Il Trentino/Capitolo IV
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Capitolo Quarto.
Monti e valli; cenni orografici, geologici ed orometrici.
1. Il Trentino è un paese essenzialmente montuoso. Abbiamo visto come fra gli estremi della massima altitudine e della minima depressione del suo territorio vi sia un dislivello di quasi 4000 m. Ora, nei diversi strati, che si susseguono nello spessore di questi 4000 m., l’aspetto morfologico della regione va plasmandosi variamente in funzione dell’altitudine, dando luogo ad un’infinita varietà di piani. Di alcuni di questi piani (fra 0 e 250 m., fra 250 e 500 ecc.) fu calcolata l’estensione e i risultati, che se ne ebbero, furono i seguenti1.
Della superficie del Trentino si trovano:
fra | 0-250 | m. | 209.67 | Kmq. | equivalente a | 3.31 | % | dell’area totale |
» | 250-500 | » | 329.57 | » | » | 5.20 | » | » |
» | 500-750 | » | 582.90 | » | » | 9.21 | » | » |
» | 750-1000 | » | 787.92 | » | » | 12.45 | » | » |
» | 1000-1500 | » | 1733.44 | » | » | 27.38 | » | » |
» | 1500-2000 | » | 1425.20 | » | » | 22.52 | » | » |
» | 2000-2500 | » | 863.22 | » | » | 13.64 | » | » |
» | 2500-3000 | » | 335.72 | » | » | 5.30 | » | » |
» | 3000-3500 | » | 61.78 | » | » | 0.98 | » | » |
sopra | 3500 | » | 0.76 | » | » | 0.01 | » | » |
La zona da 0 ai 250 m. penetra nella valle dell’Adige con una larghezza media di circa quattro Km.; è costituita prevalentemente da terreni alluvionali e diluviali e allo sbocco dei torrenti si insinua per piccoli tratti sul fondo delle valli alpine. Il passo di Nago, che si eleva a 279 m. ed ha appena la larghezza di un Km., lo separa dalla zona di ugual altitudine che si stende ad anfiteatro attorno alla sponda settentrionale del Garda e si spinge assottigliandosi verso N. fino al lago di Toblino. Complessivamente questa prima zona non si estende che per circa della superficie totale della regione. A destra e a sinistra della Val d’Adige s’alzano a picco le pareti delle montagne dando luogo a due sottilissime zone fra i 250 m. e i 500 m., e i 500 m. e i 750. Queste zone trovano la loro maggiore espansione nell’interno delle valli, formando piccoli pianori ondulati, e senza interruzione si stendono dal lago di Garda all’Adige, alla Brenta, al Chiese, allacciate dagli stretti ma poco elevati passi di Cadine (492 m.), di Nago, di Pergine e di Val d’Ampola (740 circa). Queste due zone unite corrispondono a circa 1/5 dell’intera regione. Più ci eleviamo e maggiore diventa la superficie compresa dalle singole zone, che a destra e a sinistra dell’Adige si estendono con serrate ramificazioni. Fra i 750 e i 1000 m. si hanno 787.92 Kmq.; fra i 1000 e i 1500 m., 1733.44 Kmq. vale a dire per quest’ultima zona quasi 1/3 dell’intera regione.
La zona seguente dai 1500 ai 2000 m., l’ultima abitata permanentemente, si estende per 1.425.20 Kmq.; dopo i 2000 m. le zone successive, racchiuse fra le curve di livello di 500 in 500 m. diminuiscono di superficie; la penultima fra i 3000 e i 3500 m. ha un’estensione di 61.78 Kmq.; l’ultima, corrispondente alle più alte cime del gruppo dell’Ortler e dell’Adamello, copre appena 0.76 Kmq.
Tanto alla destra che alla sinistra dell’Adige, si mostra eguale il succedersi delle singole zone altimetriche per quello che concerne l’estensione proporzionale; però la regione occidentale che parte dalle sponde del Garda, racchiude maggior porzione di superficie inferiore ai 250 m. e si spinge nei gruppi dell’Ortler e dell’Adamello ad altezze maggiori.
Ciò che stupisce nello studio sintetico della orometria della regione trentina è il vedere come sia esigua la superficie delle zone d’altitudine sotto i 1000 m. e grande quella sovrastante; quella si ragguaglia a soli 1910 Kmq., questa a ben 4420 Kmq. mentre sopra i 2000 m. si hanno 1261 e sopra i 2500 m., più di 406 Kmq. Si ha un’elevazione rapidissima che ci fa sorgere l’idea di grandi muraglioni ripidi ai quali sovrastano dei piani; però, queste cifre hanno un valore relativo, giacchè considerano solo quei versanti dei diversi plessi montuosi, che si trovano entro i confini del Trentino e lo studio completo dei singoli gruppi potrà, almeno in parte, presentarci condizioni differenti.
A dar varietà alla morfologia orografica della nostra regione, concorrono, unitamente all’altimetria, due speciali caratteristiche, che si incontrano proprio su quel suolo dove è adagiato il Trentino.
Anzitutto, a differenza delle Alpi occidentali che non spingono verso il piovente meridionale alcuna diramazione importante, la catena centrale delle Alpi (e quasi altrettanto deve dirsi dell’orientale) moltiplica in modo straordinario le linee e controlinee sul versante italiano con una serie di controspalti, che si rincorrono strettamente serrati l’uno all’altro e rafforzano la frontiera italiana. Oltre a ciò la valle d’Adige, che si può quasi considerare come centro di questa serie di controlinee, presenta alla sua volta un’anormalità che la distingue da quasi tutte le altre vallate alpine. Quest’ultime corrono parallelamente all’asse del sistema montuoso; quella invece è una profonda breccia che, con largo seno, penetra e squarcia il nucleo centrale delle Alpi medie in direzione perpendicolare all’asse alpino (da oriente a ponente), determinando uno strano spostamento degli strati che si sono arricciati od infranti e han dato luogo a un suolo che è tutto pieghe, fratture e sobbalzamenti.
Queste catene convulsamente disposte, che racchiudono o, per dir meglio, formano il Trentino, presentano verso mezzogiorno il tipo prealpino, costituito dai dossi tondeggianti mollemente ondulati, dagli altipiani ricchi di fenomeni carsici, dalle valli apriche e spaziose, dai gruppettini che s’alzano isolati come piccole ambe, dagli specchi lacustri; mentre al settentrione ci si affacciano i colossi alpini con tutte le caratteristiche nordiche dei ghiacciai, dei bastioni, delle vette accuminate, dei vasti campi di neve.
Così la montagna trentina racchiude in sè oltre le svariatissime differenze altimetriche, di cui abbiamo parlato, una varietà enorme di tipi morfologici ai quali si deve pur aggiungere la ricchezza dei profili geologici: perchè il Trentino fu teatro di grandissime rivoluzioni telluriche e vicino alle squarciature e ai turbamenti stratigrafici esso mostra e conserva le numerose traccie dell’azione glaciale e delle eruzioni vulcaniche.
2. Appena tre o quattro fra i gruppi montuosi, che ci accingiamo a studiare, possono dirsi completamente trentini. Gli altri appartengono al Trentino solo per una parte più o meno grande della loro superficie. Di questa circostanza non teniamo alcun conto nella breve descrizione che verremo facendo, cominciando dai gruppi occidentali per passare a quelli orientali. Se osserviamo le grandi linee di divisione longitudinali e trasversali in cui si è soliti ripartire l’intero sistema alpino, delle longitudinali vediamo che quella che separa le Alpi centrali dalle orientali coincide colla linea che divide il Trentino in due sezioni ed assegna alle Alpi centrali i gruppi posti all’occidente dell’Adige, alle Alpi orientali quelli posti all’Oriente; delle altre quella che divide le Alpi mediane dalle Alpi calcari meridionali e corre dal Passo dello Stelvio (2756 m.) a quello di Toblach (1200 m.), assegna tutti i plessi montuosi del Trentino alla zona meridionale (Alpi calcari meridionali).
Tenendo conto delle suddivisioni minori delle grandi sezioni alpine, diremo che i monti del Trentino alla destra dell’Adige appartengono a quella zona meridionale delle Alpi centrali che si stacca dallo Stelvio, è limitata dall’Adda, dall’Adige dalla pianura lombarda ed alla quale si dà generalmente il nome di Alpi Retiche meridionali. I monti trentini alla sinistra dell’Adige formano quella sezione delle Alpi orientali che si indica variamente dai geografi coi nomi di Alpi Veneto-Trentine (che io credo il più adatto) o di Alpi dolomitiche o di Alpi cadorine o Venete o finalmente col nome più complesso di Alpi dolomitiche trentine. Questa sezione (che corrisponde alla parte più occidentale della Alpi calcari meridionali) è compresa dall’Adige, dal Rienz, dalla Drava, dal rio di Sesto, dal Passo di Montecroce (1638 m.), dal torrente Padola, dalla Piave, dal Passo di S. Croce, dal P. di Fadalto (489 m.), dal lago Morto (275 m.), dal Meschio e dalle pianure veronesi, vicentine e trevigiane.
3. Le varie catene, che appartengono alle Alpi Retiche meridionali, conservano solo nella parte occidentale una direzione da E. a W. mentre nella parte orientale esse sono disposte parallelamente al lago di Garda e alla valle dell’Adige. Esse — due sole eccettuate — appartengono in parte o del tutto al territorio trentino e mentre nella parte settentrionale si elevano al limite delle regioni alpine di primo ordine, nella parte meridionale discendono con modeste altitudini e con dolce declivio nella pianura italiana. Alle prime appartengono il gruppo dell’Ortler, le Alpi di Val di Non, il gruppo dell’Adamello e il gruppo di Brenta; alle seconde le Alpi Orobie, le Alpi Luganesi, le Alpi della Val di Ledro, il gruppo del Bondone e il monte Baldo2.
4. Le Alpi dell’Ortler3 confinano a ponente colla valle dell’Adda, a settentrione col passo dello Stelvio, (2756 m.) la valle di Trafoi, l’Adige fino a Lana, a levante e a scirocco colla valle di Ulten, il rio di Kirchberg, il P. di Rabbi (2451 m.), il Rio Lago Corvo, la Val di Rabbi, a mezzogiorno colla Val di Sole, col Passo del Tonale (1884 m.), la Valcamonica superiore fino a Edolo, la Val Corteno e il passo dell’Aprica (1881 m.). La parte occidentale di questo gruppo, la cui area è di 1775 Kmq., appartiene alla Lombardia, l’orientale al Tirolo e al Trentino e le acque defluiscono in parte all’Adda e in parte all’Adige. La linea di displuvio tra questi due fiumi corre dalla sommità dell’Ortler al M. Tresero fino al Passo del Tonale, attraverso la strada carrozzabile che congiunge la valle di Sole con la Valcamonica. L’asse maggiore Tav II.La Presenella. del gruppo — lungo circa 95 Km. — va in direzione da libeccio a greco. La massa culminante ha la forma di una croce il cui punto centrale è il Cevedale (3774 m.); da esso si stacca un primo braccio che si dirige ad oriente, e quindi a greco colla Cima Venezia (3384 m,), col Rothsptiz (3345 m.), coll’Hinterespitze, (3301 m.) colla Zufrittspitze (3431 m.), coll’Hasenhor (3257 m.), col Rontscher (2711 m.), coll’Hoehwart (2607 m.) e col Marlingerjoch (1780 m.) che sovrasta a Merano.
A maestro si sferra un secondo braccio sul quale torregigiano la Suldenspitze (3883 m.), lo Schrotterhorn (3383 m.) quindi il braccio si biforca: un ramo continua nella stessa direzione e si eleva colla Königspitze (3857 m.), col M. Zebrù (3710 m.) coll’Ortler (3905 m.), colla Thurwieserspitze (3641 m.), colle cime del M. Cristallo (3480 m.) e colla Payerspitze (3444 m.); il ramo meridionale è il più breve e sovr’esso si elevano il M. del Forno (3240 m.) e il M. Confinante (3370 m.).
Una terza giogaia si protende ad ostro e a libeccio; sovr’essa eccellono il M. Pasquale (3557 m.), il M. Rosole (3531 m.) il Palon de La Mare (3705 m.), il monte Vioz (3644 m.), il il monte Saline (3621 m.), la punta Cadini (3521 m.), la punta di S. Matteo (3692 m.), il Pizzo Tresero (3602 m.) e il Corno dèi Tre Signori (3329 m.) i cui contrafforti all’oriente sono costituiti dalla Cima di Montozzo (3066 m.); dalla Cima di Boai (2683 m.) e dal M. Tonale (2695 m.), mentre oltre il passo di Gavia (2652 m.) si distendono a S. W. delle ramificazioni secondarie col M. Gavia (3223 m.), col Sasso Maurone (2722 m.) e col M. Serottini (2967 m.). È a questa catena che si rannoda il gruppettino della Sobretta (3296 m.) tutto
gemmato di minuscoli bacini lacustri, che s’adagiano ai piedi della Vallaccetta (3147 m.) e del Corno di Boeri (2878 m.).
Finalmente a nord si stende quella giogaia che va declinando nella valle Venosta colla Butzenspitze (3309 m.), la Madritschspitze (3259 m.), la Vordere e la Hintere Schöntaufspitze (3079 m. e 3319 m.). la Plattenspitze (3440 m.), la Vertainspitze (3540 m.) e si divide poi in due branche; l’orientale colla Schulderspitze (3227 m.) col Laaser Spitz (3299 m.), l’occidentale colla Hohe e la Kleine Angelusspitze (3532 m. e 3310 m.).
Tra le valli di questo gruppo nel bacino dell’Adige sono da notarsi quella di Trafoi sotto il passo dello Stelvio, quella di Sulden sul cui fondo si abbassa il famoso ghiacciaio di Sulden che nel 1818 e nel 1856 si avanzò rapidamente nella valle producendo gravi danni per poi ritirarsi lasciando dietro a sè dei depositi morenici; la valle di Ulten, la valle di Rabbi, celebre per le sue acque ferrugginose. Parallela a questo scorre un piccolo tratto della valle del Noce (la valle di Peio) nella cui direzione continua la valletta laterale del La Mare, mentre la valle superiore del Noce corre al Corno dei Tre Signori. La valletta di Peio s’apre con larga foce colla forma rilevate di un piano a triangolo isoscele: nel suo sfondo si innalza la piramide del Cevedale. e in basso, quasi sulle pareti di un imbuto si adagia Peio, la rivale di Rabbi: nel bacino dell’Oglio non si hanno che valli di secondaria importanza, mentre in quello dell’Adda scorre il torrente Frodolfo (Val Furva) che scende dalle vedrette di Cedeh e di Forno.
Al gruppo dell’Ortler appartengono ben sessanta ghiacciai. Il più grande dì questi fra monti calcarei è la vedretta del Forno, lungo 8400 m. e largo 8030, a cui seguono il Langen Ferner e il Suldner F. Nelle roccie d’ardesia il maggiore è il Madatsch Ferner, lungo circa 4200 m. La superficie complessiva dei ghiacciai dell’Ortler è di 191.526 Kmq. corrispondente circa al 9% dell’area totale del gruppo.
Attraverso il meraviglioso anfiteatro delle Alpi dell’Ortler corre la celebre strada dello Stelvio, la via carrozzabile più elevata d’Europa. Esisteva già nel secolo XIV una strada mulattiera; l’attuale fu costruita dall’Austria a scopo militare tra il 1820 e il 1824. La sua media larghezza è di sei metri e la sua pendenza è oscillante tra le medie di tre e di sei metri per cento, raggiungendo in pochissimi tratti il dieci. Su ambedue i versanti sono frequenti le serpentine, le colossali arginature, le cantoniere, le gallerie, specialmente nei luoghi pericolosi per frane e scoscendimenti.
Da parecchi punti della strada, ma specialmente da alcuni dossi che sovrastano allo Stelvio e tra questi dal Picco delle tre lingue (2843 m.), dove si incontrano i confini politici dell’Italia e della Svizzera, si gode uno splendido panorama dei ghiacciai e delle incombenti cime che li coronano.
Per quello che riguarda la formazione geologica, le Alpi dell’Ortler possono dirsi esclusivamente formate da micaschisti.
Come complemento alle notizie topografiche diamo alcuni dati orometrici. Lo sviluppo periferico del gruppo dell’Ortler è di 225 Km. ed abbraccia, come abbiamo già detto, una superficie di 1775.27 Kmq.4 La distribuzione di questa massa è tale che noi abbiamo un elevamento rapido da prima fino ai 1500 m., poi più lento fino al livello di 3000 m., sul quale incombono con forte distacco di pendenza le sommità più alte del gruppo.
Espressa numericamente la varia dimensione dei singoli piani altimetrici racchiusi dalle isoipse di 200 m., 300 m. ecc. e fra 200 m. e 300 m., 300 m. e 400 m. ecc. in Kmq. e in percentuali, ci dà le seguenti cifre:
Il volume del gruppo, calcolato in base a questi dati è di 3323.982 Kmq. e l’altezza media del gruppo di m. 18725.
