Frammenti letterari e filosofici/Le allegorie
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LE ALLEGORIE.
I. — amore di virtù.1
Calendrino2 è uno uccello, il quale si dice, che essendo esso portato dinanzi a uno infermo, che se ’l detto infermo deve morire, questo uccello li volta lato, sta per lo contrario e mai lo riguarda; e, se esso infermo deve iscampare, questo uccello mai l’abbandona di vista, anzi è causa di leiarli ogni malattia.
Similmente, l’amore di virtù non guarda mai cosa vile, nè trista, anzi dimora sempre in cose oneste e virtuose, e ripatria sempre in cor gentile, a similitudine degli uccelli nelle verdi selve sopra i fioriti rami; esso dimostra più esso amore nelle avversità che nelle prosperità, facendo come lume, che più risplende, dove trova più tenebroso sito.
II. — invidia.3
Del nibbio si legge che, quando esso vede i suoi figlioli nel nido esser di troppa grassezza, che egli gli becca loro le coste, e tiengli sanza mangiare.
III. — allegrezza.4
L’allegrezza è appropriata al gallo, die d’ogni piccola cosa si rallegra, e canta, con vari e scherzanti movimenti.
IV. — tristezza.5
La tristezza s’assomiglia al corvo, il quale, quando vede i sua nati figlioli essere bianchi, per lo grande dolore si parte, con tristo rammarichio gli abbandona, e non g 1 pasce, insino che non gli vede alquante poche penne nere.
V. — pace.6
Del castoro si legge che, quando è perseguitato, conoscendo essere per la virtù de’ sua medicinali testiculi, esso, non potendo più fuggire, si ferma, e, per avere pace coi cacciatori, coi sua taglienti denti si spicca i testiculi, e li lascia a’ sua nimici.
VI. — ira.7
Dell’orso si dice che, quando va alle case delle ave8 per torre loro il mele, esse ave lo cominciano a pungere, onde lui lascia il mele e corre alla vendetta; e, volendosi con tutte quelle che lo mordano vendicare, con nessuna si vendica, in modo che la sua vita si converte in rabbia, e gittatosi in terra, con le mani e co’ piedi innaspando, indarno da quelle si difende.
VII. — misericordia over gratitudine.9
La vii tu della gratitudine si dice essere piu neLi uccelli detti upica,10i quali, conoscendo 11 benefizio della ricevuta vita e nutrimento dal padre e dalla lor madre, quando li vedano vecchi, tanno loro uno nido, e li covano, e li notiiscano, e cavan loro col becco le vecchie e tiiste penne, e con certe erbe li rendano la vista, in modo che ritornano in prospertà.
VIII. — avarizia.11
Il rospo si pasce di terra, e sempre sta macro, peiclie non si sazia: tanto è ’l timore, che essa terra non li manchi.
IX. — ingratitudine.12
I colombi sono assomigliati alla ingratitudine; imperocchè, quando sono in età che non abbino piu bisogno d’essere cibati, cominciano a combattere col padre, e non finisce essa pugna, infìno a tanto che caccia il padre, e folli la mogliera13, facendosela sua.
X. — crudeltà.14
II basalisco15 è di tanta crudeltà che, quando con la sua venenosa vista non po’ occidere li animali, si volta all’erbe e le piante, -e, fermato in quelle la sua vista, le fa seccare.
XI. — liberalità.16
Dell’aquila si dice che non ha mai si gran fame, che non lasci parte della sua preda a quelli uccelli, che le son dintorno; i quali, non potendosi per sé pascere, è necessario che sieno corteggiatori d’essa aquila, perchè in tal modo si cibano.
XII. — correzione.17
Quando il lupo va assentito 18 a qualche stallo di bestiame, e che, per caso, esso ponga il piede in fallo, in modo facci strepito, egli si morde il piè, per correggere tale errore.
La serena sì dolcemente canta, che addormenta i marinari, e essa monta sopra i uà vili, e occide li addormentati marinari.
XIV. — prudenza.21
La formica, per naturale consiglio, provvede la state per lo verno, uccidendo le raccolte semenza, perchè non rinascino; e di quelle al tempo si pascono.
