Prediche volgari/Predica XII

Predica XII

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Predica XI Predica XIII

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XII.

Anco contiene delle parti.1

Suspiciens Jesus in coelum ingemuit, et ait illi: ephphetha: quod est adaperire (Iterum, ubi supra). — 2 Di nuovo risguardò Iesu in cielo e pianse, e disse: — ephphetha: — apre gli occhi e le orecchie. — Aperi os tuum, et ego implebo illud. Tu vedesti in quella parte d’ieri quello animale, il quale si chiamò lo sterminatore, il quale vedesti che ieri ci levò da Campo3, e per misterio dovè essere che non potemmo dire apieno; chè volendo io parlarvi del capitano del Guasto4, non voglio che ogi rimanga per nulla, ch’io no ’l dica. Come si dice, quando la cosa è già cominciata a dire? Dicesi: or dì, riditti.5 Volentieri; che diciamo, mirabiles elationes maris, mirabilis in altis Dominus; testimonia tua credibilia facta sunt nimis. Quanto si [p. 282 modifica] può cognósciare bene in questo mondo, colui che ha la prudenzia, il quale è contra al non cognósciare. Uno forte si cognosce contra le forze del mondo; e uno giusto contra colui che fa la ingiustizia; e colui che è temperato, contra quello che è stemperato e sfrenato. E sapete ch’io vi mostrai, come lo sterminatore uscì a campo quando s’uperse il primo e ’l secondo suggello deiP Apocalisse, dimostrandoti, mirabiles elationes maris: — Quanto so’ maravigliose l’onde del mare! — E vedesti come il mare va, quando in giù, quando in su, quale in qua, quale il là: chi è stato in mare il sa. Simile dico del mare della tempesta di questo mondo. Doh, quante cose ho vedute pure io! Per certo che più tempestose so’ le cose di questo mondo, che non so’ l’onde del mare. Anco vedesti dei giudicî di Dio in parte. Mirabills in aliis Dominus: — Mirabile è il Signore che sta di sopra; — dove ti dissi: Idio rimunerarà ognuno, sicondo l’operazione sua: anco ti dissi: Testimonia tua credibilia facta sunt nimis: — E’ tuoi testimoni so’ molto credibili. —E a chi so’ credibili? A chi ha lume di fede; a chi ha speranza; a chi ha prudenzia; a chi ha carità; a chi ha giustizia; a chi ha fortezza, a chi ha temperanza. Dove vedesti: Cum aperuisset sigiltum secundum, audivi secundum anima! dicens: veni et vide. Et exivit ecquus rufus, et qui sedebat super illum datum est ei, ut sumeret pacem de terra, et ut invicem se interficiant, et datus est ei gladius magnus: — Quando s’aperse il segnacolo sicondo, udii il sicondo animale che disse: viene e vede. E subbito viddi uno cavallo rosso, et a quello che sedeva sopra di lui gli è dato di levare la pace di terra, a ciò che gli uomini s’amazzino insieme; et egli dato in mano la spada, perchè faccino uccisione l’uno contra l’altro. — Ècci chi vedesse mai de’ giudicî di Dio come e’ so’ fatti? Egli c’è pure delle persone [p. 283 modifica] antiche, e uomini e donne, che si debbano ricordare di quello ch’io vi dirò. Vedeste mai delle locuste? Oh, quelli so’ de’ giudici di Dio! Che non credo che abi anco cinquanta anni, che elli ce ne fu; le quali mangiavano ciò che trovavano verde sopra della terra. Or quelle e simili cose manda Idio per suo giudicio. De’ quali giudicî dice Griovanni: — Io viddi uno cavallo rosso, cioè inviluppato di sangue, e così similemente chi v’era su; al quale gli fu data forza, che tollesse la pace di terra, perchè gli uomini s’amazzassero insieme l’uno l’altro; e dice, che gli fu data una spada lunghissima. — Dohl magiore che Durindana6. O quanto era grande? — Dico che era magiore che tutto questo Campo. — Oh, era quanto di chi alla porta a Camollia? — Anco più: io ti dico che era più lònga che tutta Toscana. — Oh, era più che Italia? — Più. Ella era più che tutta cristianità: dico che era tanto grande, quanto è tutta la terra e ’l mare7. Del qual sacro parlare mi pare di vedere tre divisioni8. Prima. Terribile considerazione: Mirabiles elationes maris, Siconda. Terribile dispensazione: Mirabilis in altis Dominus. Terza. Mirabile comminazione: Testimonia tua credibilia facta sunt nimis. Prima, di terribile considerazione; mirabiles elationes maris: della quale noi potiamo vedere tre cose. Prima; fadiga preparata centra il gattivo; significato per lo vitello: superbia. Siconda; vendetta adomandata centra alla fortezza: significato per lo cavallo9. Terza; giustizia aparecchiata centra a tutti quelli che fanno centra la volontà di Dio, per malizia. [p. 284 modifica]

Vediamo la prima, che è fadiga preparata, la qual c’è figurata per lo sicondo animale. Sai che significa il vitello? È significato per la fortezza. Non ti vuole di mostrare altro, se none che con pazienzia10 tu comporti le fadighe di questo mondo. Tu vedi che con tutto che ’l vitello sia forte, elli sta sempre aparecchiato a portare il giogo; e con tutto che elli duri fadiga, elli è sempre pónto:11 e poi che elli viene meno12 per la molta fadiga egli è amazzato, egli è scorticato, egli è tagliato a pezzi alla beccaria, e infine se ne fa carne e mangiasi, e de’ cuoio si fa scarpette, et anco dell’ossa se ne fa dadi: egli sempre paziente. Dove t’è significato, che tu porti fadiga con pazienzia, quando Idio manda i giudicî suoi? E questo è significato per li veri martiri, quali stanno dinanzi a Dio, dicendo: Quoniam propter te mortificamus tota die aestimati sumus sicut oves occisionis. Dicono gl’innocenti a Dio: noi siamo mortificati per te tutto il dì, e siamo stimati come pecore alla uccisione. E anco s’intende di te vedova, quando tu porti le tue fadighe in pace; e così dico d’ognuno. E questa è la prima.