3. Diamo il nome di Alpi di Val di Non6 a quel contrafforte dell’Ortler che si prolunga piegandosi a gomito oltre il passo di Rabbi ed è limitato a NW. dalla Valle di Ulten, a SW. dal Rio di Kirchberg, dal P. di Rabbi, dal Rio Lago Corvo, dalla Val di Rabbi, a S. dalla Val di Sole, da Malè a Cles e dalla Val di Non, a E. dall’Adige. La catena è divisa nettamente in due rami dal passo del Senale (1808 m.). Il ramo d’occidente si eleva a 2753 m. col Chor Spitz o Kar Spitz, punta culminante del gruppo, a cui tengono dietro verso scirocco la Cima Le Mandrie (2583 m.), verso greco la Cima Trenta (2635 m.) e l’Ilmenspitz (2656 m.); il ramo orientale è alla sua volta suddiviso in due sezioni dal passo della Mendola (1360 m.) attraverso il quale corre la strada costruita nel 1885, che congiunge Fondo con Bolzano. Delle due sezioni la settentrionale ha per punto culminate il monte Luc (2433 m.). a cui segue il Penegal (1738 m.), la meridionale il M. Roen (2115 m.).
La sezione orientale del plesso racchiude e circonda con la sua linea di vetta tutte le valli che da settentrione e da oriente scendono quasi a ventaglio nel bacino o per dir meglio nell’altopiano del Noce, limitato a ponente dal gruppo di Brenta. La regione del Noce — l’Anaunia — è una fra le più singolari delle Alpi. La parte inferiore del bacino non ha la solita forma delle valli alpine fiancheggiate da catene regolari di monti che versano per mille rigagnoli e torrentelli le loro acque al fiume scorrente nel fondo della valle; è invece un altopiano formato dalle alluvioni glaciali, non già solcato da un solo torrente, ma da vari grossi torrenti e valloni emuli dell’arteria principale. Dal passo della Rochetta, che congiunge l’Anaunia colla Val d’Adige, il bacino si allarga e si innalza lentamente a spianate, a falde, a terrazze, a gradinate coperte da un tappeto di verzura, di gelsi, di frutteti,; di boschi, seminate di paeselli. E le cifre ci rendono conto esatto di questa special condizione del bacino del Noce dandoci fra i 500 e i 1500 metri una serie di piani (da 500 a 750, da 750 a 1000 ecc.) che presentano una superficie quasi identica7.
Gli importanti corsi d’acqua, che solcano la regione, corrono Sin spaccature, profonde diecine e talora centinaia di metri, entro ripiegature o, direi quasi, entro rughe, che separano le varie terrazze degli altopiani.
Poco al di sopra di Cles finisce l’Anaunia; e la Valle del Noce, mutando il nome d’Anaunia (o Valle di Non com’è detta più frequentemente) con quello di Val di Sole, cambia pure completamente il suo carattere, la sua orografia, il suo paesaggio, la sua vegetazione: l’altopiano si trasforma in una valle chiusa, i vari piani altimetrici di superficie si vanno sempre più restringendo e si succedono rapidamente; i torrenti scorrono sulla crosta esterna; alla vite e al gelso succede l’abete e il larice; alle molli pendici verdeggianti subentra l’anfiteatro alpino delle nevi e dei ghiacci.
Sotto l’aspetto geologico8 la parte occidentale del gruppo formata dagli stessi micaschisti del gruppo dell’Ortler. Il porfido quarzifero, al cui centro d’eruzione (Bolzano) ci troviamo vicinissimi, serve di base all’altopiano della Valle di Non e rimane a nudo nella parte superiore delle va.llette del Pescara, di Tres, di Urbaner e di Jager. Gli strati della dolomite dello Schlern, della Mendola e della dolomia principale, rialzati verso E., formano la catena del Roen e del Penegai. Il profilo, che il Roen presenta verso la Val d’Adige, è quasi identico a quello che mette a nudo il torrente Pescara presso Preghena. Al porfido quarzifero seguono le arenarie variegate (Buntersandstein), il Röth (Servino), il calcare conchiglifero e le dolomie. Nel centro della valle di Non, la formazione giurese è rappresentata appena dal calcare ammonitico rosso e dal calcare diphya. I burroni del torrente Novella sono scavati nei depositi di scaglia, ai cui lati si depositano qua e là i calcari nummolitici, coperti in gran parte dal terreno morenico. Il calcare eocenico s’estende da Taio a Tuenetto fino quasi alla Rocchetta.
Orometricamente il gruppo delle Alpi di Val di Non, subisce l’influenza del bacino del Noce, che gli spetta per più di due terzi presentando fino ai 1500 m. condizioni analoghe a questo. Dai dati che più sotto riportiamo si rileva come sia assai modesta l’altezza media del gruppo di m. 953. Lo sviluppo periferico è di 1580 Km., la superficie di 965.23 Kmq.9 Il volume di 919.889 Kmc.10
6. — Congiunto coll’Ortler per mezzo del passo del Tonale è il gruppo dell’Adamello-Presanella11. Il suo confine risale a N. la Val di Sole da Dimaro, traversa il passo del Tonale, segue la Valcamonica fino al lago d’Iseo, donde gira a S. gli ultimi contrafforti della Val Trompia verso la pianura del Po e i Ronchi di Brescia, per raggiungere il Chiese lungo il quale — traversando il Lago d’Idro — risale al paese Vedretta del Mandrone presa in fondo alla valle di Genova nella località detta Venezia. di Prezzo e poi, per la strada delle Giudicane, a Tione e, per la Val Rendena, a Campiglio, donde s’abbassa a Dimaro.
L’Adamello trae il suo nome dalla valle dell’Adamè, che tra quelle di Fumo e di Salarno gli solca il pendio di sud; il suo nome non è popolare, ma gli fu applicato per la prima volta nella carta dello stato maggiore austriaco, e, per quanto la sua posizione ed altimetria fossero già state determinate dai topografi francesi del primo regno italico, pure rimase inesplorato fino al 1869 nel qual anno apparvero le illustrazioni di Giulio Payer.
Il gruppo si può dividere in due sezioni fondamentali: l’alpina e la prealpina, quella a N., questa a S. d’una linea segnata dalla valle della Poglia, dal laghetto d’Arno, dal P. della Forcellina (2300 m.) e dalla Val di Daone. Taluni considerano la parte prealpina del plesso come gruppo a sè, col nome di prealpi Bresciane, quantunque non vi sia fra le due sezioni una linea marcata di distacco. Alla sua volta la sezione superiore dell’Adamello può considerarsi divisa dalla valletta di Genova, che occupa la posizione centrale del sistema, in due masse principali; quella dell’Adamello propriamente detto e quella della Presanella.
La massa dell’Amadello si stende a ponente della Val di Genova: vista in distanza essa sembra un tavoliere di ghiacciai scintillanti sul quale si slanciano numerosissime cime, mentre a chi la contempla da vicino essa offre l’aspetto di una selvaggia regione artica. Sovr’essa si eleva verso occidente la vetta del M. Adamello (3554 m.) (V. Tav. I.) e all’intorno si innalzano verso settentrione il Corno Bianco (3434 m.), il M. Venerocolo (3282 m.). il M. Mandrone (3291 m.) e la C. di Salimmo (3130 m). Nella parte orientale si stende un potente ghiacciaio, al quale fanno capo la vedretta del Mandrone a N., (V. illustr. a pag. 39) la vedretta di Salarno e quella dell’Adamè a sud. La vedretta del Mandrone è la più estesa di tutte: secondo il Payer essa misurerebbe 6000 m. di lunghezza e 4360 di larghezza. Nella cresta, che limita a levante la vedretta del Mandrone, torreggia l’elegante piramide scogliosa della Lobbia alta (3196 m.) ricoperta verso mezzogiorno dalla vedretta omonima; al sud di questa si protende una giogaia in direzione da N. a S. sulla quale eccellono il Crozzon di Lares (3354 m.), il Corno di Cavento (3400 m.) e il M. Foletto (3296 m.), un ammasso, quest’ultimo, di roccie frantumate, che può dar l’immagine di un essere fantastico. Fra il Corno di Cavento e il M. Foletto si spinge il ghiacciaio del Lares (m. 4300 di lunghezza, 450 di larghezza). A mezzogiorno si stacca dal M. Foletto la giogaia del Carè Alto (3455 m.), i cui contrafforti sono costituiti dalla Cima di Vaibona (2890 m.) e dal Doss dei Morti (2182 m.) a S. e dal M. Cengledino (2487 m.) a SE. Parallela alla cresta del Carè Alto e ad occidente d’essa è la scogliera dominata dal M. Fumo (3244 m.) e dal M. Foppa (2572 m.).
A libeccio dell’Adamello si stendono due brevi propaggini, l’una colla cima di Lendena (2851 m.). l’altra colla Cima Miller (3375 m.) e col. M. Marser (2776 m.). A occidente e a greco dell’Adamello, infine, si sferra verso la Val Camonica la piccola catena dominata dalla Rocca di Baitone (3241 m.) e dal Corno Baitone (3331 m.) ai quali fanno corona il M. Avio (2979 m.), il M. Aviolo (2881 m.) e la Cima di Plen (3187 m.).
Meno ricca di ghiacciai è la catena della Presanella (V. illustr. a pag. 18) che congiunta col plesso dell’Adamello dagli elevati passi del Lago Scuro (2968 m.) e di Pisgana (2934 m.) si eleva a greco della Yal di Genova colle cime Presanella (3569 m.) (V. Tav. II.), Monte Bianco (3388 m.), M. Botteri (3272 m.), in mezzo alle quali si stende la vedretta del Nardis. Altre cime notevoli si innalzano a ponente e a greco della C. Presanella. A ponente la cima di Cercen (3280 m.) e la C. di Presena (3040 m.), il cui versante settentrionale costituisce la vedretta di Presena congiunta per mezzo della vedretta Busazza al ghiacciaio della Presanella. A greco si sferra la giogaia sulla quale eccellono la cima Gimer (2952 m.), il. monte Nambino (2675 m.), il M. Gardena (2496 m.) e il Malghetto Alto (2078 m.), che sovrasta a Dimaro, e a tramontana infine si protende un braccio col monte Palù (3017 m.).
La catena del M. Frisozzo (2899 m.) e del Re di Castello, che sovrasta al P. della Sforcellina (2300 m.), costituisce il tratto d’unione colle diramazioni secondarie del gruppo prealpino verso mezzogiorno. Tali diramazioni si stendono da prima con serrata continuità e si elevano colla cima Cornone (2830 m.), col M. Seroten (2663 m.) e col M. Freron (2673 m.) a notevoli altezze, poi scostandosi leggermente verso S. E. si suddividono in gruppettini che raramente superano i 2000 mi. (M. Crestoso 2114, M. Colombine 2215 m.).
In tutto il gruppo dell’Adamello-Presanella le cime più basse sono disposte intorno ai due colossi principali in linee che ne irradiano, separate da valli profonde, parte invase da ghiacciai, coperte di morene, ricche di cascate e di pascoli e disseminate di laghi, alcuni dei quali notevolmente estesi e profondi (fra questi il lago d’Arno che ha una superficie di 0.55 Kmq. e una profondità massima di 62 m.).
La valle di Genova è una delle più note agli alpinisti per la sua selvaggia bellezza. Sul fondo di essa scorre spumeggiante il Sarca di Genova in mezzo a giganteschi massi granitici di tonalite, ammonticchiati l’uno sull’altro in modo bizzarro formando caverne e labirinti. Non meno nota è la valle di Campiglio, dalla quale scende il Sarca di Campiglio ove esisteva un antico monastero trasformato ora in una stazione alpina di primo ordine, in vicinanza del cosidetto Campo di Carlomagno, che, secondo le supposizioni di alcuni storici, deve il suo nome ad un presunto passaggio del re dei Franchi per le valli trentine12 Queste due valli si uniscono in una e formano l’aprica Rendena, in cui si presenta una vegetazione meno alpestre, che cede alla sua volta il posto alla vegetazione meridionale della valle inferiore del Sarca. La valle del Chiese è da quest’ultima divisa dal Passo di Bondo (841 m.) e forma le Giudicane esteriori13. Nella sezione meridionale del gruppo, ai piedi del M. Colombine, ha le sue sorgenti il Mella, che costituisce la Valtrompia ricca di depositi metalliferi.
Per il passo di Lodrino corre una via dalla valle del Chiese in Val Trompia: per quello di S. Eusebio un’altra, che da Brescia porta nella valle inferiore del Chiese e finalmente devesi ricordare il passo della Manina (o monte Giogo), il quale congiunge la valle superiore del Mella colla valle del Caffaro, una valletta laterale che sbocca nel Chiese.
Il massiccio dell’Adamello è formato da una roccia eruttiva, la tonalite. Vero granito non s’incontra che per un breve tratto a N. del P. di Campiglio. I gneiss ed i micaschisti circondano la massa centrale ad oriente, lungo la Val di Rendena e la valletta del Nambrone, e a N., ove formano il versante settentrionale della massa della Presanella, fino giù nella valle del Noce, dove continuano formando il plesso dell’Ortler. Verso S. invece la tonalite e gli schisti sono coperti da altre formazioni più recenti.
Tra Condino, Darzo e Bagolino trovasi il punto estremo occidentale, dove giunse il porfido quarzifero della grande eruzione di Bolzano. Al porfido succedono le arenarie variegate, che occupano la valle superiore del Freg, le valli del Soring, del Griulis, e la parte media della Val di Daone, a destra e a sinistra della quale si sovrappongono i calcari micacei, gli schisti marnosi, le marne con fossili del trias inferiore e il calcare conchigliaceo, che è molto sviluppato tra la Val di Daone e la Val di Breguzzo. I calcari conchigliacei, al punto in cui toccano la tonalite, si sono metamorfosati e formano una larga zona di contatto. A SE. di Tione emerge di nuovo il porfido quarzifero coperto in parte dalle alluvioni glaciali.
Nello studio orometrico di questo gruppo ho tenuto conto delle tre suddivisioni più importanti; delle masse alpine dell’Adamello e della Presanella e della larga zona prealpina bresciana. L’Adamello abbraccia, nel suo sviluppo periferico di Km. 110, un’area di Kmq. 689.22; la Presanella, con una superficie assai inferiore, (287.80 Kmq.) ha circa 80 Km. di circuito; più vasta è la zona prealpina con 1137.46 Kmq. di superficie e con uno sviluppo periferico di Km. 185.
I valori delle superfici dei vari piani quotati, che più sotto riferiamo, esprimono bene la differenza che v’è fra i vari sottogruppi. La Presanella, con minor numero di ghiacciai, non appena si stacca dalle valli, al piano di circa 1500 m., s’eleva gradatamente, ma sempre con discreto e costante pendio, talché se si avesse a delineare la curva del suo sviluppo, si avrebbe una linea mollemente saliente fino alla vetta; il gruppo dell’Adamello invece — intersecato da vasti ghiacciai — presenta all’altitudine di 2000-2500 m. dei veri altipiani, dei tavolieri, sui quali poi s’elevano bruscamente le vette più alte; il grappo prealpino bresciano infine ha un carattere spiccatamente altipianico nelle zone fra i 500 e i 1000 m.; a queste zone segue un restringimento delle aree fino ai 2000 m., dove fra i 2000 e i 2500 m. si ha un piano relativamente vasto, che occupa il 13 % dell’intero suolo. La linea ipsometrica di questo gruppo ci si presenta cosi con tratti non sempre tondeggianti, e spesso invece angolosi e ruvidi.
Ecco ora le cifre: Tav. III.
Bocca di Brenta
Brenta alta.
Fulmini di Brenta.
Torre di Brenta.
Cima Brenta.
Cima Falkner.
Gruppo di Brenta dal versante di mattina visto dal Daino.
In base a questi dati il volume dell' Adamello risultò di
1061.032 Kmc. con una media altezza di 1539 m.; quello della
Presanella di 362.923 Kmc. con un’altezza media di 1261 m.14,
e quello della zona prealpina di Kmc. 928,966 colla modesta
media altitudine di m. 816.
La massa complessiva del plesso dell’Adamello vien perciò ad avere un volume di 2352.921 Kmc. ed una superfìcie di 2114.48 Kmq.
7. Per compire la trattazione delle Alpi retiche meridionali aggiungerò qui che appartengono ad esse e sono poste a libeccio del passo dell’Aprica le Alpi Orobie, limitate dall’Adda, dall’Oglio, dal lago di Como e dalla pianura lombarda — e le Alpi Luganesi, che racchiudono le pittoresche montagne poste tra i laghi Maggiore, di Lugano e di Como. Questi gruppi sono interamente fuori del territorio trentino e però di essi, per non divagare, non possiamo occuparci. Rivolgiamo invece la nostra attenzione a quella serie di catene che occupa il rimanente spazio delle Alpi Retiche meridionali e al quale generalmente si dà il nome di Alpi Trentine occidentali.
8. Fra queste catene emerge per importanza il gruppo di Brenta15 (V. illustr. a pag. 27, 45, 49 e Tav. III.). Esso è co stituito da un arco potente di strati dolomitici, che venne da prima sollevato e poi si lacerò e si infranse per un’enorme inflessione in modo da presentarci una selva di torri e di guglie erose dagli agenti tellurici. L’asse principale del gruppo — lungo circa 42 Km. — è diretto da mezzogiorno verso greco. I suoi limiti sono dati a N. dalla valle di Sole, a E. dalla valle di Non e dall’Adige fino a Trento, a S. dalla carrozzabile, che da Trento conduce a Tione, a W. dalla valle Rendena e dal passo di Campiglio fino a Dimaro.
Alcuni passi dividono nettamente il gruppo in parecchi sottogruppi; la Bocca di Brenta (2553 m.) limita a N. il plesso della Cima Tosa e lo annoda con quello del Croste, che occupa la posizione centrale. Alla sua volta questo è diviso dal gruppo settentrionale dal passo del G-rostè (2440 m.) e dall’orientale— detto Fibion — dal passo della Gagliarda (2266 m.).
