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facilmente alla vista del nemico, di non avere capricci, di non esser soggetto ad epidemie, di richiedere poco spazio, di non aver bisogno né di mangiare né di bere, ma unicamente di qualche goccia d’olio a lunghi intervalli. Procedendo chetamente può oltrepassare le colonne in marcia senza metterle in orgasmo o stancarle come farebbe un cavaliere al galoppo.
Perciò questo geniale, economico, solido e rapido mezzo di trasporto incontrò prontamente il favore delle persone d’ambo i sessi, d’ogni ceto e d’ogni età dai principi e dalle principesse reali ai fattorini ed alle donne del volgo, dagli imberbi giovanetti agli ottuagenari, né mancano esempi di monsignori ed arcivescovi soliti a montare pubblicamente in bicicletta coi distintivi della loro alta dignità ecclesiastica. Anche nei varii eserciti non si tardò a tenere la bicicletta in onore come un prezioso arnese di guerra, ed a considerare il ciclista ben allenato e convenientemente istruito come un mezzo sicuro di vittoria destinato a mutar la tattica delle prossime guerre.
Ogni giorno vediamo annunciato il nome di qualche nuovo costruttore di questo genere di macchine, di qualche nuovo club ciclistico, di qualche nuovo magazzino per la vendita o noleggio delle biciclette. Le riviste militari se ne occupano largamente, e così anche le varie riviste tecniche e le accademie scientifiche; i giornali speciali del ciclismo aumentano incessantemente di numero e d’importanza, ed i più ragguardevoli giornali politici dedicarono una rubrica speciale al ciclismo; tutti insomma lavorano efficacemente per diffondere da per ogni dove la fama dei suoi benefici e della sua utilità. Le gare e le riunioni velocipedistiche assumono a grado a grado il carattere di feste nazionali, cosicché nell’aprile del 1896 la Grecia ri-