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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 561 |
Doralice. Ma che incantesimi sono mai questi? Che disordini! Che confusioni!
Fontene. Andiamo, andiamo ad aspettar vostro padre. Si verrà in chiaro di tutto, si saprà tutto, vi è rimedio a tutto1.
Doralice. Ma se viene mio padre con monsieur la Rose? Se mi obbliga a doverlo2 sposare?
Fontene. Se poi vostro padre vi obbliga, non saprei che farvi. Noi siamo nate per obbedire. (parte, ed entra in camera)
Doralice. L’obbedienza è giusta, ma il sagrifizio del cuore è crudele. (entra in camera3)
SCENA VIII.
Pandolfo e Lisetta.
Pandolfo. IO non ho detto niente finora4, per non far una scena con quelle signore; ma ora che siamo soli, ditemi un poco, signora sciocca, impertinente, cosa vi sognate di dire, che il signor Roberto non vi conosce, non vi ama, non vi pretende?
Lisetta. Ho detto la verità, e la sostengo, e la toccherete con mano.
Pandolfo. Ma se mi ha pregato, posso dir in ginocchioni, perchè io le concedessi la vostra mano.
Lisetta. Questo è un abbaglio, questo è un inganno, e lo vedrete.
Pandolfo. Eh, so io l’abbaglio, so io l’inganno qual è. Tu sei innamorata di quel disgraziato di Filippo, lo hai5 odiato per gelosia, ed ora pretendi di ripigliare la tresca.
Lisetta. No certo, signor padre, non è così; e per farvi vedere che sono una figliola6 rassegnata, obbediente, andate a cercare il signor colonello, conducetelo qui, ed io lo sposo immediatamente.
Pandolfo. Posso crederti? Sarà poi vero?
Lisetta. Ve lo prometto costantemente.