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SONETTO IV.
Fu sempre dolce nodrimento ed esca,
Ond’avvien, ch’ella spenta l’ardor cresca,
E in mezzo ’l foco l’alma afflitta treme?4
La speranza e ’l piacer fuggiro insieme,
Con qual arte la piaga si rinfresca?
Chi mi lusinga, o qual cibo m’inesca,
Se Morte svelse il frutto, i fiori, e ’l seme?8
Ma forse il foco, che ’l mio petto accende,
Da così pura face tolse Amore,
Che l’immortal principio eterno il rende.11
Vive in se stesso il mio divino ardore,
E se nodrir si vuol, dentro s’estende
Nell’alma, cibo degno al suo valore.14
SONETTO V.
Non diede il tempo, o la stagion favore,
La spada, la virtù, l’invitto core
Fur li ministri tuoi la state e ’l verno.4
Prudente antiveder, divin governo
Vinser le forze avverse in sì brev’ore,
Che ’l modo all’alte imprese accrebbe onore,
Non men che l’opre al grande animo interno.8
Viva gente, reali animi altieri,
Larghi fiumi, alti monti, alme Cittadi,
Dall’ardir tuo fur debellate e vinte.11
Salisti al mondo i più pregiati gradi;
Or godi in Ciel d’altri trionfi veri,
D’altre frondi le tempie ornate e cinte.14