Il matrimonio per concorso/Atto III
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Atto II | Nota storica | ► |
ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Continua la stessa sala.
Doralice ed Anselmo escono dal loro appartamento1
Doralice. Favorite, signor padre; frattanto che madame Fontene è occupata a scrivere un viglietto....
Anselmo. Che cosa fa qui tutta la mattina questa signora?
Doralice. Mi ha fatto mille esibizioni, mille cortesie e politezze. Pentita di avermi un poco insultata, come sapete, mi ha domandato scusa più di cento volte; teme sempre ch’io sia di lei malcontenta, e pare che non sappia da me distaccarsi.
Anselmo. Per verità le francesi sono polite all’estremo. Vi è fra di loro uno spirito di allegria, che qualche volta pare un po’ caricato, ma in sostanza sono gentili, sociabili, e molto bene educate. Le avete voi detto niente del partito di matrimonio che vi ho proposto?
Doralice. Oh dio! cosa dite mai? Mi guarderei moltissimo di fare penetrare una cosa che mi mortifica e mi disonora.
Anselmo. Come? Che cosa dite? Un partito simile vi disonora?
Doralice. Siete ingannato, signore, siete tradito. Ecco il motivo per cui ho desiderato parlarvi da solo a sola. Colui ch’è venuto a parlarvi per me, che vi ha dato ad intendere di volermi in isposa, è di già maritato.
Anselmo. Monsieur la Rose è maritato? Non lo credo, non è possibile, e non lo crederò mai.
Doralice. Tanto è vero quel ch’io dico, che sua moglie medesima è qui venuta, e mi ha rimproverato e insultato.
Anselmo. Oh cieli! avrebbe egli cercato di addormentarmi, temendo ch’io lo astringessi a pagarmi subito quel ch’ei mi deve? Sarebbe l’azione la più scellerata del mondo.
Doralice. Ah signor padre, degli uomini tristi se ne trovano dappertutto.
Anselmo. Eppure non posso ancora determinarmi a prestar fede a ciò che mi dite. Un mercante, un mio corrispondente non è possibile, vi sarà qualche equivoco, qualche inganno. Dite un poco, madama Fontene non è qui venuta in compagnia di monsieur la Rose?
Doralice. Io non conosco monsieur la Rose.
Anselmo. E quegli che vi ha domandata in consorte, quegli che ho trovato qui, quando sono arrivato.
Doralice. Sì signore, egli è venuto insieme con madama Fontene.
Anselmo. Ella dunque lo conoscerà: saprà s’è vero ch’egli sia maritato; andiamo a sentir da lei....
Doralice. Volete ch’ella sia informata di questo novello insulto che riceviamo? Che lo dica a degli altri? Che si pubblichi per Parigi? Ch’io sia novamente la favola della città?
Anselmo. Le parlerò con destrezza, cercherò di ricavare la verità, senza ch’ella rilevi il mistero.
Doralice. Parlatele; ma io non ci vorrei essere presente. Dubito di non potermi contenere.
Anselmo. Eccola qui per l’appunto.
Doralice. Mi ritirerò, vi lascierò con lei, se vi contentate. (Incontra madame Fontene, si fanno qualche complimento, e Doralice entra)
SCENA II.2
Madame Fontene, Anselmo, e poi3 Servitore di locanda.
Fontene. Signore, vorrei far recapitare4 questo viglietto. L’ora è tarda, vorrei levarvi l’incomodo, non ho nessuno che mi accompagni, e scrivo alle mie genti che mi mandino la mia carrozza5.
Anselmo. Vediamo se vi è nessuno. Ehi servitori. (prende il viglietto)
Servitore.6 Son qui, che cosa comanda?
Anselmo. Fate subito recapitar questa lettera.7 (dà la lettera al servitore)
Servitore. La vuol mandare per la picciola posta?
Fontene. Cercate un uomo che vada subito e torni presto, e quando ritorna, lo pagherò. (al servitore)
Servitore. Sarà servita8 immediatamente.9 (parte colla lettera)
Anselmo. Signora, scusate la mia curiosità, che cosa è la picciola posta?
Fontene. La cosa più bella e più comoda che possa darsi per una città grande, popolata, e piena d’affari. Girano a tutte le ore parecchi uomini, con un strumento in mano che fa dello strepito. Se si vuol mandare per la città, o nel distretto, lettere, denari, pacchetti e cose simili, si aspetta che passi, o si fa cercar nel quartiere uno di questi che si chiaman fattori, e con pochissima spesa si possono far molti affari.
Anselmo. Perchè dunque non vi siete ora servita della picciola posta?
Fontene. Perchè questa ha le sue ore determinate. In sei ore si può scrivere ed aver la risposta, ma chi la vuol più sollecita, dee valersi di un espresso commissionario.
Anselmo. Ho capito, l’idea mi piace, e vedo che la città è assai ben regolata. Vi ringrazio della bontà con cui vi siete compiaciuta instruirmi sopra di ciò.
Fontene. Questo si deve fare co’ forestieri; e in Francia si fa assai volentieri. Troverete della cortesia grandissima ne’ bottegai per insegnarvi le strade, e che sortiranno dalla loro bottega per additarvi il cammino.
Anselmo. Questo si usa in qualche parte d’Italia ancora, non per tutto, ma in qualche parte, e specialmente in Venezia.
Fontene. Oh sì, lo credo. Ho sentito dir del gran bene di questa vostra città. Si dice che Venezia in Italia sia in molte cose stimabile, come Parigi in Francia.
Anselmo. Se avessi tempo, vi direi qualche cosa del mio paese che vi farebbe piacere, ma ora sono pressato da un articolo che m’interessa all’estremo, e per il quale ho gran bisogno di voi.
Fontene. Non avete che comandarmi.
Anselmo. Voi certamente conoscete monsieur la Rose.
Fontene. Lo conosco perfettamente.
Anselmo. Ditemi in grazia, sapete voi ch’egli sia maritato?