La parte meridionale del gruppo di Brenta è composta dal potente colosso della Cima Tosa (3176 m.) e da un sistema di vette e di creste, che irradiano da essa: verso N. il Crozzon (3123 m.); verso SW. la Cima Margherita (2891 m.), la Cima cl’Ambies (3095 m.), la Cima di Colfiorito (2910 m.), la Cima di Pagaiola (2907 m.), la Cima di Vallon (2967 m.) (V. illustr. a pag. 49), il Castello dei Camozzi (2423 m.) e il Brunol (2220 m.); verso SE. la cima di Gess (2741 m.); una breve giogaia che si stacca a occidente dalla Tosa ripiega subito a sud e coi leggeri contrafforti del Palù di Mughe (2319 m.) e del M. Toff (2057 m.) si incunea nella larga risvolta del Sarca presso Tione.
Dalla Cima Tosa si stende verso SE. la vedretta della Tosa e W. la vedretta dei Camozzi, a NE. quella piccola, ma pittoresca del Crozzon. Il gruppetto centrale — dalla Bocca di Brenta al passo del Grostè — è meno frastagliato del primo e presenta anch’esso una sfilata di torrioni: la Brenta Alta (2967 m.), la Torre di Brenta (3024 m.), la Cima d’Armi (2953 m.), il Pizzo di Molveno (2905 m.), la Cima di Brenta. (3155 m.) (V. illustr. a pag. 26), lo Spallone dei Massodi (3002 m.), la Cima Grostè (2897 m.), il M. SpinaleFonte/commento: Pagina:Il Trentino.djvu/354 (2114 m.) dal quale si gode uno splendido panorama. A levante del Grostè il gruppo del Pibbion si eleva a minore altitudine colla Cima Gagliarda(2632 m.), la Cima di Lasteri (2457 m.), col M. Gallina (2440 m.), col M. Mular (2415 m.), col Fibbion (2671 m.), col Bedolè (2263 m.), colla Cima di S. Maria (2676 m.) e colla Cima Val Scura (2671 m.) e colla Loverdina (2238 m.).
Il gruppetto di settentrione finalmente è un capriciosissimo crinale che si slancia da S. a N. mandando le sue ultime pendici fino a Cles in Val di Non. Ad esso sovrastano la Pietra Grande (2935 m.), il Mondifrà (2486 m.), il Sasso Alto (2839 m.), il Sasso Bosso (2655 m), il monte Peller (2320 m.), e il M. Cles (1706 m.). Oltre i passi nominati della Madonna di Campiglio, del Grostè, della Bocca di Brenta ha speciale importanza il passo di Cavedago (1021 m.) attraverso il quale passa la strada che costeggiando il Lago di Molveno conduce dalla valle del Sarca nell’Anaunia inferiore.
Il punto culminante tra questa strada e l’Adige è la cima Paganella-Gazza sovrastante al gruppetto omonimo, notevole per i suoi laghetti carsici, per un Campo di Karren di 4-5 Kmq. che si stende sulle sue pendici orientali — ed è forse la più vasta plaga di simil tipo che s’abbia nel Trentino — e per la vista che da essa si gode sul gruppo di Brenta, sulle Dolomiti di Fassa fino allo Schlern, sulla Val d’Adige e sulle vallate laterali.
Il gruppo meridionale e il gruppo centrale del plesso di Brenta sono formati dalla dolomia principale, rivestita tutt’attorno dai calcari grigi basici, che s’insinuano fra le valli di DalgoneFonte/commento: Pagina:Il Trentino.djvu/354, di Ambiez e Val di Seghe fra il Lago di Tovel e il Meledrio.
La formazione retica non s’incontra che a sinistra della V. di DalgoneFonte/commento: Pagina:Il Trentino.djvu/354, a destra e a sinistra della Val di Tovel e a destra del Meledrio. Verso l’Adige, invece, alla dolomia si sovrappone direttamente il calcare liasico, il quale forma la catena della Paganella-Gazza, toccando la massima altezza alla Bocca di Brenta (2553 m.). Il calcare oolitico forma il versante occidentale della Paganella e del Gazza e ad esso si Tav III.Cima di Valloni (Gruppo di Brenta). sovrappone nella sella di Molveno-Andalo il calcare ammonitico rosso e la scaglia.
La formazione cretacea è più sviluppata a destra del Noce ove la grande spianata di Campo, Denno, Flavo», Nano, Tassili lo e Cles è formata dalla scaglia, visibile solo per brevissime striscio, in causa dei depositi di calcare nummolitico, alla lor volta coperti dal terreno morenico.
Sulla riva sinistra del Sarca, fra Pinzolo e Tione, affiorano i porfidi quarziferi colle marne variegate, alle quali segue immediatamente la dolomia principale.
L’orometria del gruppo non ci presenta una curva saliente gradatamente, ma un elevamento a gradinate e a terrazze interrotte da bruschi salti. Il gruppo ha una superficie di 750,16 Kmq. ed è racchiuso da una linea periferica di Km. 126; il suo volume si ragguaglia a 889,869 Kmc.16 e la sua altezza media a m. 1185.
La superficie dei piani racchiusi dalle varie isoipse fra 100 e 200 m., 200-300 m. e sopra 100, 200 ecc., coi rispettivi valori percentuali, è la seguente:
9. Il gruppo successivo delle Alpi di Val di Ledro17 è limitato a N. dalla valle del Sarca, a E. ancora dal Sarca e dal lago di Garda fino a Salò; a S. dal piano di Salò, a W. dalla valle del Chiese, dal Passo di Bondo e dalla valle d’Arno fino a Tione.
La vai di Ledro divide il gruppo in due parti. Di queste la settentrionale appartiene esclusivamente al Trentino, la meridionale in gran parte alla provincia di Brescia e solo per breve spazio al Trentino. Il punto culminante di quella è il M. Cadria (2235 m.), le cui diramazioni verso nord superano di poco i 2000 m. colla cima La lì oda (2168 m.) e col M. Gaverdina (2018 m.) e non li arrivano neppure colla cima Sera (1968 m.).
La vetta più alta della sezione meridionale è il M. Caplone (1977 m.) a cui fanno corona il M. Tremalzo (1975 m.) e la cima Tombea (1947 m.), che la valle Toscolana divide dagli ultimi contrafforti meridionali, ai quali sovrastano il M. Spino (1486 m.) e il M. Zingla (1497 m.).
La valle di Ledro, che divide il gruppo, è nella sua parte media formata dal bacino a sbarramento morenico del lago di Ledro e comprende il piano di Bezzecca, memorando per il fatto d’armi del 21 luglio 1866; la parte superiore della vallata va a finire in un burrone che sbocca, nella vai d’Ampola e la parte inferiore è bagnata dal torrente Ponale, che esce dal lago e, dopo breve percorso, si precipita nel Garda da un’altezza di circa 100 metri.
Per il piano di Ledro e per la vai d’Ampola corre la carrozzabile, che congiunge Storo con Riva, scavata con indicibile audacia per non breve tratto in una parete perpendicolare al lago di Garda.
La valle del Sarca che limita a N. e a E. il gruppo, si divide in quattro parti: delle due prime, la vai di Genova e la vai Rendena, abbiamo già parlato; da Tione alle Sarche, essa fa parte delle Giudicarie e corre in strette profonde, ricomparendo alla luce a metà della sua via presso Comano, (365 m.) dove una fonte di acqua termale, che oggi richiama molti bagnanti, era già nota ai Romani.
Pochi chilometri prima di Comano si apre la valle del Lomasone, cosparsa di villaggi, tra i quali il pittoresco paesello di: Campo Maggiore, situato su di un’altura verdeggiante di abeti e di pini, dove nacque Giovanni Prati. Nell’ultimo tratto il Sarca attraversa maestoso una conca fiorita di una lussureggiante vegetazione — che i tedeschi chiamano la valle del Lago — per gettarsi nel marino Benaco presso a Torbole, dove il Goethe ricordando il verso delle Georgiche:
davanti all’azzurra distesa del lago per la prima volta sentiva di trovar vivo e palpitante di pensiero un verso latino.
I monti a S. della vai di Ledro sono costituiti quasi esclusivamente da dolomia principale, alla quale seguono per tratti di poca estensione i calcari del gruppo retico.
A N". della valle la dolomia è visibile solo ai lati W., S. e N. della massa montuosa, il cui centro è formato dai calcari della formazione ginrese (calcari grigi del lias, calcare oolitico e ammonitico rosso) con. lembi di terreni cretacei (biancone e scaglia). Il terziario (calcare nammolitico) si estende sul pianoro fra Cornano, Campo e Cavrasto, coperto per la massima parte, come nella valle di Non, dai depositi dell’epoca quaternaria (terreno morenico).
Proporzionalmente alla superficie (Kmq. 909.65) e allo sviluppo periferico (Km. 150) appaiono molto modesti il volume (Kmc. 832.586) e la media altezza del gruppo (m. 927).
II gruppo presenta delle pareti ripidissime verso il lago dì Garda e da questo dipende l’esiguità dei piani racchiusi dalle isoipse di cento in cento metri lino all’altezza di 500 m. Tali piani vanno poi allargandosi fino ai 1200 metri e si restringono quindi nuovamente finché sopra ai 2000 m. non si hanno che circa 3 Kmq. di superficie. 10. Il gruppo di Bondone18 confina a W. colla valle del Sarca, dal lago di Garda fino alle Sarche, a N. colla strada clie dalle Sarche conduce a Trento, ad E. colla Y. d’Adige da Trento a Ravazzone, a S. finalmente colla Val di Cameras e col Passo di Nago fino a Torbole.
Il gruppo ha un asse inclinato da NE. a SW. della lunghezza di circa 28 Km. ed è diviso in due parti dal Passo della Becca (1580 m.).
Sulla parte settentrionale eccellono il M. Cornetto (2180 m.). il Doss d’Àbramo (2101 m.), e il Palon (2090 m.), che in mezzo racchiudono una vasta e verde spianata detta propriamente il Bondone.
Più a N. si elevano la cima Vason (1560 m.) e il Col di Castion (1475 m.).
La sezione meridionale si eleva col M. Stivo a 2058 m. e colla Cima Alta a 1915 m. Le vaste praterie che stanno alla base di queste cime sono disseminate di numerose cascine e sono ricche di sorgenti.
Ai piedi del gruppo verso mezzogiorno si ha il lago di Loppio (220 m.) e a occidente si hanno gli importanti bacini lacustri di Toblino (250 m.) e di Cavedine (242 m.). Lungo quest’ultimo, in un’amenissima posizione, corre la strada che da Trento pel Buco di Vela e per l’insellatura di Vezzano conduce a Tione.
Gli strati più sviluppati di questo gruppo sono quelli del calcare grigio del lias; essi formano tutto il versante occidentale della catena e si sono rialzati verso E. così che nella gola di Ravina compaiono ad essi sottoposti la dolomia, il calcare conchiglifero e gli strati di Werfen.
Sulla cima del Doss d’Àbramo, nei dintorni di Sopramonte e di Sardagna e lungo la parte meridionale del gruppo, ai calcari liasici seguono il calcare difia e la scaglia. Il gruppo eocenico, meglio sviluppato che negli altri gruppi delle Alpi Trentine fin qui considerate, si mostra qua e là in tutta la catena sopratutto nella conca di Sopramonte e nella spianata alle pendici dello Stivo e del Cornetto, raggiungendo su quest’ultima cima il suo punto più elevato.
Traccie notevoli dei fenomeni glaciali si hanno fin circa a 1600 m. e sono in modo speciale degni d’attenzione i pozzi glaciali (marmitte dei giganti) di Vezzano scoperti e illustrati dallo Stoppani19 Nel gruppo sono ben rappresentati anche i fenomeni carsici: la carta austriaca indica 14 caverne tutte però di piccole dimensioni (coveli), mentre nella carta non si è tenuto conto della Caverna dello Stringiador abbastanza estesa; non mancano inoltre laghetti senza emissari e corsi sotterranei; sopratutto è notevole una sorgente intermittente presso Garniga. Sul versante settentrionale del Bondone una frana composta esclusivamente da calcari del giura e del lias, caduta dalla cima del Bondone, si estende sopra una superficie per la lunghezza di 2.8 Km. con 0.4 Km. di larghezza. È la frana di S. Anna, detta dai terrazzani Lavè20 Sul versante occidentale del gruppo si hanno le così dette Marocche, che sono anch’esso un’enorme distesa di rovine (più di 15Kmq.) posta fra i paesi di Drò e Pietramurata. È incerto se esse siano frane postglaciali o morene mascherate da frane.
I valori delle superfici dei diversi piani quotati ci presentano caratteristiche differenti da quelle dei grappi precedenti. Qui siamo in presenza di un gruppo, che può dirsi prealpino; non mancano è vero le pareti che cadono a picco, ma molte altre invece scendono mollemente evitando così, nello sviluppo complessivo, quei bruschi salti, che alla distanza di 250 metri davano superfici di piani differentissime. Nel gruppo di Bondone la maggior ripidità va fino ai 400 metri; poi incomincia il vasto e molle terrazzamento che va a finire ai piedi delle poche cime rocciose e nude contrastanti colla vegetazione d’erba e d’arbusti che ne copre le pendici. In base a questi valori furono calcolati il volume del gruppo (223.507 Kmc.)21e la media altezza equivalente a m. 714. La superficie come s’è visto, è di 313.09 Kmq. e ad essa corrisponde uno sviluppo periferico di Km. 82.
11. Col gruppo del Bondone ha non poca affinità orografica e geologica la catena del Monte Baldo22 a cui la fantasia dei poeti dallo Spolverini all’Aleardi, al Carducci, ha creato l’aureola di monte nevoso e altero, d’imperatore e re degli altri monti. È invece di proporzioni modeste, e deve la sua fama più che alla pretesa sublimità, alla ricca flora tanto studiata fin. dal cinquecento ed alla sua posizione che lo rende noto, almeno di vista, a tutti gli abitanti della pianura padana.
Questa catena è limitata ad E. dall’Adige e precisamente. da quel tratto, che va dalla Chiusa presso Rivoli, a S., fino a Ravazzone, a N.; a N. dal P. di Nago e dalla valle di Cameras; ad W. dal lago di Garda; a S. dal piano di Caprino fino a S. Vigilio. La lunghezza della catena è di Km. 38 e la sua larghezza media di Km. 12. La bocca di Navene (1430 m.) divide il gruppo in due sezioni ben distinte che, seguendo il Brentari, chiameremo Baldo Trentino e Baldo Veronese. La vetta culminante del Baldo Trentino è il M. Altissimo (2070 m.) dal quale sì staccano parecchie diramazioni: di esse una si innalza col M. Varagna (1771 m.) e scende ripidamente sopra il lago di Loppio; uma seconda a greco, dopo essersi elevata a 1851 m. col M. Campo, si abbassa con dolce declivio sulle pendici di Brentonico. A scirocco si dirama un’altra catena, che si eleva a m. 1683 colla Corona Piana e termina col M. Vignolo (1607 m.). Verso ponente il Baldo trentino scende a picco sul Grarda.
Il Baldo veronese mantiene più. rigidamente la sua direzione da NNE. a SSW. con una sfilata di cime separate da bocchette o insenature, che gli danno un aspetto coltelliforme e sottile e che non dappertutto può esser percorso.
La più alta di queste vette è la cima di Val Dritta (2218 m.) a cui seguono in ordine altimetrico la cima del Prà di Bàzina (2203 m.), la punta Telegrafo o M. Maggiore (2200 m.), la punta Pettorina (2191 m.) e la cima del Loghino (2180 m.). I due versanti di questa cresta presentano un carattere differentissimo: l’occidentale ha poche oasi di boschi e di prati, è quasi tutto brullo, erto e roccioso: solo alla base della ripidissima parete che incombe quasi a picco sul Benaco si stende un’angusta zona di oliveti e di vigne. L’orientale è intersecato da larghe valli, le quali fino alla loro foce nell’Adige si dispongono longitudinalmente formando così un’anticatena parallela alla cresta principale che precipita con ripide pareti sull’Adige dalla Chiusa veronese fino a Mori.
Il monte Baldo è celebre per la ricchezza della sua flora ed alcune piante furono nominate da questo monte come l' Anemone Baldensis, il Carex Baldensis, il Gallium Baldensis ed altre. La costituzione geologica del M. Baldo è simile a quella del Bondone. La base è formata dalla dolomia principale a cui seguono gli strati del lias coperti da lunghe striscio o lembi di calcare giurese e di scaglia. Fra questa, ed il calcare nummolitico si interpongono i tufi basaltici.
Nel gruppo di M. Baldo esistono notevoli strati di carbon
fossile, ina assai più esso è noto per le numerose cave dì marmo
che giacciono a poca altezza sul pendìo da Mori a BrentoTav. III.
Torre di Brenta.
Fulmini di Brenta
Campanile alto.
Brenta alta.
Bocca di Brenta.
Brenta bassa.
Cima Margherita.
Crozzon di Brenta.
Cima Tosa.
Fondo di Val di Brenta nico e forniscono ottime e svariatissime qualità. Parecchie
cave esistono anche nel Baldo veronese e non si devono sopratutto
dimenticare le terre del Baldo (verde, rossa, gialla)
che si impiegano nelle pitture23.
Lo sviluppo orometrico del gruppo non differisce molto da quello del Bondone. Anch’esso come quest’ultimo ha delle considerevoli spianate fra i 1250 e i 1500 m. ed alla base presenta per molti tratti gravi pendenze ed estrema ripidità, per altri, dolci ed erbosi declivi. La superficie del gruppo è di 380.14 Kmq. entro uno sviluppo periferico di circa 140 Km., il volume è di 330.116 Kmc. 24, la media altezza di 868 m.
