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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 573 |
Pandolfo. Ed io ho maritato la mia. Favorisca, signor colonello. Ecco il marito di mia figliuola, è il signor colonello Trichtrach1 (escono Filippo e Lisetta)
Filippo. E il signor Trichtrach, che ha sposato Lisetta, è il vostro servitore Filippo. (si cava i baffi)
Pandolfo. Come! Sono tradito; sono assassinato.
Roberto. Il matrimonio è da vostro pari.
Anselmo. Ricordatevi che siete stato mio servitore.
Pandolfo. Sono un mercante.
Anselmo. Un mercante fallito.
Filippo. E se il signor suocero parlerà, si scriverà in Inghilterra, in spagna, in Portogallo, ed i creditori lo spoglieranno.
Pandolfo. Pazienza! merito peggio: la mia albagia m’ha precipitato2.
Lisetta. Signor padre, vi domando perdono.
Pandolfo. Va, va; la colpa è mia, ti perdono.
Anselmo. Andiamo a stabilire, a concludere3, a solennizzare i propri sponsali. Filippo, dateci da mangiare. Signori, vi supplico tutti di favorirmi di restar con noi.
Fontene. Volentieri, l’occasione lo merita.
Roberto. Cara sposa, non posso spiegarvi la mia consolazione. (a Doralice)
Doralice. Se la misuro dalla mia, non può essere che perfetta. La sorte ci ha condotti per una via tormentosa alla più desiderabile felicità. Voglia il cielo che questa sia coronata dal compatimento gentile di chi ci onora, e giungano alle orecchie dell’autore lontano le liete voci de’ suoi amorosi concittadini.
Fine della Commedia.