La bicicletta
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S. STELLA
Tenente Colonnello d’Artiglieria
LA BICICLETTA
TORINO
tip. roux frassati e co
1896
proprietà letteraria
I.
Uno dei più salutari, dei più dilettevoli, dei più utili e ad un tempo dei più patriottici divertimenti è certamente l'uso della bicicletta.
Con essa si corre sempre all’aria aperta esercitando tutti i muscoli, e si godono i beneficii delle ascensioni alpine; poiché il lavoro del ciclista corrisponde a quello di chi sale una scala, ogni giro del pedale rappresentando l’alzata d’un gradino, che la macchina trasforma in movimento orizzontale.
Il ciclista è, meno assai del pedone, soggetto a certe torture dei piedi, soffre meno durante i calori estivi, essendo continuamente refrigerato dalla corrente d’aria prodotta dalla velocità della corsa; gusta assai più di chi viaggia a cavallo od in ferrovia l’ebbrezza della rapidità dell’andare; in poche parole lo sport ciclistico è, fra tutti, il più geniale ed il più ricco di emozioni, come l’attesta il grande interesse che il pubblico prende a simili esercizi. Se si potessero sceverare gli spettatori attratti alle corse puramente dalla passione del gioco, da quelli che vi accorrono per la parte vivissima che prendono alle vicende della lotta, si vedrebbe che le corse ciclistiche hanno il primato sulle ippiche.
La bicicletta, avendo fatto cadere in disuso la ruota a grande diametro (2,50 nel biciclo Renard) dei bicicli di qualche anno fa, tolse al ciclismo quanto vi era di acrobatico e di pericoloso, e, procacciandogli il favore del popolo, rese più animati i dintorni delle città, cambiò l’aspetto delle feste cittadine e rurali, facendovi affluire gente da paesi posti a maggiori distanze, e recherà una rivoluzione nei costumi moderni.
A questo mezzo d’educazione fisica, altamente istruttivo, è riservato il compito di distruggere gli ultimi avanzi dei nostri astii medioevali, di togliere le ultime tracce di quella ruggine che lasciarono negli animi le nostre guerre di campanile, di moltiplicare i vincoli di fratellanza fra le varie regioni d’Italia, di aumentare la nostra attività commerciale e politica e di far sì che la nostra gioventù si affratelli negli stessi ideali ed acquisti una perfetta conoscenza del suolo natio.
Quindi col nostro sistema di reclutamento nazionale un colonnello, un capitano potrà sempre trovare fra i suoi soldati una guida pratica e sicura, che nelle marcie notturne, sulle montagne, attraverso terreni boschivi, paludosi od intersecati a brevi distanze da siepi o canali, gli tornerà assai più utile di una carta topografica, per quanto minuta e precisa.
E le corse e i viaggi internazionali, usando di questo mezzo di locomozione, spegneranno gli odii e cancelleranno gli antagonismi di razza, stringendo vincoli di stima e di simpatia fra i giovani destinati a far parte dell'elemento dirigente delle rispettive nazioni. Nelle grandi corse internazionali, che avranno luogo in Germania nel 1897, uno dei più vistosi premi sarà quello che istituirà l’Imperatore per i francesi.
Questi bizzarri veicoli, che appena dieci anni fa erano pesanti e costosi, ora sono veri gioielli e così a buon mercato, che anche le borse più modeste sono in grado di farne acquisto. Chiunque può in pochi giorni imparare a servirsene in modo corretto, e giungere a fare 12 a 18 e spesso persino 20 a 25 chilometri all’ora, correndo 8 a 10 ore al giorno; e delle volte, pedalando sulla pista, si percorse in un’ora la distanza di 49 km. 893, e di 859 nelle 24 ore; e sulla pubblica via vi fu chi in 38 ore e 12 minuti corse i 700 chilometri che separano Mosca da Pietroburgo.
Trattandosi però di un lavoro da continuarsi per parecchi giorni, bisogna regolarmente limitarsi a 10 o 12 chilometri all’ora ed a sole 7 ad 8 ore al giorno, il che nonpertanto ci dà senza interruzione delle tappe che superano di tre tante quelle dei fantaccini.
E la cosa è naturale, poiché il pedone che sta ritto ha un movimento discontinuo e non s’appoggia che sopra un punto solo alternando un piede coll’altro successivamente, mentre il ciclista, che sta seduto, ha il suo peso ripartito su cinque punti (il sedere, i due piedi e le due mani) ed ha un movimento continuo e dolcissimo; cosicché se il pedone dovrà sviluppare un lavoro di 240,220 chilogrammetri per fare in 6 ore una marcia di 36 chilometri, il ciclista invece compie la stessa marcia in 3 ore con un lavoro di soli 36,000 chilogrammetri; ciò è dovuto precipuamente a quei 5 centimetri di cui oscilla verticalmente ad ogni passo il centro di gravità del pedone, i quali vengono eliminati col velocipede, formando i medesimi un importante fattore della formola colla quale i matematici calcolano il lavoro di chi va a piedi.
L’escursione ciclistica fatta a traverso il Monferrato il 30 e 31 maggio e 1° giugno 1896 da un drappello del 39° fanteria, dimostrò che i ciclisti possono marciare in isquadra molto serrati, colla velocità di 16 chilometri all’ora e percorrere di questo modo 120 a 150 chilometri al giorno.
Il ghiaccio, la neve, le strade pessime, le pendenze anche del 10% non sono per la bicicletta ostacoli insormontabili. Ad ogni modo quando realmente non fosse possibile di valersi della macchina o si volesse risparmiarla, si potrà sempre condurla a mano o portarla alta da terra, non pesando che soli 15 a 18 chilogrammi. Anzi in vari eserciti, compreso il nostro, si idearono delle biciclette capaci di essere smontate o piegate per poterle più facilmente adattare al dorso.
