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SONETTO XLIV.


A
lzata al Ciel da quel solingo e raro

   Pensier, che sopra il corso uman mi spinge
   Veder mi parve il volto, che depinge
   Amor al cor, ma più splendente e chiaro. 4
E di veder sopra quei cerchi imparo,
   Come un solo voler li muove e cinge,
   Come una sola mano allarga e stringe
   Quanto piove fra noi di dolce e amaro. 8
L’intelletto tra ’l lume, e le parole
   D’un’alta meraviglia sopragiunto,
   Fiso nel mio, non scorse il maggior Sole: 11
Perchè già al fin del desiderio giunto,
   Non sofferse la gloria, onde mi duole,
   Che ’l giunger, e ’l sparir fosse in un punto. 14


SONETTO XLV.


Q
uando già stanco il mio dolce pensiero

   Del suo felice corso giunge a riva,
   Dimostra il sonno poi l’immagin viva
   Con altro inganno più simile al vero. 4
Quel fa, ch’io segni bianco il giorno nero,
   Questo d’oscurità la notte priva,
   E se già l’aprir gli occhi mi nodriva,
   Il chiudergli ora è cagion, ch’io non pero. 8
E se col tempo il gran martir s’avanza,
   Più salda ognor nella memoria siede
   Col sonno, e col pensier l’alma sembianza. 11
E ’l proprio ardor rinova la mercede,
   Che se fuggì il piacere, e la speranza,
   Con maggior forza allor s’armò la fede. 14