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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 559 |
Pandolfo. E di più sappiate, che Filippo è di già maritato. (ad Anselmo)
Lisetta. Non è maritato, ma si mariterà alla figliuola1 del signor Anselmo.
Anselmo. No, non sarà mai vero, la strozzerei2piuttosto colle mie mani.
SCENA VI.
Doralice, madame Fontene e detti.
Fontene. Finalmente, signore, l’ho fatta parlare, ed ho penetrato l’arcano.
Anselmo. Ah, pur troppo l’ho penetrato ancor io.
Fontene. Che una giovane sia innamorata, non mi par gran male3.
Anselmo. Sapete voi chi è l’amante di quell’indegna?
Fontene. Mi ha detto qualche cosa; ma io veramente non lo conosco.
Doralice. (Oh cieli! che sarà mai?)
Fontene. E qualche persona vile, qualche persona disonorata?
Anselmo. No, non dico questo: rispetto tutti, e ciascheduno nel suo mestiere merita di essere rispettato. Ma il suo rango, la sua condizione, non è da imparentarsi con me.
Doralice4.(Possibile che Roberto m’abbia ingannata? Che non sia tale, quale mi ha detto di essere?)
Fontene. Ditemi chi è, se lo conoscete. (ad Anselmo)
Anselmo. Risparmiatemi il dispiacere di dirlo. Basti a colei di sapere che saprò punirla, s’ella persiste5 in un tal amore. Monsieur la Rose l’ha dimandata 6, le fa più onore ch’ella7 non merita, e se il galantuomo è costante a volerla, se non viene a penetrare il segreto amor suo, e non l’abbandona per questo, le dovrà dare la mano a dispetto suo.