Fontene. Al contrario, signore. So di certo che non ha moglie.10
Anselmo. (Ah lo diceva, non può darsi. Mi pareva impossibile).
Fontene. Credetemi, che sei fosse ammogliato, lo avrei da sapere ancor io.
Anselmo. (Sto a vedere ch’egli sia il suo innamorato, o il suo cavaliere servente. Se ciò fosse, mi dispiacerebbe per un altro verso).
Fontene. Scusatemi, signore, avete qualche intenzione sopra di lui? Ho sentito ch’egli è uno de’ vostri corrispondenti; si è intavolato qualche affare per la vostra figliuola?
Anselmo. Vi dirò, si è fatto qualche discorso, ma io non sono in grado di far mal’opera chi che sia. Se questa cosa, per esempio, vi dispiacesse....
Fontene. Oh no no; non abbiate nessuna apprensione a riguardo mio. Lo conosco, lo tratto. Egli ha dell’amicizia per me, io ho dell’amicizia per lui, ma con tutta l’indifferenza. Io sono maritata, e non crediate che si usino in Francia i serventi, come in Italia. Le donne francesi trattano molte persone, e tutte nella stessa maniera. Vanno fuori di casa ora con uno, ora con un altro, in carrozza, a piedi, come si sia; e quello che ci conduce fuori di casa, non è sempre il medesimo che ci riconduce all’albergo. Si va ai passeggi, si trovano delle persone di conoscenza, si fanno delle partite per accidente. Si va a pranzo dove si vuole. Il marito non è geloso. L’amante non incomoda: si gode la più bella libertà, la più bella allegria, la più bella pace del mondo.
Anselmo. A Parigi dunque non ci sono passioni, non ci sono amoretti.
Fontene. Perdonatemi. Tutto il mondo è paese, e l’umanità è la medesima dappertutto; ma si fa studio grande per nascondere le passioni; gli amanti sono discreti, e le donne non sono obbligate alla schiavitù.
Anselmo. Bel costume! mi piace infinitamente. Sappiate dunque, signora mia, che monsieur la Rose mi ha domandato la mia figliuola.
Fontene. Mi consolo con voi, che non potete desiderar di meglio.
Anselmo. E mi avevano detto ch’aveva moglie.
Fontene. È un uomo d’onore, incapace di un’azione villana. Vi consiglio non far ch’egli penetri questo sospetto ingiurioso. I francesi sono di buon cuore, ma delicati, puntigliosi, e subitanei all’estremo.11
Anselmo. No no, da me certamente non lo saprà. Sono consolatissimo di quanto mi dite. Permettetemi ch’io chiami la mia figliuola; ch’io metta in calma il di lei animo rivoltato12. Sarà ella pure contenta, sarà ella pure consolata13. Venite, Doralice, venite. Ho delle14 notizie buone da darvi. (alla porta, chiamandola)
SCENA III.
Doralice e detti.
Doralice. Sarà possibile che una volta respiri?
Anselmo. Sì, rallegratevi, figliuola mia. Monsieur la Rose è un uomo d’onore; non è maritato15, e sarà il vostro sposo.
Doralice. (Ah, qual funesta consolazione per un cuore ch’è prevenuto!) (da sè)
Fontene. Vi assicuro16 che con lui vivrete bene, che sarete con lui felice.
Doralice. (Roberto solo mi potrebbe rendere fortunata). (da sè)
Anselmo. Via, rasserenatevi. Che cos’è questa perpetua malinconia?
Fontene. Signora, voi avete qualche cosa17 che vi disturba.
Doralice. Non posso nascondere la mia inquietezza18.
Anselmo. Ma da che cosa procede? Si può sapere?
Doralice. Il cuore mi presagisce di dover essere sfortunata.
Fontene. Eh signora mia, ho un poco di mondo in testa, sono un poco fisonomista. Con licenza del signor Anselmo, avrei qualche cosa da dirvi fra voi e me.
Anselmo. Servitevi pure. Vedete un poco se vi dà l’animo colla vostra bontà di rasserenarla.
Fontene. Favorite. Venite con me nella vostra camera. (a Doralice)
Doralice. Volentieri. (Sarà meglio che con lei19 mi confidi). (da sè)
Fontene. (Scommetto ch’ella è innamorata di un altro, e che non ardisce di dirlo. Oh, una francese non avrebbe tante20 difficoltà). (da sè, entra in camera21)
Doralice. (Con lei avrò meno soggezione che con mio padre). (entra)
SCENA IV.
Anselmo, poi Pandolfo.
Anselmo. Io non so mai22 qual possa essere l’inquietezza di Doralice23. Mi verrebbe quasi il sospetto ch’ella fosse innamorata di qualcheduno. Chi sa? Potrebbe anche darsi, e potrebbe anche essere ch’ella avesse immaginato di dire che monsieur la Rose è ammogliato per mettermi in apprensione, ed obbligarmi ad abbandonare il partito. Ma per verità, non ho mai conosciuto mia figlia sì imprudente, sì maliziosa, e poi di chi può essere innamorata? In Ispagna non lo era certo, qui siamo appena arrivati. Nessuno è venuto a vederla. Se non ci fosse qualche forestiere nella locanda, ch’io non sapessi; non so che mi dire, sono pieno di pensieri, di agitazioni24. Sentirò quel che avrà potuto comprendere madame Fontene.
Pandolfo. (Esce di camera timoroso guardando intorno)25 (Ho sempre paura di vedermi assalito dal colonello).
Anselmo. (Se posso arrivare a collocarla, sarò l’uomo più contento del mondo. Converrà ch’io solleciti monsieur la Rose).
Pandolfo. Signor Anselmo, vi riverisco.
Anselmo. Buon giorno, buon giorno, messer Pandolfo. (sostenuto)
Pandolfo. Avete veduto ancora mia figlia?
Anselmo. No, non l’ho ancora veduta.
Pandolfo. Volete favorire di venirla a vedere?
Anselmo. Scusatemi, aspetto qui una persona, non mi posso partire.
Pandolfo. La farò venir qui, se vi contentate.