Il sig. Gérard, capitano nell'87° reggimento della fanteria francese, ha inventata e costruita una bicicletta munita di ruote molto basse, che hanno soltanto m. 0,65 di diametro, e sono unite fra loro semplicemente da un’asta congegnata in modo che si può a volontà renderla rigida oppure pieghevole, affine di soprapporre una ruota all’altra. Il soldato può quindi posare i piedi a terra, e, tenendosi la bicicletta fra le gambe, prendere note, eseguire schizzi, fare fotografie, chiedere informazioni o sparare il moschetto e quindi riprendere immediatamente la corsa, e, se il caso lo richiede, caricarla facilmente sulle spalle, mancando essa del solito telaio, o ripiegarla e caricarla sulla schiena come farebbe dello zaino, e si può portare nei caffè, nei negozi, nei vagoni viaggiatori delle ferrovie, senza incomodare le persone vicine. Due di queste biciclette Gérard possono accoppiarsi mediante 4 traverse laterali, formando così una bicicletta doppia che offre speciali ed incontestabili vantaggi potendosi con essa attraversare più agevolmente i terreni sdrucciolevoli, procedere più compatti, trasportare comodamente il bagaglio ed il materiale occorrente per qualche missione speciale, rendendo in tal modo la compagnia velocipedistica più indipendente; trasportare feriti e facilitare la sostituzione dei ciclisti mancanti, giacché dei due che spingono la macchina basta che uno sia in grado di dirigerla, e l’altro non deve che dare impulso ai pedali, e così facendo impara presto anch’egli a condurla.
Il Ministero della guerra francese, in conseguenza dei buoni risultati ottenuti con questa bicicletta nelle grandi manovre del 1895, ne ordinò 120 per fare delle esperienze più in grande durante quelle del 1896.
Sulla bicicletta si possono portare dei pesi di 30, di 40 chilogrammi, e perciò si potrà con essa fare il servizio di corriere, di commissioniere, ecc.
Questo cavalluccio d’acciaio che si conduce per le orecchie e si fa camminare a furia di calci nel ventre, è più infaticabile, più rapido, più docile del suo confratello dalle quattro gambe. Non regge al paragone nell’attraversare i boschi e le campagne coltivate e paludose e nel superare certi dati ostacoli, ma lo vince per la sua resistenza alle lunghe marcie, la sua velocità, la sua attitudine a correre sulla neve, sul ghiaccio e sul lastricato delle vie, ed oltracciò non ha bisogno di grandi riguardi, di cure speciali, di riposo, ed ha per sé il vantaggio di costar meno sia per acquistarlo sia per mantenerlo.
Sotto il punto di vista militare ha poi il pregio d’essere più silenzioso e meno vulnerabile, di potersi sottrarre più facilmente alla vista del nemico, di non avere capricci, di non esser soggetto ad epidemie, di richiedere poco spazio, di non aver bisogno né di mangiare né di bere, ma unicamente di qualche goccia d’olio a lunghi intervalli. Procedendo chetamente può oltrepassare le colonne in marcia senza metterle in orgasmo o stancarle come farebbe un cavaliere al galoppo.
Perciò questo geniale, economico, solido e rapido mezzo di trasporto incontrò prontamente il favore delle persone d’ambo i sessi, d’ogni ceto e d’ogni età dai principi e dalle principesse reali ai fattorini ed alle donne del volgo, dagli imberbi giovanetti agli ottuagenari, né mancano esempi di monsignori ed arcivescovi soliti a montare pubblicamente in bicicletta coi distintivi della loro alta dignità ecclesiastica. Anche nei varii eserciti non si tardò a tenere la bicicletta in onore come un prezioso arnese di guerra, ed a considerare il ciclista ben allenato e convenientemente istruito come un mezzo sicuro di vittoria destinato a mutar la tattica delle prossime guerre.
Ogni giorno vediamo annunciato il nome di qualche nuovo costruttore di questo genere di macchine, di qualche nuovo club ciclistico, di qualche nuovo magazzino per la vendita o noleggio delle biciclette. Le riviste militari se ne occupano largamente, e così anche le varie riviste tecniche e le accademie scientifiche; i giornali speciali del ciclismo aumentano incessantemente di numero e d’importanza, ed i più ragguardevoli giornali politici dedicarono una rubrica speciale al ciclismo; tutti insomma lavorano efficacemente per diffondere da per ogni dove la fama dei suoi benefici e della sua utilità. Le gare e le riunioni velocipedistiche assumono a grado a grado il carattere di feste nazionali, cosicché nell’aprile del 1896 la Grecia richiamando a vita solennemente gli antichi giuochi olimpici, volle che un giorno delle splendide feste fosse consacrato alla bicicletta.
Si calcolano a Parigi a più di 10 mila le persone che si recano ogni sera a fare una passeggiata in bicicletta fuori della città, ed a più di 10 milioni i ciclisti del mondo intero. Londra, essa sola, ha 562 piste ciclistiche e nel Belgio i ciclisti superano l’1% della popolazione intera.
In Milano, dove questa macchina forma gran parte della vita domestica, sebbene l’iscrizione municipale non sia obbligatoria, si distribuirono nel 1° semestre 1896 più di 5000 targhette.
La bicicletta è un valido rimedio contro l’anemia, la paura congenita e la timidità irragionevole del sesso gentile; nell’ultimo Congresso femminile di Parigi si dichiarò che sviluppa nella donna il sentimento, il gusto e la smania dell’indipendenza.
A Parigi, a Londra, a Brusselle, a Lilla, ad Ostenda, ecc., si disposero delle feste ciclistiche esclusivamente per le signore, che erano le sole ammesse a corrervi il palio; in Roma egualmente le signore e le signorine sogliono prender parte in gran numero alle passeggiate del Touring Club Ciclistico.
La nostra principessa Laetitia nel luglio 1896 radunò ad una gran festa ciclistica il sesso gentile nel vasto giardino reale di Torino, e terminato lo spettacolo le signore e le signorine sfilarono al cospetto della Principessa, la quale man mano che le passavano dinanzi complimentava quelle che si erano maggiormente segnalate. Il principe Carlo, uno dei più abili ciclisti della Danimarca, preferì scegliersi a consorte la principessa di Maud d’Inghilterra anch’essa espertissima ciclista. Fra i doni che le principesse sogliono ricevere o dare in occasione di nozze od al principio dell’anno, spiccano ora anche le biciclette ed il Sultano vi fa esercitare le sue odalische. I costruttori perciò fanno a gara nell’escogitare nuove macchine esclusivamente per le signore, ed i giornali cominciano ad occuparsene ed a discutere seriamente del ciclismo femminile.
Monta in bicicletta il giovanetto Re di Spagna, il Presidente della Repubblica di Francia, il settantenne marchese di Noailles, ambasciatore di Francia a Berlino, e si cita il caso d’un vecchio ottuagenario che suol fare per diporto il viaggio da Londra a Bedford (80 chilometri) servendosi di questo mezzo di locomozione, e quello d’un certo Burtin, dei dintorni di Metz, che, malgrado i sui 93 anni, fa ancora quotidianamente la sua solita passeggiata in bicicletta. L’uso anzi della bicicletta fra la gente di età avanzata è così esteso che l’unione velocipedistica francese volle indire una corsa speciale per i veterani del ciclismo.