La seguente tabella contiene in Kmq. ed in parti percentuali dell’area totale i valori che presentano le aree racchiuse dalle isoipse da 100 a 200 m. ecc., come pure della superficie sopra 0, sopra 100, 200 m. ecc.
Colla descrizione del Baldo, dell’Appennino veronese, come lo chiama il Pona, terminiamo la trattazione dei gruppi delle Alpi retiche meridionali che appartengono al Trentino e, tralasciando di parlare del meraviglioso e storico anfiteatro morenico, che cinge a semicerchio la costiera meridionale del Garda, prima di passare alla sinistra dell’Adige, diremo brevemente della conformazione di questa valle.
12. La valle dell’Adige25 mostra ad esuberanza gli indizi di esser stata sede dell’antico ghiacciaio: moltissime sono le congerie moreniche che la fiancheggiano per quanto le acque correnti le abbiano superficialmente rimestate; frequentissimi i massi erratici di gneiss, di graniti, di porfidi ecc., disseminati sulle pendici dei monti calcarei e dolomitici; e più frequenti ancora le roccie arrotondate, striate, ondulate ed i massi triquetri e striati. Furono anche trovate in parecchie località alcune «marmitte dei giganti» non meno importanti di quelle di Vezzano. Nel territorio trentino la valle dell’Adige è racchiusa a occidente tra le A. di Val di Non, i gruppi di Brenta, del Bondone e del M. Baldo, a oriente tra i Lessini, il Pasubio-Scanupia, il gruppo di Cima d’Asta e le Alpi dell’Avisio.
Sotto S. Michele all’Adige, che è il primo paese prettamente italiano, la valle cambia la sua direzione da NNE. a SSW. in quella di S., si allarga alla confluenza col Noce, e su quei terreni un tempo malsani e paludosi, oggi fa pompa una ricca vegetazione. Sulle pendici, in mezzo al verde, spiccano i villaggi e i castelli. Dopo la confluenza coll’Avisio si incontra la città di Trento che chiude tutta la valle. Dalle nude e ripide pareti di destra precipita la roggia di Sardagna, mentre a sinistra la parte nuova della città va arrampicandosi sull’aprica collina. L’Adige scorreva una volta con largo arco attorno alla parte settentrionale della città; ora scorre rapido e rettilineo sotto il Doss Trento; presso al paesello di Calliano — ove termina il così detto Agro Trentino e comincia la Valle Lagarina — esso si piega leggermente e per breve tratto ad W. Ripiglia, subito dopo, la primiera direzione e rasenta Rovereto dove la valle si allarga. Ad W. si innalza la collina d’Isera (202 m.), celebre pei suoi vigneti, e quindi, lungo il fiume, allo sbocco di piccole valli laterali, si stendono la borgata di Mori, ricca di marmi, donde si ammirano gli Slavini di Marco, ed Ala, l’ultima città trentina. Dopo Ala la valle si restringe tra due aspre pareti: il fiume corre tra forre anguste: siamo alla stretta Chiusa di Verona «dove tante volte nel medio evo — e fiorenti le leghe lombarde — gli eserciti stranieri trovarono la porta di ferro dell’Italia»26
13. Le catene che stanno all’oriente dell’Adige col nome di Alpi veneto-trentine si possono decisamente separare per l’altitudine e per la posizione in Prealpi veneto-trentine e Alpi veneto-trentine propriamente dette.
Accenneremo a suo luogo i gruppi che compongono queste ultime e le varie suddivisioni che loro s’addicono; ora cominciamo dallo studio delle prime. Le Prealpi veneto trentine si estendono nella direzione di WSW. a ENE. e di esse fan parte le seguenti catene: i monti Lessini, il gruppo Pasubio-Scanupia, l'Altopiano dei Sette Comuni vicentini, le Prealpi Feltrine e Bellunesi, i Monti Benci e i Colli Euganei. Fatta eccezione per quelle catene al S. che non presentano col sistema alpino una continuità serrata, vale a dire i monti Berici e i colli Euganei, e per le Prealpi Bellunesi e Feltrine, le catene sovraccennate spettano o totalmente o parzialmente al Trentino.
14. I monti Lessini27 confinano ad W. coll’Adige a S. colla pianura veneta (e precisamente, secondo lo spazio compreso nella misurazione dell’area del gruppo da me fatta, col torrente Alpone, col Chiampo fino a Montebello e colla linea eli depressione fra essi e i Berici, lungo la quale corre la linea ferroviaria) a SE. ed E. coll’Oroio, col Leogra; a E. e NE. colla valle del Leogra, il Pian delle Fugazze e Vallarsa (Leno).
Il nucleo principale è costituito dalla cima di Posta-Campobrun, una massa quadrangolare attorno alla quale si annodano altre diramazioni laterali; a NNE. la catena Baffelan-Cornetto, che, unita al nucleo mediante il passo di Campogrosso (1454 m.), si protende fino al Pian delle Fugazze; un altro contrafforte, che si stacca a S. si abbassa al passo della Pertica (1525 m.) e rannoda il gruppo principale al sistema montuoso dei Lessini veronesi o Lessini propriamente detti, racchiusi tra l’Adige a W. e a S., il Progno d’Ilasi ad E., la Y. dei Ronchi e il P. della Pertica a N.; finalmente dall’estremità ad E. della massa centrale si stacca un contrafforte, che si deprime al passo della Lora (1714 m.) e. lo allaccia al gruppo meridionale Zeola-Gramolon che esce completamente dai confini del Trentino. Così la catena dei Lessini ci appare distinta in quattro aggruppamenti.
I monti Lessini propriamente detti formano per buon tratto il confine fra il Trentino e il Veneto e rientrano col loro versante settentrionale nel Trentino: il loro punto culminante è la Cima Trappola (1867 m.). Essi formano un quadrilatero racchiuso da vari contrafforti culminanti: a N. il M. Castelberto (1751 m.) e lo Sparavier (1798 m.) ad E. il M. Malera (1772 m.) ad "VV. il Corno d’Aquilio (1546 m.) e a S. la cima secondaria della Purga di Velo (1257 m.). Nella parte più settentrionale si stende un magnifico altopiano ondulato, sparso di cascine e di prati (al quale unicamente, secondo l’etimologia prevalente della voce Lessinio e lissiniva — terra usata e preparata per i pascoli — si dovrebbe restringere il nome di Lessini) e declinante uniformemente a mezzogiorno, ove si aprono profonde insenature, che vanno poi a formare altrettante valli, disseminate di villaggi, ma percorse da torrenti 28 solo allo squagliarsi delle nevi e nei tempi piovosi. Di queste valli dette progni o ancor più spesso vai o vaioni, le principali sono: il Progno di Fumane, il Progno di Negrar e le tre valli di Merchiara, de’ Falconi e dell’Anguilla. Paesaggio tipico nell’Altopiano di Lavarone (Sette Comuni.)
Il nucleo della cima di Posta-Campobrun raggiunge il punto culminante colla cima Posta (2235 m.), conosciuta anche col nome di Caréga. Altre cime sono: la C. Plische (chiamata M. Tre Croci nella Carta austriaca al 1:75000) e il M. 0bante (2043 m.). Un piccolo contrafforte verso NW. si alza col M. gna a 1858 m. Delle valli, le più importanti sono: ad E., la valle d’Agno — mutante nome ad ogni tronco — a N., la Vallarsa, a W. la Ya.lle dei Ronchi.
La catena Zeola-Gramolon si spinge colle sue diramazioni di M. Porto (1564 m.) e C. Marano (1552 m.) fino alla pianura veronese e vicentina. Di essa fa parte anche lo Spiz di Recoaro(1125 m.), vetta modesta per altitudine, ma notissima come gita ufficiale dei bagnanti alle acque minerali di Recoaro.
La catena Cornetto Baffelan è di tutte la più dirupata e pittoresca. Conta parecchie punte modeste per altezza (il Cornetto, 1903 m.; i Tre Apostoli, 1773-42-75 m., il Baffelan, 1791 m.) ma svelte e slanciate. La diramazione meridionale di questa catena divide l’Agno e il Leogra e più sotto l’Agno e l’Orolo. Il gruppo dei M. Lessini, che, secondo l’opinione dell’Umlauft e di altri, dovrebbe estendersi fino alla Brenta, è scarso di boschi e ricco invece di prati. Fatte poche eccezioni (le sorgenti di Montorio, che alimentano il canale del Fibbio) i Lessini sono anche poveri d’acque.
Alcune valli di questo gruppo — nei così detti Tredici Comuni — sono abitate da una popolazione di origine tedesca, venuta a stanziarsi prima del secolo XIII, che continuò ad usare di un dialetto tedesco fino al secolo XVII. Ora è quasi totalmente scomparsa ogni traccia dell’antico dialetto e delle costumanze.
A NE. della Cima Posta è notevole la strada carrozzabile, costrutta nel 1817 sotto Francesco I, che da Vicenza conduce, attraverso il piano delle Fugazze, e per Vallarsa, a Rovereto. A S. di questa corre la strada mulattiera, che da Vallarsa conduce pel passo delle Buse Scure alla stazione idroterapica di Recoaro.
Nella parte NW. del gruppo dei Lessini sul pendìo del M. Zugna si trova un ammasso enorme di rovine disperse a collinette, a dighe, a valli, ad alture che molti vollero identificare colla
menzionata da Dante nel Canto XII dell’Inferno: sono gli Slavini di Marco. Essi misurano circa 4 Kmq. di superficie e la loro massima altezza sul livello della valle è di 1000 m. Sull’origine di questa immensa distesa di massi calcarei frammezzati da rarissimi pezzi di porfido, melafiro e gneiss non seppero ancora accordarsi i geologi29, come i commentatori di Dante non riuscirono a risolvere la questione se Dante intenda parlare degli Slavini o della rovina del Cengio Rosso nel vicino gruppo Pasubio-Scanupia30.
Considerato geologicamente, questo gruppo ci presenta un predominio del calcare liasico, al quale serve di base solo a brevi tratti la dolomia principale. Le formazioni più antiche sono rappresentate dall’isola triasica di Recoaro. Verso mezzogiorno nelle varie catene parallele si sovrappongono al terreno cretaceo le formazioni basaltiche, assai spesso ricche di giacimenti fossili.
I fenomeni carsici in questo gruppo sono rappresentati prevalentemente dalle doline imbutiformi, dalle voragini e dai corsi sotterranei. É notevole la Speluga di Pialda, voragine spalancata circa per 20 m. di diametro fra la creta inferiore ed il giura superiore sull’acrocoro del Corno d’Aquilio, della quale non si conosce la profondità. Dal suo orifizio sbuffa una corrente d’aria, che, durante l’inverno, scioglie repentinamente la neve, che vi cade d’intorno. Secondo varie tradizioni, i sassi scagliati in essa apparirebbero più tardi alle sorgenti di Montorio, distanti in linea retta 26 Km., oppure alla risorgente dell’Acqua Sagra al Vò d’Avio a 7 Km. di distanza.
Un’altra voragine singolare è il Buso del Vallon a m. 1700 sul mare nella montagna di Malera. Il suo orifizio ha un diametro di 25 m. con pareti perpendicolari fino a m. 40 a 50 di profondità, ove perdura eternamente il ghiaccio31. Orometricamente parlando, questo gruppo è il più regolare di quelli che noi abbiamo fin qui studiato. Le varie catene, che irradiano dal nucleo principale, scendono con uniforme altitudine spingendo i loro ultimi contrafforti, la cui altezza oscilla fra i 400 e i 500 m., ben addentro nella pianura veneta.
La superficie dei piani alle diverse altezze di questo gruppo si mostra così proporzionale, fatta eccezione pel piano dai 400 ai 500 m., che, costituendo l’estremità delle catene, occupa maggior spazio degli altri. L’estensione del gruppo è considerevole; essa si ragguaglia in 1767.77 Kmq. con un circuitoperiferico di Km. 144; il volume, modesto per tanta estensione è di 882,817 Kmc.32 e la media altezza arriva appena ai 500 m.
Diamo anche per questo gruppo i soliti dati orometrici:
15. Col nome di Pasulbio-Scanupia indichiamo quella catena terminata a W. SW. e S. dall’Adige, dalla strada che da Rovereto va a Schio per il Pian delle Fugazze, dalla linea ferroviaria che congiunge Schio con Thiene e dallo stradale che da Tliiene mette capo a Sarcedo sull’Astico; a E. dall’Astico, dal P. di Lavarono, dalla Valle del Centa, dalla carrozzabile che da Caldonazzo conduce a Levico e Pergine, a N. dalla Fersina.
Questa catena — a cui il Marinelli vorrebbe fosse dato il nome di Prealpi Schiote dal nome dell’industre cittadina che
sorge alle loro falde meridionali — può considerarsi formata
da tre aggruppamenti montuosi: il Pasubio, il Finoncio Toraro
e la Scanupia.
Il gruppo Pasubio è delimitato ad W. e SW. dal Leno di Vallarsa, a S. dal Pian delle Fugazze, dal Leogra, ad E. dall’Astico, da Piovene allo sbocco del Posina, a N. dal Posina, dal P. della Borcola (1200 m.) e dalla valle di Terragnolo.
Il punto culminante della catena è la vetta del Pasubio (2236 m.) che scende rapidamente, mentre di più si estendono a maestro le giogaie del Col Santo (2110 m.) ili forma di pianoro ondulato, intersecato da profonde insenature, e a scirocco il contrafforte, che dai Forni Alti (2026 m.) declina al M. Cogolo (1656 m.) ed al Summano (1299 m.).
Allacciato a S. mediante la depressione della Borcola col gruppo Pasubio, a N. mediante la depressione di Folgaria col gruppo Scanupia, sta il gruppo Maggio-Toraro33, limitato a W. dall’Adige, da Calliano a Rovereto, ad E. dall’Astico, da Lastebasse fino allo sbocco del Posina. La cima più elevata del gruppo è il M. Toraro (1899 m.) che si trova, assieme ad altre importanti, lo Spiz di Tonezza (1697 m.) e il Cimon dei Laghi, (1482 m.) sul territorio del regno d’Italia. Entro il confine trentino si elevano il Finoncio a m. 1601 e la Cima Maggio (1797 m.). Traverso quest’ultima corre il confine. Ad E. del Finoncio si stende un piccolo altopiano mezzo protetto e mezzo aperto, baciato tutto il giorno dal sole ed accarezzato o percosso dai venti di tutte le direzioni. Nel mezzo c’è il villaggio di Serrada (1248 m.), soggiorno alpino che va guadagnando ogni giorno d’importanza. Non molto distante da Serrada c’è Folgaria, altra stazione alpina assai frequentata, che fa parte del gruppo Scanupia.
Il gruppo Scanupia è limitato a W. dall’Adige, fra Trento e Calliano, a S. dall’Astico fino a Casotto, ad E. dalla Sella di Lavarone e dalla Valle del Centa, a N. dalla Fersina. Le elevazioni principali di questa catena sono le tre punte: il Becco della Ceriola (1935 m.), il Corno di Scanupia (2150 m.) e il Cornetto (2052 m.), che appartengono al gruppo principale detto Scanupia o Vigolana. La cima Scanupia è poi chiamata dagli alpinisti Becco di Filadonna, mentre tal nome spetta a due piccoli campanili a N. di essa. La Scanupia è un grande ammasso di dolomia, è assai ripida e coperta di prati e boschi fin quasi alla cima. Nel gruppetto secondario della Maranza. che le si allaccia col passo di Vigolo Vattaro, si elevano la Marzola (1737 m.) e, unito ad essa colla sella del Cimirlo, il M. Celva (999 m.).
In questo gruppo gli schisti cristallini compaiono a W. del lago di Caldonazzo fino a Vigolo Vattaro. Anche qui come altrove seguono le arenarie, il calcare a Bellerophon, gli strati di Werfen e il calcare conchiglifero, che da tutti i lati, cingono con altrettante zone la dolomia principale e dello Schiera, che forma la cresta affilata Chegul-Marzola. Le colline di (roccia d’oro presso Trento sono formate da un tufo porfirico coperto in parte da una breccia calcarea. Il restante del gruppo è formato da calcari giura-liasici che si sovrappongono alla dolomia media. I calcari dell’epoca cretacea e terziaria sono poco sviluppati.
L’orometria del gruppo ci presenta di nuovo una catena dirupata, dove ai facili pendii si alternano le pareti ripide e nude. Il piano più esteso del gruppo si ha fra i 500 e i 750 m.
La superficie dei vari piani alle diverse altezze fra 100, 200, 300, m. e sopra 100, 200 m. ecc. è la seguente. Il perimetro del gruppo è di Km. 45; la superficie di 686.00 Kmq.; il volume di Kmc. 570.306; la media altezza di 831 m.
16. Nettamente separato dagli altri gruppi si presenta l’altopiano dei Sette Comuni,34 ricinto a N.. E. ed W. con larga curva dalla Brenta, dalla Val del Centa e dall’Astico, mentre verso S. declina nelle amene colline terziarie di Breganze, Marostica e Bassano, e può dirsi limitato dalla strada che congiunge il ponte di Breganze sull’Astico con quello di Bassano sulla Brenta.
