? Se sònno cento insieme, e tutti putano, la puza è grande fra loro; perchè se ve ne giugnesse uno o due,39 non lo’ pare a loro che vi sia più puza che prima; imperò che elli puzano tanto a loro di loro medesimi, che ellino non sen[p. 155 modifica]tono la puza altrui. E tutti costoro sònno coloro i quali parlano male del prossimo loro40; e non pensate che uno detraga, che elli no’ lo detraga col cuore. E di questo tale dice nel Vangelio di santo Matteo: Malus homo de malo thesauro cordis sui profert mala41: — El gattivo uomo el quale ha nel suo cuore el gattivo tesoro, sempre profarrà42 male nel suo dire. — Anco David l’assomiglia a un’altra puza dove dice: sepulcrum patens est guttur eorum: — la puza di questa mala léngua è pegiore43 che la puza d’uno sepolcro puzolente; — imperò che uno sepolcro non può appuzzare se non il corpo, e costui appuzza il corpo e l’anima. Questi tali uomini si possono assimigliare al riccio il quale naturalmente puza; io non dico il riccio della castagna; io dico di quel riccio che si butta sopra l’uva il quale ha le penne così pontate, che tanto si involve sopra all’uva, che tutto se n’empie, e così se ne la porta via. Il quale riccio si dice che così li pute il fiato di sotto, come quello di sopra. Inde Seneca: Nihil refert ex qua parte intonet fetorem suum, de superiori vel inferiori: — Non fa niente da qual parte elli tuona, o di sopra o di sotto; in ogni modo puza a un modo. — Donde è la cagione? Sa’ la?44 — No — Odela: perchè elli è fradicio dentro. Anco è simile al leone, el quale sempre puza nella bocca sua; e come il lione devora le creature, così fa il detrattore; col suo parlare uccide ogni creatura. E però è detto: Susceperunt me sicut leo paratus ad praedam: — [p. 156 modifica]Ellino m’hanno avelenato45 come il lione aparechiato alla sua preda; — e questo tale apuza in tutto il mondo, e avvelena ogni creatura la quale ode il detrattore, se non si guarda.

Secondo ufficio che elli fa si è uccidare; e certo così uccide il detrattore, come tu hai l’essemplo nella Canonica 46 di Giovanni al terzo cap., dove dice: Qui detrahit proximo suo, homicida est: — Colui che detrae el prossimo suo, è omicida. — O donna, non ti pare fare grandissimo peccato, quando tu detrai? Che dirai male d’una persona a quatro o a sei o a dieci, e quelli il diranno poi a cento, e quelli cento il diranno poi a mille, et in poco tempo in tutto il mondo si può spargiare. Inde l’Arcidiacono dice in cap. inter verba, xj, quod detractor est inimicus charitatis: dice che — il detrattore è inimico della carità. — E di carità è al tutto privato, dimostrando con la malizia sua d’èssare piatoso, et è pieno di crudeltà. Elli si dimostra buono, et è pessimo, e per lui si fanno tre omicidi in tre modi. Odeli: prima uccide e fa danno a sè solo. — Sicondo, uccide e fa danno a dieci che odono. — terzo, quelli dieci il dicono a molti, che pure a dieci per uno so’ cento; e quelli cento pure a dieci per uno sònno mille; et in poco tempo si può uccidare tutto il mondo, e non fu altro che uno che cominciò. E questa è una cosa che sempre fa danno, e ogni volta cresce male a male, come tu hai a xxx e a xxxj ca[p. 157 modifica]pitolo de’ Proverbi: Generatio quae pro dentibus gladios habet, et commandit molaribus ecc.47. Dice così che — in iscambio di denti hanno coltella e rodono e’ mascellari. — Questi cotali hanno avelenato et amazzati tanti, quanti so’ coloro che hanno udito e poi parlatone.