La bicicletta viene oggidì adoperata largamente dal piccolo commercio, dagli uffici postali e telegrafici e da quello di polizia. A Berlino, dove si contano 40 mila giratori di cicli, si fondò persino una società di commissionari in bicicletta, ed una compagnia per porre a disposizione del pubblico, a 10 centesimi per ogni quarto d’ora di giorno e per ogni 10 minuti di notte, dei ciclisti muniti di un cestino e di un impermeabile in tempo di pioggia.
In Germania ed in Francia il servizio ferroviario si giova della bicicletta pel recapito ai destinatari degli avvisi d’arrivo delle merci; ed a Milano il partito socialista se ne valse splendidamente nelle elezioni politiche del 14 giugno 1896 come mezzo rapido di comunicazione fra la sede centrale del partito, gli elettori dirigenti ed i ritardatari, e le deve la vittoria; anzi ultimamente vi si costituì un Circolo Ciclista Socialista allo scopo di diffondere nelle campagne le idee socialiste ed aiutare tutte le manifestazioni del partito stesso. Vi sono esempi egualmente di cortei nuziali o battesimali interamente in bicicletta.
II.
La bicicletta è impiegata nell’esercito per la trasmissione degli avvisi e degli ordini per mantenere le comunicazioni tra le piazze forti ed i forti distaccati, e tra gli avamposti e il grosso delle truppe; è impiegata nelle ricognizioni, nel rifornimento delle munizioni fra le carrette e la linea del fuoco, e si calcolò che un ciclista può sostituire cinque fantaccini porta-munizioni e permettere di tenere le carrette a maggiore distanza.
Vi fu chi propose di attaccare un tamburo sul davanti della macchina per servirsi di essa a distendere e raccogliere i fili telegrafici e telefonici: altro pensò di applicarvi un telaio d’alluminio pel trasporto dei feriti.
Negli Stati Uniti d’America vi soprapposero una mitragliatrice Calt, la quale pesa appena 16 chilogrammi, cosicché il ciclista è in grado di sparare quattrocento colpi al minuto senza modificare la velocità o la direzione delle marcie e si giunse persino a smontare un cannone fra due biciclette accoppiate.
In molti eserciti si studiò il modo di addestrare dei drappelli speciali di ciclisti combattenti, ed in alcuni se ne fece anche l'esperimento. È notevole anzi l’insistenza con cui quei che sono maestri in simili materie si ostinano a dimostrare l’utilità che recherebbe oggigiorno in tempo di guerra un reggimento di ciclisti, pur ammettendo che in varii casi non troverebbero impiego per la natura e la fragilità dei loro veicoli, e che quando devono appiedare o caricarsi il veicolo sulle spalle corrono gran rischio di cadere nelle mani del nemico. Senza punto partecipare all’entusiasmo di chi sogna di sostituire i ciclisti alla cavalleria è pur forza ammettere che le esperienze diedero ovunque risultati soddisfacenti e che la bicicletta s’insinua trionfalmente nella tattica odierna.
Il ciclista ben allenato, buon conoscitore del terreno e specialmente delle strade accessibili alla bicicletta, capace di orientarsi prontamente, d’interpretare e notare in modo chiaro e preciso gli indizi che possono essere di qualche utilità pei comandanti di truppa, abile del tiro, sarà un acquisto prezioso non solo per la rapida trasmissione degli avvisi e degli ordini, ma anche pel servizio di sicurezza, d’informazioni, d’avan-scoperta; e per tasteggiare, scandagliare stancar l’inimico, e nel tentare i più arditi colpi di mano.
I ciclisti, meglio assai che i soldati a cavallo, possono chetamente spingersi sino a breve distanza dall’inimico senza destarlo prima del tempo opportuno, e così procurarsi ragguagli di una certa importanza; divisi in gruppi di due tre, allontanarsi di 50, di 100 chilometri dal grosso delle truppe e tornare a recare avvisi ogni volta che se ne presenti l’occasione; in gruppi più numerosi tribolar l’inimico comparendogli d’improvviso dinanzi dove e quando meno se l’aspetta e dileguandosi poi colla celerità del lampo dopo averne messo il campo a rumore con una scarica di moschetteria; e sul campo di battaglia rapidi nei loro movimenti poco vulnerabili, ben provvisti di munizioni da bocca e da guerra possono essere utilmente lanciati dal comandante supremo a portare il colpo decisivo ed intonar l’inno della vittoria.
E qui giova notare che al termine della corsa il ciclista a petto del cavaliere e del fantaccino è assai meglio in istato di valersi di tutta la sua abilità nel tiro.
A motivo della grande gittata delle nuove armi, delle grandi mosse degli eserciti odierni e dell’ordine sparso col quale oggidì si combatte, le battaglie occupano ora una grande estensione di terreno ed oltre a ciò la posizione delle truppe combattenti ed il luogo dove ferve maggiormente la lotta non sono più indicati dal fumo che è così tenue colle polveri attuali. Di più le varie fasi della battaglia s’incalzano ora e si succedono con una celerità di cui prima non si aveva idea; infatti mentre i fucili ed i cannoni di Napoleone non lanciavano che un proietto al minuto, le nostre armi da fuoco possono ad ogni minuto lanciarne delle decine, anzi delle centinaia, cosicché le truppe che sono nella zona battuta da questa grandine micidiale devono spostarsi a sbalzi fulminei e raccogliersi dietro ripari, altrimenti, rimanendo allo scoperto, sarebbero in pochi istanti distrutte. Di qui non ostante la grande importanza l’estrema difficoltà sul campo di battaglia di tener vive le comunicazioni tra gli stati maggiori e le truppe rispettive e le soldatesche vicine, di trasmettere prontamente gli avvisi, di far pervenire simultaneamente gli ordini ai comandanti subordinati, non potendo servirsi dei fili telegrafici o telefonici e poco giovando i telegrafi ottici.
Le biciclette però possono circolare in questo campo e contribuire efficacemente a tener ragguagliato il comandante supremo e i suoi subordinati di tutti i movimenti e di tutti gli ordini che possono interessarli.