La forma del gruppo è quella di un vasto altopiano quadrangolare, racchiuso a N. e S. da un cordone di montagne. Quelle a N. formano un vero acrocoro il cui punto culminante è la Cima Dodici (2341 m.). Le altre cime dell’orlo settentrionale raggiungono altezze modeste; esse sono: il M. Manderiolo (2051 m.), il M. Larici (2034 m.), la Cima Naora (2125 m.) — sulle cui vette corre il confine italo-austriaco — il M. Portule (2310 m.), la C. Undici (2228 m.). Più modeste ancora sono le vette del gruppo meridionale: la Cima Scher (1368 m.) e la Cima di Fonte (1519 m.).
Delle tre principali depressioni (in forma di valle) del gruppo, la Val d’Assa, la Val Gadena e la Val Frenzena, neppur una appartiene al Trentino.
Come già accennammo per l’altopiano dei Tredici Comuni, anche quello dei Sette Comuni è abitato da popolazioni di origine tedesca — stanziatesi probabilmente fra il secolo XIII e il XIV — intorno alle quali esiste una copiosissima letteratura più romanzesca che scientifica. L’elemento tedesco va scomparendo rapidamente dall’uso e solo è stazionario — e secondo certe statistiche crescente — in quei paesi dove le società germanistiche e il governo austriaco insediarono con speciali favori scuole tedesche. Tale sarebbe il caso di Luserna, piccolo e povero villaggio sull’altopiano omonimo, meta dei glottologi tirolesi, mentre sulla spianata opposta il comune di Lavarone (V. illustr. a pag. 61), composto di 22 vil laggi, ormai prettamente italianizzati, rifiutò somme vistose lasciate ad esso in eredità per la fondazione di scuole tedesche.
Questo paese, situato sulle sponde di una larga dolina, che forma il bacino lacustre di Lavarono, in mezzo a boschi di conifere e di faggi, è gradito soggiorno di villeggianti nella stagione estiva. Gode buona fama di stabilimento alpino anche la romita valletta di Sella, parallela alla Valsugana, presso Borgo, che prese il nome dalla sua forma di sella rovesciata. Meritano ancora di esser ricordate nella parte trentina dell’altopiano le estese praterie delle Vezzene, note come centro di ricchissime malghe, che producono il famoso formaggio di Vezzena.
L’altopiano dei Sette Comuni è formato nel suo complesso da calcari dell’epoca liasica, giurese e cretacea. Le formazioni più antiche s’osservano solo ai piedi dell’altopiano; il calcare conchiglifero s’interna per qualche tratto nella valle del Centa, mentre il nucleo complessivo dell’altopiano è formato dai calcari grigi liasici. Sull’altopiano di Lavarono manca la serie più antica dei calcari giuresi (ammonitico rosso); al lias segue il calcare cretaceo superiore ed a questo qua e là qualche lembo di eocene (calcare nummolitico).
Una caratteristica importante di quest’altopiano è la copiosissima idrografia sotterranea. I torrenti, che scorrono alla superficie, sono per molta parte dell’anno asciutti e solo in tempi di grossi rovesci di pioggia o durante lo sciogliersi delle nevi si tramutano in fiumane talvolta rovinose. Queste fiumane si sprofondano in voragini e doline (dette busi, pirie, spelonche, lore, ingiotidori, lunte) per ricomparire poi in forma di copiose sorgenti ai piedi dell’altopiano medesimo.
I numerosi fenomeni carsici dell’altopiano dei Sette Comuni offrono un ricchissimo campo di studio, pressoché inesplorato. Solo le cinque grotte dell’Gliero, dalle quali scaturisce il fiume Oliero, e qualche dolina di grandi dimensioni possonodirsi sommariamente;-note e descritte.
L’orometria di questo gruppo era già stata oggetto di studio del Prof. Frescura. I risultati da lui ottenuti differiscono alquanto dai miei. La superficie del gruppo risulta secondo le mie misurazioni di Kmq. 1013.46; secondo quelle del Fre scura di Kmq. 963.269. Questa differenza modifica naturalmente anche i valori del volume e della media altezza: (questa di 872 m. e quello di 883.701 Kmc.) secondo i miei calcoli35 , di m. 1026 e rispettivamente di 989.10 Km. secondo il Frescura. Il perimetro del gruppo è di Km. 123. I miei dati — come anche quelli del Frescura — provano ad ogni modo come fino ai 200 m. si stendano mollemente le colline fra la Brenta e l’Astico, e come dai 400 in su le pareti dell’altopiano si restringano e si elevino rapidissime fino ai 750-1000 per dar qui luogo all’ampia conca d’Asiago che risiede nel mezzo dell’altopiano; dopo i 1000 m. le pareti s’inalzano nuovamente ripide e brusche.
Ecco pertanto i dati ottenuti dalle mie misurazioni:
17. Delle Prealpi Feltrine,che si innalzano tra la sella di Arten, la Piave, la pianura trevigiana e vicentina e le valli della Brenta e del Cismone e delle Prealpi Bellunesi, limitate dalla Piave, dalla Valle di Valdobbiadene, dal fiume Soligo, dai torrenti Grana e Sora, dal Meschio, dal lago Morto, dal P. di Fadalto, (489 m.) dal Lago di S. Croce, dal fiume Rai fino al suo sbocco nella Piave, neppure un lembo appartiene al Trentino.
Le Prealpi Feltrine sono di formazione cretacea e dolomitica e si annodano intorno al M. Grappa (la cui cima più elevata s’alza a 1759 m.), che costituisce il nucleo principale della catena. Le Prealpi Bellunesi36 presentano l’aspetto di un grande muraglione ad arco con la convessità a SE, diretto generalmente da NE a SW. La cima più elevata (Col Visentin) non raggiunge che la modesta altezza di 1765 m. Nell’uno e nell’altro gruppo una serie di fenomeni notevoli tradisce l’azione del potente ghiacciaio della Piave.
18. Le catene delle prealpi veneto-trentine, che abbiamo considerato, non offrono cime elevate, che abbiano un’importanza sotto l’aspetto turistico; ci presentano invece, specie nella parte occidentale, una serie di pianori più o meno vasti, divisi tra loro da vallate profonde, sparsi gli uni di floridi villaggi, come l’altopiano d’Asiago, quello di Lavarone, quello di Folgaria, ricchi gli altri di folti boschi, di cascine, di pascoli, come quello delle Vezzene e quello dei Lessini, tutti ad ogni modo importanti per fenomeni d’erosione.
Manca alle prealpi venete quella incantevole armonia dei colossi piramidali cogli orli nevosi, separati da lunghe frane, quella selvaggia bellezza dei pinnacoli irti, sovrastanti alle azzurre conche di ghiaccio e alle vaste pianure eli neve, che caratterizzano il grande ammasso montuoso che si eleva dietro le loro spalle. Esso costituisce quella sezione delle Alpi calcari meridionali, che noi chiamiamo Alpi veneto-trentine, usando questa denominazione nel suo significato più ristretto. Esse confinano a mezzogiorno coi gruppi prealpini studiati, e a N. il loro confine è dato dalla linea divisoria delle Alpi calcari meridionali, già da noi tracciata. Ora, seguendo il Marinelli,37 noi dividiamo alla sua volta questo plesso in due sezioni: «occidentale l’una, dove prevalgono le roccie più antiche, i porfidi soprattutto, ma anche i graniti, gli scisti e le filliti, orientale l’altra, nella quale prevalgono i calcari dolomitici: quella, chiameremo col nome di Alpi Tridentine Orientali, questa con quello di Alpi Bellunesi; e, quale separazione tra essi, accetteremo la linea segnata dal Cismone fino al Passo di Rolle (1984 m.), la V. di Travignolo fino a Predazzo, (1018 m.) quella dell’Avisio fino a Campitello (1442 m.) il Passo di Pordoi (2242 m.), la V. di Livinallongo fino ad Arabba, il Passo di Campolongo (1879 m.), il Rio Rutora sino allo sbocco nel Corvara presso il paese omonimo (1512 m.), il Corvara sino alla sua affluenza nel Val di Badia presso Stern (1468 m.), indi questa vallata sino alla sua confluenza col Rienz. Quattro sono i gruppi in cui si può suddividere la sezione occidentale e cioè: Alpi di Cima d’Asta, Alpi d’Avisio, Alpi Fassane e Alpi del Paitlerkofel (Putia).
19. Delimitato ad E. dal Cismone e dal P. di Rolle; a N. e NW., dal Rio Travignolo fino a Predazzo e quindi dall’Avisio, fino all’Adige; ad W. dall’Adige fino alla Fersina; a S. dalla Fersina, dal lago di Caldonazzo e dalla Brenta fino allo sbocco in questa del Cismone, sta il plesso di Cima d’Asta.38 La vetta culminante di questo plesso è la cima omonima (2844 m.), una massa granitica, che si eleva sugli scisti cristallini della Valsugana e pare emersa durante l’azione eruttiva dei vulcani permiani delle attigue valli di Fassa e Fiemme. Attorno ad essa — o diremo meglio — attorno al gruppetto al quale essa sovrasta si dispongono capricciosamente undici gruppi, dei quali alcuni mandano le loro acque all’Avisio e alla Fersina, altri alla Brenta e al Cismone. L’asse generale del plesso è da NE. verso SW. e misura circa 52 Km.
Il gruppetto centrale di Cima d’Asta si estende con tre branche verso scirocco, mezzogiorno e libeccio. Sulla prima di queste diramazioni, che si spinge fin sopra alla Brenta fra Strigno e Scurelle, s’elevano il Cimon Rava (2438 m.), la C. Ravetta (2271 m.) e il Fierollo (2142 m.); sulla seconda, che è diretta continuazione della massa centrale, si innalzano la Banca (2736 m.) ai cui piedi giace il laghetto di Cima d’Asta (2442 m.) e il Pasetto (2592); la catena a SE. più svelta, raggiunge i 2400 m. col Col della Croce, i cui contrafforti sono la Tolva (2344 m.) e la C. Orena (2251 m.).
A SE. del nodo di Cima d’Asta e a questo congiunto mediante il P. del Brocon (1614 m.) si protende la catena dell’Agaro Coppolo (ricca di interessanti caverne fra le quali la più importante è quella di S. Donà) solo in parte spettante al Trentino colle cime Agaro (2068 m.) Coppolo (2061 m.) e Picosta (1428 m.).
A SW. dell’Agaro-Coppolo si trova la catena di Cima Laste, che costituisce il fianco sinistro della strada della Valsugana da Ospedaletto a Grigno. La cima omonima, che lo domina, è alta 1679 m.
Nella parte orientale dell’intero plesso di Cima d’Asta, tra il Cismone e il Vanoi, si insinua la giogaia d’Arzon colle cime d’Arzon (2438 m.) colla C. di Vaisorda (2289 m.) e collo Scanajol (2464 m.).
A NW. di questo, una lunga cresta — detta di cima Cece — di porfido quarzifero si protende fino al Rio Travignolo e all’Avisio. Ad esso sovrastano il Colbricon (2804 m.), la cima di Vaibona (2574 m.), la C. di Cece (2755 m.), il Coltorondo (2531 m.), la Fossernica (2114 m.) e il Caoriol (2495 m.) La sforzella di Sadole (2066 m.) riannoda questa giogaia alla catena porfirica del Lagorai, mentre essa è alla sua volta unita verso mezzogiorno col gruppetto centrale di C. d’Asta dal Passo di Cinque Croci (2023 m.).
Sull’asse di questa catena, che va in direzione da NE. a SW., sono allineate alcune vette importanti: la C. di Cupola (2578 m.), la C. Lagorai (2617 m.), la Cima delle Buse d’oro (2551 m.), la C. dello Stellone (2598 m.), la C. Montalon (2578 m.), la Vaipiana (2364 m.) e, a occidente di queste, la C. Cermis (2230 m.) e la C. Inferno (2346 m.). II passo di Cadin (1954 m.) rannoda la catena del Lagorai a quelle dello Scalet e del Sassorotto-Fravort, che si potrebbero considerare come un’unica giogaia in direzione da N.a S., all’occidente della Cima d’Asta.
Le cime più elevate dello Scalet sono lo Scalet o Cima delle Tre Croci (2491 m.) e la Pala delle Buse (2410 m.). La catena del Sassorotto-Fravort, posta a mezzogiorno dello Scalet, ha linee più dolci, pendìi coperti di prati e di boschi cedui, sopra i quali si elevano la C. Scalette (2199 m.), la C. di Sette Selle (2896 m.), il Sassorotto (2387 m.): il Laiton (2380 m.)f il Fravort (2231 m.) e la Panarotta (1999 m.). A S. di questa vi è il M. Vetriolo, celebre per le sue acque arsenicali, che scaturiscono dalle grotte del Vetriolo e dell’Ocra. e a SW. la Canzana, località montuosa, che per tanto tempo e ingiustamente si volle identificare colla Chiarentana di Dante (Inf. XV, 9).39
Gli altri quattro piccoli gruppi, di cui ci resta a parlare, sono tutti disposti, assieme allo Scalet, fra la Fersina e l’Avisio. Di essi il più importante è il Doss di Segonzano, che raggiunge la modesta altezza di 1592 m. ed è noto perchè in esso si trovano le piramidi di Segonzano dette anche I Omeni. Sono una selva di colonne di terra, che portano in cima a guisa di spocchia mi sasso, offrendo uno spettacolo strano, specialmente alla sera, quando i raggi del sole fanno spiccare il colore della fanghiglia giallastra, che copre la sommità delle colonne e danno l’idea di giganti col berretto giallo.- "L&- sstìs principale di queste piramidi si trova in tre grandi vallee con inclinazione quasi inaccessibile; le guglie e i pinnacoli hanno un allineamento dall’alto al basso e sono talvolta uniti per mezzo di una cresta sottile. I massi, che sovrastano alle colonne, superano talvolta il metro cubo di volume; l’altezza delle piramidi varia da 10 a 40 m. La loro costituzione è di un conglomerato terroso contenente massi di varia grandezza.
Secondo il Ratzel «le pietre che servono da tetto formavano in origine una sola lastra e la materia sottoposta, per la sua forte coesione, si tagliò in ripide pareti e l’acqua, sempre scendendo, continuò a scavare fino alla base del piano, in modo che questi canali si facevano sempre più profondi, mentre l’incipiente colonna si trovava difesa al di sopra da una pietra o da un cuscino di zolle. Questa specie di pettine andò poi segandosi un po’ alla volta in altrettante colonne separate e indipendenti l’una dall’altra»40. Anche nel Tirolo si trovano simili colonne di terra, però inferiori per numero ed altezza41 A SW. del Doss di Segonzano si estendono i gruppi del M. Serra (colla cima Cerramonte 1517 m.) e di Costalta colla cima omonima (1957 m.). Le loro pendici formano la valle, che rinserra i laghi delle Piazze e della Seraia.
Finalmente l’ultimo gruppo detto di M. Calisio sorge sulla sinistra dell’Adige a greco di Trento. Sul suo declivio orientale si trovavano le miniere fiorenti specialmente sotto il principe vescovo Federico Yanga (1207-1218), le cui gallerie si vedono in parte ancor oggi. Anticamente era chiamato Argentario e forse diede origine al motto di Trento: Montes argentum mihi dant nomenque Tridentum.
Tra le valli più importanti del gruppo di Cima d’Asta sono la Val di Cembra, povera di strade e la Val di Fienime, che lo divide dal gruppo successivo delle Alpi di Avisio; questa costituita dalla parte media, quella dall’inferiore del fiume Avisio; la Valle di Fiemme è ricchissima di minerali e giustamente fu detta dal Schaubach il tempio della mineralogia.
Al plesso di C. d’Asta appartiene anche la valle superiore della Fersina, una valle aspra e selvaggia, detta V. dei Mocheni, abitata nel fianco sinistro da una popolazione di origine tedesca, dovuta probabilmente ad immigrazione di minatori. Un’altra valle, che segna il confine del gruppo, è la Valsugana (corso superiore della Brenta), che nei secoli scorsi offriva la più diretta comunicazione fra la Germania e l’Adriatico. Essa è ora percorsa da una ferrovia di recente costruzione, che non si spinge però più in là del confine politico col Regno d'Italia a Tezze. Ora è celebre per le acque minerali di Vetriolo (1432 m.), Levico (507 m.), Roncegno (505 m.) e Sella (870 m.). Soggiorni alpini di secondaria importanza si hanno anche nella valle di Pinè, presso il lago della Seraia.
Valli secondarie della Valsugana sono quelle di Canal S. Bove e di Primiero. Laterale è la valle di Tesino, per la quale scorre il violento torrente Grigno, È caratteristico in questa valle l’abbigliamento delle donne, che ricorda i costumi dei secoli passati42.
Sotto l’aspetto geologico, nel plesso di C. d’Asta si possono distinguere chiaramente 3 zone. La centrale è formata dalla eruzione granitica di cima d’Asta, che s: apri la strada fra gli schisti cristallini, da cui rimane ancor circondata al piede. L’occidentale è formata invece dal porfido quarzifero, che raggiunge una considerevole altezza nella catena del Lagorai ed è separato dagli schisti cristallini da una zona di verrucano. Nel sottogruppo del Calisio al porfido segue la formazione triasica. Il monte Calisio stesso è formato da dolomia principale, alla quale segue sul piccolo altopiano di Cognola il lias, il calcare giurese, la scaglia e I’eocene.
Nella parte orientale fra Strigno, Pieve Tesino, Canal S. Bovo, Mezzano e Fonzaso predominano le rocce sedimentarie.