Siconda; è vendetta adomandata, alla quale t’è detto veni et vide: viene a vedere, o iniquo peccatore, sempre stato contrario alla volontà del sommo Creatore; vieni a vedere la vendetta che per te s’adomanda a lui. David: Laeva eius sub capite meo, et dextera illius amplexabitur me13. Pensa che Idio ha due mani: egli ha la dritta e la sinistra, e ciascuna l’aopera inverso di noi; la dritta 111 [p. 285 modifica] quella che adopara misericordia, e la sinistra aopera vendetta14. Dalla dritta mano stanno tutti gli angioli buoni, e dalla sinistra i demoni, come udisti ieri. L’uno grida misericordia a Dio per lo peccatore, e l’altro grida giustizia e vendetta: e così si mette in operazione una e l’altra. Di qua giustizia, e di qua misericordia;. di qua guerra, e di qua pace; di qua si canta, e di qua si grida; di qua grazia, e di qua confusione e vergogna; di qua gloria, e di qua pena: e tutte queste cose so’ da misericordia e da giustizia mosse dalle mani di Dio, nelle cui mani sta ogni grazia et ogni pena. E però è detto: In manibus tuis sortes meae sunt15: Nelle tue mani so’ le mie sorte; cioè, tu mi puoi fare, Signor mio, ciò che ti piace; io mi do a te, e mi racomando. Ma se fai male, non aspettare se non vendetta, e se fai bene aspetta misericordia; aitandoti come ti debi aitare. Doh! Io mi ricordo e credo che fa sette o otto anni, ch’io mi ritrovai in una terra, e perchè io ne voglio dire bene, ricordarò nome suo.

Essendo io a predicare a Crema in Lombardia; e per le parti e divisioni loro erano fuore della terra circa a novanta uomini con tutte le loro famiglie, i quali erano tutti dati per scritto al Duca di Milano; nella qual terra era uno signore molto benigno e dabbene16 . E predicando io di questa materia pure cupertamente (imperò che que— sta è materia da non parlare troppo alla scuperta) pure io predicando, parlavo in genere e non in particularità,. e non tacevo nulla che fusse da dire. E perchè era tempo di vendemmia, io predicavo di notte, e tanto di notte [p. 286 modifica] che io avevo predicato all’aurora quattro ore; e quando io venni, a vedere a uno a uno tutti venivano a me dicendomi

— che vi pare che noi facciamo? — E rimettevansi in me, ch’io gli consigliasse. Allora considerando la loro buona volontà senza niuna contrarietà, cominciai a dire come questo fatto voleva andare. Essi dicevano, che questo stava solamente al signore. El signore era molto mio domestico. Io li dissi quello ch’io volsi, consigliandogli nel bene operare. Nondimeno facendo io l’arte mia del predicare, lassai adoperare a Dio et a loro. E nel mio predicare mi venne detto delle sterminate strida che fanno l’innocenti dinanzi da Dio, contra coloro i quali senza loro colpa lo’ fanno patire pena; domandando vendetta di coloro che gli hanno perseguitati. E tanto l’entrò nella mente questa parola, che essi fecero uno consèglio nel quale vi fu tanta unione, che fu cosa mirabile: nel quale si prese, che ciascuno di costoro potesse tornare a casa sua. Poi partendomi da Crema, andai in uno castello, il quale era di lònga forse dieci miglia, e parlai a uno di quelli usciti, il quale aveva lassato in Crema tanto del suo, che valeva circa a quaranta migliaia di fiorini: il quale mi domandò: — come stanno le cose? — Et io gli dissi: colla grazia di Dio tu tornarai a casa tua, imperò ch’i’ ho saputo molto bene di loro intenzione. Elli si fece molto beffe di quello ch’io’ gli dicevo: e da inde a poco17 elli li venne uno messo mandato da Crema, il quale li disse come egli poteva tornare a suo piacere a casa sua. Et udendo così, per Fallegrezza ch’egli aveva, egli non poteva mangiare, nè i bere, nè dormire. Egli venne a me, e tanta era la letizia che egli aveva, che non poteva favellare; e stette così [p. 287 modifica]

parechi dì, e poi andò a Crema. E ode mirabile cosa: che tornando a casa sua, elli trovò in sulla piazza il nimico suo, il quale quando vide costui, corse et abbracciollo, e volselo menare la sera a cena con lui. Et un altro il quale possedeva la casa dove esso stava, subbito, mentre che elli cenava, sgombrò la casa delle cose sue proprie, e lassandovi quelle di questo tale: e chi aveva nulla di suo, la mandò18 a questa tal casa di costui. E di subbito la sua lettiera, li suoi goffani, sue lenzuola, sue tovaglie, suoi baccini, suoi botti, suoi ariento, e per modo andò la cosa, che la sera medesima fu menato nella sua casa, e dormì nel suo letto fra le cose sue proprie. E dico che pareva che fusse beato colui, che gli poteva portare le cose sue, la roba sua. Poi in quelli dì, anco chi aveva suo bestiame o sue possessioni, suoi cavagli, ognuno giogneva: -— eco i tuoi buoi, eco i tuoi asini, eco19 le tue pecore; tanto che ogni sua cosa gli fu quasi renduta: e così simile a tutti gli altri. E dico ch’io mi do a crédare che quella terra, per quella cagione, Idio l’ha campata da molti pericoli. E molte altre terre presero essemplo da questa, ed è oggi dei buoni castelli20 di Lombardia. Con tutto ch’ella non sia città, ella è molto bene apopolata. E quanto credi che tal cosa piacesse a Dio? Basti. Dico, hai veduto vendetta e misericordia domandata, dove dice, veni, et vide; viene e vede i giudicî di Dio.