E già nel 1894 il giornale di tiro a segno nazionale scriveva che «il ciclista dai muscoli di ferro e dal cuore di patriota ed il cavallo d’acciaio che non sente fame nè stanchezza, che non imbizzarrisce, che non invecchia, che non conosce distanze, che passa inavvertito dovunque, hanno preso il loro posto nella scuola dei combattimenti e lo avranno immanchevole nelle battaglie avvenire e posto di singolare importanza d’onore».
Sì, la bicicletta può rendere dei servigi segnalati tanto sul teatro strategico quanto nel campo tattico, e conseguentemente nelle guerre venture l’esercito che avrà maggior probabilità di vincere sarà quello che durante questo periodo di pace avrà istituito un miglior servizio ciclistico e saprà valersene meglio e su più vasta scala.
Perciò in tutti gli eserciti si fa a gara per ordinare questo nuovo ramo del servizio militare e le nazioni più bellicose ricorrono ad ogni mezzo in loro potere per incoraggiare la gioventù a dedicarsi con fervore al ciclismo ed a coltivarlo non solo come un divertimento ed un prezioso aiuto pel pronto disbrigo delle faccende domestiche e commerciali, ma anche come elemento di difesa nazionale.
In Francia, per esempio, affine di preparare dei buoni elementi pel servizio ciclistico militare, addestrano i giovani ciclisti a lunghi viaggi di 100 e più chilometri su strade aspre e malagevoli, e nel 1894 venne in Parigi fondata una Società la quale alterna le passeggiate cogli esercizi del tiro a segno, ed il Touring Club a sua volta tiene pubbliche conferenze di velocipedismo militare.
L’Unione velocipedistica italiana nel suo Congresso del 2, 3, 4 giugno 1895 si occupò anch’essa dei vantaggi che la bicicletta può arrecare in tempo di guerra.
È necessario però che i giovani destinati ad adoperarla formino un corpo scelto, disciplinato ed istruito a bello studio affinchè ci salvi da malaugurose sorprese e sollevi i reggimenti di cavalleria dalla necessità di privarsi dei loro migliori cavalli e cavalieri appunto quando ne avrebbero maggiormente bisogno.
Quindi la recente istituzione delle staffette di fanteria in Germania ed in Russia, quindi l'ordinamento in tutti gli eserciti di un drappello più o meno numeroso di ciclisti, il quale è divenuto oramai un grande aiuto, anzi un poderoso alleato della cavalleria.
La Potenza che per prima concepì l’idea di valersi del velocipede a scopo militare è la nostra Italia, la quale precedendo le altre di un decennio diede nelle grandi manovre del 1875 dei velocipedi di legno ai soldati incaricati del servizio postale, ed a quelli che distribuivano gli avvisi e gli ordini fra le truppe di seconda linea. Ma in seguito li mise in non cale. Nel 1886 ordinò un corso speciale di ciclisti e stabilì da principio che ogni reggimento avesse 3 velocipedi; ora invece ogni battaglione ha 3 biciclette modello 1891, la cui costruzione è affidata alle officine del genio militare in Pavia; ma sino all’11 maggio 1895 rimase vietato agli ufficiali di attraversare la città sulla bicicletta, e nemmeno ai comandanti di reggimento era permesso di valersene nelle manovre.
In seguito però il nostro ciclismo militare prese nuovo sviluppo, e fu naturalmente in Milano, nel centro della massima attività del nostro Sport ciclistico, che ebbe il massimo incremento. Nei dintorni di Milano infatti il 39° reggimento di fanteria cominciò il giorno 11 aprile 1896 ad eseguire delle ricognizioni, incaricandone un plotone di ciclisti istruiti appositamente; questi ciclisti diramandosi per stradette e sentieri, attraverso i campi e le risaie, dimostrarono all’evidenza quanto sia opportuno e proficuo il servizio che la bicicletta può rendere sulle pianure lombarde, dove ebbero ed avranno luogo la maggior parte delle battaglie che si combatterono o si combatteranno in Italia.
Quel plotone di ciclisti fu istruito ed era guidato dal tenente Natali, inventore di una bicicletta e di uno zaino pei ciclisti militari ed autore del pregevole lavoro: La questione ciclo-militare considerata nella primavera del 1895, stampato nella rivista militare di quell’anno, quello stesso che fu l’anima ed il direttore dei tornei ciclistici che si tennero in Milano negli anni 1894 e 1895.
I reggimenti di stanza in Lombardia sono quelli appunto che sogliono disporre le migliori gite cicliste a fine di studiare il terreno della valle padana, e specialmente quella parte che fu il teatro delle principali battaglie del nostro risorgimento.
A dimostrare quanto sia l’amore col quale la gioventù italiana si dedica al ciclismo, basti il ricordare che alla sfilata in Alessandria il 31 maggio 1896 presero parte, senz’altro incitamento che un invito del Veloce Club di quella città, più di 1500 ciclisti.
La Francia cominciò nel 1886 a valersi dei velocipedi pel servizio militare, adoperandone 8 nelle grandi manovre per la trasmissione degli ordini. Avendo il tentativo fatto buona prova, le esperienze vennero continuate su più vasta scala nel 1887 e nel 1888; e dopo avere colla circolare del 9 maggio 1889 dato a questo servizio un primo ordinamento, nel 2 aprile 1892 l’applicazione fu estesa a vari altri impieghi in campagna e nelle guarnigioni, e con decreto del 5 aprile 1895 la bicicletta fu ammessa ufficialmente a far parte dell’esercito, e si assegnarono ad ogni reggimento 5000 lire annue per l’acquisto delle macchine e per un soprassoldo speciale ai ciclisti. Ufficiali dei varii reggimenti di fanteria furono inviati alla scuola di ginnastica militare di Jonville-Le-Point per impratichirsi nel maneggio del nuovo velocipede pieghevole.
In Francia la costruzione delle biciclette pel servizio militare è affidata all’artiglieria, ed il ciclismo ha raggiunto uno sviluppo che sembra vogliasi porre ad atto la proposta che qualcuno aveva fatto nel 1870, d’andare a dettar legge in Berlino con un esercito montato su velocipedi. L’unione velocipedistica francese conta 30 mila soci e l’esercito ebbe sinora il primato nell’applicazione del ciclismo alle operazioni militari.
