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cadesse alla fine del secolo x; e che essendo rimasta molto indietro nel compito affidatole dal creatore, si dia fretta, invasa dalla pazza frenesia di volerlo ultimare ad ogni costo, prima che il mondo finisca.

Come nei colombi viaggiatori si tende a sacrificare alla velocità del volo il loro orientarsi istintivamente, che in guerra ha la massima importanza, così nello sport ciclistico si sacrifica tutto alla velocità, la quale in guerra non ha che un valore secondario. Il ciclista rimane talmente affaticato dall’eccessiva rapidità della corsa che dopo qualche ora è costretto a prendere un lungo riposo, in quel mentre viene oltrepassato d’una distanza doppia, o tripla da chi partito con lui fosse andato innanzi con una velocità moderata.

Ed infatti da uno scritto del Bouny, presentato nel giugno del 1896 all’accademia delle scienze di Parigi, risulta che il lavoro corrispondente ad ogni colpo di pedale per una velocità di 17 chilometri è di soli 2,9 chilogrammetri, mentre per una velocità doppia il rapporto cresce sino a 9,13 chilogrammetri.

Per questo motivo in Francia nell’esame d’ammissione a velocipedista militare basta quanto a velocità un viaggio di 60 chilometri in 6 ore: ed in Germania è prescritto che la velocità, non ecceda mai i 30 chilometri ogni 2 ore.

Nelle corse che ebbero luogo a Gratz (Austria) nel maggio 1896, alle quali presero parte 12 allievi della scuola dei cadetti di Liebenau superando veri ostacoli, ciò a cui si diede grande importanza non fu la velocità, sì bene la solidità del ciclista in sella e la precisione dei movimenti.

Nello sport ciclistico invece non si aspira che a conquistare dei records individuali di velocità vertiginose;