XV. — pazzia.22
Il bo’23 salvatico, avendo in odio il colore rosso, i cacciatori vestan di rosso il pedal d una pianta, e esso bo’ corre a quella, e con gran furia v’incliioda le corna, onde i cacciatori l’occidano.
XVI. — giustizia.24
E’ si può assimigliare la virtù de la justizia allo re delle ave; il quale ordina e dispone ogni cosa con ragione: imperocchè alcune ave sono ordinate andare per fiori, altre ordinate a lavorare, altre a combattere colle vespe, altre a levare le sporcizie, altre a compagnaie e corteggiare lo re; e, quando e vecchio e sanza ali, esse lo portano, e, se ivi una manca di suo offizio, sanza alcuna remissione è punita.
XVII. — verità.25
Benchè le pernici rubino l’ova l’una all’altra, non di meno i figlioli, nati d’esse ova, sempre ritornano alla lor vera madre.
XVIII. — fedeltà over lialtà.26
Le gru son tanto fedeli e leali al loro re, che la notte, quando lui dorme, alcune vanno dintorno al prato per guardare da lunga, altre ne stanno da presso; e tengano uno sasso ciascuna in piè, accio che, se ’l sonno le vincessi, essa pietra cadrebbe, e farebbe tal romore, che si ridesterebbono; e altre vi sono, che ’nsieme intorno al re dormano, e ciò fanno, ogni notte scambiandosi, a ciò che ’l loro re non venga ’mancare.
XIX. — falsità.2721
La volpe, quando vede alcuna torma di gazze o taccole28 o simili uccelli, subito si gitta in terra in modo, con la bocca aperta, che par morta, e essi uccelli le vogliali beccaro la lingua, e essa gli piglia la testa.
XX. — bugia.29
La talpa ha li occhi molto piccioli, e sempre sta sotto terra, e tanto vive, quanto essa sta occulta, e, come viene alla luce, subito more, perchè si fa nota cosi la bugia.
XXI. — timore over viltà.30
La lepre sempre teme, e le foglie, che raggiano dalle piante per autunno, sempre la tengano in timore e, ’l più delle volte, in fuga.
XXII. — magnanimità.31
Il falcone non preda mai, se non l’uccelli grossi, e prima si lascierebbe morire, che si cibassi de’ piccioli, e che mangiasse carne fetida.
XXIII. — vanagloria.32
In questo vizio, si legge del pagone esseili piu che altio animale sottoposto, perchè sempre contempla in nella bellezzadella sua coda, quella allargando in forma di rota, e col suo grido trae a sè la vista de’circu stanti animali. E questo è l’ultimo vizio, elio si possa vincere.
XXIV. — constanza.33
Alla constanza s’assimiglia la fenice; la quale, intendendo per natura la sua rennovazione, è costante a sostener le cocenti fiamme, le quali la consumano, e poi di novo rinasce.
XXV. — inconstanza.34
Il rondone si mette per la inconstanza; il quale sempre sta in moto, per non sopportare alcuno minimo disagio.
XXVI. — temperanza.35
Il cammello è il piu lussurioso animale clie sia, e andrebbe mille miglia dirieto a una cammella, e, se usassi continuo con la madre o sorelle, mai le tocca, tanto si sa ben temperare.
XXVII. — intemperanza.36
L’alicorno overo unicorno, per la sua intemperanza a non sapersi vincere, per lo diletto die ha delle donzelle, dimentica la sua ferocità e salvatichezza; ponendo da canto ogni sospetto va alla sedente donzellas se le addormenta in grembo; e i cacciatori in tal modo lo pigliano.
XXVIII. — umiltà.37
Dell’umiltà si vede somma sperienza nello agnello; il quale si sottomette a ogni animale, e, quando per cibo son dati alli Scarcerati leoni, a quelli si sottomettono, come alla propria madre, in modo che, spesse volte, s’è visto i leoni non li volere occidere.
XXIX. — superbia.38
Il falcone, per la sua alterigia e superbia, vole signoreggiare e sopraffare tutti li altri uccelli, che son di rapina, e sen’ desidera essere solo; e spesse volte s’è veduto il falcone assaltare l’aquila, regina delli uccelli.