Nel 1894 un autorevole giornale militare aveva proposto l’ordinamento di 32 mila ciclisti (26 battaglioni) i quali, sostenuti dall’artiglieria volante e dalla cavalleria, avrebbero potuto tentare le imprese più audaci. L’unità tattica per eccellenza, secondo il tenente Putkamer dell’esercito prussiano, sarebbe cavalleria, artiglieria e ciclisti.
Il comandante del 12° corpo d’armata in una circolare trasmessa nel maggio 1896 ai suoi generali e comandanti di corpo assegna ai velocipedisti un compito che supera quello stesso della cavalleria, e raccomanda di promuovere e favorire con tutti i mezzi quest’efficace fattore della vittoria. Nell’esercito inglese i ciclisti sono ordinati in sezioni combattenti e vengono perciò esercitati con cura nelle marcie e nel tiro a segno alternatamente; la graduazione si ottiene dividendo il tempo impiegato nel tiro pel numero delle imbroccate, il quoziente più basso indicherà quale sia tra essi il miglior ciclista militare.
Ogni reggimento territoriale ed ogni battaglione di volontari ha una sezione di ciclisti, e nel 1885 si aggiunse un corpo speciale di ciclisti col nome di 26° Middlesex, che è una vera fanteria montata. I ciclisti dei battaglioni dei volontari sono oltre 6000, ed ora parlasi di portarli a 20 mila. Il 25 luglio 1896 il duca di Connaught, che aveva il comando del campo d’Aldershat, ne passò a rassegna 600 e lo spettacolo terminò con una sfilata attraverso il campo mentre il duca e molti altri ufficiali pedalavano alla testa dell’ammirabile colonna.
Quando devono combattere appiedati i ciclisti accoppiano insieme le biciclette e le fanno condurre da pochissimi uomini. Il loro regolamento fu pubblicato nel 1890 ed è un trattato completo di ciclistica militare.
L’esercito tedesco cominciò a far uso della bicicletta nelle grandi manovre del 1894 e se ne servì specialmente per raccogliere informazioni e per tutte quelle altre incombenze che si sogliono affidare ai cavalieri isolati; il generale Valdersee se ne valse nel campo della battaglia simulata contro la cavalleria. Fu poi adoperata su più vasta scala nelle grandi manovre imperiali che ebbero luogo in Pomerania nel 1895 dove un corpo di 60 ciclisti, mandato ad esplorare e ad effettuare altre operazioni tattiche, fece così splendida prova che lo stesso imperatore ne fu meravigliato. E Guglielmo II è così appassionato per la bicicletta che quando seppe che il comandante il suo yacht Hohenzollern ha proibito di pedalare sul ponte mentre era a bordo l'imperatore, volle che si togliesse quell’ordine, che cominciasse tosto a pedalarvi il comandante stesso, e gli tenne la bicicletta durante la sua prima lezione di ciclismo.
S’incominciò d’allora in Germania a guardare con occhio benevolo i ciclisti militari, si autorizzarono gli ufficiali a pedalare nell’interno della città regolandone la tenuta, il modo di salutare, di portare la sciabola. S’inscrisse annualmente in bilancio una grossa somma per l’acquisto delle macchine, ed al ministero della guerra s’instituì una nuova sessione incaricata esclusivamente della parte ciclistica.
Infine col regolamento 30 maggio 1896 si stabilì tutto quel che si riferisce al reclutamento ed all’istruzione dei ciclisti militari.
Essi sono scelti assoggettandoli prima ad un’accurata visita medica e vengono esercitati da principio su buone strade piane, poi su strade erte e malagevoli e per ultimo sopra qualsiasi terreno annettendo essi sempre maggior importanza alla resistenza che alla velocità. I ciclisti nei reggimenti sono l’oggetto di particolari attenzioni, e ricevono una paga che ragguaglia quella degli ufficiali.
Nel combattimento fanno parte dell’ultimo scaglione.
Ogni battaglione ciclista ha un ufficiale incaricato esclusivamente d’istruire graduati ed è provvisto di tre cicli, cioè uno riservato per adoperarlo in guerra e gli altri due, più robusti, per le istruzioni e per servirsene in tempo di pace. Queste macchine sono rivedute dall’artiglieria allorché si fa la visita delle armi, e gli armaiuoli dei reggimenti devono sapere per bene come mantenerli in buono stato ed essere capaci di effettuarvi le riparazioni di cui avessero bisogno. La Russia dispose il suo servizio ciclistico militare nel 1891 e nelle manovre autunnali del 1894 diede a ciascun capitano di fanteria una bicicletta. Ogni reggimento ha 4 macchine ed ha inoltre un biciclo speciale per correre sulla neve a fine di sperimentarlo. Lo Czar, per favorire il più possibile lo sviluppo del ciclismo, accordò ampia libertà di pedalare dovunque in tutto il suo vasto impero, e proibì alle amministrazioni comunali d’imporre una tassa sui ciclisti, come appuntò avevano intenzione di fare.
L’Austria-Ungheria cominciò nel 1884 a servirsi della bicicletta nel suo esercito ed ora fa imparare agli allievi dell’accademia militare il modo di usarla e tiene annualmente a Wiener Neustadt un corso pratico di velocipedismo militare.
Nell’esercito svizzero il servizio ciclistico data dal 1891. La prima scuola europea ciclistica militare fu istituita in Berna e vi si istruiscono annualmente 300 reclute, esercitandole nella topografia, nelle ricognizioni e nel tiro tanto se il ciclista è appiedato quanto se è montato sulla sua macchina.
L’esercito Bavarese, dopo accurati esperimenti, scelse nel 1894 la bicicletta per tutti quei servigi nei quali si sogliono impiegare i cavalieri isolati ed assegnò due macchine a ciascuno dei suoi battaglioni di fanteria e di cacciatori.
Anche nell’esercito belga, nell’olandese, nello svedese, nello spagnuolo, nell’ottomano, ecc., troviamo il servizio ciclistico ordinato su scala più o meno vasta. Il Giappone fu il primo a servirsene in guerra aperta.
Gli Stati Uniti d’America hanno da tempo nel loro esercito i ciclisti ordinati in compagnie combattenti. Il generale Miles, comandante supremo dell’esercito ed autore di un regolamento di manovra sulla bicicletta, nel suo ultimo rapporto annuale propose addirittura un reggimento di 12 compagnie montate su biciclette e vetture automatiche.
Durante la pace queste compagnie sarebbero specialmente incaricate di studiare in modo accurato il terreno, cioè i fiumi, le strade, le produzioni di ogni genere, di raccogliere insomma tutti quei dati che possono avere qualche importanza per un comandante d’esercito.
