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mangono meno nei reggimenti, entrandovi colla breve ferma del volontariato di un anno, quindi è difficile che alle molteplici istruzioni, alle quali devono attendere, possano anche aggiungere quella speciale del ciclista militare.
I ciclisti in congedo, e segnatamente quelli che abitano nei grandi centri, frequentando i velodromi ed i club e prendendo parte alle passeggiate ed alle carovane ciclistiche conservano è vero l’allenamento e l’attitudine a far buon uso della macchina, ma non acquistano alcuna di quelle doti speciali che formano il ciclista militare. Pur troppo i più valenti campioni delle nostre società ciclistiche, i più terribili divoratori di chilometri, conquistatori di records non valgono come ciclisti militari, più di un fantino al posto della staffetta di fanteria.
Lo stesso può dirsi di quegli altri giovani che nei comuni rurali, lontani dalle società ciclistiche, e dagli occhi del gran mondo, cominciano ed in numero assai maggiore di quel che generalmente si crede, a valersi della bicicletta, sia per semplice svago, sia pel disbrigo dei propri affari.
E qui è il caso di far osservare che lo sport ciclistico più d’ogni altro si lascia influire da quell’andazzo del nostro secolo che ci trascina a far tutto a furia, ed a non apprezzare che le velocità vertiginose, le quali invece di essere utili sono dannose alla salute.
Pur troppo in questo secolo del telegrafo e del vapore si cerca di fare ogni cosa colla celerità del lampo, si edifica e si abbatte, si scrive e sì legge; si viaggia, si accumula e si sperpera in un attimo. Si direbbe che in questa fine del secolo che s’intitola il secolo dei lumi e del progresso, l’umanità tema che il mondo abbia a finire col secolo XX, quel che nel medio evo si temeva che ac-