XXX. — astinenza.39
Il salvatico asino, quando va alla fonte per bere e truova l’acqua intorbidata, non ara mai sì gran sete, che non s’astenga di bere, e aspetti ch’essa acqua si rischiari.
XXXI. — gola.40
Il voltore41 è tanto sottoposto alla gola, che andrebbe mille miglia per mangiare d’una carogna; e per questo seguita (li eserciti).
XXXII. — castità.42
La tortora non fa mai fallo al suo compagno, e, se l’uno more, l’altro osserva peipetua castità, e non si posa mai su ramo verde, e non bee mai acqua chiara.
XXXIII. — lussuria.43
Il palpistrelio44, per la sua isfrenata lussuria, non osserva alcuno universale modo 45 di lussuria, anzi maschio con maschio, femmina con femmina, sì come a caso si trovano, insieme usano il lor coito.
XXXIV. — moderanza.46
L’ermellino, per la sua moderanza, non mangia se non una sola volta il di, e pi ima si lascia pigliare a’ cacciatori che voler fuggire nella infangata tana per non maculare la sua gentilezza.
XXXV. — aquila.47
L’aquila, quando è vecchia, vola tanto in alto che abbrucia le sue penne, e natura consente che si rinnovi in gioventù, cadendo nella poca acqua. E, se i sua nati non po’48 sostener la vista del sole, non li pasce. Nessuno uccel, che non vote morire, non s’accosti al suo nido! Gli animali che forte la temano! Ma essa a lor non noce49: sempre lascia rimanente della sua preda.
Questa nasce nell’Asia Maggiore, e splende si forte che toglie le sue ombre, e morendo non perde esso lume, e mai li cade piu le penne, e la penna, che si spicca, piti non luco.
XXXVII. — pellicano.52
Questo porta grande amore a’ sua nati, e, trovando quelli nel nido morti dal serpente, si punge a riscontro al core, e, col suo piovente sangue bagnandoli, li torna in vita.
XXXVIII. — salamandra.53
La salamandra nel foco raffina la sua scorza. Per la virtù54: questa non ha membra passive,55 e non si prende la cura d’altro cibo che di foco, e spesso in quello rinnova la sua scorza.
Questo vive d’aria, e in quella s’assubietta tutti li uccelli; e, per istare più salvo, vola sopra le nube, e trova aria tanto sottile, ctie non po’ sostenere uccello, die lo seguiti.
A questa altezza non va se non a dii da’ cieli è dato, cioè dove vola il camaleone.
XL. — alepo pesce.58
Alepo non vive fori dell’acqua.
XLI. — struzzo.59
Questo converte il ferro in suo nutrimento; cova l’ova colla vista. Per l’arme,60 nutrimento de’ capitani.
XLII. — cigno.61
Cigno è candido, sanza alcuna macchia e dolcemente canta nel morire; il qual canto termina la vita.
XLIII. — cicogna.62
Questa, bevendo la salsa acqua, caccia da sè il male; se truova la compagna in tallo, l’abbandona, e, quando è vecchia, i sua figlioli la covano e pascano, in fin che more.
XLIV. — cicala.63
Questa col suo canto fa tacere il cucco;64 more nell’olio e rinasce nell’aceto; canta per li ardenti caldi.
XLV. — basalisc0.65
Crudeltà. Questo è fuggito da tutti i serpenti, la donnola, per lo mezzo della ruta, combatte con esso, e si l’uccide.
XLVI. — l’aspilo, sta per la virtù.
Questo porta ne’ denti la subita morte, e, per non sentire l’incanti, colla coda si stóppa li orecchi.
XLVII. — drago.66
Questo lega le gambe al liofante, e quel li cade adosso, e l’uno e l’altro more. E, morendo, fa sua vendetta.
XLVIII. — vipera.67
Quest’ha nel suo,68 ch’apre bocca, e nel fine strigne’ denti, e ammazza il marito; poi i figlioli, in corpo cresciuti, straccian il ventre, e occidano la madre.