III.
Il ciclista militare deve per le sue qualità fisiche, morali ed intellettuali e per la sua istruzione speciale essere in grado di ben adempiere le missioni speciali sempre importanti e delicate e spesso difficili che gli si possono affidare e pel cui compimento gli toccherà qualche volta di presentarsi alle prime autorità, di rimanere qualche giorno lontano dai suoi superiori diretti od abbandonato a se stesso.
Perciò deve avere buona vista, essere robusto, sobrio, ardito, integerrimo, pieno d’amor proprio e di buona condotta, deve saper leggere e scrivere correntemente, comporre un rapporto intelligibile, e sarebbe bene che fosse anche capace di disegnare uno schizzo, di valersi della macchina fotografica e conoscesse oltre alla propria qualche lingua straniera.
Deve inoltre possedere certe qualità speciali, deve cioè essere capace di valersi della sua bicicletta anche su terreno disuguale, di viaggiare portando pesi, ed in caso di bisogno una gabbia di piccioni viaggiatori; deve saper tenere in assetto la sua macchina e farvi di propria mano le piccole riparazioni, deve essere in grado di consultare le carte topografiche, giudicare a occhio della pendenza delle strade e delle distanze, conoscere il modo di eseguire le ricognizioni dei villaggi, dei ponti, delle strade, dei guadi, ecc.; deve possedere una perfetta conoscenza del terreno della sua regione, conoscere cioè non solo le strade maestre, ma anche le vicinali ed i sentieri accessibili alla bicicletta, ecc.; deve essere un buon tiratore, abile nello sfuggire alla vista ed alle minacce dell’inimico; deve essere in grado di leggere cammin facendo una carta od uno scritto e di far uso della sua arma da fuoco.
I primi requisiti si possono ottenere scegliendo le reclute appositamente. In Germania l’ordine di gabinetto dell’11 maggio 1895 col quale si istituiscono le staffette di fanteria, che corrispondono pel loro scopo ai ciclisti, stabilisce appunto che le reclute per la loro professione, le loro qualità fisiche, morali ed intellettuali sieno particolarmente atte all’ufficio che viene loro affidato; ed il regolamento del 30 maggio 1895 col quale s’introdusse nell’esercito tedesco il servizio ciclistico prescrive che le reclute siano scelte fra i soldati di condotta incensurabile, di carattere energico, sufficientemente istruiti, e già pratici della bicicletta.
E questo reclutamento non può presentare difficoltà, poiché, generalmente parlando, quelli che si dedicano di preferenza al velocipedismo sono i giovani della classe più agiata, ossia appunto i più colti ed i meglio indicati pel servizio che i ciclisti sono chiamati a rendere in guerra»
Ma questi giovani sono anche quelli che d’ordinario rimangono meno nei reggimenti, entrandovi colla breve ferma del volontariato di un anno, quindi è difficile che alle molteplici istruzioni, alle quali devono attendere, possano anche aggiungere quella speciale del ciclista militare.
I ciclisti in congedo, e segnatamente quelli che abitano nei grandi centri, frequentando i velodromi ed i club e prendendo parte alle passeggiate ed alle carovane ciclistiche conservano è vero l’allenamento e l’attitudine a far buon uso della macchina, ma non acquistano alcuna di quelle doti speciali che formano il ciclista militare. Pur troppo i più valenti campioni delle nostre società ciclistiche, i più terribili divoratori di chilometri, conquistatori di records non valgono come ciclisti militari, più di un fantino al posto della staffetta di fanteria.
Lo stesso può dirsi di quegli altri giovani che nei comuni rurali, lontani dalle società ciclistiche, e dagli occhi del gran mondo, cominciano ed in numero assai maggiore di quel che generalmente si crede, a valersi della bicicletta, sia per semplice svago, sia pel disbrigo dei propri affari.
E qui è il caso di far osservare che lo sport ciclistico più d’ogni altro si lascia influire da quell’andazzo del nostro secolo che ci trascina a far tutto a furia, ed a non apprezzare che le velocità vertiginose, le quali invece di essere utili sono dannose alla salute.
Pur troppo in questo secolo del telegrafo e del vapore si cerca di fare ogni cosa colla celerità del lampo, si edifica e si abbatte, si scrive e sì legge; si viaggia, si accumula e si sperpera in un attimo. Si direbbe che in questa fine del secolo che s’intitola il secolo dei lumi e del progresso, l’umanità tema che il mondo abbia a finire col secolo XX, quel che nel medio evo si temeva che accadesse alla fine del secolo x; e che essendo rimasta molto indietro nel compito affidatole dal creatore, si dia fretta, invasa dalla pazza frenesia di volerlo ultimare ad ogni costo, prima che il mondo finisca.
Come nei colombi viaggiatori si tende a sacrificare alla velocità del volo il loro orientarsi istintivamente, che in guerra ha la massima importanza, così nello sport ciclistico si sacrifica tutto alla velocità, la quale in guerra non ha che un valore secondario. Il ciclista rimane talmente affaticato dall’eccessiva rapidità della corsa che dopo qualche ora è costretto a prendere un lungo riposo, in quel mentre viene oltrepassato d’una distanza doppia, o tripla da chi partito con lui fosse andato innanzi con una velocità moderata.
Ed infatti da uno scritto del Bouny, presentato nel giugno del 1896 all’accademia delle scienze di Parigi, risulta che il lavoro corrispondente ad ogni colpo di pedale per una velocità di 17 chilometri è di soli 2,9 chilogrammetri, mentre per una velocità doppia il rapporto cresce sino a 9,13 chilogrammetri.
Per questo motivo in Francia nell’esame d’ammissione a velocipedista militare basta quanto a velocità un viaggio di 60 chilometri in 6 ore: ed in Germania è prescritto che la velocità, non ecceda mai i 30 chilometri ogni 2 ore.
Nelle corse che ebbero luogo a Gratz (Austria) nel maggio 1896, alle quali presero parte 12 allievi della scuola dei cadetti di Liebenau superando veri ostacoli, ciò a cui si diede grande importanza non fu la velocità, sì bene la solidità del ciclista in sella e la precisione dei movimenti.