La terza, dico, è giustizia aparecchiata inverso chi iniquamente vive, dove la fortezza si contrappone alla giustizia: veni et vide: viene e vede i giudicî di Dio, che [p. 288 modifica] giudicî so’. Ode in Ieremia al primo cap. Facciamo ragione che elli sia in su la torre, e Idio il chiama e dice: — Oh, oh, oh, oh, Gieremia, oh, de la torre, vide: che vedi? — Ollam succensam ego video, et faciem eius a facie aquilonis: — Io vego una pignatta e sottovi molto fuoco, ed è volta verso l’aquilone. — Ben dici, disse Idio: Ab aquilone panditur omne malum: Dall’aquilone viene ogni male. — Che ti dimostra l’aquilone? Intendesi lo sterminatore dal quale viene ogni giustizia preparata da Dio; e voglia Idio che questa vostra città non sia di quelle che Idio punisce colla sua giustizia, e che ella non sia la pignatta dove è sotto il fuoco, che la fa poi bollire. Sai, quando si leva il romore, che ogni cosa bolle! Doh! Io vorrei èssare inteso senza favellare; tu forse mi puoi intèndare; chè tal cosa s’intende, che non si può dire. O donne, che molto sta a voi, sapete voi, quando il pignatto bolle, non lassate mai rómparvi la schiuma, che se si rompe, mai non è buona a cucina. E voglio che basti per la prima parte principale di terribile considerazione. Mirabiles elationes maris. Mirabili so’ l’onde di questo mare di questo mondo; che so’ tanto grandi queste onde, che ascendunt usque ad coelos, et descendunt usque ad abyssos21. Quelle salgono22 insino al cielo per superbia, e quell’altre discendono insino al profondo: umiliazione. Anima eorum in malis tabescebat23: chè si distrugono le città per le maledette divisioni. Or elli ci conviene intrare a campo, dove noi vedremo lo sterminatore com’egli è fatto. A le mani24. O fanciulli, state [p. 289 modifica] bene a udire. Ohimè, che stamane non ce ne so’ venuti come sogliono, e ben me ne ’ncresce, ch’io non ve ne feci avisati; e tu donna l’hai lassato nel letto! Chè è tanto utile cosa questo a sapere a una città parziale; chè una predicazione a questo modo detta, potrebe esser tanto utile, che sarebe atta a campare Siena da ogni grande pericolo; e a uno che non l’ode, potrebe essere tanto dannoso a non udirla, che sarebe possibile di guastarla. E però dico, che sarebe stato molto buono d’averceli menati; che forse mai non ve ne sarà predicato in questo modo: chè non arete ogni volta uno che vel canti chiaro, come vel canto io; nè anco forse gli sarà dato, che elli possa dire, come posso io. Adunque, a quelli che ci so’, dico: state attenti a udire i giudicî di Dio, mandati per lo sterminatore, e domane potrete sapere il tempo, quando díe essere lo sterminio di una città, che a uno dì il cognósciarete; e dico non saranno sogni: se io non vel pruovo colla Scrittura in mano, non mel credete.

La siconda divisione25 è di terribile dispensazione. Mirabilis in altis Dominus; del quale26 noi vedremo tre luminose verità. E però, o città di Siena, ephphetha, apreti e intende a la tua necessità. Prima; uno cavallo aparecchiato e sellato. Siconda; il capitano mandato. Terza; il capitano tutto armato. Prima vede il cavallo sellato et aparecchiato, dove dice: Ecce equus rufus: — eco uno cavallo rosso per lo manigoldo di Dio. — I manigoldi di Dio so’ i soldati, e qualunque gastiga i gattivi. Così quando una parte gastiga l’altra, so’ manigoldi di Dio: quando i guelfi gastigano i ghibellini, o i ghibellini ga [p. 290 modifica] stigano i guelfi, anco so’ manigoldi di Dio. Et anco s’è veduto e si vede di molti cavalli, i quali so’ usi in battaglia, crudeli in lor medesimi, che quando sentono una trombetta, tutti si strugono, e non si possono tenere; tale è la volontà d’èssare alle mani nella battaglia. Elli non mangia biada per la volontà grande; chè egli fremisce, e tutto si consuma. Similemente fanno gli uomini crudeli e omicidiali27, i quali so’ usi di fare omicidi e rubbarie, tradimenti, che per la volontà loro iniqua come ellino sentono una cosa, tutti si consumano della volontà di comméttare qualche male, e mille anni lo’ pare di méttarla in opera; e perchè la volontà loro è grande e pessima, eglino non possono nè mangiare, nè bere, nè avere niuno riposo, se non commettono qualche pericolo. Così fanno simile tutti i soldati e uomini d’arme: tanto godono, quanto peggio odono e fanno. E dico che io ho considerato più volte di questi uomini d’arme: io ho avuto voglia grandissima e ho di vedere una volta uno campo, quando so’ in battaglia. Ma io l’ho già considerato, come egli debba stare; chè si può comprèndare per lo opposito per li servi di Dio. Che quando io penso quello che fanno i servi di Dio, i quali sempre pregano Idio, e racomandano a Dio tutte le creature del mondo, e racomandano i buoni che Idio li conservi, e racomandano i gattivi, che essi si ravegghino et eschino del peccato loro, pregando Idio che abi misericordia inverso de’ peccatori. E come io considero di costoro, così considero di quelli che servono al diavolo, i quali per le malignità loro io sento gridare: — io vego disagio: io sento sospetto. — Io considero di quelli che muoiono di fame; chi muore28 di sete, chi di puzza, chi di caldo, [p. 291 modifica] chi di freddo, quando di paura di non essere assaltati e mortaghiadi; e così talvolta lo’ interviene. Sòvi anco de’ feriti mal governati; morire come bestie. E con tutto ch’essi vegghino e tochino e sentino tutte queste cose, ogni dì so’ più volontorosi a fare ogni male. Considero da l’altro canto i servi di Dio: non disagio, non puzza, non freddo, non caldo, non paura, non sospetto, non fame, non sete; nondimeno sempre hanno pietà di chi fa contra la volontà di Dio. E i gattivi, non che eglino si dolghino del male che fanno, ma incresce lo’ del male che vorrebbero fare, e non possono: de’ quali è detto quello che è scritto: Quia prudentiores suntfilli tenebrarum, quam filii lucis in generatione sua:29 — Più priidenzia hanno i figliuoli delle tenebre, che i figliuoli della luce, nella sua generazione. — E’ figliuoli delle tenebre, cioè quelli che so’ iniqui e gattivi, sempre vanno cercando ogni iniquità che possono fare, per fare male capitare coloro a chi portano odio o invidia. Et in questo si fanno manigoldi di Dio. Inde disse Naum profeta al sicondo capitolo: Clipeus fortium eius equus ignitus: viri exercitus eius in coccineis:30 — Lo scudo dei suoi forti è il cavallo del fuoco e gli uomini dello esercito. — E’ cavalli rossi significano la malizia del diavolo, e gli uomini che vi so’ su, so’ i manigoldi, pure iniqui e pessimi. Simile, anco i popoli che so’ vestiti di rosso, cioè di sangue, so’ vestiti della insegna del loro magiore, cioè dello sterminatore: come fa lui, così tutti quelli che tengono con lui; egli è vestito di rosso, così è il cavallo tutto pieno di sangue. O Italia, come ti pare stare? Male, credo. Quanti cavalli [p. 292 modifica] avete voi in questa vostra Italia! Eh, più che non furono mai tanti italiani a cavallo, quanti voi ce ne vedete oggi! La proprietà che hanno in loro quale è? Va’, che se ci capita uno francioso o d’un’altra parte, sempre hanno temenzia d’uno taliano che no ’l tradisca. Ode bel nome che ellino portano atorno! E forse che ’l portano a torto? Oimè, ch’io temo, temo, temo, temo, che tanta gente ragunata e non sia la disfazione di molte parti! Tu non leggesti mai che la gente italiana fussi tanto multiplicata, quanto ella è oggi. Noi aviamo tanta gente in Italia, che mai non ce ne fu tanta. Aspetta, aspetta, andarai più là, e vedrai cos’ha andare. Dico che chi non è uso di durar fadiga, sai; e anco vi voglio dire di chi non è uso d’arme, sai31. Voi avete fatte le mura buone e forti, e avete fatto bene; ma meglio son le mura ecc. che non so’ quelle32. Io dico: ecce equus; ecco il cavallo aparecchiato; che ci so’ tanti cavalli, che per certo o di colpo o di rimbalzo elli si farà anco qualche cosa. Tempo è da fare il testo, e tempo è da fare la chiosa. Io to ora il testo; fa’ la chiosa tu, quando tu vuoi. Oh, se tu intendessi quello che io intendo, io! Io tengo che questi italiani so’ camara di tradimenti, e sanno il dritto e ’l riverscio33. E però guarda, guarda..