XLIX. — scorpione.69
La sciliva sputa a digiuno sopra dello scorpione, l’occide; a similitudine dell’astinenza della gola, che tolle via e occide le malattie, che da essa gola dipendano, e apr© la strada alle virtù.
L. — cocodrillo, ipocresia.70
Questo animale piglia Tomo, e subito l’uccide. Poi che l’ha morto, con lamentevole voce e molte lacrime, lo piange, e, finito il lamento, crudelmente lo divora. Cosi fa l’ipocrito, che, per ogni più lieve cosa, s’empie il viso di lagrime, mostrando un cor di tigre, e rallegrasi in cor dell’altrui male, con pietoso volto.
La botta fugge la luce del sole, e, se pure per forza è tenuta, sgonfia tanto che s’asconde la testa in basso, e privasi d’essi razzi. Cosi fa chi è nimico della chiara e lucente virtù, che non po’, se non con insgonfiato animo, forzatamente starle davanti.
LII. — bruco, della virtù in generale.73
Il bruco,74 che, mediante l’esercitato studio di tessere con mirabile artifizio e sottile lavoro intorno a se la nova abitazione, esce poi fori di quella colle dipinte e belle ali, con quelle lanciandosi in verso il cielo.
LIII. — ragno.75
Il ragno partorisce fori di se l’artificiosa e maestrevole tela, la quale gli rende, per benefìzio, la presa preda.
LIV. — leone.76
Questo animale col suo tonante grido desta i sua figlioli, dopo il terzo giorno nati, aprendo a quelli tutti l’indormentati sensi: o tutte le fiere, che nella selva sono, fuggano.
Puossi assùmigli are a’ figlioli della virtù, che, mediante il grido delle laude, si svegliano, e crescano li studi onorevoli, che sempre più gl’innalzali, e tutti i tristi a esso grido fuggano, cessandosi77 dai virtuosi.
Ancora, il leone copre le sue pedate, perchè non s’intenda il suo viaggio per i nimici. Questo sta bene ai capitani a celare i segreti del suo animo, acciò che’ nimici non cognoscano i sua tratti.78
Il morso della taranta mantiene l’omo nel suo proponimento, cioè in quello che pensava, quando fu morso.
LVI. — duco o civetta.81
Queste castigano i loro schermidori, privandoli di vita, che cosi ha ordinato natura, perchè si cibino.
LVII. — leofante.82
Il grande elefante ha, per natura, quel che raro negli omini si truova, cioè probità, prudenza, equità e osservanza in religione. Imperocchè, quando la luna si rinnova, questi vanno ai fiumi e, quivi purgandosi, solennemente si lavano, e così, salutato il pianeta, si ritornano alle selve. E, quando sono ammalati, stando supini, gittano l’erbe verso il cielo, quasi come se sacrificare volessino. Sotterra li denti, quando per vecchiezza gli caggiano; de’ sua denti, l’uno adopra a cavare le radici per cibarsi, all’altro con serva la punta per combattere. Quando sono superati da’ cacciatori e che la stanchezza gli vince, percotesi li denti l’elefante e, quelli trattosi, con essi si ricomprano.
Sono clementi e conoscano i pericoli: e, so esso trova l’omo solo e smarrito, piacevolmente lo rimette sulla perduta strada; se truova le pedate dell’omo, prima che veda l’orno, esso teme tradimento, onde si ferma e soffia, mostrandola all’altri elefanti, e fanno schiera, e vanno assentitamente.83
Questi vanno sempre a schiere, e ’l piu vecchio va innanzi, e ’l secondo d’età resta l’ultimo, e così chiudono la schiera. Temano vergogna: non usano il loro coito, se non di notte di nascosto, e non tornano, dopo il coito, alli armenti, se prima non si lavano nel fiume; non combattono ma’femmine,come gli altri animali. È di tanto clemente, che mal volentieri, per natura, non noce ai men possenti di sè, e, scontrandosi nella mandria e greggi delle pecore, colla sua mano le pone da parte per non le pestare co’ piedi, nè mai noce, se non sono provocati. Quando son caduti nella fossa, gli altri con rami, terra e sassi riempiano la fossa, in modo alzano il fondo, eli’ esso facilmente riman libero. Temano forte lo stridere de’ porci, e fuggan indirieto, e non fa manco danno poi co’ piedi a’ sua che a’ nimici. Dilettansi de’ fiumi, e sempre vanno vagabondi intorno a quegli, e per lo gran peso non possan notare; divorano le pietre, i tronchi degli alberi son loro gratissimo cibo, hanno in odio i ratti; le mosche si dilettano del suo odore e, posandosele adosso, quello arrappa84 la pelle e, fra le pieghe strette, l’uccide.
