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A.
A che miseria Amor mio stato induce, |||
A Che sempre chiamar la sorda Morte? |||
AGno puro di Dio, che gli alti campi; |||
Ahi quanto fu al mio Sol contrario il Fato, |||
Al bel leggiadro stil soggetto uguale |||
Al buon Padre del Ciel per vario effetto |||
A la durezza di Tomaso offerse |||
Alle vittorie tue, mio lume eterno, |||
Alma cortese, che con dolci accenti |||
Alma felice, se ’l valor, ch’ eccede |||
Alma, poiché di vivo e dolce umore |||
Alta fiamma amorosa, e ben nate alme, |||
Alta umiltade e sopra l’altre cara |||
Alzata al Ciel da quel solingo e raro |||
Amor, se morta è la mia propria speme, |||
Amor, tu sai, che mai non torsi il piede |||
Angel beato, a cui il gran Padre expresse |||
Anima chiara, or pur larga expedita |||
Anima eletta, ch’ anzi tempo spinta |||
Anima, il Signor viene, omai disgombra |||
Appena avean gli spirti intera vita; |||
Aprasi il cielo, e di sue grazie tante |||
Assai lunge a provar nel petto il gelo |||
B.
Beata l’alma, che le voglie ha schive |||
Beata speme, or che, mercé d’amore, |||
Beati voi, cui tempo né fatica |||