La siconda verità si è il capitano già mandato. Il capitano è quello il quale signoregia la brigata, e però dice: et qui sedebat super eum. E colui che sedeva sopra di lui che fa? Va’, legie al viiij capitolo nello Apocalisse, dove trovarai di lui che dice così: Et vidi stellam de caelo cecidisse in terram, et data est ei clavis putei abyssi. [p. 293 modifica] Et aperuit puteum ahyssi, et ascendit fumus putei, sicut fumus fornacis magnae; et obscuratus est sol, et aer de fumo putei, et de fumo putei exierunt locustae in terram: — Viddi che era cascato di cielo in terra una stella, et èlle dato la chiave del pozzo dell’abisso, et apersi il pozzo dell’abisso, e salì il fummo del pozzo, sì come fumo di fornace grande; et è scurato il sole e l’aria del fumo di quel pozzo, del quale fumo uscirò locuste. — Sai che so’ le locuste? So’ i soldati guastatori d’ogni cosa verde, cioè di case, di vigne, di biade, di bestiame, d’uomini, di donne, di fanciulli, di vechi, di giovani: ogni cosa guastano. E se vuoi sapere il nome del capitano, dice: et habehat super se regem angelum ahyssi cui nomen hebraice Abaddon, graece autem Apollyon; platine habens nomen Exterminans: — Aveva questo cavallo sopra di sè uno re angiolo dell’abisso, che aveva nome in ebraico Abbadon, et in greco Appollyon; et in nostra lingua latina Sterminatore, — puoi intèndare sterminatore di biade34, e di tutte le cose che io t’ho detto, et anco sterminatore di scienzie e d’ogni cosa apostolica35, sterminatore de le virtù, cioè, di fede, di speranza, di carità, sterminatore di giustizia, di fortezza, di temperanza, di prudenzia, sterminatore d’umiltà, d’astinenzia, di castità; in sustanzia, sterminatore di tutte le cose buone. E però hai veduto l’operazioni di questo sterminatore, come so’ utili, dove dice: et qui sedebat super eum. Vede ora come era armato.

La terza verità, aviamo a vedere come questo capivano era armato. Tu udisti ieri della panziera sua, oggi [p. 294 modifica] vedremo della corazza. E sai, ch’io ti dissi della panziera che significava i parziali, che l’uno s’attaca all’altro, come la panziera è inanellata l’una maglia coll’altra. Vediamo di questa arme della corazza, la quale vediamo che è fatta di piastre, e so’ sette; e Giob cel discrive al xlj cap. dicendo di questo sterminatore armato: Corpus illius quasi scuta fusilia, compactm squamis se praementibus; una uni coniungitur, et ne spiraculum quidem incedit per eas; una alteri adhaerebit, et tenentes se nequaquam separabuntur. E se bene tu consideri, tu vedi in questo parlare propriamente la corazza, che come si fa di sette piastre, così vedrai qui malignità e vizi di colui che ha la setta. Doh! egli mi fa ricordare queste parole d’una donna, la quale dormì con uno diavolo uno anno, che mai non fu cognosciuto per quello che elli era; e poi si seppe in questo modo; che venendo a uno mio compagno in confessione, ella li disse che questo diavolo dormiva con lei, volesse ella o no. E domandando questo mio compagno come era fatto, ella disse fra l’altre cose, come e’ sotto il corpo del ventre elli aveva di questo squame36 che dice lob. Odi grande maraviglia! Or a casa. Dico che la corazza ha le sue piastre tanto serrate, che non vi può passare il fiato. Et altra volta predicando, io volsi avere i guelfi e ghibellini, a’ quali io lo’ dissi le proprie parole di Giob. E certo da quello che elli disse, per quello ch’io vego, io mi credo che sia venuta la setta; che come so’ sette piastre strette insieme e serrate, così sonno fra coloro che hanno sette, sette unioni. Prima, conformazione. Siconda, coadesione. Terza, compressione. Quarta, coniunzione. Quinta conclusione. [p. 295 modifica] Sesta, comunione. Settima, condennazione. La prima unione settaiuola, si chiama conformazione, dove hai: corpus eius quasi scuta fusilia: dice, che — il corpo suo è come scudi tragittati, — che l’uno sta attacato all’altro, come proprio tu vedi la corazza con sette piastre. Non è così fatta la panziera; questa è più iniqua cosa che non so’ le parti. Doh! io vi prèdico di quello che vi bisogna, e parmi che si debbi fare così. Elli bisogna medicare il il malore dove elli è, e bisogna la medicina atta a guarire quello male. Come noi sappiamo il difetto dei popoli, noi doviamo di quello predicare et adattare il nostro parlare tutto alla salute loro. Doh! Noi vediamo de’ buoni medici, che volendo dare i rimedi alla infermità, egli ha a ordine scritto nei libri suoi tutte le infermità per ordine a uno a uno. Elli ha Avicenna, Ippocras e Galieno, i quali hanno insegnate le medicine e’ difetti37 de’ corpi, et hanno posti i rimedi per scrittura a ordine; cominciando al capo, poi discende alli ochi, poi all’orechie, al naso, alla boca, alla gola; e così discende al corpo a poco a poco, discende a tutti i membri,38 che di subito si può trovare il rimedio all’infermità tua. Doh! Chi andasse a uno medico, avendo tu una infermità nello stomaco, et elli andasse sicondo che elli truova scritto, e dicesse: — io voglio andare sicondo questo autore; — e leggiarà nel principio del libro dove so’ le medicine e’ rimedi atti a fare guarire la testa, e darà il rimedio sicondo che sarà scritto, mai non guarrài per quella medicina. Anco debi sapere che a lo speziale bisogna andare per le cose che bisognano allo infermo; ma se tu andasse a lui per la medicina che è stata ordenata, [p. 296 modifica] dicendo: — dammi tale e tal cosa; — se lo speziale piglia il primo bossolo, o il primo vagello che egli truova per dare la medicina allo infermo, mai non guarisce per quella. Imperò che se lo infermo ha bisogno della medicina da guarirgli lo stomaco, et egli li dà la medicina da curarli il capo o il braccio, mai non guârrà per i quella: se sempre elli stesse co’ medicine, curandosi in questo modo, mai non guarisce. E però dico, che volendo guarire della infermità, bisogna fare la medicina che sia atta all’infermità dello infermo. A proposito: el predicatore si conviene che predichi di quelle cose che bisogna per la salute del popolo, che lo sta a udire: e però dico, che ’l mio pensiero è di volere curare il difetto vostro, a giusto mio potere.