Agli schisti micacei si sovrappone direttamente il calcare Dachstein, eccetto che presso Strigno, ove troviamo una breve striscia di verrucano arenaria e calcare a Bellerophon. Seguono regolarmente i calcari grigio liasico, giurese, e chiude la serie il biancone, che è qui sviluppatissimo e sormontato da lunghi lembi di scaglia e di calcare nummolitico. Il terreno morenico copre una grande estensione sulla spianata di Pieve Tesino.
L’orometria del plesso — che studiata nelle sue linee generali non ha molto valore, trattandosi di un plesso composto di molti gruppetti con differenti caratteristiche -— ci rivela come fra i 1500-2000 m. si trovi quasi il 30 % dell’ area totale.
Il perimetro del gruppo è di 180 Km.; la superficie di 1357,14 Kmq.; il volume di 1922.239 Kmc., la media altezza di m. 1431.
Ecco ora i soliti dati orometrici.
Al N. del gruppo di Cima d’Asta si estende il gruppo delle Alpi d’Avisio43 racchiuse a N. dall’Eisack, dallo sbocco dell’Adige fino all’Eggenthalerbach e dal "Welschnofenbach (Rio di Nuova Taliana); a NE., dal lago di Carezze, dal passo (1750 m.) e dal rivo di Costa Lunga; a E., SE. e S. dall’Avisio fino alla confluenza coll’Adige; a W. dall’Adige fino all’Eisack. Questo plesso è formato da una serie d’aggruppamenti, che vanno maggiormente stendendosi ed elevandosi verso settentrione e greco.
Il meno elevato di questi aggruppamenti è quello racchiuso dal triangolo formato dall’Adige, dalla linea Egna-San Lugano-Molina, che poco si scosta dalla strada postale, e dall’Avisio, noto con la denominazione di Monte Corno. Sono monti in gran parte porfirici dei quali uno solo, Monte Como (1808 m.) supera i 1800 m.
Ad oriente della linea Egna-Molina più vasto ed elevato s’innalza il gruppo della Rocca, limitato dalla linea suddetta ad W., dall’Avisio a S., dal Rio dei Molini (Val Gambis), dalla Sella di Lavazè (180S m.) e dallo Schvarzenbach ad E., dall’Eggenthalerbach a NE., dall’Eisack a N.
Le cime che dominano questo gruppo, che appartiene quasi totalmente al Tirolo, sono il Corno Nero (2440 m.), detto anche Monte Rocca, e il Corno Bianco (2314 m.): di formazione Gruppo del Catinaccio porfirica il primo, calcarea il secondo, essi mostrano uno strano contrasto nella forma, nel colore, nella solidità, e rappresentano nettamente due opposte età geologiche, la plutonica e la sedimentaria. Dalla Rocca si gode un panorama splendido. Ai piedi del monte si estende la vasta prateria degli Occlini 44, col cui fieno aromatico si fanno dei bagni. A NW. del Corno Bianco si eleva il Schönrast (1792 m.).
Quasi come anello di congiuntura tra questo grappo e il Latemar si stende il gruppo della Pala di Santa, la cui vetta più alta (2493 m.) è una grande piramide coperta di boschi e di prati. Confina a S. coll’Avisio da Cavalese a Predazzo, a W. col Rio dei Molini, a N. col P. di Lavazzè, a E. col Rio Gardeno.
Il gruppo del Latemar è limitato a N. dal Welschnofenbach, dal passo e Eio di Costalunga, a SE. dall’Avisio, a SW. dallo Schwarzenbach e dal Rio di Gardeno. E una grande cresta dolomitica, che. girando a ferro di cavallo, forma il bacino del torrente Valsorda, il quale evidentemente separa il gruppo in due sezioni, quella del Latemar propriamente detta colla cima omonima (2846 m.), e quella di Valsorda.
Le Alpi d’Avisio devono per la massima parte la loro origine all’eruzione porfirica di Bolzano. In alcuni tratti più 0 meno estesi, che si possono considerare come resti di eruzione o denudazione, sopra il porfido quarzifero si trovano le arenarie variegate del gruppo di Gardena, alle quali si sovrappongono di regola gli strati calcarei a Bellerophon, di Werfen e conchiglifero. Nell’angolo SE. del gruppo, però, la situazione geologica si fa più complicata; siamo vicini a Predazzo, il centro dell’eruzione granitica. Nei monti compresi presso a poco tra la Val Stura, l’Ober-Eggenthal ed il rivo di Costalunga, si susseguono regolarmente l’arenaria, il calcare a Bellerophon, gli strati di Werfen col calcare conchiglifero; segue la dolomia di Wenghen con filoni di melafiro e porfido augitico e lave dello stesso. Al versante NE. del Dosso Capello s’appoggiano le rocce eruttive, sienite, diorite, melafiro e porfido augitico, il quale s’estende fin quasi al rivo di Costalunga.
Fra Predazzo e Forno l’eruzione di granito roseo di tonalina (sienite e dorite) e di porfido augitico e melafiro coprì in parte la dolomite metamorfosandola in più luoghi (zona di contatto ai Canzòcoli).
La superficie occupata da questo gruppo è di Kmq. 621.69, alla quale corrisponde un perimetro di Km. 132, un volume di 609.116 Kmc., e una media altezza di 979 m.
Un quinto circa dell’intera superficie si trova fra i 1500 e 1 2000 m. Come al solito ai pendii ripidi, che si hanno fino ai 1000 m., succedono dei ripiani estesi sui quali si elevano le più alte vette. Ecco ora la tabella dei dati orometrici:
20. Col nome di Alpi Fassane chiamiamo quel gruppo, che è limitato a SW. dal Rio di Costalunga e dal passo omonimo; (1758 m.) ad W. dal Welschnofenbach, dall’Eggenthalerbach, dall’Eisack fino a Waidbruck; a N. dalla V. di Gardena fino al Passo della Ferrara (2137 m.), dal Rio Pisciadù, dal R. Rutora, dal Passo di Campolongo (1879 m.), dalla valle superiore del Corvevole da Arabba fino allo sbocco in essa del Rio Davedina; a SE. della Valle del Davedina, dal Passo della Fedaia (2046 m.) dall’Avisio e quindi ad E. dall’Avisio fino a Moena.
Sulle singole catene che costituiscono questo gruppo, importante meta desiderata non solo dagli alpinisti, ma dai geologi e dai mineralogisti esiste una copiosa letteratura45
Tra esse eccelle per la posizione, per l’imponenza, per l’elevatezza, per la celebrità, e per la poesia gentile del nome il nucleo del Rosengarten, una selva immensa di rocce, frastagliate, spaccate, intorno a cui la fantasia di due popoli ha creato le più graziose leggende. Esso è racchiuso al S. dal Rio e dal Passo di Costalunga; a W. dal P. delle Coronelle (1847 m.) e dal torrente Brei fino a S. Cipriano (1085 m.); a N". dalla valle del Ciamin, da S. Cipriano fino all’Alpe di Tiers (2440 m.) e dalla Valle del Duron fino a Campitello; ad E. dall’Avisio fino a Moena. Il punto culminante del gruppo è il Torrione del Kesselkogel (3002 m.) dal quale si diramano tre catene: a mezzogiorno, il Catinaccio (2917 m.), a levante il largo bastione, sul quale si eleva la Cima del Molignon (2720 m.) e in mezzo ad essi a, scirocco i dirupi di Larsec colla Cima di Larsec (2884 m.). Attorno al Catinaccio, che forma un gruppettino a sè, si elevano il Croz di S. Giuliana (2693 m.), la C. della Sforcella (2796 m.), la C. delle Coronelle (2797 m.), le Torri del Vaiolet (2805 m.) e la Croda del Ciamin (2689 m.).
Giustamente fu notata dai geologi l’analogia di questo gruppo coir quello di Brenta per l’identica direzione da K. a S., per l’eguaglianza dei massimi punti d’elevazione, per i passi profondamente incisi, per le diramazioni costali, per le valli parallele alla catena principale, per l’erosione delle creste, dei campanili, dei denti delle rupi fantasticamente slanciate, per la dolomia che bizzarramente s’eleva sulle due sponde dell’Adige; ne differiscono solo per estensione. A settentrione del Eosengarten una grande dentiera allineata forma il gruppetto dei Rosszahne (denti di cavallo) e della Pallaccia (2341 m.). Ad W. esso è separato da una piccola valletta dallo Schlern, a S. e SE. confina con PAlpi di Tiers, a N. con l’Alpe di Seiser. Le torri di questo gruppo differiscono dalle lucenti dolomiti per un colore più oscuro, indizio evidente della vicinanza di neri porfidi che, disgregati per l’erosione dell’acque, diedero origine ad una numerosa serie di vallette.
A greco del Rosengarten si sferra un’enorme rupe tagliata a precipizio; è il Sasso Lungo (Langkofel), una catena nettamente divisa dalle circostanti da depressioni marcate, dal durone a S., dal Rio di Pozzales, dal Passo di Sella e dalla valle affluente nella V. Gardena a E., dalla V. di Gardena fino a Santa Cristina a N., dal Rio di Tervella e dal Passo di Fassa ad W. Esso può dirsi una scogliera corallina circondata alla base da porfidi augitici e da arenaria: conta fra le cime importanti il Sasso Lungo (3178 m.), la Punta delle cinque dita; che ha la forma di un’immensa mano con 1© dita aperte, la Punta di Grohmann (3111 m.), la Punta del Pian de Sass (3070 m.), il Sasso Piatto (2960 m.).
Non meno grandioso è il bastione dolomitico di Sella, che si spinge a levante del precedente, limitato al S. dal Passo di Pordoi, ad E. da giogo di Campolongo, a N. dal P. della Ferrara, ad W. dal Passo di Sella. Ha varie cime di prim’oriline (Pordoi 295 L m.) Sas des Pisciadù (2983 m.), Boe (3152 m.) e ad esso appartengono i prati di Stuores, dove s’accumulano in numero sterminato i fossili della celebre fauna di S. Cassiano, di cui sono ripieni i musei d’Europa.
A. mezzogiorno del Pordoi, limitato a S. dall’Avisio da Canezei fino al P. della Fedaia (2046 ni.), a SE. dal Rio Bavedina, a NE. dal Cordevole, ad W. dal P. di Pordoi e dalla Valle di Sella, si trova la catena del Sasso di Capei con la vetta omonima (2559 m.).
Ci resta ad accennare finalmente alla catena dello Schlern, che si stende a maestro del Rosengarten ed è quasi totalmente fuori del territorio trentino e si spinge a N. fino alla Valle Gardena e ad W. fino all’Eisack. Ad essa sovrastano lo -, Schlern (2565 m.) e il Puffatsch (2176 m.). È di un interesse ( speciale pei geologi, perchè in essa si trovano disposte con ordine mirabile formazioni e strati diversi, ognuno coi suoi fossili caratteristici. La catena del Sasso è nota invece per i suoi tufi porfirici adagiati sulla dolomite che le danno l’apparenza di mura crivellate da palle; il punto culminante, il Sasso di Capèl, è così denominato per la sua tipica forma.
Notevoli nelle Alpi di Fassa in generale le valli, che percorrono il territorio ladino: quella di Fassa (corso superiore dell'Avisio), quella di Livinallongo (Cordevole), quella di Badia (Gader), e quella di Gardena, interessantissima per la sua lingua e per l’industria casalinga delle statue di legno e dei giocattoli.
La parte occidentale delle Alpi Fassane, lungo l’Eisack fino a Kastelruth, S. Vigilio e Tiers, è formata dal porfido quarzifero. Seguono le arenarie rosse e variegate, che contornano con larga fascia l’Alpe di Seiser, le basi dello Schlern e i monti a NW. di Moena (M. Catinaccio, C. di Lanza e v Molignon nel gruppo del Rosengarten). Alle arenarie si susAseguono gli strati a Bellerophon e in una larga striscia gli strati di Werfen e di calcare conchiglifero, che si spingono fino al Passo della Ferrara a N. ed a Canazei a S. A N. e ad E. dell’Alpe di Seiser la dolomia di Buchenstein è coli erta dalle lave di porfido augitico, mentre la stessa Alpe di Seiser, il M. Schlern, il M. Catinaccio, la Cima diLausa e Molignon, sono formati dai calcari e dalle dolomie di Wengen.
La base del gruppo di Sella è formata dalla dolomia di S. Cassiano, a cui seguono gli strati del calcare Dachstein. Vicino a Campitello e Canazei troviamo alcune eruzioni di porfido augitico e di melafiro, le quali attraversano pure tratto tratto in forma di filoni gli strati di Werfen delle pendici dei monti a NW. di Vigo di Fassa (P. Costalunga, Val Longa, S. Giuliano, V. Vajolet).
Sotto l’aspetto orometrico, questo gruppo, a differenza dell’antecedente, presenta una superficie più ristretta (494,59 Km a.) alla quale corrispondono un volume (739,42 Kmc.) e una media altezza (1454 m.) di molto superiori. Fra i 1500 e i 2000 m. si ha addirittura un terzo dell’intera superfìcie, nè meno considerevole è lo spazio fra i 2000 e 2500 m., equivalente a- un quarto dell’area del gruppo. Il perimetro del gruppo è di Km. 110. La superfìcie dei vari piani fra le isoipse, di 200, 300, ecc. e sopra le stesse è la seguente:
21. Il gruppo del Peitlerkofel, che fa seguito alle Alpi Fassane, è completamente fuori della regione trentina. Esso è racchiuso in un quadrilatero, formato dalla Val di Gardena, dall’Eisack.
dal Rienz e dal Gader. La sua cima più importante è il Sass-Rigais o Geisslerspitze (3027 m.). Intorno a questo gruppo non ci soffermiamo e, terminata così la trattazione delle Alpi trentine orientali, passeremo alle Alpi Bellunesi.
Alla sezione bellunese delle Alpi Veneto-trentine spettano una serie di cime e di catene, che non sembrano aver, tra loro un’unità morfologica e ancor meno un nesso geologico, tanto è il frastagliamento delle vette, delle guglie e dei pinnacoli, e tanto forte il contrasto fra le scogliere di dolomia cristallina, che s’alternano colle tozze masse dei porfidi neri e rossi.
22. La prima e la più modesta di queste catene è costituita dalle Alpi Feltrine, limitate a mezzogiorno dalla Piave, dal fiume Sonna, dal torrente Stizzone, dalla sella d’Arten e dal Cismone; a W. dal Cismone fino al punto dove sbocca in esso il torrente Canali; a maestro dalla Val di Cereda, dal passo di Cereda (1337 m.), dal Rivo e dal Passo di Tiser (994 m.), dalla valle Imperia fino al Cordevole e quindi dal Cordevole.
Brulle e nude queste mura dolomitiche, pel loro rapido penidio, hanno alla base dei terreni fertili e verdeggianti, che si spingono fino alle rocce, boscosi a settentrione, coperti invece di frutteti e di pampini dove li bacia il sole. Fra essi il Pavione è quello che si eleva a maggiore altezza (2336 m.) dalla parte occidentale, mentre ad oriente torreggiano il Piz (2328 m.), il massiccio bastione del Sasso di Mur (2554 m.) il facile monte Vena (2226 m.). Il Passo della Finestra (1778 m.) è il punto di maggior depressione della catena delle vette e serve a mettere in comunicazione le valli di Feltre e di Primiero. Questi monti ebbero un tempo fama per la loro sfiora che fu descritta da celebri botanici.
Alle falde del M. Vedana v’è il laghetto omonimo, circondato da uno squallido e caratteristico campo di rovine elette le rovine di Vedana, probabilmente resti della morena del ghiacciaio del Cordevole.
I confini settentrionali del gruppo toccano, per brevissimo Spazio, la zona degli schisti cristallini, ai quali si sovrappongono da Tonadico a Sagron, analogamente alla costituzione del Gruppo di S. Martino, di cui parleremo in seguito, le formazioni dell’epoca permiana, il calcare conchiglifero, la dolomite di Buchenstein e di Wenghen. Al di là del confine politico, ai micaschisti si sovrappongono direttamente il calcare Dachstein e la dolomia principale, che forma l’ossatura più importante della catena.
Le formazioni più recenti, calcare grigio liasico, calcare giurese e terreni cretacei (biancone e scaglia) s’estendono in due lunghe striscie ai lati del gruppo, parallelamente alla catena principale (a N. lungo il Neva e la Noana, a S. lungo la linea segnata dai paesi Lamen, Lasen, Arson, M. Palma, M. Piz, Sospirolo, Miss S. Michele), e si riuniscono a W. colle formazioni cretacee del gruppo di Cima d’Asta.
Le colline che costeggiano la Piave (Pedevena, Villabruna, Formegan, Paderno, Sospirolo, Belvedere) sono composte dalle formazioni oligoceniche ed eoceniche e dagli strati di Schio, mascherati in più punti dal terreno morenico o glaciale.
A NE. di Feltre troviamo il biancone e la scaglia. La pianura è formata parte dal diluvio postglaciale (Mugnai, Farra; Villa Payera, Nemego; Pormegan, S. Griustina, Mean, Dassan) e parte dalle alluvioni recenti.
Non sono privi di importanza i giacimenti mineraliferi di rame in Vall’Imperina e quelli di cinabro in Vallalta, alla confluenza del Pezzea nel Miss.
Le Vette Feltrine si estendono per un’area di 487.90 Kmq.46 e raggiungono la loro massima estensione fra i 1000 e i 1250 m. Non mancano però di larghi terrazzi alla base, costituiti dalle colline lungo la Piave, terrazzi, che ondeggiano fino all’altezza di 500 m. ed occupano un terzo dell’area totale.
Il volume del gruppo è di Kmc. 368.882; la media altezza di m. 755.
