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SONETTO LXXIV
Temprasse alquanto, o da mortal affanno
Fosse il cor vinto sì, che ’l settimo anno
Non s’udisser sì lungi i miei sospiri. 4
Ma perchè ’l mal s’avanzi, o perchè giri
Senza intervallo il Sole, ancor non fanno
Più vile il core, o men gravoso ’l danno,
Che ’l mio duol spregia tempo, ed io martiri. 8
D’arder sempre piangendo non mi doglio;
Forse avrò di fedele il titol vero,
Caro a me sopra ogn’altro eterno onore. 11
Non cambierò la fè, nè questo scoglio,
Ch’al mio Sol piacque, ove fornire spero,
Come le dolci già, quest’amare ore. 14
——
SONETTO LXXV
Dal propio merto, lieta al Ciel volasti,
Se conforme al valor luce portasti,
Ogn’altra stella fu adombrata e vinta. 4
Ivi ti godi, e quì larga e distinta
L’alta strada d’onor chiara mostrasti;
Nè sol l’esempio raro a noi lasciasti,
Ma l’immagin tua bella al cor depinta. 8
Felice oggi è colui, che per l’altiere
Orme s’invia, che sì lodata cura,
S’ei ben non giunge al segno, eterno il rende. 11
Mostrò il Ciel maggior forza, e la Natura
Nuovo disegno, ch’oggi non comprende
Petto mortal quelle tue glorie vere. 14