Anselmo. Fatela venire, come volete. (con indifferenza, e quasi per forza)
Pandolfo. Ho piacer26 che la conosciate. (Manco male che non c’è il colonello). (entra in camera)
SCENA V.
Anselmo, poi Pandolfo e Lisetta.
Anselmo. Ho altro in testa io, che secondar questi pazzi. La figliuola27 sarà del carattere di suo padre.
Pandolfo. Eccola28, signor Anselmo. Ecco la mia figliuola29.
Anselmo. La riverisco devotamente. (a Lisetta)
Lisetta. Serva sua. (ad Anselmo) È questi il signor Anselmo? (con ammirazione30)
Pandolfo. Sì, è desso.
Lisetta. Il signor Anselmo Aretusi? (con ammirazione)
Pandolfo. Per l’appunto.
Anselmo. Perchè fate le31 maraviglie, signora mia? (a Lisetta)
Lisetta. Perchè ho l’onore di conoscere la vostra signora figliuola32.
Anselmo. L’avete veduta? (a Lisetta)
Lisetta. Sì, l’ho33 veduta, e so ch’è innamorata del signor Filippo.34
Pandolfo. La figlia del signor Anselmo è l’innamorata del locandiere?
Anselmo. Come! mia figlia?
Lisetta. Sì signore, vostra figliuola35 fa all’amore a36 Filippo.
Anselmo. (Povero me! cosa sento? Ora capisco la tristezza, la melanconia37 dell’indegna).
Pandolfo. (Ora intendo perchè Lisetta ha abbandonato Filippo).
Anselmo. (Son fuor di me, non so qual risoluzione mi prenda).
Pandolfo. E di più sappiate, che Filippo è di già maritato. (ad Anselmo)
Lisetta. Non è maritato, ma si mariterà alla figliuola38 del signor Anselmo.
Anselmo. No, non sarà mai vero, la strozzerei39piuttosto colle mie mani.
SCENA VI.
Doralice, madame Fontene e detti.
Fontene. Finalmente, signore, l’ho fatta parlare, ed ho penetrato l’arcano.
Anselmo. Ah, pur troppo l’ho penetrato ancor io.
Fontene. Che una giovane sia innamorata, non mi par gran male40.
Anselmo. Sapete voi chi è l’amante di quell’indegna?
Fontene. Mi ha detto qualche cosa; ma io veramente non lo conosco.
Doralice. (Oh cieli! che sarà mai?)
Fontene. E qualche persona vile, qualche persona disonorata?
Anselmo. No, non dico questo: rispetto tutti, e ciascheduno nel suo mestiere merita di essere rispettato. Ma il suo rango, la sua condizione, non è da imparentarsi con me.
Doralice41.(Possibile che Roberto m’abbia ingannata? Che non sia tale, quale mi ha detto di essere?)
Fontene. Ditemi chi è, se lo conoscete. (ad Anselmo)
Anselmo. Risparmiatemi il dispiacere di dirlo. Basti a colei di sapere che saprò punirla, s’ella persiste42 in un tal amore. Monsieur la Rose l’ha dimandata 43, le fa più onore ch’ella44 non merita, e se il galantuomo è costante a volerla, se non viene a penetrare il segreto amor suo, e non l’abbandona per questo, le dovrà dare la mano a dispetto suo.
Doralice. Signore....
Anselmo. Acchetatevi, disgraziata. Madama, vi supplico per amor del cielo, trattenetevi45 con lei, non l’abbandonate46 aspettatemi finch’io torno. Vo a rintracciare monsieur la Rose47. Non vi è altri che lui, che possa liberarmi dall’affanno in cui mi ritrovo. Amici, per carità non gli dite niente, se lo vedete. (a Pandolfo e Lisetta) Povero padre! figliuola ingrata! morirei48 di disperazione, (parte)
SCENA VII.
Doralice, madame Fontene, Pandolfo e Lisetta.
Pandolfo. Sentite, signorina? E voi volevate fare lo stesso, (a Lisetta)
Lisetta. (Ho piacere. Filippo non sarà contento).
Fontene. Ma cara signora Doralice, chi mai è questo amante di cui siete invaghita?
Doralice. Oh dio! non so più di così. Mi parve il giovane il più saggio49, il più onesto del mondo.
Pandolfo. Vi dirò io chi è, s’ella non lo vuol dire. E Filippo, il padrone di questa locanda.
Doralice. Come! non è vero niente. Quegli ch’io amo, quegli che mi ha promesso di amarmi, è il signor Roberto degli Albiccini.
Pandolfo. Il signor Roberto? Quel giovane mercadante50?
Doralice. Sì appunto, si è spacciato meco per mercadante51.
Pandolfo. Non può esser vero. Il signor Roberto è innamorato di mia figliuola52.
Lisetta. No, caro signor53 padre, ora siamo alle strette. Bisogna ch’io sveli la verità. Vi è dell’equivoco, vi è dell’imbroglio. Roberto non mi conosce, mi crede moglie di un altro. (Povera me! Filippo sarà innocente, io l’ho maltrattato da colonello).
Doralice. Ma che incantesimi sono mai questi? Che disordini! Che confusioni!
Fontene. Andiamo, andiamo ad aspettar vostro padre. Si verrà in chiaro di tutto, si saprà tutto, vi è rimedio a tutto54.
Doralice. Ma se viene mio padre con monsieur la Rose? Se mi obbliga a doverlo55 sposare?
Fontene. Se poi vostro padre vi obbliga, non saprei che farvi. Noi siamo nate per obbedire. (parte, ed entra in camera)
Doralice. L’obbedienza è giusta, ma il sagrifizio del cuore è crudele. (entra in camera56)
SCENA VIII.
Pandolfo e Lisetta.
Pandolfo. IO non ho detto niente finora57, per non far una scena con quelle signore; ma ora che siamo soli, ditemi un poco, signora sciocca, impertinente, cosa vi sognate di dire, che il signor Roberto non vi conosce, non vi ama, non vi pretende?
Lisetta. Ho detto la verità, e la sostengo, e la toccherete con mano.
