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286 predica decimaseconda


che io avevo predicato all’aurora quattro ore; e quando io venni, a vedere a uno a uno tutti venivano a me dicendomi

— che vi pare che noi facciamo? — E rimettevansi in me, ch’io gli consigliasse. Allora considerando la loro buona volontà senza niuna contrarietà, cominciai a dire come questo fatto voleva andare. Essi dicevano, che questo stava solamente al signore. El signore era molto mio domestico. Io li dissi quello ch’io volsi, consigliandogli nel bene operare. Nondimeno facendo io l’arte mia del predicare, lassai adoperare a Dio et a loro. E nel mio predicare mi venne detto delle sterminate strida che fanno l’innocenti dinanzi da Dio, contra coloro i quali senza loro colpa lo’ fanno patire pena; domandando vendetta di coloro che gli hanno perseguitati. E tanto l’entrò nella mente questa parola, che essi fecero uno consèglio nel quale vi fu tanta unione, che fu cosa mirabile: nel quale si prese, che ciascuno di costoro potesse tornare a casa sua. Poi partendomi da Crema, andai in uno castello, il quale era di lònga forse dieci miglia, e parlai a uno di quelli usciti, il quale aveva lassato in Crema tanto del suo, che valeva circa a quaranta migliaia di fiorini: il quale mi domandò: — come stanno le cose? — Et io gli dissi: colla grazia di Dio tu tornarai a casa tua, imperò ch’i’ ho saputo molto bene di loro intenzione. Elli si fece molto beffe di quello ch’io’ gli dicevo: e da inde a poco1 elli li venne uno messo mandato da Crema, il quale li disse come egli poteva tornare a suo piacere a casa sua. Et udendo così, per Fallegrezza ch’egli aveva, egli non poteva mangiare, nè i bere, nè dormire. Egli venne a me, e tanta era la letizia che egli aveva, che non poteva favellare; e stette così
  1. La stampa con gii altri Codd.: e da inde a poco tempo.