Nello sport ciclistico invece non si aspira che a conquistare dei records individuali di velocità vertiginose; quindi non si corre che sulle piste dei velodromi e sulle grandi strade provinciali, si viaggia sempre senz’armi, senza bagaglio e non si pensa mai a procedere ordinati per isquadre raddoppiando e sdoppiando le file; a percorrere strade impraticabili o guaste semplicemente, ad attraversare terreni disuguali od impediti conducendo per qualche tratto la macchina a mano o portandola di peso, ad esercitarsi a tirare al segno senza appiedare.
Perciò il ministero della guerra negò la sua approvazione al campionato militare per le corse che ebbero luogo in Roma nel giugno 1896, e non è solito aderire alle domande di corse militari che di tempo in tempo gli vengono dirette dalle società ciclistiche.
Anche l’arte militare subì l’influsso del secolo, poiché le guerre oggidì scoppiano come fulmini a ciel sereno e si svolgono precipitosamente; le prime avvisaglie seguono alla distanza di poche ore la rottura delle relazioni diplomatiche, e dopo poche settimane le due parti avverse sono già a fronte l’una dell’altra per venire a battaglia decisiva.
Quindi importa moltissimo d’avere in questo periodo di pace delle scuole nelle quali si possono formare ed esercitare poi nelle loro speciali istruzioni dei bravi ciclisti militari, poiché altrimenti sarebbe impossibile il trarne vantaggio in tempo di guerra.
Queste scuole ciclistiche-militari dovrebbero istruirsi unicamente nell’esercito. Ma, da quanto abbiamo detto sinora risulta che le istruzioni speciali del ciclista militare sono così estese e così varie che una recluta che ne fosse affatto digiuna non potrebbe rendersele famigliari durante la breve ferma attuale, tanto più se si considera che, come abbiamo già detto, i giovani che hanno i requisiti necessari per essere prescelti pel servizio ciclistico non si arrolano d’ordinario che come volontari di un anno.
Se non che le Società nazionali di tiro a segno, le quali furono appunto istituite collo scopo di preparare la gioventù al servizio militare e mantenerla poi atta a potere, quandochessia, coll’improvviso scoppiare di una guerra, prestar subito un buon servizio, possono, senza peccare dì esorbitanza, anzi dovrebbero occuparsi di preparare dei buoni elementi pel servizio ciclistico militare e ad esercitare i ciclisti che trovansi in congedo nelle loro speciali incombenze.
E se vi sono istruzioni ed esercizi nei quali importi che sieno iniziate le reclute e mantenuti poi esercitati i soldati in congedo sono appunto quelle speciali del ciclista, mentre in caso diverso sarà impossibile in tempo di guerra di ottenere un servizio ciclistico proporzionato alle esigenze della tattica odierna.
Non intendiamo con ciò dì dire che nelle Società di tiro si possa svolgere integralmente il programma delle istruzioni speciali che nei reggimenti si danno ai ciclisti; l’abilità nel riconoscere ed apprezzare gli effettivi delle formazioni delle varie armi, la conoscenza del personale, le istruzioni speciali dei ciclisti combattenti non si possono acquistare che nell’esercito; ma non vi ha dubbio che le Società a cui alludiamo possono, e perciò dovrebbero contribuire efficacemente all’ordinamento ed alla buona riuscita del nostro servizio ciclistico militare.
Ed ecco perchè le Società che se ne occupano ottengono maggiormente il favore ed il plauso delle rispettive Autorità e delle popolazioni nel tempo stesso.
Nel 1892, quando la Società nazionale di tiro a segno della Spezia, seguendo l'esempio che aveva dato quella dì Roma, per istimolare la gioventù a fare uso frequente della bicicletta bandì delle gare ciclistiche, sebbene la festività fosse assai modesta, senza alcun allettamento di grandi premi, e perciò priva del concorso dei valenti campioni dello sport ciclistico, S. A. R. il principe Luigi si compiacque non ostante assistervi appunto per incoraggiare colla sua augusta presenza quella Società a continuare ad occuparsi anche di ciclismo.
Similmente gli ufficiali in congedo domiciliati nel mandamento di La-Morra, ben conoscendo quanto sia importante l’avere in ogni villaggio, in ogni borgata delle nostre regioni di frontiera qualche giovane pratico della bicicletta, buon conoscitore del terreno ed iniziato nel servizio speciale del ciclista militare, quando s’adoprarono per far rifiorire la loro Società di tiro a segno vollero tentare ogni mezzo per dare un vigoroso impulso al velocipedismo indirizzandolo a scopo militare. Ed alla festa ciclistica data dalla detta Società nel 1895, quantunque la medesima non avesse alcuna importanza come sport né attrattive di vistosi apparati o grandi premi, intervennero le Autorità e la popolazione intera.
Il Presidente del Veloce Club d’Alba assunse la direzione dello spettacolo e vi condusse i suoi migliori ciclisti, ed il sig. geometra Enrico Tarditi di Perno, che è il miglior velocipedista di quelle colline, mise tutta la sua energia in opera affinchè nessuno dei ciclisti di quei Comuni rurali mancasse di prender parte alla gara e regalò anche una bandiera che fu assegnata alle corse come primo premio.
E tutto ciò perchè la popolazione che vive lassù ai piedi di quelle Alpi alle quali dobbiamo tenere costantemente fissi i nostri sguardi, arde di amor di patria, e da secoli educata dai suoi re alle armi, forma un valido scudo per respingere le aggressioni che potessero minacciarci da quel lato, e sa per conseguenza giustamente apprezzare lo scopo che la sua Società di tiro si prefigge.
E la Presidenza lieta, anzi fiera del favore delle Autorità e della simpatia del pubblico, risolse di stabilire delle feste e gare od escursioni ciclistiche da celebrarsi annualmente, persuasa di riuscire con questo mezzo a preparare col fiore di quella balda gioventù dei buoni elementi pel nostro servizio ciclistico militare.
E ciò conferma quanto il predetto tenente Natali stampò nella Rivista Militare del 1895 circa l’importanza, anzi la necessità, d’avere sulla nostra frontiera una scuola ciclistico-militare e di formarvi un nodo di ciclisti volontari, abili esploratori locali.
Ciò porta con sé il bisogno di tenere un ruolo di quei giovani borghesi che, in caso di bisogno, verrebbero volonterosamente sotto le armi colla loro bicicletta per servire in qualità di ciclisti, ed uno specchio caratteristico per ciascuno di essi dal quale risulti la sua abilità come corridore e come tiratore; se è in grado di compilare una relazione, di fare uno schizzo, se conosce alcuna delle lingue straniere, ecc.