Pandolfo. Ma se mi ha pregato, posso dir in ginocchioni, perchè io le concedessi la vostra mano.
Lisetta. Questo è un abbaglio, questo è un inganno, e lo vedrete.
Pandolfo. Eh, so io l’abbaglio, so io l’inganno qual è. Tu sei innamorata di quel disgraziato di Filippo, lo hai58 odiato per gelosia, ed ora pretendi di ripigliare la tresca.
Lisetta. No certo, signor padre, non è così; e per farvi vedere che sono una figliola59 rassegnata, obbediente, andate a cercare il signor colonello, conducetelo qui, ed io lo sposo immediatamente.
Pandolfo. Posso crederti? Sarà poi vero?
Lisetta. Ve lo prometto costantemente.
Pandolfo. Guarda bene, non mi mettere in qualche altro impegno.
Lisetta. Non vi è dubbio. Fidatevi di me, e non temete.
Pandolfo. Ma dove troverò il signor colonello? In un Parigi come è possibile di60 trovarlo?
Lisetta. Cercatelo ai passeggi pubblici, al Palazzo Reale, alle Tuglierie, lo troverete senz’altro.
Pandolfo. Se avrà della premura, ritornerà.
Lisetta. No caro signor padre, fatemi questo piacere, cercatelo, procurate di trovarlo, conducetelo qui più presto che voi potete.
Pandolfo. Come ti è venuta ora dintorno una sì61 gran premura per il colonello?
Lisetta. Per dimostrarvi la rassegnazione ai vostri voleri, per secondare le vostre buone intenzioni, per darvi una testimonianza di obbedienza e rispetto.
Pandolfo. Brava la mia figliuola; son contento, così mi piace. Anderò a cercarlo ora, questa sera, domani, gli farò le vostre62 scuse, gli parlerò con maniera. Tutto anderà bene. Sarete la sposa, sarete la colonella. Godrete i frutti della buona condotta di vostro padre. (Gran testa, gran testa ch’è la mia63! (parte)
SCENA IX.
Lisetta, poi il Servitoe.
Lisetta. Oh la bella corbelleria che ho fatto, ma bisogna64 vedere di rimediarvi. Sarà difficile che mio padre trovi Filippo da colonello, si sarà forse disfatto degli abiti, e sarà irritato65 contro di me. È stato bene però, ch’io abbia mandato mio padre fuori di casa. Vuo’66 vedere se ci fosse Filippo. Ehi servitori.
Servitore. Signora.
Lisetta. Il padrone è in casa?
Servitore. C’è, e non C’è. (ridendo)
Lisetta. Come, c’è e non c’è? Non vi capisco.
Servitore. Vuole il signor Filippo, o il 67 signor colonello? (ridendo, e parlando piano)
Lisetta. Ah, siete a parte anche voi del segreto?
Servitore. Il padrone per sua bontà mi vuol bene, si fida di me, mi68 ammette alla sua confidenza.
Lisetta. Senza burle, c’è in casa?
Servitore. Sì signora, è nella sua camera che sospira.
Lisetta. Andiamolo a ritrovare.
Servitore. È troppo in collera, signora mia.
Lisetta. Andiamo, andiamo, che sarà69 contento. (parte)
SCENA X.
Il Servitore, poi monsieur Traversen.
Servitore. Vada pure, che già ci sa andare senza di me. Non so che carattere che sia il suo, ora lo ama, ora lo disprezza.
Traversen. Quel giovane. (chiamando il servitore)
Servitore. Mi comandi.
Traversen. Ditemi un poco. Non vi è qui alloggiata una certa giovane italiana, di cui ho letto qualche cosa nei piccoli affissi?
Servitore. Credo di sì, signore, ma io non la conosco precisamente.
Traversen. Saprete bene, se in alcune delle vostre camere vi sia un’italiana.
Servitore. (Mi valerò dello strattagemma del mio padrone). Sì signore, ve n’è una in quell’appartamento. (accenna quello di Doralice)
Traversen. Si potrebbe vedere? Le si potrebbe parlare?70
Servitore. V. S. può domandare alla porta.
Traversen. Andate voi a far l’imbasciata.71 Ditele un galantuomo, un francese....
Servitore. La servo subito. (entra da Doralice)
SCENA XI.
Monsieur Traversen, poi madame Fontene ed il Servitore.
Traversen. Ho tardato un poco troppo a venire. Sarà stata veduta da molti, prima di me. Ma chi è obbligato ad un impiego, non ha tutte le ore in sua libertà.
Fontene. Chi è che domanda la forestiera? (esce il servitore, e se ne va per l’appartamento72 di Filippo; poi a suo tempo ritorna.)
Traversen. Come! voi qui, madama?
Fontene. Oh monsieur Traversen, siete venuto anche voi per la curiosità di vedere la giovane degli affissi?
Traversen. Ch’io sia venuto per questo, non è73 da maravigliarsi. Mi fa più specie, che ci siate venuta voi.
Fontene. Vi dirò. In questi appartamenti74 vi è una signora italiana, ma non è quella che voi cercate.
Traversen. E dov’è dunque la famosa giovane del concorso?
Fontene. So ch’era nell’appartamento vicino, ma ora non si sente nessuno, e credo che non ci sia.
Traversen. Mi permettete ch’io75 guardi se c’è?
Fontene. Servitevi. Ma fatemi prima un piacere. Conoscete voi il signor Roberto degli Albiccini?
Traversen. Sì, lo conosco, l’avete veduto anche voi stamane al76 Palazzo Reale.
Fontene. È vero, ma sapete voi dove stia?
Traversen. Lo so benissimo. Egli abita presso alla77 piazza Vendôme78; ma a quest’ora, se lo volete, si può trovare alla Borsa.
Fontene. Benissimo79. Vi rendo grazie.
Traversen. Avete altro da comandarmi?
Fontene. Andate, vedete se c’è la forestiera, e poi forse vi pregherò.
Traversen. La porta è aperta.
Fontene. Potete entrare liberamente.