Ricordovi, perchè giovedì che viene, è festa, cioè Santo Agostino, e ben vorrei fare una predica di lui, ma lassarolla stare, perchè vego maggior bisogno a dire d’altro. E sapete che dopo ieri fu la festa39 di Santo Lodovico, la cui festa facciamo all’Ordine nostro, e sa— pete che io non predicai di lui niuna cosa, nè ine nè qui,40 però che io viddi che era più utile a vostra salute | ch’io predicasse di quello ch’io vi predicai, che dire di lui41. Sicchè giovedì io vorrò fare una carità, et usarla in verso di voi, e sarà di quelle medullose. Che perchè io sento che ci so’ di quelli che vogliono ben vivare, e per questo io voglio fare una predica nel vostro Palazzo ,42 e farò ragione d’èssare vostro vescovo, e [p. 297 modifica] voi43 farete suonare la campana del Comuno a predica, all’ora ordinata. A casa.

Corpus eius quasi scuta fusilia. Sai come è fatto questo corpo? Dice che è fatto a modo che cotali scudetti i quali si gittano in forma. Tu sai che anco lo scudo è difensivo; ma diciamo del modo che si tiene. O orafo. Ècci niuno orafo? Sai, come tu tragitti in forma, che come tu hai la forma, così hai la impronta. O fanciulli, o voi che sapete fare i ferlini,44 sapete che voi avete le pietre dove so’ le forme: quale ha la stella, quale ha la rosa, quale ha il trefoglio; e tu hai il piombo distrutto e metti sopra alla forma, e quello piombo piglia la impronta che egli truova nella pietra. Simile dico di questa setta, che come uno s’accosta, così piglia la impronta, come trova colui a cui ella s’acosta: come elli è la volontà di colui, cosi si fa la sua; e come tu vedi èssare vero per questo esemplo, così puoi anco affigurarlo al fanciullo piccolo, che piglia la forma del padre suo, che come egli è il padre, così vien su a poco a poco il figliuolo, pigliando quella setta, quasi scuta fusilia. E non è però ch’ella sia tanto forte questa corazza, che la lancia non la passi e fracassi. Simile anco una bombarda, [p. 298 modifica] non se ne può difèndare, ma ella si difende bene dalla spada; e per questo maladetto vizio i Comuni si stracciano e si diburano,45 però che tutti tirate a amore proprio, e non al ben comuno.

La siconda unione è peggiore, e chiamasi coadesione: compactus squamis. Questi sónno come termini che non si possono specificare. Sai come puoi intèndare? Sai come è fatta la ténca, che ha quello squame, quella coadesione? Cosi è proprio di questa corazza, che sta tutta stretta insieme; e così fanno la corazza questi sèttaiuoli, dicendo l’uno all’altro: — teniamoci insieme molto bene; tienti insieme con meco, et io mi terrò con teco. —

Terza è compressione: Se46 prementibus: quando l’uno si preme coll’altro. Vedesti tu mai appicare ferro con ferro rovito?47 — Si. — Mai non s’appiccò se non si piglia insieme l’uno sopra l’altro: che hai il martello, e picchia e dà, et in quel modo s’appicca. Così fa la mala lingua del diavolo: se prementibus. O frabbo, sai, quella terra rossa, quando la poni sopra il ferro, oh! quella è che fa bene apicarlo. Che significa? Che ’l sangue fa apicare l’uno coll’altro.