Terzo offizio si è che divorano i detrattori, imperò che parlando male di altrui è uno divorarlo. O donne, rompeste mai la quaresima? mangiaste mai della carne o il venerdì o il sabbato o la vigilia del dì comandato dalla Chiesa? Dice colei: — No, sallo Idio; non mai ne mangiai. — Tu menti per la gola, chè tu n’hai mangiata assai volte e hala mangiata cruda per la crudeltà tua. Hai detratto? — Sì — E chi detraesti? — Fu uno uomo48. — Un uomo hai mangiato. — O, io detrassi un prete. — Un prete hai mangiato. — Io detrassi un vescovo. — Uno vescovo hai mangiato. — Detrassi un cardinale. — Un cardinale hai mangiato. — El papa detrassi. — El papa hai devorato. Simile, tu monica; la monica hai mangiata; e tu la tua vicina; la vicina hai divorata. E di questi disse Iob a xviiij capitolo: Quare persequimini me, et saturamini carnibus meis?49 — Perchè mi perseguitate e saziatevi della mia carne? — Anco hai a xxiij cap. de’ Proverbi: Non sis in conviviis ebriorum50: — Fa’ che tu non [p. 158 modifica]vada a’ conviti degli ebriachi, o di chi dà mangiare carne nei conviti. — O, dicono le donne, dunque noi non doviamo andare a le cortine51, a le nozze? — O, o, elli so’ stati tanto potatori52, che hanno bevuto tanto vino, e mangiatori che hanna mangiato tanta carne pure per frutta, che guai a loro. E però dico che ciascuno si guardi da questi tali vizi. Doh! ode quello che santo Agustino aveva a una sua mensa dove elli mangiava, là dove vi fece fare questi due versi a lèttare grosse, che dicono così:

               Quisquis amat dictis absentum rodere vitam,
                  Hanc mensam indignam noverit esse sibi.

— Qual persona vuole o si diletta di detrarre, non (è) degna di mangiare a questa mensa53. — E però ragunando insomma il mio dire, dich’io ch’io ho parlato del detrattore. Tu hai veduto nella prima parte di ieri la sua crudeltà e malizia, dove dissi draco; del quale vedesti tre malizie, cioè attenzione e bugia et apparenzia di bene; e questo tutto fu ieri. Oggi hai veduto la siconda particella54, la sua superbia, dove dice magnus, dal quale vedesti uscite tre figliuole, temerità, pazzia, e rabbia. Terza, ve[p. 159 modifica]desti la sua crudeltà, dove dice rufus, dove vedesti tre iniquità, avelenare, uccidare e devorare. Ma io voglio che tu consideri un poco, e che tu ti racolga in te medesimo, e che tu vega se di lei escono maggiori pericoli che io non t’ho conti. Io ti voglio dimostrare che non è niuno male in questo mondo, che non venga dalla maledetta lingua del detrattore. Ella è seminatrice d’ogni mala zizania; ella è stata la prima cagione di guelfi e ghibellini, e poi gli ha messi a ripentaglio, che si tagliono55 a pezi l’uno l’altro. Ella ha avuta tanta potenza, che ella ha messo lo scandalo infra i gattivi, li quali vogliono tutti far male. Ell’ha messo scandolo e discordia infra e’ servi di Dio, quando hanno voluto vivare santamente al servizio di Dio. Ella ha fatto dare e date false sentenzie contra colui che ha avuto la ragione; ella ha messo al fondo la verità, e in alto la falsità. Ella ha fatto dare e dato a’ buoni, et a’ gattivi occultato il mal fare. Ella ha messo scandolo infra la donna e ’l marito per modo, che mai non si so’ voluti bene insieme. Ella ha dato infamia a quella vedova buona, perchè non volse consentire al peccato: ella l’ha poi conturbata la buona coscienza. Ella ha messo discordia fra l’anime buone; ella è stata generatrice d’odio e principio di guerra. O Roma, come se’ capitata male! chi ne è stata cagione? Pure la mala lingua. Ella è generatrice di contumelie. O patrimonio, come se’ disfatto! Ella ha sempre generato contenzioni fra città e città. O Lombardia, quanti ne son morti per cagione della mala lingua. Ella ha fatto disfare56 molte terre e molte città. Ella ha fatti fare molti incendi; ella [p. 160 modifica]ha fatti fare molti omicidi; ella ha fatti fare molti patricidi. Ella ha fatto uccidare la donna al proprio suo marito; ella ha fatto uccidare