La tabellina seguente racchiude i dati orometrici per la superficie dei piani fra 100-200 m., 200-300 ecc. e sopra 200, 300, 400 m. ecc. 22. Più imponente e grandiosa del plesso delle vette Feltrine, torreggia a greco di esse la enorme bastiglia che forma il gruppo delle Pale di S. Martino. Essa può dirsi un gruppo nel vero senso della parola, gruppo risultante dall’aggregazione di molti monti bizzarri e fantastici, non già disposti a catena ma collocati sopra un grosso piedistallo quadrato. Giace tra la Val di Canali, il Rio e il P. di Cereda e il torrente Miss a S.; la Valle Paganini, il Passo di Tranche (Tiser) alto 992 m. e il Rio Imperina fino alla confluenza col Cordevole a SE.; il Cordevole fino alla confluenza col Biois ad E.; il P. di Valles (2032 m.), il torrente Valles, il Passo di Rolle ed il Cismone ad W.
Nel mezzo del gruppo sta un enorme tavoliere roccioso, che si estende per uno spazio di circa 50 Kmq. ad un’altezza che, oscilla tra i 2500 e i 2800 m., coi lati che strapiombano a picco e con una serie di ondulazioni bizzarre sui fianchi, sugli angoli e nell’interno del corpo, solcato qua e là da canali o frastagliato di buche dove si formano temporanei laghetti.
La cima più alta del gruppo è la dirupata Vezzana (3191 m.) ammantata di ghiacci. La sua forma larga e tozza fa maggiormente spiccare le linee arditissime e svelte dell’acuminato Cimon della Pala (3186 m.), (Vedi Tav. IV) diviso da essa dal Passo di Travignolo. Il Cimon della Pala non occupa il centro del gruppo ma sorge a maestro di esso, leggermente spruzzato sui vari ripiani orizzontali dalle nevi, che si perdono f«ntro le profonde erosioni e crepature. La disposizione delle vette maggiori presenta tre catene allacciate dal vasto tavoliere che occupa la posizione centrale.
Di esse quella ad occidente — da taluni detta Catena del Cimone — si stende in direzione da N. a S. ed è formata dall’allineamento di poderosi colossi: dal M. Palmina (2034 m.), dal Cimon della Stia (2392 m.), dalla C. di Fioccobon (3051 m.), dalla Vezzana (3191 m.), dal Cimon della Pala (3186 m.), dalla Rosetta (2741 m.), dalla fantastica Pala di S. Martino (2996 m.), dalla Cima di Ball (2690 m.), dal Sass Maor (2812 m.), dalla Cima Cimerlo (2135 m.). Un ramo secondario (Punta Mulaz 2906 m.) si sferra dalla Cima di Fioccobon e va a finire a maestro al passo di Valles; e verso greco si prolunga un altro ramo sul quale eccellono i Lastei e il Pian di Campido.
La catena centrale, che forma due propaggini rannodate in direzione perpendicolare, o quasi, al tavoliere, diretta pur essa da NE. a S., ha il suo punto culminante nella Cima Fradusta (2930 m.); a S. di questa punta si drizzano la Cima di Canali (2519 m.) e la C. di Sedole (2066 m.), a N. la C. Gesuirette (nelle carte Coston di Miel, 2626 m.), la C. di Campo Boaro (2227 m.), il Monte Caoz (2289 m.), la C. di Pape (2504 m.) e, più ad oriente, il M. S. Lucano (2410 m.).
La giogaia orientale diretta da SW. a NE. si spinge coi suoi speroni fin nella valle del Cordevole e vanta essa pure cime elevate e interessanti: il M. Agner (2874 m.), la Croela Grande (2839 m.), il Sasso d’Ortiga (2587 m.), la C. d’Oltro (2615 m.) e la Rocchetta (2004 m.).
Molti passi apronsi tra le cime accennate. Oltre alle selle di Canali e di Pradidali, che interrompono la giogaia trasversale, sono notevoli: il Passo delle Comelle (2593 m.), tra la Rosetta e il Cimon della Pala, che unisce la Valle del Cismone con quella del Biois; l’alta forcella eli Travignolo (3000 m.), che unisce la valle di questo nome col Gares; il passo di Valles che mette in comunicazione la Valle del Travignolo con quella del Biois; i passi di Roda (2581 m.), di Ball (2450 m.), d’Oltro ed altri. La sella di Rolle (1984 m.), per cui passa la magnifica strada militare, che va da Predazzo a Primiero, unisce il gruppo colle diramazioni del plesso di Cima ci’ Asta; e il passo di Cereda, che conduce ad Agordo, congiunge con esso il sistema delle Vette Feltrine.
Questo gruppo possiede quattro ghiacciai, tutti però di secondo ordine. Il più grande è quello del Cimone, posto fra il Cimon della Pala e la Vedana, assai ricco di crepacci; quello della Fradusta ha un’estensione di circa 2 Kmq.; ancor più piccoli sono quelli della Pala di S. Martino e del Fioccobon47.
Visto da Paneveggio, da Rolle, da S. Martino di Castrozza, La Marmolata.dalle valli coperte di nere boscaglie, questo gruppo sembra un castello smantellato con le torri, gli spalti, le mura, le barriere, le guglie, quasi in bilico e sempre in balia dei più leggieri movimenti tellurici. Al tramonto, quando il sole dardeggia su quelle creste, la scena si trasfigura rapidamente nelle parvenze più strane, e tutti i colori, tutte le sfumature dell’iride, che fantasia d’artista possa sognare, si succedono con vertiginosa prestezza. Certo quei frati, che nel Medio Evo avean posta la loro dimora dinanzi a questo splendido panorama, non smentivano l’antica fama che i padri della Chiesa ebbero in tutti i secoli di ammiratori devoti della natura. Dove sorgeva il loro monastero, a S. Martino di Castrozza, s’è andato ora formando uno dei più celebri soggiorni alpini d’Europa. Un altro soggiorno — che, almeno per lo splendore della posizione, è rivale a S. Martino — è Paneveggio a m. 1541 nell’alta valle del Travignolo.
Geologicamente il gruppo delle Pale di S. Martino è assai bene distinto dagli altri che lo circondano. Ad E. fra Sagron Tiser ed Agordo compaiono i micaschisti (epoca paleozoica), che continuano in forma di striscia a S. del P. di Cereda e Tonadico fin quasi a S. Martino di Castrozza, per espandersi largamente al di là del Cismone nel gruppo di Cima d’Asta. Il porfido quarzifero ed il verrueano seguono agli schisti formando una breve zona, che va (con un’interruzione vicino a Primiero) da Agordo al P. di Rolle, a occidente del quale si rannodano colla grande massa della catena di Lagorai e colla parte settentrionale del plesso di Cima d’Asta.
Parallelamente a questa striscia di porfido dell’epoca permiana seguono tutt’attorno, esattamente lungo i confini del gruppo, delle zone strettissime di arenaria, poi gli strati di calcare a Bellerophon e di Werfen e il calcare conchiglifero.
Il centro del gruppo è formato dalla dolomite di Wengen e di S. Cassiano che si innalza fino a 3054 m. (Col della Rosetta) e 2996 m. (Pala di S. Martino). A N. di Falcade, lungo la valle di S. Pellegrino, troviamo di nuovo il porfido; gli strati di Werfen hanno maggior estensione ed al calcare conchiglifero seguono gli strati di Buchenstein e le lave di porfido augitico.
Orometricamente parlando il gruppo delle Pale di S. Martino ci presenta un tipo schiettamente alpino d’alta montagna. Ha la base a 650 m. circa sul livello del mare e nello spazio, che corre da quest’isoipsa fino ai 1000 m., non si ha neppure la cinquantesima parte dell’area del gruppo. Le pareti sono quindi addirittura a piombo. Dopo i 1000 m. la superficie dei vari piani va leggermente allargandosi e, fra i 1500 e i 2000, una larga zona occupa più di un terzo dell’area totale, mentre di poco inferiore è anche la zona seguente fra i 2000 e i 2500 m.
Complessivamente si ha il 70 per cento sopra i 2500 m. Il gruppo si eleva fino oltre i 3000 m. con una superficie, però, che, data la forma dei pinnacoli e delle guglie, che ne costituiscono la sommità, va rapidamente restringendosi.
Questo gruppo occupa un’area di 348.26 Kmq. alla quale corrisponde un volume di 281,046 Kmc. ed una inedia altezza di m. 1864. Il perimetro del gruppo è di 62 m.
Racchiudo in una tabellina gli altri dati orometrici.
24. Ultimo tra i gruppi del territorio trentino che appartengono alle Alpi Bellunesi è il gruppo della Marmolata la quale fu ingiustamente detta regina delle Dolomiti, come ingiustamente fu detto re delle Dolomiti, l’Antelao, il grande ciclope che le sorge dirimpetto, poiché quest’ultimo consta in gran parte di calcare del Dachstein e la prima è poverissima di magnesia. Ma il nome di Alpi dolomitiche, mentre s’è negato a montagne costituite di dolomia caratteristica, quali per esempio lo Schlern e il Rosengarten, s’è attribuito spesso ad altre, che non hanno neppur l’aspetto esteriore delle Dolomiti.
Il gruppo della Marmolata è limitato ad W. dall’Avisio, a S. dal Rio Travignolo, a SE. dal Rio Valles, dal P. di Valles (2032 m.) e dal Biois fino al Cordevole. ad E. dal Cordevole, al N. dal R. Davedina, dal P. della Fedaia (2046 m.) e dall’Avisio.
Attorno alla punta culminante (3360 m.), (V. illustr. a pag. 87) che dà il nome a tutto il gruppo, si elevano a oriente la punta di Serrauta (2963 m.) nel territorio veneto, a occidente il roccioso bastione del Vernel (3092 m.), separato dalla cima prin cipale da una valle stretta e piena di ghiaccio, ad ostro la cima Vernale (3154 m.) e il Sasso di Valfredda (3040 m.).
Un ghiacciaio, che scende in tre rami verso tramontana fin sopra al Passo della Fedaia48, fa apparire agli abitanti della valle del Cordevole, tutta la parte settentrionale della Marmolata. quasi coperta da un marmo bianco e lucente e da questa particolarità le venne il nome di Marmolata o Marmolada, che non è se non la forma dialettale di marmorizzata.
Dal massiccio della Marmolata si staccano verso ponente e libeccio delle catene secondarie di dimensioni assai modeste.; a ponente vi è il gruppo del Colaz, le cui cime, il Buffaure (2401 m.), il Sasso di Rocca (2618 m.) e il Colbel (2437 m.), si elevano su di un altopiano composto in gran parte di lave di porfido augitico, sotto le quali sta forse sepolta la bocca di eruzione del vulcano di Fassa. A S. di questo, il dosso Allochet congiunge il gruppo della Marmolata col nucleo eruttivo dei Monzoni, le cui vette più alte sono il Cimai dell’Inferno (2632 m.) e la Punta Vallaccia (2641 m.). I Monzoni offrono un interesse speciale al geologo ed al mineralogista, per la ricchezza e per la varietà dei minerali, specialmente dei cristalli formatisi al punto di contatto del calcare colla massa eruttiva; l’Humboldt chiamò questo gruppo il teatro delle più grandi rivoluzioni geologiche del globo. A oriente una giogaia si spinge fino sopra al L. d’Alleghe (966 m.) col M. Pezza (2410 m.) e col Sasso Bianco (2409 m.).
A libeccio il minuscolo gruppo di Cima di Bocche offre dalla sua cima (Cima di Bocche 2748 m.) un panorama splendido su uno dei più vasti ed attraenti anfiteatri, dalla Marmolata al Cimon della Pala, dal Rosengarten alla Civetta. Gli estremi contrafforti di questo gruppettino, che si estende fra il Rio di S. Pellegrino e il Rio Travignolo, sono la Cima di Laste (2370 m.) e la C. Viezzena (2492 m.). Della Val d'Avisio, che costeggia il gruppo a occidente — e che nella parte superiore forma la valle ladina di Fassa — abbiamo parlato più volte. A oriente corre il Cordevole, che ristagna nel la ghetto di Alleghe, formato da uno sbarramento, «steso per circa mezzo Kmq. e profondo 21 m.
La valle bagnata dal Cordevole è una delle più belle per l’imponenza dei massicci alpini, che s’elevano a destra e a sinistra. Non vogliamo tralasciare in fine di ricordare una canzoncina in dialetto ladino, che la Marmolata nella sua nivea bellezza, ispirò agli alpigiani che abitano le valli, sottostanti.
0 Marmoleda (Marmolata) che can che soregie (che quando risplende il sole)
corona del so rai,
ti es regina
e onor te cogn (deve) der ogni mont.
Tu ti es bella, tu ti es grana,
fina in pes (pace) et forta in verra
te grigna (ride) ciel e terra
e del Trentin ti es el prum (primo) onor.
Can che net (notte) regna nel ciel
e sun te la luna dès (dà, splende)
vergines per (paiono) la faisses neigres
sulla neif de tia vedrettes (ghiacciai).
I monti compresi fra la V. di S. Pellegrino e il torrente Travignolo sono formati dal porfido quarzifero al quale seguono ad W. sulle pendici della Viezzena, Soreg, Bellamonte e Madonna di neve, l’arenaria di Gardena, gli strati a Bellerophon, di Werfen e conchigliferi sopra i quali si estendono a NE. la dolomia e a SW. le roccie eruttive (sienite, diorite, granito roseo di tormalina, melafiro e porfido augitico).
Altre eruzioni delle medesime roccie ebbero luogo allo sbocco della V. di S. Pellegrino e nella V. dei Monzoni. Potenti colate di lava di porfido augitico copersero il calcare conchiglifero della massa montuosa del Baufiare, circondate a N. ed a E. dalla dolomia di Wengen che forma la massa centrale della Marmolata e nella quale affiorano numerosi i filoni di melafiro e porfido augitico.
La superficie del gruppo della Marmolata è di Kmq. 401,35 e ad essa corrisponde una massa di volume di 534,720 Kmc. con una media altezza di 1332 m. Il perimetro è di circa 85 Km.
II massiccio centrale del plesso, che s’eleva con ripide pareti, a cui sovrasta una spianata di brulle rocce e di ghiaccio, caratterizza l’orometria generale del gruppo, nella quale più di metà dell’area figura fra i 2000 e i 2500 m. Come per le Pale di S. Martino anche per la Marmolata, se si dovesse rappresentarli con una curva ipsometrica, si avrebbero dei tratti semplicissimi: una linea quasi retta e perpendicolare fino ai 2000 m., un’altra linea che con questa si unisce ad angolo retto fino ai 2500 m. ed infine un lato molto inclinato di piramide che si spinge oltre i 3000 m.
Ecco pertanto i dati ottenuti misurando la superficie dei vari piani altimetrici della Marmolata:
25. A oriente della linea tracciata dal Cordevole, dal Passo di Campolungo e dalla Val di Badia nel territorio veneto fino alla linea che corre dal Passo di M. Croce, lungo il Rio Padola, la Piave, il lago di S. Croce, il Passo di Fadalto e il Meschio — estremo limite orientale delle Alpi veneto-trentine — si protende una serie di catene e di gruppi di non minor importanza per lo scienziato che per l’artista e per l’alpinista. Di essi non possiamo occuparci distesamente: solo accenneremo ai nomi dei singoli plessi e delle vette più importanti.
A levante della. Marmolata l’imponente massa della Civetta (3218 m.) sovrasta al gruppo delle Alpi Agordine, separate per mezzo delle vette modeste del M. Crot (2159 m.), dalle Alpi Zoldane. La punta culminante di queste è il M. Pelmo, un bastione dolomitico che si eleva a 3169 m. Più ricco di piccoli gruppi che vanno succedendosi l’un all’altro è il vasto plesso delle Alpi Ampezzane, racchiuse tra il Cordevole, la Val Fiorentina, il Boite, la V. di Badia, il Rienz; le cime in esso notevoli sono: il Tofana (3241 m.), la. Croda di Lago (2674 m.), il Becco di Mezzodì (2570 m.), il Fanis (2988 m.), la Croda Rossa 3133 m.) e il Dürrenstein (2836 m.).
E finalmente oltre il Boite si stendono le Alpi Cadorine, e le Alpi di Sesto. Nel primo di questi gruppi torreggiano una serie di imponenti vette calcaree dolomitiche: il M. Cristallo (3199 m.), il Sorapis (3205 m.), la Croda Marcora (3155 m.), l’Antelao (3263 m.), la Froppa (2933 m.); nel secondo si elevano ad altezze ben poco inferiori, le tre cime di Lavaredo, la Cima Dodici (3095 m.), la Cima Undici (3015 m.), e la Topera (3093 m.). Nelle Alpi Cadorine vi sono anche parecchie vedrette.
Note
- ↑ Questi dati — e nell’intero lavoro tutti quelli di cui non cito la fonte — sono frutto di mie misurazioni dirette su carte austriache o italiane alla scala 1:75.000.