Quarta, coniunzione: una alteri coniungitur, che s’acostano i ferri assai, e fassene uno, sai; o chiovi, o se ne fa le buone armadure; che di molti e molti pezzi se ne fa un corpo. Simile fanno coloro che si fanno un corpo per unione, e saranno molti. Egli s’acorda questo con quello, e quello con quell’altro, e martellansi e fannosi [p. 299 modifica] uno: e come sónno de’ buoni che s’acordano insieme a fare uno bene, così so’ di quelli che s’acordano insieme a fare uno male. Vedeste voi mai niuna corazza buona? Sapetela voi cognósciare? — None? — Sì, io. Quando io fui a Milano, io la imparai a cognósciare da uno perfetto maestro, e dissemi la ragione a volerla fare buona, come ella voleva essere fatta. E dissemi che a volerla buona, non voleva essere nè d’acciaio nè di ferro. O di che la faremo dunque? Dissemi che voleva essere fatta in questo modo: che voleva essere da l’uno lato acciaio e dall’ altro di ferro. E volevasi fare in questo modo, che si voleva fare piastre d’acciaio puro e piastre di ferro puro. Se fusse tutta di ferro, non sarebbe forte, chè ’l guirrettone la passarebe; e se fusse tutta d’acciaio, la percossa della lancia o d’altro la spezzarebe. E però si voleva fare dell’uno e dell’altro, cioè di fuore l’acciaio e di dentro il ferro, e buttare insieme l’uno coll’altro, e farne uno corpo, et in quello modo sosterrebbe alla percossa, et anco non passarà mai il ferro: una alteri coniungitur: e così sarà perfetta. Che viene a dire questo, ch’io vo’ dire? Viene a dire, che io ho tanto compreso, ch’io cognosco ch’elli sónno di due ragion genti. So’ de’ pecoroni, e so’ de’ rincagnati;48 e così voglio dire a voi, come io dissi in Lombardia, dimostrando lo’ la verità. Che era uno capitano in una loro città, e per stare alto e magno, elli dava a colui la casa che era di quello uscito, et a quell’altro dava la sua vigna, et a quell’altro il suo bestiame; et a quel modo era amato, e facevasi grande della roba del compagno. E se consideri, anco so’ di quelli che hanno un altro esercizio nei loro vivare: come pure ine intervenne, che volendo uno tornare a casa sua [p. 300 modifica] e fare bene, fu detto a quel signore. Infine, perchè a colui gli era voluto bene, elli vi si recava molto mal volentieri. E tornato costui, elli commise a uno suo confidato famiglio, che ordinasse che costui capitasse male. E ’l famiglio per compiacere al signore stava attento, perchè questo gentile uomo capitasse alla intenzione del capitano; et infine fu cognosciuto come costui era odiato. E volendo il capitano scusarsi, fece pigliare questo famiglio, e fecelo impicare per la gola; che con tutto ch’elli fusse suo amico, perchè elli era pòvaro, ne fu fatto poco conto: chè il suo signore tenne più caro, che non si sapesse quello che aveva ordinato, che elli non tenne caro il suo famiglio. E questo fu ferro che passò dentro, insino che gli de’ la morte. Non aveva buona corazza costui. Un altro è armato di corazza che è tutta d’acciaio; anco non è bene armato. E sai chi so’ coloro? So’ quelli che si mettono in battaglia, sai. O tu che ti metti a grandi pericoli, che spesse volte vi se’ tagliato a pezzi; imperò che la tua gagliardia va saltando, come pezzi d’acciaio, e tu rimani colà in terra morto. E questa si chiama coniunzione e gattiva.

Quinta, si chiama conclusione: ne spiramlum quidem incedit per eas: e questo è quando uno arassi serrata in sè la sua intenzione gattiva, che per niuno modo vi può entrare veruno lume di verità. Sai, quando elli è una botte serrata, sai, ben ben serrata, per modo che non ne può uscire il fiato? Quella è conclusione: chè con tutto che altri dica, elli è sì serrato, che se fusse uno tuono, non può udire nè intèndare la sua salute: che non v’è spiracolo per lo quale elli possa pervenire a lui niuno raggio di verità.

La sesta è comunione: una alteri adhaerebit: Doh! Vedesti tu ma’ mescolato il vino coll’acqua, che elli è sì [p. 301 modifica] insieme l’uno coll’altro fatto una cosa, che per niuno modo si può mai partire? Così so’ similemente questi maladetti sèttaiuoli; so’ tanto stretti e serrati e comunicati insieme, che per niuno modo mai si possono spartire l’uno dall’altro.

La settima è condennazione. Et tenentes se nequaquam separabuntur: — che poi che eglino vogliano tenersi insieme, mai non saranno partiti l’uno dall altro. — E dicovi che altra volta io predicai di queste porti e di queste sette49. Doh! volete voi ch’io v’insegni che mai tra voi sarà divisione? Voi guelfi tenetevi insieme da un canto, e voi ghibellini dall’altro, et ognuno si strènga co’ suoi. Io vi prometto che se voi vi tenete insieme in questa vita, voi mai non sarete sparti nell’altra, ma sempre arete una unione tutti in uno volere; imperò che Iddio vi giudicarà tutti in inferno, e sarete tanto comunicati, che se bene voi vi voleste separare l’uno dall’altro, voi non potrete. Tu puoi nel mio dire bene avere compreso di questo cavallo e di colui che il cavalca; il quale t’ho detto che è lo sterminatore d’ogni bene, come tu hai udito; e anco hai veduta dell’arme della corazza sua, e come elli è aparechiato questo sterminatore a darci ogni sterminio, che a lui è possibile di darci. E basti per la seconda conclusione.

La terza conclusione si è giustizia aparechiata. Testimonia tua credibilia facta sunt nimis; e questa è terribile commissione: dove tu vedrai tre verità, le quali vengono da lui. Prima, guerra seminare. Siconda, uomini amazzare. Terza, paese e patrie disfare.

La prima è guerra seminare: dove t’è detto: et datum est ei absumere pacem de terra: — È dato a questo ster[p. 302 modifica]minatore, podestà da Dio di tòllare tutta la pace della terra, che non ce ne rimanga nè mica50 — Doh! voliamo bene intèndare questo passo? — Sì. — Egli so’ due paci, l’una dentro, e l’altra di fuore; e l’una viene da Dio, e l’altra dai mondo; delle quali due paci è detto per la boca di Dio nel Vangelio di santo Giovanni cap. 1.: Pacem meam do vobis., pacem relinquo vobis: — La mia pace dò a voi, — dice Idio. O popol sanese, inquire pacem, Siena, et persequere eam: — Città mia, dice Iddio, doh! cerca la pace, cioè di fuore con tutte le creature, et anco che tu perseveri dentro. — Vuol dire che tu cerchi pace più co’ fatti che colle parole; e come io dico a voi uomini, così dico a voi donne, per parte di Dio. Et anco vi dico che se voi non trovarete la pace dentro in voi, guai a voi; imperò che poi ne piagliarete. Io v’imprometto che se la pace non sarà in voi, tu ti battarai il viso a tempo, che tu non sarai co’ lisci e co le code, e co la manica in capo, grande. Se voi non provedete, egli vi verrà in capo quello ch’io vi dico. Fate che voi operiate per modo co’ vostri mariti e co’ vostri figliuoli, che elli ci sia pace; et ingegnatevene quanto v’è possibile. Poi dice Mio: pacem relinquo vohis: — Io vi lasso la pace; — cioè fugite la guerra di dentro; imperò che l’una è del mondo, l’altra di Dio: quella del mondo è del corpo, quella di Dio è de lo spirito e dell’anima: la quale pace lo’ dà Idio, perchè è tutta di Dio, e chi ha questa pace di Dio, mai non gli può èssare tolta: sì che la prima è di Dio, la siconda è da te. E se tu non cerchi d’avere questa siconda, tu arai la guerra. Ma colui che non può fare più in là, cioè che adopera quello [p. 303 modifica] che può per avere pace; e potranno più gli altri a guerra che costui a pace; ode com’egli capitarà. Due cose fa la guerra: l’una istempegia il gattivo, e l’altra manda il buono; cioè il gattivo stempegia all’inferno per giustizia, e ’l buono manda a vita eterna per misericordia di Dio, ed è purgato qui per la guerra de’ peccati suoi; e non potendo avere la pace qui, egli l’aspetta in vita eterna, là dove Idio l’abbraccia con grande diligenza. Ode Gregorio che dice per costoro: In mundo persecutionem habebiti, in me autem pacem: — Nel mondo arete persecuzione, et in me arete pace. — Et in un altro luogo dice lesu Cristo benedetto a questi tali: Venite ad me omnes qui laboratis et onorati estis, et ego reficiam vos:51 — Venite a me tutti voi che vi siete affadigati, e siete stati agravati nel mondo, et io vi ristorarò. — E così Idio li dà la sua pace, la quale mai non li può èssare tolta.52

