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SONETTO CXX
Alor che salutandol di lontano,
Adorasti il supplicio empio inumano,
Ove al Padre il Figliuol per noi S’offerse.4
Col santo foco suo lo cor t’aperse,
E vi raccolse con la forte mano
Dentro l’alte virtù, che ’l nostro insano
Voler manda di for vaghe e disperse,8
Onde nell’aspra croce il dolce e ’l chiaro
Del ciel vedesti, e quella dolce vita,
Che parve agli altri ciechi dura morte.11
La tua fortezza celere e spedita
Vittoria elesse per vie dritte e corte,
Che fanno il viver bello, e ’l morir caro.14
SONETTO CXXI
Il buon Signor la piaga, e tai li diede
Ardenti rai, ch’a vera ed umil fede
L’indurato suo cor tosto converse.4
L’antica, e nova legge li scoverse
In un momento, ond’ei si vide erede
Del ciel, dicendo: è mio ciò, ch’ei possede,
Se quell’è mio, che tanto ben m’aperse!8
Ond’ei gli disse poi: maggior è il merto
Di creder l’invisibile per quella
Virtù, che non ha in se ragione umana.11
Il ciel fu a lui col bel costato aperto;
A noi la strada assai più corta e piana
Per fede di trovar l’orma sua bella.14