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SONETTO CXCVIII.


Mentre che l’uom mortai, freddo ed exangue,
   Tra l’ombre e le figure, intorno cinto
   Da mille lacci in cieco labirinto,
   Fuor del frutto divin del sacro sangue,
Vive sempre temendo, infermo langue,
   Dal primo inganno ancor legato e vinto,
   Ma s’a mirar sarà dal vero spinto
   In croce quel celeste eneo dolce Angue,
La cui chiara virtù la nostra guerra
   Vinse, alor si vedrà sicuro e sciolto
   Sovra le stelle, il cielo e gli elementi;
Onde, senza abbassar più gli occhi in terra,
   Ai raggi del gran Sol tutto rivolto,
   Andrà vèr Lui coi bei pensieri ardenti.


SONETTO CXCIX.


AGno puro di Dio, che gli alti campi;
   Del Ciel lastiando, in questo basso ovile
   Mondan ‘nostro scendesti, è in vista unule
   Celasti e nascondesli i chiari lampi;
Chi verrà mai, che I miser cor mio stampi
   Dell’immagine tua alma e gentile
   Sì, ch’io risorga del mio stato vile,
   E fuor di man degli avversari campi? .
E canti poi con più lodato inchiostro.; Come
  , sol di pietate ardendo, a scherno
   Avesti il mondo allor ‘cieco ed infausto 7
E come per portar il fallir nostro,;
   Fesli di te medesmo al Padre eterno: .
   Quello ineffabil tuo vero olocausto.