La siconda commissione che ha questo sterminatore, si è uomini amazzare. Ut invicem se interficerent: cioè, — che i gattivi s’amazzino l’uno l’altro; — e questa potenzia gli ha Idio data contra ai gattivi, e non contra ai buoni. Inde è detto in Ezecchiel al xxx cap.: Confortabo brachium regis Babilonis:53 — Io confortarò il braccio, cioè la potenzia del re di Babilonia, — di questo sterminatore: chè l’uno uomo amazi54 l’altro, farà disfare colla sua potenzia case, vigne, famèglie, bestiame, et ogni cosa che potrà méttare in esterminio. Qui habet aures audiendi audiat, quod spiritus loquitur Ecclesiae (Giovanni nello Apocalisse)55. — Colui che ha orechie da udire, oda. — Hai tu [p. 304 modifica] orechie? Or ode, et intende, e vede. Apre gli ochi, o Siena; ephphetha. Un altro intelletto. Quante cose, sai, che si fanno nelle guerre tutte ingiuste, quanti fanciulli so’ già stati amazzati, i quali non hanno colpa di quello male, per che elli so’ uccisi. Simile, quante vedove mal condotte, quante donne sforzate; a quanta gente non è tenuto ragione, ma piuttosto non voluti udire, e tolto lo’ il loro. Sai, tutti costoro, che hanno pazienzia a queste tribolazioni, eglino uccidono i gattivi. Oh, ella va bene questa parola! Sai come i martiri uccidevano i tiranni molte volte; che stando i martiri saldi per ricévare il martirio, ed e’ tiranni si convertivano alle loro parole, e subito erano morti ne’ peccati loro. Così dico di tutti coloro che oppriemeno i buoni, che non meritano la pena che l’è data; e se non si converte, in questa vita, come molti si so’ già convertiti; elli patiranno la pena nell’altro mondo, per modo che mai non lo’ mancarà. E però convertitevi, et astenetevi dal male, imperò che per certo qualche volta sarà punito56.

Terza et ultima: paese sterminare e disfare. Et datus est ei gladius magnus. — Ègli dato un coltello grandissimo per disfare ciò che se li para innanzi. — Oh, è di ferro? No. Oh, è di stagno? No. Oh, è d’acciaio? No: o di che è? Sai di che è? Per la iniquità che deba usare questa spada, si è chiamata possanza; della quale è detto in Giovanni a xij cap.: Princeps huius mundi eiicietur foras. A xlj cap. pure Iob: non est super terram potestas quae comparelur ei. E nota che è tanta la possanza di questo sterminatore, che tutti ci potrebbe conduciare a casa maladetta. Ma la providenzia di Dio ha proveduto, che il ritiene: imperò che essendo in questo mondo de’ buoni [p. 305 modifica] e de’ gattivi, non vuole che inverso il buono sia usata malignità; cioè, non vuole che l’anima del buono sia violata; et allora quella spada non ha possanza. Sai come, sta quella spada? Hai a memoria come si fa a tempo di guerra, che la spada si può portare sciolta? Non così a tempo di pace. A tempo di pace come tu entri alla porta, subito chi ha la spada, la lega57. Così fa Idio al diavolo: — è egli tempo di guerra? Sì. Or portala sciolta. E se è tempo di pace, dice Idio, tiella legata, ch’io non voglio che tu l’aoperi. — E però hai in Iob a xl cap.: Qui creavit eum, seu diabolum, ligabit gladium suum:58— Colui che l’ha creato, ha legata la spada di questo sterminatore; — imperò che se i popoli vogliano vivare con timore di Dio, con amore e carità inverso il prossimo, allora cercano la pace dentro e di fuore; e Idio dice al demonio59 sterminatore: — non trarre fuora cotesta spada inverso questo popolo. — E così quando un popolo fa l’opposito, che cercano divisioni, contenzioni, guerre, omicidi, odi e simili cose; allora e lo sterminatore traie fuore questa spada colla possanza sua, e perquote i popoli male ordinati, e lavora co’ suoi flagelli tutti conceduti da Dio. E però, cittadini miei, o volete la spada sciolta, o votetela legata. Piglia qual vuoi, l’uno ti conviene elègiare. Tu hai l’esemplo di quello che t’averrà se tu non cerchi pace, popol sanese. Io vego tutta questa città venire a sterminio. Avete voi inteso quello che vengono a dire queste parole ch’io v’ho detto stamane? Avetelo inteso et udito? Ephphetha, ephphetha. Città di Siena apreti, città di Siena intende la [p. 306 modifica] salute tua, e mettela in operazione, imperò che tu hai veduto quello che David ci ha dimostrato. Testimonia tua credihilia facta sunt nimis. Siena, Siena, se tu non ti guardi, io sento gridare: vendetta, vendetta per le peccata multiplicate. E però ephphetha.

Cogli60 insieme. Tu hai veduto nella prima parte, etc.