- ↑ Oltre alle opere particolari citate nelle descrizioni dei singoli gruppi, ricordo tra le opere generali sulle Alpi e sul Trentino quelle che per questo capitolo ho maggiormente consultato:
De Saussure, Voyages dans les Alpes. Neuchatel, 1779-96. — Schaubach Ad. Das sudöstliche Tirol. ecc. Iena, 1867. — Ball., Alpine guides. London, 1868. — Stoppani A., Il bel paese. Milano, 1876. — Moysisovics E., Die Dolomitriffe von Süd-Tirol u. Venetien. Wien, 1876. — Freshfield W. Douglas, Italian Alps, London, 1877. — Lepsius R., Das westliche Süd-Tirol. Berlin, 1878. — Omboni, Le nostre Alpi e la Valle del Po. Milano, 1879. — De Bartolomeis, Oro-idrografia dell’Italia. Milano (senza data). — Gambillo, Il Trentino. Appunti. Firenze, 1880. — Leclercq Jules, Le Tyrol et les Pays des dolomites. Paris, 1880. — Stoppani, L’era neozoica. Milano, 1882. — Umlauft F., Die Alpen. Handbuch der gesammten Alpen Kunde. Leipzig, 1887. — Böhm, Die Eintheilung der Ostalpen. Wien, 1887. — Amthor Führer durch Tirol etc., VII. Auflage. Innsbruck, 1887. — Levasseur, Les Alpes, Paris, 1888. — Kurowski, Die Verlheilung der Vergletscherung in den Ostalpen. Wien, 1889. — Marinelli, La Terra. Vol. IV, pag. 66 e seg., Vol. II, pag. 428 e segg. Milano, 1894. — Brentari Ottone, Guida del Trentino. Vol. I e II. Bassano, 1893-95. - ↑ Intorno al gruppo dell’Ortler cfr. specialmente i seguenti lavori: I. Payer Die Ortler Alpen. Sulden Gebiet u. M. Cevedale. Gotha 1867. In «Petermann’s Mitth» — Id. Die xvestlichen Ortler Alpen. Ivi 1868. — Id. Die südlicken Ortler Alpen. Ivi 1869. — Id. Die Centralen Ortler Alpen. Ivi 1872. — Moysisovich. Aus den Ortler Alpen. Wien 1865. In «Iahrb. d. Osterr. Alp. Ver.» pag. 88. — Id. Ueber den Ortler. Ivi 1866. — Senn W. Der Ortler. «Neue Alpenpost.» II. B. 1875. — Dechy Aus den Ortler. Alpen. «Zeitschr. d. D. u. Oe. V.» VI, 1875. — Pfaff H. Die Königspitze in den Ortler-Alpen «Zeitschr. d. D. u. Oest. A. V.» VIII. 1877. — Wagner B. Der Piz Tresero. «Zeitschr. d. D. u. Oe. A. V.» VIII. 1877. — Minnigerade B. Monte Zebrù, «Iahrb. d. Schw. A. C.» VI 1880-81. — Suchanech E. Bilder aus der Ortler Gruppe. «Oesterr Alpen. Zeit.» 1882 N. 79. — Meurer I. Illustrirter specialführer durch die Ortler Alpen. Wien 1884. - Id. Die Stilfseryachstrrasse. « Deutsche Rundschau fur Geogr. u. Stat. » VI pag. 554 e seg. — Finster Walder. Das Wachsen der Gletscter in dem Ortlergruppe. « Mitth d. D. u. Oe. A. V. ». — Stoppani. La valle di Rabbi. Trento, 1890. - Fritzsch Magnus. Ueber Höhengrenzen in Ortler Alpen. Inaugural dissertation. Leipzig, 1884. Vedi inoltre i numerosi scritti negli «Annuari degli Alpinisti Tridentini dovuti ai signori Dorigoni, Salvatori, Gambillo, e Cesarini Sforza. Due buone carte di questo gruppo sono quella del Pogliaghi. Carta topografica del gruppo Ortler Cevedale Scala 1:45,000. Milano 1883 e quella edita per cura della Z. d. D. u. Oe. Alp. Ver. nel 1891: Special-Karte der Ortler-gruppe. Scala 1:50,000.
- ↑ Il Marinelli (seguendo il Leipoldt) assegna a questo gruppo una superficie di 2021 Kmq.
- ↑ Calcolai il volume con la nota formula di Simpson V=h/2(g+4g1+g2)in cui V. è il volume cercato, h la differenza di livello fra due successivi piani, g, g1, g2 l’area dei singoli piani. Per avere un risultato esatto interpolai nelle serie delle superfici dei piani ottenute colla misurazione diretta, alcune altre ottenute col sistema della curva ipsografica e precisamente per il gruppo dell’Ortler la superficie racchiusa dall’isoipsa di 600 m. equivalente a 1754 Kmq. e quella racchiusa dall’isoipsa di 800 di 1700 Kmq.
- ↑ Cfr. Loss G. La Val di Sole. Trento, 1864. — Id. La valle di Non. Trento, 1873. — Marfotto Norberto. A Malè ed alla Mendola. In «Boll. Sez. Vicent. d. C. A. I.» 1879-80. — Amonn Ph. Die Mendelstrasse in Südtirol. «Deutsche Rundschau für Geographie u. Statistik», VII. p. 447 e seg. — Taramelli F. Osservazioni geologiche nei dintorni di Rabbi nel Trentino, «Rend. Ist. Lomb.» 1891. Vedi inoltre negli «Annuari della Soc. Alp. Trid.» numerosi articoli del dott. Riccabona, del Bolognini, del dott. Silvestri, del Martini, del dott. Boni e del dott. Probizer.
- ↑ Dott. Riccabona, Valle di Non e di Sole (XIV Convegno estivo in Balbi) «Ann. Alp. Trid.» 1886-87.
- ↑ Questi e gli altri cenni geologici che dò per ciascun gruppo furono desunti coll’aiuto del mio amico G. B. Trener — al quale mi piace rendere pubblicamente vivissime grazie — dalla carta geologica austriaca alla scala 1:75000.
- ↑ Secondo il Marinelli di 931 Kmq., secondo l’Umlauft di 654. Kmq.
- ↑ Usando qui, come sempre, la solita formula interpolai i dati del l’area sopra 600 m. (722.284 Kmq.) e sopra 800 m. (660.26 Kmq.) dedotti col metodo grafico.
- ↑ Cfr. I. Payer. Die Adamello-Presanella Alpen. «Peterm. Mitth.». Gotha. 1865. — Id. Die Centralen Ortler Alpen nebst einem Anhange zu den Adamello-Presanella Alpen. Ivi, 1872. — F. v. Schilcher. Ueber die Presanella und deren Ersteigung. «Zeitsch. d. D. a Oe. Alp. Ver.». VII, 1876. — Piatti. Brevi notizie sull’Adamello. «Boll. Sez. di Brescia del C. A. I.», 1875. — Prudenzini. Il gruppo del Baitone. In «Boll. del C. A. I.», 1891. — Id. Il gruppo dell’Adamello tra la Valcamonica e il Trentino. Ivi, 1894. — Wilhelm Salomon. Nuove escursioni nelle regioni di Cima d’Asta e dell’Adamello. In «Giornale di mineralogia», Pavia, 1892. Questo gruppo ebbe molti illustratori anche fra gli alpinisti trentini. Ricordo i signori Adami, Baratieri, Busin, Dorigoni, Gambillo, Garbari, Mattei, Marchetti, Sardagna e Tambosi che sull’Adamello pubblicarono vari lavori negli «Annuari della Soc. degli Alp. Trid.».
- ↑ Bolognini N.. La leggenda di Carlo Magno. «Ann. Alp. Triti.» 1875. — Id. Ancora del passaggio dì C. M. Ivi 1876. — Collini. Alcune notizie storiche del santuario ed ospizio di S. M. di Campiglio. Trento, 1888.
- ↑ Sotto il nome di Giudicarie propriamente dette si comprende la valle del Chiese da Ponte Caffaro a Roncone, il passo di Bondo, la Val d’Arno e la valle del Sarca da Tione fino alla piega verso sud (Ponte delle Arche); quest’ultima (la valle del Sarca) costituisce le Giudicarie interiori.
- ↑ Per ottenerlo interpolai la superficie dell’area sopra 875 metri, equivalente a 283.22 Kmq. calcolata ipsograficamente.
- ↑ Pajer I. Die Bocca di Brenta. In «Jahrb. d. Oesterr. Alp. V.». Y. 1869; — Fr. Schilcher. Ueber die Brenta Kette. ecc. In «Zeitschr. d. D. u. Oe. Alp. V.». VI, 1875. — I. Compton. Expedition in the Brenta gruppe. In « Alp. Journal » 1883. — Kuntze u. Pfeffer. Ueber Ma- donna di Campiglio und seine Umgelning. Reichenberg. 1890.:— Fra i molti lavori pubblicati nell’< Ann. degli Alp. Trid.» dai signori Apollonio, Bolognini, Cesarmi, Dorigoni. Garbari, Santoni. Thaler, Tambosi ecc. va sopratutto ricordato quello del Falkner e Apollonio. Relazione sulla nomenclatura del gruppo di Brenta. Anno 1881-82.
- ↑ Per il calcolo del volume fu interpolata la superficie racchiusa dall’isoipsa di 1750 m. (Kmq. 196.02) calcolata col metodo ipsografico.
- ↑ Giacomelli Pietro. La valle di Ledro. Rovereto, 1883. — Frischauf. Monte castello um Garda See. lu «Zeitschr. d. D. u, Oe. Alp. V.» XV, 1884, pag. 838 e seg. — Caccianiga Antonio. I bagni di Comano. Treviso, 1889.
- ↑ Gelmi E. Il monte Bondone di Trento, con ispecial riguardo alla sua flora «Ivi Bollet. d. Soc. Ven. Trent. di Sc. natur.» V. I. N. 2. Padova, 1880.
- ↑ Stoppani A. L’era neozoica. Milano, pag. 93 e seg. — Id. Le marmitte dei giganti «Ann. Soc. Alp. Trid.», 1877. — D. E. G. I pozzi glaciali di Vezzano. Ivi, 1878-79. — A. Apollonio. I pozzi glaciali di Vezzano. Ivi, 1879-80.
- ↑ Daman I. Bergstürze von S. Anna u. Castellar in Südtirol. « Zeitisch. f. wissenschaftl. Geographie ». Bd. VIII. Weimar u. Wien. 1891.
- ↑ Oltre a questi dati fu usato nel calcolo il valore della superficie sopra 450 m. (208.35 Kmq.) e sopra 1750 m. (6.24 Kmq.) calcolate colla curva ipsografica.
- ↑ Hintertuber Rudolf. Eine Excursion auf den Monte Baldo, Iahrb. d. Oester.-Alp. Ver.». Wien, 1870. — Friscauf. Ein Ausflug auf den Monte Baldo. «Zeitschr. D. u. Oe. Alp. Ver.» V. I.— Ottone Brentari. Guida di monte Baldo. Bassano, 1893. — Negli «Annuari degli Alpinisti tridentini» vedi alcuni scritti riguardanti il Baldo del dott. Riccabona, del Giacomelli e del Mattei.
- ↑ Gümbel P. Ueber die Grünerde d. M. Baldo. «Sitzungsberichte d. Königl. bayer. Akad. d. Wissenscchaften. Math-phys. Classe». Bd. 26, Iahrg. 1896.
- ↑ Valore calcolato coll’interpolazione della superficie sopra 450 m. (Kmq. 286.34) e sopra 1750 (Kmq. 19.99) dedotte ipsograficamente.
- ↑ Per quello che concerne l’idrografia vedi il capitolo seguente. Per la morfologia cfr. De Castro. Il Brennero. Note di una gita autunnale nel Trentino e nel Tirolo. Milano, 1869. — G. De Cobelli. Alcune prove del passaggio del ghiacciaio pella Val d’Adige. Rovereto, 1887. — Id. Contribuzione alla storia delle alluvioni del bacino dì Rovereto. Rovereto, 1878. — Id. Le Marmitte dei giganti della Val Lagarina. Rovereto, 1886. — Suess. Das Antliz der Erde. Wien, 1892. — I. Simony. Ueber die Alluvial Gebilde des Etschthales. « Sitzungsber. d. Wiener Akad. d. Wiss. Math-nat. » XXIV. 3 Heft, 1897.
- ↑ Correnti. Op. cit.
- ↑ Cfr. E. Malfatti. Gita sui monti di Podesteria. «Ann. Soc. Alp. Trid.» 1877. — Cainer. Escursione nella Val di Chiampo e sui M. Lessini. Vicenza 1877. — Id. Da Bolza al ponte di Veya. «Bollett. Sez. Vicenza del C. A. I.» 1879-80. — Id. Dal Campetto alla Cima Carega. «Boll. C. A. I.» 1881. — Id. Nei Lessini. «Riv. Mens. C. A. I.» 1886. — Sui Lessini. «Cronaca Alpina, 1879-80 della Sez. di Verona d. C. A. I.»
- ↑ — Brentari e Cainer. Guida storico-alpina di Vicenza, Recoaro, Schio. Vicenza 1887. — Pock . Ein Streifzug durali die Lessinischen Alpen. In «Zeitscli. d. D. u. Oe Alp. Ver.» 1890. Vol. XX.
- ↑ Nell’opera del Damian, Seestudien (Mitth. d. K. K. geogr. Ges. in Wien 1892) vi è una ricca bibliografia del soggetto; p. 486.
- ↑ Per la questione letteraria vi è una bibliografia quasi completa nella memoria di E. Lorenzi, La ruina di qua da Trento. Trento 1896.
- ↑ Cfr. Nicolis E. Idrologia del Veneto occidentale. Parte 1. Circolazione interna delle acque nella sezione montuosa, sedimentale e vulcanica. (Gruppi del Baldo, dei Lessini e della Posta Campobrun). Studio preventivo. In «Atti d. R. Ist. Ven.» 1895-96.
- ↑ Furono adoperati per il calcolo oltre i valori citati, quelli della superficie sopra 450 m. (Kmq. 769.95) e sopra 1750 m. (29.07 Kmq.).
- ↑ Cainer S. Gita Arsiero-Toraro-Folgaria. In «Boll. C. A. 1.» Vicenza, 1878. — Pischl Antonio. Serrada e i suoi monti. In «Ann. Alp. Trid.» 1891-92.
- ↑ Brentari. Guida di Bassano e Sette Comuni. Bassano, 1885. — Frescura Bernardino. L’altopiano dei Sette Comuni vicentini. Firenze, 1894.
- ↑ Fu interpolato nel calcolo il valore della superficie sopra 1750 m. equivalente a 57.51 Kmq.
- ↑ Luigi Makson. Guida di Vittorio e del suo distretto. Treviso, 1889.
- ↑ Marinelli. La Terra. Vol. IV. pag. 130 e seg. Le opere da me maggiormente consultate, riguardanti l’intero plesso delle Alpi Veneto Trentine sono: Gilbert-Curchill-Zwanziger. Die Dolomitberge. Klagenfurt, 1868. — Freshfield W. Douglas. Italian Alps. London, 1877. — Rohrach. Dulomitfahrten. « Der Tourist. 1878. » — Zillichen. Le Alpi Dolomitiche, « Boll. 0. A. I. » 1878. — Fasce G. Gite alpine in Tirolo e nel Cadore. Ivi, 1880. — Cart. Les dolomites. « Echo des Alpes. » 1882. N. 2. — Rahl Joseph. Illustriter Führer durch das Pustertìtal u. die Dolomiten. Wien, 1882. — Diamantidi Demetrio. Escursioni nelle Alpi Do- lomitiche. In «Boll. C. A. I.» Torino, 1883. — Crepin F. A travers le pays des Dolomites. Genf, 1883. — Metrer I. Führer durch die Dolomiten. Wien, 1885. — Ieanne e Imminnk. Ascensioni nelle dolomiti del Trentino e del Tirolo. «Oest. Alp. Zeit.» 1893.
- ↑ Loss II Sassmaor e Cima d’Asta. Trento, 1875. — G. Grammatica, Escursioni nella valle del Fersina. Rovereto, 1886. — Ambrosi F. La Valsugana descritta al viaggiatore. Borgo, 1887. — Euringer G. Die Cima d’Asta. In «Zeitsch. d. D. u. Oe. Alp. Ver.» XX B. 1883.
- ↑ Cfr. L. Ricci. La «Chiarentana» di Dante. In «Tridentum» Anno I, fasc. I e III. Trento, 1898.
- ↑ Ratzel citato dal Brentari. Guida del Trentino. P. II. Bassano, 1895.
- ↑ Cfr. Umlauft. Die Alpen. C. XII, p. 393 e seg.
- ↑ Cfr. De Castro. La V. di Tesino. In « Geogr. p. tutti ». — Ambrosi La Val di Tesino. In « Ann. Soc. Alp. Trid. ». 1877.
- ↑ La bibliografia di questo gruppo è ricchissima, ma perchè non so se si possa fare una sola aggiunta al copioso ed esatto elenco bibliografico del Brentari (Guida del Trentino vol. II, pag. 337) rimando a questo il lettore.
- ↑ Gli Occlini. « Oester. Tour-Zeitung ». 1891.
- ↑ Cfr. l’elenco dato dal Brentari. Guida del Trentino. P. II. pag. 253.
- ↑ Per la misurazione della superficie delle vette Feltrine — mancando le carte austriache e italiane con isoipse alla scala 1:75.000 — ho dovuto far uso di carte di vario genere a varia scala. Per ciò non posso dare questi dati che come approssimativi. Per il calcolo del volume ho interpolato il valore della superficie sopra 450 m. (354.36 Kmq.)
- ↑ Il Kurowski (op. cit.) che assegna a tutto il gruppo delle Pale dì S. Martino una superficie di 220 Kmq., attribuisce all’area ghiacciata Kmq. 2.5, cioè l’1.1% dell’area complessiva.
- ↑ La superficie di questo ghiacciaio unitamente ad alcune altre piccole vedrette dell’intero plesso è di Kmq. 5.20 (Kurowscki, op. cit.).