Traversen. Vederò se c’è qualcheduno da domandare (camminando, ed entra.)
Servitore. Signora, è venuta la sua carrozza80.
Fontene. Bene, che aspetti, e date questo al commissionario, (gli dà qualche81 moneta, servitore parte) (La carrozza è venuta82 a tempo).
Traversen. Non c’è nessuno. Ho picchiato a delle porte che ho trovate chiuse, e non mi ha risposto nessuno.
Fontene. Mi dispiace. Povero monsieur Traversen!
Traversen. Oh non importa, non mancherà tempo.
Fontene. Ora che non pregiudico alle vostre premure, ardisco di supplicarvi di una finezza.
Traversen. Comandatemi con libertà.
Fontene. Fatemi la grazia di montar83 nella mia carrozza, di andare alla Borsa, e se vi trovate il signor Roberto, conducetelo qui da me. Può essere ch’egli vi abbia delle difficoltà. Ditegli ch’è una francese che lo domanda, che la cosa è di gran premura: insomma fate il possibile perchè egli venga. Tornate con lui, e può darsi che vediate quella che desiderate vedere.
Traversen. Vado subito, e spero che mi riuscirà di condurre Roberto. È tanto mio amico, che mi lusingo non mi dirà84 di no. (parte)
SCENA XII.
Madame Fontene, poi Lisetta.
Fontene. Buona fortuna, che mi sono trovata qui io. Altrimenti la povera madamigella Aretusi avrebbe sofferto una novella mortificazione.
Lisetta. ((Manco male. Filippo è pacificato, e se toma mio padre, non tarderà a venire il signor colonello). (camminando verso la sua camera.)
Fontene. Quella giovane, avete perduto un buon incontro.
Lisetta. Che vuol dire, signora mia?
Fontene. Un altro concorrente è venuto per visitarvi.
Lisetta. Credetemi, signora mia, ch’io non ho bisogno de’85concorrenti. Ho stabilito nel mio animo quello che ha da86 essere mio marito.
Fontene. Avete fatto passare dei grandi87 dispiaceri a quest’altra povera italiana88.
Lisetta. Ne ho passato89 anch’io per essa una90 buona parte: credo che possiamo esser del pari.
Fontene. Basta, tutti gl’inviluppi hanno d’avere il loro termine. Spero che quanto prima si termineranno anche questi. (entra da Doralice91)
SCENA XIII.
Lisetta, Pandolfo, poi il Servitore.
Lisetta. Se Filippo dice davvero, il mio si terminerà92 quanto prima, È vero, che se mio padre mi sposa a Filippo, credendolo un altro93, potrebbe reclamar94 contro il matrimonio, ma Filippo mi assicura che condurrà bene l’affare, ed io mi fido nell’amor suo, nella sua condotta95.
Pandolfo. L’ho cercato per tutto, e non lo ritrovo. (a Lisetta)
Lisetta. Pazienza. Mi96 dispiace infinitamente.
Pandolfo. Io mi lusingo che tornerà.
Lisetta. Se non tornasse, sarei disperata.
Pandolfo. Ma perchè l’hai tu disprezzato in una maniera così villana?
Lisetta. Perchè... perchè.... Se potessi dirvi il perchè.
Pandolfo. Di’97 la verità, perchè tu eri ancora incantata98 in quell’animale di Filippo?
Lisetta. Potrebbe darsi99 che diceste la verità.
Pandolfo. Eh, io100 la so lunga: non fallo mai101, capisco, vedo, conosco102, ho una penetrazione infinita.
Servitore. Signore, è il signor103 colonello che la domanda. (a Pandolfo)
Pandolfo. Oh buono!
Lisetta. Oh bravo!
Pandolfo. Venga, venga104, non lo fate aspettare. (servitore via105)
SCENA XIV.
Pandolfo, Lisetta, poi Filippo da colonello.
Pandolfo. Segno che ti stima, che ti vuol bene.
Lisetta. (Sì sì, il signor colonello mi ama, ne son sicura). (da sè, ridendo)
Pandolfo. Ah signor colonello, gli faccio umilissima riverenza. Mia figlia è pentita, gli domanda scusa, ed è tutta106 disposta ai comandi suoi107, non è egli vero, Lisetta? Ditegli anche voi qualche cosa.
Lisetta. Si assicuri, signor colonello, che ho per lei tutta la stima, e che l’amerò con tutta la tenerezza108.
Pandolfo. (Brava, brava, così mi piace). Che ne dice, è contento il signor colonello?
Filippo. Tartaifle, ringraziar to fortuna. Ringraziar pellezza de to Lisetta109, che desarmar mia collera, e foler mi far sacrifizio a Cupido de mia fendetta110.
Pandolfo. Signore, ella sa benissimo ch’io non le ho fatto111 veruna offesa.
Filippo. Tu afer dupitate de mia112 condizion, afer comandate113 foler saper chi mi star.
Pandolfo. Scusi, vede bene: si tratta di una mia figlia. Vossignoria114 non mi ha fatto ancora l’onore di dirmi il suo nome, il suo cognome. Gli domando mille perdoni.115
Filippo. Tartaifle.116
Pandolfo. No, no, non vada in collera. Credo tutto.
Filippo. Fol ti saper? Foler mi dir, foler mi tutto significar. Star colonella Trichtrach.117
Pandolfo. Benissimo.
Filippo. Foler feder118 patente? Te119 foler sodisfar.
Lisetta. Non serve, non serve, crediamo tutto.
Filippo. Mi foler sodisfar,120 guardar, stupir, ammirar: alfier per Ghermania, tenente per Prussia, capitan Franza,121 e colonello Inghilterra. (mostra varie patenti)
Pandolfo. Bravo. Viva il signor colonello Trichtrach.
Filippo. Afer feduto?
Pandolfo. Ho veduto. Ho ammirato. Vien gente, andiamo in camera. Parleremo con libertà.
Filippo. Sì, andar camera, dofe122 Pandolfo. Resti servita. Favorisca. (lo fa passar innanzi)
Filippo. No no123 foler; star suocero, star padre, safer mio dofer.