la figliuola al suo padre; ella ha fatto uccidare i suoi propri figliuoli; ella ha fatto uccidare l’un fratello all’altro. Ella ha messo l’odio infra città e città; ella ha fatto nemicare l’una provincia all’altra. Ella è stata cagione e mancamento della fede; ella è conturbatrice57 della carità; ella è stata disperatrice della speranza58; ella è stata nimica di tutte le virtù. Va’, leggi nello Ecclesiastico a xxviij cap., dove comincia: Lingua tertia multos commovit, et dispersit illos de gente in gentem. Civitates muratas divitum destruxit, et domos magnatorum dissolvit. Lingua tertia mulieres piratas eiecit, et privavit illas laboribus suis; qui respicit illam, non habebit requiem, nec habebit amicum in quo requiescat, nec habitavit cum requie 59. Flagelli plaga livorem facit: plaga autem linguae comminuet ossa. Multi ceciderunt in ore gladii; sed non sic quasi qui interierunt per linguam suam. Elli non è alcuno malo al mondo, che per lei non sia fatto. Va’, leggi xxvj quest., primo capitolo, Obtrectatores; et anco troverai ine pure molte cose. E però, cittadini miei, guardatevi da questo vizio, acciò che il giudicio di Dio non vi venga adosso; e così facendo arete di qua la grazia sua, e di là la sua gloria in saecula saeculorum, amen.




Note

  1. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 aggiungono le parole: in volgare dicono così.
  2. Corrette alcune poche mende col confronto della Vulgata.
  3. Il Cod. Pal. diei, diedi. E così poco sotto.
  4. Nei Codd., quia serpens, e poi animalibus in luogo di animantibus.
  5. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 allegano qui pure il Testo latino: scientes bonu met malum
  6. Il Cod. Pal. giungere. Intendasi, stanno attenti in che modo possano cogliermi in fallo.
  7. Vuol dire: oh, io t’ho colto una volta!
  8. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 ripetono, sotto ombra di bello modo.
  9. Gli altri Codd. abbranca.
  10. In questo passo il Testo che seguiamo ha qualche lacuna, supplita col soccorso degli altri Codici.
  11. Cioè, Alessandro d’Ales, che il Santo cita spesse volte, e un trattato del quale appare tra i non molti libri che si trovarono nella cella dove il Santo morì.
  12. Questa lacuna si trova in tutti i codici.
  13. La Vulgata: Vae qui dicitis malum bonum et bonum malum: ponentes tenebras lucem, et lucem tenebras: ponentes amarum in dulce, et dulce in amarum
  14. Il Cod. Sen. 6 dice: se io mi vollarò adietro dal lato di qua ec. Si capisce bene che il Santo accompagnava queste parole co’ movimenti della persona.
  15. Idiotismo che usa poco appresso e altre volte; in genere.
  16. Il Cod. Sen. 6, più del tuo maggiore.
  17. Intendi: poichè volendo tu sapere più di tuo padre ec.
  18. Lo riprendi ringhiosamente, con stizza.
  19. Il Cod. Sen. 6, al quale, come di solito, corrisponde il palermitano, dice cosi: Elli so’ ben molti che non v’insegnano a dire se none il male del compagno.
  20. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 variano alquanto dal nostro Testo: e non vedi la trave che tu ài dinanzi alV occhio tuo: bene ti pare vedere ogni cosa. E però di dico ec.
  21. Questo primo inciso del periodo manca al nostro Testo; non così agli altri Codd, che teniamo a riscontro; nè si può omettere senza toglier senso al periodo.
  22. Il Cod. Sen. e il Pal. leggono; se elli è vizio niuno in lui.
  23. Il Cod. Pal. beccaria, detto alla senese in vece di beccheria.
  24. Il Cod. Pal., Come l’ànno annasato e cognosciuto.
  25. Gli altri Codd. hanno, rignare.
  26. Leggono gli altri Codd., bestia e ferucola.
  27. Il Cod. Pal.: el terzo uffizio, sì divora.
  28. Cioè, non apparirà.
  29. Gli altri Codd., pugnere.
  30. Idiotismo, plurale. Il Cod. Sen. 6, plulare.
  31. Il Cod. Pal. ., agiunto., e poco sopra, aggiunge, aggiungerà ec.
  32. Diversamente gli altri Codd.: O maladetta lingua, guarda quello che ài fatto! Vedi quanto male ài fatto colle parole tue; chè ài fatto ec.