Quando passano i fiumi, mandano i figlioli diverso il calar dell’acqua, e, stando loro inverso l’erta, rompono l’unito corso dell’acqua, a ciò che ’l corso non li menasse via.
Il drago se li getta sotto il corpo, colla coda l’annoda le gambe, e coll’ali e colie branche li cigne le coste, e co’ denti lo scanna, e ’l liofante li cade adosso, e il drago schioppa e cosi, colla sua morte, del nemico si vendica.
LVIII. — il dragone.85
Questi s’accompagnan insieme, e si tessano a uso di ratiti,86 e, colla testa levata, passano i paduli, e notano, dove trovan migliore pastura, e, se così non si unissi!!, annegherebbono. Così fa unione.
LIX. — serpente.87
Il serpente, grandissimo animale, quando vede alcuno uccello per l’aria, tira a se sì forte il fiato, che si tira gli uccelli in bocca. Marco Reguìo, consulo dello esercito romano, fu col suo esercito da un simile animale assalito e quasi rotto. Il quale animale, essendo morto per una macchina murale, fu misurato 125 piedi, cioè 64 braccia e 1/2: avanzava colla testa tutte le piante d’una selva.
LX. — boa.88
Questa è gran biscia, la quale con se medesima s’aggrappa alle gambe della vacca, in modo non si mova, poi la tetta, in modo che quasi la dissecca. Di questa spezie, a tempo di Claudio imperadore, sul monte Vaticano ne fu morta una, che aveva un putto intero in corpo, il quale avea tranghiottito.
Questa bestia nasce in Iscandinavia isola, ha forma di gran cavallo, se non che la gran lunghezza dello collo e dell! orecchi lo variano; pasce l’erba allo ’ndirieto, perchè ha si lungo il labbro di sopra che, pascendo innanzi, coprirebbe l’erba. Ha le gambe d’un pezzo, per questo, quando voi dormire, s’appoggia a uno albero, e i cacciatori, intendendo il loco usato a dormire, segan quasi tutta la pianta, e, quando questo poi vi s’appoggia nel dormire, per lo sonno cade; i cacciatori cosi lo pigliano, e ogni altro modo di pigliarlo è vano, perchè è d’incredibile velocità nel correre.
Questo nasce in Peonia, ha còllo con clini simile al cavallo, in tutte l’altre parte è simile al toro, salvo che le sue corna sono in modo piegate indentro che non po’ cozzare, © per questo non ha altro scampo che la fuga, nella quale gitta sterco per ispazio di 400 braccia del suo corso — il quale, dove tocca, abbrucia come foco.
LXIII. — palpistrell0.93
Questo dov’è piu luce, più si fa orbo, e, come piu guarda il sole, più s’accieca. Pel vizio, che non po’ stare dov’è la virtù.
LXIV. — pernice.94
Questa si trasmuta di femmina in maschio, e dimentica il primo sesso, e fura95 per invidia l’ova all’altre, ma i nati seguitano la vera madre.
LXV. — rondine.96
Questa co’ la celidonia97 ’lumina i sua ciechi nati.
LXVI. — ermellino.98
Moderanza raffrena tutti i vizi. L’ermellino prima voi morire che ’mbrattarsi. LXVII. LEONI, PARDI, PANTERE, TIGRI. Queste tengano l’unghie nella guaina, e mai le sfoderano, se non è adosso alla preda o nemico.