Pandolfo. (Che bontà, che civiltà, che cortesia! Non poteva trovare un genero migliore al mondo. Eh io? son uomo,124 ho una testa del diavolo). (entra125 in camera)
Filippo. Va bene? (a Lisetta)
Lisetta. Va bene, ma poi se vi scoprirà?
Filippo. Lasciate far a me, non temete. (va in camera126)
Lisetta. Son contenta, ma ancora tremo. (va in camera 127)
SCENA XV.
Anselmo e monsieur la Rose.
Anselmo. No, signore, se siete contento voi, non sono contento io. La somma che mi dovete non è dote che basti128 al vostro merito. Son galantuomo, non ho altri che questa figliuola129 e nel mio paese ho tanto da vivere che mi basta. Vi farò una cessione de’ miei crediti di Parigi130 e alla mia morte mia figlia sarà l’erede131 di quel poco che mi resterà.
Rose. Io lascio fare a voi tutto quel che volete. Ma credetemi, ch’io faccio capitale sopra tutto del buon carattere di vostra figliuola132. Non ho mai pensato di maritarmi. Mi è venuto in un subito quest’idea, vi ho dato la mia parola, e sono qui prontissimo133 a mantenerla.
Anselmo. (Facciamo presto prima ch’egli si penta). Favorite di venire134 nelle mie camere. Vi presenterò a Doralice, e presto presto si farà il contratto. (s’incammina)
SCENA XVI.
Roberto, monsieur Traversen ed i suddetti.
Roberto. Signor Anselmo. (chiamandolo135)
Anselmo. (Oh ecco un novello136 imbroglio). Che mi comanda, signore? Scusi, ho qualche cosa che mi sollecita.
Roberto. Ho due parole a137 dirvi soltanto.
Traversen. Vo ad avvisare madama, che siete qui. (piano a Roberto)
Roberto. (Sì andate, sono curioso138 di saper cosa vuole). (piano a monsieur Traversen.)
Traversen139. (Sono curioso anch’io per dirla), (s’incammina verso l'appartamento.)
Anselmo. E bene, che cosa avete da dirmi?140 (a Roberto)
Roberto. Vi rendo giustizia, signore....141
Anselmo. Eh!142 dove va, padron mio? (a monsieur Traversen)
Traversen. Signore, scusatemi. Vi è madame Fontene che mi aspetta.
Anselmo. Bene, bene, vada pure, si accomodi. (Dubitava che andasse da mia figliuola143). (da sè)
Traversen. (Entra nell' appartamento144)
Anselmo. E bene, signor Roberto, spicciatevi.
Roberto. Io vi diceva, che vi rendo giustizia per tutto quello che avete avuto la bontà di dirmi sul proposito dell’amor mio. Confesso che ho avuto torto a resistere alle vostre insinuazioni. Ho conosciuto il carattere della persona145 e ne sono amaramente pentito.
Anselmo. Mi consolo che abbiate finalmente conosciuta146la verità, godo che conosciate il vostro carattere onesto e sincero, e prego il cielo vi dia quel bene e quella consolazione che meritate.
Roberto. Lo stesso bene e la stessa consolazione desidero a voi ed alla vostra figliuola147.Ho piacere ch’ella sia la sposa di monsieur la Rose, il di cui buon carattere non potrà renderla che fortunata.
Rose. Voi mi fate onore, vi sono obbligato della vostra bontà.
Anselmo. Orsù, andiamo, monsieur la Rose, con licenza del signor Roberto. (incamminandosi) Ma ecco mia figlia in compagnia di madama148.
SCENA XVII.
Doralice, madame Fontene, monsieur Traversen e detti.
Roberto. (Ah, monsieur Traversen mi ha ingannato. Vedo la figlia di Pandolfo. Tenterà di nuovamente sedurmi. No, non le riuscirà. Ingrata! non posso ancora mirarla senza passione). (osservando Doralice che si avanza modestamente)
Fontene. (Via, via, fatevi animo. Sono qui io in vostro aiuto)149. (piano a Doralice)
Anselmo. Venite avanti, di che cosa temete? (alle due donne)
Roberto. E bene, signore, chi è che mi domanda? (a monsieur Traversen, con sdegno.)
Traversen. Ecco lì madame Fontene, che vi desiderava150. (a Roberto)
Fontene. Scusatemi: sono io, signore, che desiderando d’illuminarvi151.....
Anselmo. Scusino, di grazia. Se hanno degli interessi loro particolari152, si servino dove vogliono. Vorrei ora terminare i miei. Monsieur la Rose, ecco qui Doralice mia figlia.... (prende per mano Doralice e la presenta a monsieur la Rose.)
Roberto. Come, signore! questa è vostra figlia? (ad Anselmo, con ammirazione.)
Anselmo. Sì signore, è questa.
Roberto. Non è ella la figlia del signor Pandolfo? Non è la giovane degli affissi?’
Anselmo. Che domanda! che novità! siete voi diventato153 cieco? Dopo gli amori che avete avuto per Lisetta, mi domandate se questa è la giovane degli affissi? Questa è mia figliuola154, questa è la sposa di monsieur la Rose.
Roberto. Oimè, che colpo è questo? Muoio, non posso più155.
Doralice. Oh dio, soccorretelo. (trasportata)
Anselmo. Come! che cos’è156 questo imbroglio?
Fontene. Ecco scoperto ogni cosa, signori miei. Questi è l’amante di Doralice...
Anselmo. Ma come? Parlate157, non siete voi l’innamorato di Lisetta? (a Roberto)
Roberto. Oh cieli!158 un equivoco mi ha tradito.
Fontene. Due donne italiane, figlie di due mercanti italiani, lo stesso albergo, molte circostanze uniformi della persona, quantità159 di accidenti che paiono favolosi, e che sono veri, hanno prodotto la catastrofe160 dolorosa di questi poveri sfortunati.
Anselmo. Gran casi! gran stravaganze! Che ne dite, monsieur la Rose?