  33. Il Cod. Pal., che se tu puoi, nulla se ne truovi.
  34. Il Cod. Sen. 6, sbocativo.
  35. Vale a dire, sboccatamente, senza ritegno.
  36. Il Cod. Sen. 6 mantiene il verbo al plurale: Ellino non temano vergogna. Il Pal. ha questa variante: Elli non teme il mondo; elli non teme vergogna.
  37. Accompagna col gesto la parola, sì che pare di vederlo turarsi il naso, e colla persona voltarsi dal lato opposto, donde fìnge che venga puzzo.
  38. I detrattori quando si trovano insieme, non s’avvedono del loro detrarre; come più persone cui ugualmente puta la bocca, non sentono il fetore altrui.
  39. Cioè, la puzza non crescerebbe, benchè uno o due di cotali fossero cresciuti.
  40. Gli altri Codd. leggono: E tutti costoro sono quelli che parlano male d’altrui, ditraendo il prossimo loro.
  41. Cap. XII, v. 35. Nella Volgata non sono le parole cordis sui
  42. Apocope di, proferirà.
  43. Il Cod. Pal. ha: la mala lingua puzzolente è peggiore ec.
  44. Il Cod. Pai.: La sai?
  45. Il Cod. Pal., allevato; il Cod. Sen. 6, pilliato.
  46. Più al senese il Cod. Sen. 6, calonica. Così costantemente chiama il Santo la prime delle tre Epistole dell’Apostolo Giovanni, la quale dal consenso unanime degli antichi è ritenuta genuina: i Comentatori l’appellano pure Cattolica. Bensì il passo citato dal Nostro non corrisponde alla Volgata che dice: Omnis qui odit fratrem suum, homicida est.
  47. È veramente il capitolo trentesimo, e il passo allegato dice così nella sua integrità: Generatio, quae pro dentibus gladios habet, et commandit molaribus suis, ut comedat inopes de terra, et pauperes ex hominibus. (Banchi)
  48. Il Cod. Pal.: E chi? Uno uomo.
  49. E la Volgata: Quare persequimini me sicut Deus, et carnibus meis saturamini? (Banchi)
  50. Nel margine del nostro Testo è di antica mano la correzione del passo addotto: noli esse in conviviis potatorum; e avrebbero dovuto aggiungersi le altre parole del versetto: nec in comm essationibus eorum, qui carnes ad vescedum conferunt.
  51. Nel linguaggio senese Cortina vale Vicinato, ed è voce ancor viva nel nostro popolo. Andare a le cortine qui pare adunque che significhi, Andare a que’ ritrovi che si costumavano tra amici e vicini; ritrovi di gaio conversare e talora di liete cene e banchetti. I Senesi vi attendevano assai, e il popolo vi propende tuttora; costumanze da preferire alla stupida musoneria de’ nostri signori.
  52. Il Cod. Pal. legge: Elli so’ stati tanti potatori ec.
  53. Supplimmo tra parentesi il verbo mancante nel Testo. Il Cod. Sen. 6, non deggia mangiare.
  54. Nel Cod. che seguiamo è in questo luogo omissione di alcune parole, senza le quali il senso non corre. Giudichi il lettore. Draco, dal quale vedesti tre malizie, cioè attenzione e bugia et ogi hai veduto la siconda particella, ec.
  55. Meglio forse il Cod. Pal., che si taglino.
  56. Il Cod. Pal., Ella à disfatto. Il Cod. Sen. 6, disfatte.
  57. Gli altri Codd., conturbazione.
  58. Il solo Cod. Sen. 6, disperazione della speranza.
  59. Le parole nec habitabit cum requie sono bensì nel Testo, ma non già nella Volgata.