In Prussia i migliori velocipedisti militari hanno una nota speciale sul loro stato di servizio.
Il generale comandante supremo dell’esercito degli Stati Uniti d’America sta preparando un piano ciclistico nel quale nota tutte le variazioni che avvengono in quei ciclisti che sono ancora vincolati al servizio militare. Senza questa statistica o piano ciclistico si correrebbe rischio d’assumere poi come ciclisti dei giovani che non furono mai, o non sono più, all’altezza del loro compito, trascurando quelli che saprebbero adempierlo lodevolmente.
L’Unione velocipedistica italiana fu la prima a stabilire questa statistica colla circolare pubblicata nel n. 56 del suo bollettino; ma ci permettiamo di osservare che una statistica di tal fatta dovrebbe essere compilata e modificata man mano secondo il bisogno delle società di tiro a segno nazionale, le quali sole trovansi a contatto con tutta quanta la gioventù d’Italia da quella delle grandi città a quella dei Comuni rurali, dove vive quella mascula rusticorum proles che costituirà sempre il nerbo dell’esercito, e le cui dichiarazioni perciò, verificate dai rispettivi direttori ed ispettori, hanno presso le autorità un valore al quale non possono certamente aspirare i certificati d’indole militare spediti dalle società ciclistiche borghesi.
Con tutto ciò non è nostra intenzione di pretendere che le società di tirò a segno abbiano a mutare indirizzo, edificare velodromi e far concorrenza alle società ciclistiche. Il compito delle società di tiro a segno nazionale è quello invece semplice di un Comitato nazionale di propaganda che lavora per estendere l’uso della bicicletta dalle città alle campagne e sopratutto verso le nostre frontiere e per volgerle a scopo di difesa nazionale, cosicché gioveranno all’incremento delle società di sport ciclistico senza invadere menomamente il loro campo. L’azione di quelle è intensiva, mirando esse a raccogliere i scelti per esercitarli nelle grandi velocità, l’azione di queste è per contro estensiva, dovendo esse procurare che il maggior numero di giovani si valga della bicicletta per studiare dettagliatamente il terreno della patria nostra.
Le società di tiro devono limitarsi a promuovere dei viaggi in isquadra sulle strade maestre, delle escursioni attraverso alle campagne con la carta topografica alla mano, a disporre delle conferenze sul servizio ciclistico militare, e comprendere nelle gare di tiro una categoria speciale pei ciclisti e bandirne contemporaneamente una di ciclismo militare.
È inutile illuderci; le missioni che la tattica odierna affida al ciclista sono di tal natura che non potrebbero essere eseguite da individui presi a caso, fossero pure scelti fra i più distinti ciclisti delle nostre primarie società; nel ciclista militare si richiede un’istruzione speciale di cui non si occupano affatto le società ciclistiche, e delle qualità morali ed intellettuali che non lascino dubbi.
Perciò se non avremo seriamente pensato a procurarci durante questo periodo di pace dei buoni elementi per questo nuovo genere di servizio militare, se non avremo prese le opportune disposizioni per avere una statistica che tutti li comprenda, specificando per ciascuno di essi le qualità fisiche e morali, sarà poi impossibile, giova ripeterlo, che il nostro servizio ciclistico, allo scoppiare improvviso d’una guerra, risulti pari al compito che deve adempiere.
Noi però abbiamo ferma speranza, sentiamo anzi fede inconcussa che il nostro esercito, mercè l’efficace cooperazione delle società di tiro a segno, potrà ordinare un buon servizio ciclistico e mantenerlo tale, cosicché sia in grado d’agir sempre regolarmente e su vasta scala, anche all’avanzare di subita guerra, ma occorre che a queste società non facciano difetto gli incoraggiamenti morali e materiali delle autorità e segnatamente quelli del ministero della guerra.
E non trattasi d’incoraggiamenti che possano in qualche modo nuocere anche menomamente al servizio militare o gravare notabilmente sul bilancio. Basterebbe, ad esempio:
1° Accordare per accertata idoneità ai più abili ciclisti un brevetto di ciclista militare notandolo sul loro libretto o sul loro specchio caratteristico, come si fa in Francia pei brevetti spediti dall’Unione delle società ginnastiche.
2° Istituire pei ciclisti dei reggimenti un distintivo che ne solleticherebbe l’ambizione, conferendo loro agli occhi degli altri soldati un’alta ed invidiabile onorificenza ed autorizzare i ciclisti che hanno avuto un brevetto dalle società di tiro a fregiarsene anch’essi, e non solo quando sono richiamati sotto le armi, ma anche durante il loro congedo; senza però creare a loro favore un diritto ad essere poi impiegati come ciclisti, se sono richiamati a prender l’armi; In Francia i ciclisti portano al colletto per distintivo un velocipede, il quale è di lana per i soldati, di oro per gli ufficiali.
3° Accettare durante le manovre di campagna i ciclisti in congedo per servire come staffetta, accogliendo le offerte fatte più volte dalle principali società ciclistiche in Italia ed all’estero. In Francia ogni reggimento ha per le grandi manovre quattro velocipedisti tratti dalla riserva o dalla milizia territoriale, i quali si presentano spontaneamente pronti ad assumere questo servizio colla propria macchina. Anzi una recente istruzione autorizza le riserve munite di brevetto di velocipedista militare richiamate sotto le armi a compiere il loro servizio contro i confini del presidio dove hanno il loro domicilio.
4° Promuovere, come saggiamente propone il Natali, ad ufficiali della milizia territoriale pel servizio di staffetta e di pattuglia i ciclisti di maggior grido.
Le società ciclistiche dovrebbero poi entrare tutte in gara nell’accordare ad individui fregiati del distintivo di ciclista militare libero ingresso nei loro velodromi; ed il ministro della guerra dovrebbe autorizzarli, come si fa in Isvizzera, a ricevere dall’Amministrazione militare una bicicletta del modello approvato per l’esercito, colla quale dovrebbero presentarsi ad ogni chiamata sotto le armi.
Terminiamo facendo voti affinchè pel bene del nostro esercito, l’esempio dato dalla modesta società di tiro di La Morra sia seguito dalla più parte delle società consorelle, e specialmente da quelle che hanno sede sulle nostre frontiere o nelle regioni strategiche dell’interno; ed affinchè i loro sforzi per far sì che la gioventù italiana si trovi sempre apparecchiata a prestare un buon servizio in tempo di guerra, siano giustamente apprezzati, sopratutto dalle autorità militari.