Rose. Io dico che ho tirato innanzi sin ora a maritarmi, e vedo che il destino non vuole che mi mariti161.
Fontene. Bravissimo, la risoluzione è da vostro pari.
Anselmo. E la parola, signore? (a monsieur la Rose)
Fontene. Eh via, signor Anselmo, monsieur la Rose non è sì pazzo di sposar162 una giovane che non lo ama, e non lo amerà mai. Il signor Roberto può sollevarlo dall’impegno contratto. Egli non vale niente meno in condizione, in facoltà, in riputazione, e potete essere ben contento163 s’egli sposa la vostra figlia.
Anselmo. Cosa dice il signor Roberto? (con premura)
Roberto. Ve la domando in grazia, ve ne supplico instantemente.
Anselmo. Cosa dice monsieur la Rose? (con premura)
Rose. Servitevi come vi piace. Vi sarò buon amico in ogni maniera.
Anselmo. Cosa dice mia figlia? (con premura)
Doralice. Ah signor padre....
Anselmo. Ho capito, non occorr’altro; che si sposino, ch’io son164 contento. (Roberto e Doralice si danno la mano165. Tutti fanno applauso e gridano evviva.)
SCENA ULTIMA.
Pandolfo, Lisetta, Filippo e detti.
Pandolfo. Che cos’è questo strepito?
Anselmo. Ho maritato mia figlia. (a Pandolfo)
Pandolfo. Ed io ho maritato la mia. Favorisca, signor colonello. Ecco il marito di mia figliuola, è il signor colonello Trichtrach166 (escono Filippo e Lisetta)
Filippo. E il signor Trichtrach, che ha sposato Lisetta, è il vostro servitore Filippo. (si cava i baffi)
Pandolfo. Come! Sono tradito; sono assassinato.
Roberto. Il matrimonio è da vostro pari.
Anselmo. Ricordatevi che siete stato mio servitore.
Pandolfo. Sono un mercante.
Anselmo. Un mercante fallito.
Filippo. E se il signor suocero parlerà, si scriverà in Inghilterra, in spagna, in Portogallo, ed i creditori lo spoglieranno.
Pandolfo. Pazienza! merito peggio: la mia albagia m’ha precipitato167.
Lisetta. Signor padre, vi domando perdono.
Pandolfo. Va, va; la colpa è mia, ti perdono.
Anselmo. Andiamo a stabilire, a concludere168, a solennizzare i propri sponsali. Filippo, dateci da mangiare. Signori, vi supplico tutti di favorirmi di restar con noi.
Fontene. Volentieri, l’occasione lo merita.
Roberto. Cara sposa, non posso spiegarvi la mia consolazione. (a Doralice)
Doralice. Se la misuro dalla mia, non può essere che perfetta. La sorte ci ha condotti per una via tormentosa alla più desiderabile felicità. Voglia il cielo che questa sia coronata dal compatimento gentile di chi ci onora, e giungano alle orecchie dell’autore lontano le liete voci de’ suoi amorosi concittadini.
Fine della Commedia.
Note
- ↑ Manca questa scena nelle edizioni citate.
- ↑ Nelle ed.i cit. è questa la prima scena del terzo atto.
- ↑ Ed.i cit.: poi il.
- ↑ C. s.: vorrei recapitare ecc.
- ↑ C. s.: e scrivo che mi si mandi la carrozza.
- ↑ C. s.: Cosa mi comanda?
- ↑ Nelle ed.i cit. segue: «Serv. Sarà servita ecc.». Il resto è saltato.
- ↑ C. s.: servito.
- ↑ Dopo di queste parole dice Anselmo nelle ed.i cit.: Voi certamente, madama, conoscete monsieur la Rose? ecc. Tutto l’altro è saltato.
- ↑ Ed.i cit.: Io so di certo ch’ei non ha moglie. Poi dice Anselmo: «Sappiate, madama, che io ho una figlia da maritare, che... Mad. Font. È un uomo di onore, incapace di un’azione villana. Io son maritata, e lo tratto perchè lo riconosco degno delle persone civili ed onorate. Ans. E mi avevano detto che aveva moglie. Mad. Font. Vi consiglio non far ch’egli penetri ecc.» Tutto l’altro è saltato.
- ↑ C. s.: puntigliosi all’estremo.
- ↑ C. s.: il di lei spirito.
- ↑ C. s.: sarà consolata.
- ↑ C. s.: Venite, Doralice, ho delle ecc.
- ↑ Segue nelle ed.i cit.: a me vi ha chiesto in moglie e sarà vostro sposo.
- ↑ C. s.: Mi consolo con voi e vi assicuro ecc.
- ↑ C. s.: qualcosa.
- ↑ C. s.: inquietudine.
- ↑ C. s.: con lei che.
- ↑ C. s.: tanta.
- ↑ C. s.: parte.
- ↑ C. s.: Io non saprei ecc.
- ↑ Nelle ed.i cit. si salta alle parole: non so che mi dire; sono pieno ecc.
- ↑ C. s.: e di agitazione. Basta, sentirò cosa avrà ecc.
- ↑ C. s.: Pand., osservando.
- ↑ C. s.: piacere.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: Ecco.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: a Pandolfo.
- ↑ C. s.: queste.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: L’ho.
- ↑ Segue nelle ed.i cit..: «Ans. Come, mia figlia? ecc.»
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: con.
- ↑ C. s.: malinconia.
- ↑ C. s.: colla figlia.
- ↑ C. s.: La strozzerò.
- ↑ C. s.: gran cosa.
- ↑ Queste parole di Dor. mancano nelle ed.i cit.
- ↑ C. s.: s’ostina in un tale ecc.
- ↑ C. s.: domandata.
- ↑ C. s.: che.
- ↑ C. s.: trattenervi.
- ↑ Nelle ed.i cit. c’è punto fermo.
- ↑ Nelle ed.i cit. segue: Povero padre! ecc.
- ↑ C. s.: Figlia ingrata! Mi vuol far morire ecc.