Note

  1. È la terza delle prediche pubblicate, col titolo: Tratta in questa pure delle parti maladette.
  2. Nel Cod. Sen. 6, seguito dalla stampa, questa predica dopo il passo latino così comincia: Le parole preallegate, dilettissimi, sono quelle proprie del dì d’ieri, occorrenti in tal dì, e dicono in volgare; che levante Gesù gli occhi in cielo, onde disse: ephpheta ec.
  3. Cioè, dalla piazza del Campo. La improvisa pioggia aveva interrotto la predica antecedente (M).
  4. Il Guasto negli eserciti del medio evo era quella schiera composta per la massima parte di maestri di legname e di pietra, il cui ufficio era di devastare e distruggere i luoghi occupati al nemico (M).
  5. Il Cod. Sen. 5: or dì: ridi.
  6. Nome della spada d’Orlando (M).
  7. La stampa, fedele al Cod. Sen. 6, dice: quanto era la terra e il mare.
  8. Ma la stampa e il Cod. Sen. 6, tre visioni.
  9. Gli altri Codd. e la stampa, per lo coltello.
  10. Il Cod. Sen. 6 e la stampa, più alla senese, pacienza. E così poco appresso.
  11. Cioè; punto, stimolato col pungolo (M).
  12. La stampa e gli altri Codd. hanno: e poi quando viene meno.
  13. Non David, ma Salomone nella Cantica, cap. II, vers. 6.
  14. Il Cod. Sen., 6 e la stampa è quella che opera vendetta.
  15. Salmo xxx, vers. 16.
  16. Vi dominava allora Giorgio de’ Benzoni (M).
  17. La stampa con gii altri Codd.: e da inde a poco tempo.
  18. Gli altri Codd. e la stampa, la mandava.
  19. La stampa e gli altri Codd., ecco. Il nostro Testo, come a quest’ora avrà avvertito il lettore, non usa spesso di raddoppiare le consonanti.
  20. La stampa e gli altri Codd., delle buone castella.
  21. Salmo cvj, vers. 25.
  22. Gli altri Codd. e la stampa, sagliano.
  23. Salmo cvj, vers. 26.
  24. Vivacissimo modo è questo per significare: orsù cominciamo, mettiamoci all’opera (M).
  25. Qui pure gli altri Codd. e la stampa hanno, visione.
  26. Così il nostro Cod. Gli altri e la stampa, della quale.
  27. Gli altri Codd. e la stampa, micidiali.
  28. Meglio degli altri Codd. e della stampa che leggono: che muoiono.
  29. Vangelo di san Luca, cap. xvj, vers. 8; ma nella Volgata dice così: Quia filii huius saeculi prudentiores filiis lucis in generatione sua sunt.
  30. La Volgata: Clypeus fortium eius ignitus: viri exercitus in coccineis. È il vers. 3.
  31. Così in tutti i Codici.
  32. Vera lacuna qui non si vede nei Codici, ma qualche parola manca evidentemente.
  33. Gli altri Codd. e la stampa, il rovescio.
  34. La stampa e il Cod. Sen. 6: et in nostra lingua sterminatore di biadi. E il Milanesi annota: «I Senesi dissero più comunemente il biado: quindi si trovano gli Ufficiali del Biado, ossia dell’Abbondanza e dell’Annona. Per biado si ha da intendere ogni generazione di cereali.»
  35. Cioè, religiosa (M).
  36. La stampa, di queste squamme, seguendo la lezione del Cod. Sen. 6, che bensì ha squame.
  37. Invece la stampa e il Cod. Sen. 6, le medicine ai difetti.
  38. Gli altri Codd. e la stampa: così discende a tutti i membri del corpo a poco a poco.
  39. Il Cod. Sen. 6, fu la festività.
  40. Meglio che nella stampa e nel Cod. Sen. 6, che hanno: nè me ne curai.
  41. E volsi lassare il proprio per lo comune. Così seguitano i Codd. Sen. 5 e 6,e così pure la Ed. Mil.
  42. Gli altri Codd. e la stampa hanno questa notevole aggiunta dopo le parole nel vostro Palazzo: E voglio predicare a tutti quelli del Reggimento; e daremo parte a l’avanzo perchè vadano a udire la predica a Sant’Agustino. Et voi tutti del Reggimento venite qui nel Palazzo, e farò ragione ecc.
  43. Volge la parola ai Priori del Comune, che solevano assistere a queste prediche.
  44. È da gran tempo che questa parola fu introdotta nella nostra lingua, sebbene manchi nel vocabolario. Venneci dall’antico Sassone Feor-dling, cioè quarto; ed infatti il ferlino o ferlingo era una moneta che valeva la quarta parte del denaro. Presso i francesi il ferlino fu anche una frazione dell’oncia ed una misura di terra. E ricordo nelle Antiquitates Italicae del Muratori, di ferlini, come di ballotte o segno per gli squittini. Finalmente nel passo del nostro autore sembra avere avuto il significato di una apecie di gettone di piombo, che doveva servire a qualche giuoco (M).
  45. Cioè, si dilaniano e si consumano. Son verità che disgraziatamente paiono scritte pure pe’ nostri giorni. E quello che segue, assai più ancora.
  46. I Codd. veramente e la stampa, qui e sempre, sese, ma se la Vulgata.
  47. Rovito, parola viva del dialetto senese, e vale rovente. Vedi Diaria del Sozzini a pag. 86 e 80 (M).
  48. Cioè, degli astuti, dei maliziosi.
  49. Il Cod. Sen. 6, e la stampa, e di queste sette, lo dissi: doh! ecc.
  50. Intendi, nissuna. La stampa, seguendo la grafia dei Codici, nemica; ma sembraci errore.
  51. Vangelo di San Matteo, cap. xj, vers. 28.
  52. Tutto quest’ultimo periodo manca negli altri Codd. e nella stampa.
  53. Ma la Volgata, brachia, non brachium.
  54. La stampa, sulla scorta degli altri Codd., amazzarà.
  55. Cap. II, passim. La Volgata bensì: Qui habet aurem, audiat quid Spiritus dicat Ecclesiis.
  56. Sottinteso, l’uomo cattivo. La stampa e gli altri Codd., sarai punito.
  57. La stampa e il Cod. Sen. 6, se tu hai la spada, subito la leghi.
  58. Nè in Giob nè in verun altro dei sacri libri trovammo questo passo, che diamo secondo i Codici.
  59. Il Cod. Sen, 6 e la stampa, diavolo.
  60. La stampa e il Cod Sen. 6, cogliele. Anche di questa predica manca il riepilogo.