- ↑ C. s.: Mi pare il giovane più saggio ecc.
- ↑ C. s.: mercante.
- ↑ C. s.: mercante.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: No, signor ecc.
- ↑ C. s.: e si rimedierà.
- ↑ C. s.: volerlo.
- ↑ C. s.: parte.
- ↑ C. s.: Io ho fatta sinora la parte muta ecc.
- ↑ C. s.: l’hai.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: come si fa a ecc.
- ↑ C. s.: questa.
- ↑ C. s.: tue.
- ↑ C. s.: Gran testa è la mia.
- ↑ C. s.: che ho fatta. Ma bisogna ecc.
- ↑ C. s.: Irato.
- ↑ C. s.: Vo.
- ↑ C. s.: o vuole il ecc.
- ↑ C. s.: e mi.
- ↑ C. s.: lo farò.
- ↑ C. s.: Si potrebbe parlargli?
- ↑ Segue nelle ed.i cit.: «Serv. Chi io da dite che la domanda? Mons. Trav. Direte un galantuomo ecc.
- ↑ C. s.: e se ne va in camera ecc.
- ↑ C. s.: non è niente da ecc.
- ↑ C. s.: in quello appartamento.
- ↑ C. s.: che.
- ↑ C. s.: nel.
- ↑ C. s.: la.
- ↑ Nell’ed. Zatta è stampato: Vandom.
- ↑ C. s.: Bravissimo.
- ↑ C. s.: la carrozza.
- ↑ C. s.: una.
- ↑ C. s.: arrivata.
- ↑ C. s.: montare.
- ↑ C. s.: non mi saprà dire ecc.
- ↑ C. s.: di.
- ↑ C. s.: nell’animo mio chi ha da ecc.
- ↑ C. s.: gran.
- ↑ C. s.: a quell’altra italiana.
- ↑ C. s.: passati.
- ↑ C. s.: la mia.
- ↑ C. s.: parte.
- ↑ C. s.: si termina.
- ↑ C. s.: Il colonello.
- ↑ C. s.: declamare.
- ↑ C. s.: nell’amoroso suo cuore e nella sua esperimentata bontà.
- ↑ C. s.: Me ne.
- ↑ C. s.: Dimmi.
- ↑ C. s.: perchè eri ancora innamorata ecc.
- ↑ C. s.: anche darsi.
- ↑ C. s.: Io, io ecc.
- ↑ Nelle ed.i cit. c’è punto fermo.
- ↑ Segue nelle ed.i cit.: ho una testa fina, una penetrazione ecc.
- ↑ C. s.: Signore. Il signor ecc.
- ↑ C. s.: Venga subito.
- ↑ C. s.: il servitore parte.
- ↑ C. s.: ed è ora tutta ecc.
- ↑ Nelle ed.i cit. c’è punto fermo.
- ↑ con tutta tenerezza.
- ↑ C. s.: Tartaifell. Ringraziar to fortune. Ringraziar pellezze de to Lisette ecc.
- ↑ C. s.: sacrifizie a Cupide di mie fendette.
- ↑ C. s.: non gli ho fatta ecc.
- ↑ C. s.: mie.
- ↑ C. s.: domandate.
- ↑ C. s.: Vostra Signoria.
- ↑ C. s: Gli domando perdono.
- ↑ C. s.:«Tarlaifell. con sdegno».
- ↑ C. s.: colonello Trich Trach.
- ↑ C. t.: Veder.
- ↑ C. s.: Ie te.
- ↑ Nelle ed.i cit. c’è punto fermo.
- ↑ C. s.: Francia, colonello ecc.
- ↑ C. s.: dove.
- ↑ C. s.: No non.
- ↑ C. s.: Eh, io sono uomo.
- ↑ C. s.: va.
- ↑ Nelle ed.i cit. si aggiunge: di Lisetta.
- ↑ C. s.: parte.
- ↑ C. s.: bastante.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: di tutti i miei beni di Parigi, cioè i miei crediti.
- ↑ C. s.: sarà erede.
- ↑ C. s.: sopra tutto di vostra figlia.
- ↑ C. s.: pronto.
- ↑ C. s.: favorite venire.
- ↑ C. s.: incamminandosi.
- ↑ C. s.: altro.
- ↑ C. s.: da.
- ↑ C. s.: Sì andate. (Son curioso ecc.).
- ↑ Mancano nelle ed.i cit. queste parole di Traversen.
- ↑ C. s.: da dirmi, signore?
- ↑ Signore, vi rendo giustizia...
- ↑ C. s.: Ehi.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: Va da Doralice.
- ↑ C. s.: della vostra persona.
- ↑ C. s.: conosciuta finalmente ecc.
- ↑ C. s.: figlia.
- ↑ C. s.: di Madama Fontene.
- ↑ C. s.: In vostra compagnia.
- ↑ C. s.: che vi desidera.
- ↑ C. s.: che pretende d’illuminarvi.
- ↑ C. s.: Scusino di grazia, se hanno loro degl’interessi particolari ecc.
- ↑ C. s.: divenuto.
- ↑ C. s.: mia figlia Doralice.
- ↑ C. s.: smania.
- ↑ C. s.: Come? cos’è ecc.
- ↑ C. s.: Parlate. (Quanti accidenti!) Non siete ecc.
- ↑ C. s.: Oh cielo!
- ↑ C. s.: una quantità.
- ↑ C. s.: hanno prodotta la serie ecc.
- ↑ C. s.: Io dico che il cielo non vuole ch’io mi mariti.
- ↑ C. s.: sposare.
- ↑ C. s.: esser contento.
- ↑ C. s.: che io ne sono.
- ↑ Segue nelle ed.i cit.: e tutti gridano evviva gli sposi.
- ↑ C. s.: Ecco il marito di mia figlia. È il nobile, il vittorioso, l’insigne, il grande signor colonello Trich trach.
- ↑ C. s.: La mia albagia mi ha precipitato. Merito peggio.
- ↑ C. s.: e concludere i nostri matrimoni. Filippo ecc.