LXVIII. — leonessa.99
Quando la leonessa difende i figlioli dalle man de cacciatori, per non si spaventare dalli spiedi, abbassa li occhi a terra, a ciò che là, per sua fuga, i figli non sieno prigioni.
LXIX. — leone.100
Questo sì terribile animale niente terne pii, che lo strepito delle vote carrette e simile il canto de’ galli; teme assai nel vederli e con pauroso aspetto riguarda la sua desta — e forte invilisce quando ha coperto il volto.
LXX. — pantere in africa.101
Questa ha forma di leonessa, ma è più alta di gambe e più sottile e lunga e tutta bianca e punteggiata di macchie nere, a modo di rosette; di questa si dilectano tutti li animali di vedere, e sempre le starebbon dintorno se non fussi la terribilità del suo viso: onde essa, questo conoscendo, asconde il viso, e li animali circustanti s’assicurano e tarinosi vicini per meglio potere fruire102 tan a bellezza, onde questa subito piglia il più
LXXI. — cammelli.103
Quegli Battriani hanno due gobbi, gli Arabi uno; sono veloci in battaglia e utilissimi a portare le some. Questo animale ha regola e misura osservantissima, perchè non si move, se ha più carico che l’usato, e, se fa piu viaggio, fa il simile, subito si ferma, onde lì bisogna a’ mercatanti alloggiare.
LXXII. — tigre.104
Questa nasce in Ircania, la quale è simile alquanto alla pantera per le diverse macchie della sua pelle, ed è animale di spaventevole velocità. Il cacciatore, quando truova i sua figli, li rapisce, subito ponendo specchi nel loco donde li leva, e subito, sopra veloce cavallo, si fugge. La pantera, tornando, trova li specchi fermi in terra, ne’ quali, vedendo se, li pare vedere li sua figlioli, e, raspando colle zampe, scopre lo ’nganno, onde, mediante l’odore de’ figli, seguita il cacciatore, e quando esso cacciatore vede la tigre, lascia uno de’ figlioli, e questa lo piglia e portalo al nido, e subito rigiugne sul cacciatore, e fa ’l simile insino a tanto ch’esso monta in parca.
Questa nasce in Etiopia, vicino al fonte Nìgricapo, è animale non troppo grande e pigro in tutte le membra, e ha ’l capo di tanta grandezza che malagevolmente lo porta in modo che sempre sta chinato inverso la terra, altremente sarebbe di somma peste alli omini, perchè qualunque e veduto da sua occhi subito more.
LXXIV. — basilisco.107
Questo nasce nella provincia Arenaica, e non è maggiore che 12 dita, e ha in capo una macchia bianca a similitudine di diadema
- col fischio caccia ogni serpente, a similitudine
di serpe, ma non si move con torture, anzi ma ritto dal mezzo innanzi. Dieesi che uno di questi, essendo morto con un aste da uno che era a cavallo, che ’l suo veneno discorrendo su per l’aste, non che l’omo, ma il cavallo mori. Guasta le biade, e, non solamente quelle che tocca, ma quelle dove soffia; secca l’erbe, spezza i sassi.
LXXV. — donnola over bellola.108
Questa, trovando la tana del basilisco, coll’odore della sua sparsa orina, l’occide. l’odore della quale orina ancora, spesse volte, essa donnola occide.
t Queste hanno quattro piccioli corni mobili, onde, quando si vogliano cibare, nascondano sotto le foglie tutta la persona, salvo esse comicina; le quali movendo, pare agli uccelli quelli essere piccioli vermini, che scherzino, onde subito si calano per beccarli, e questa subito s'avviluppa loro in cerchio, e si li divora.
LXXVII. — amfesibene.111
Questa ha due teste, l’una nel suo loco, l’altra nella coda/come se non bastassi, che da un solo loco gittassi il veneno.
Questa sta sopra le piante, e si lancia come dardo, e passa attraverso le fiere, e l’uccide.
LXXIX. — aspiro.114
Il morso di questo animale non ha rimedio, se non di subito tagliare le parti morse. Questo sì pestifero animale ha tale affezione nella sua compagna, che sempre vanno accompagnati; che, se per disgrazia l’uno di loro è morto, l’altro, con incredibile velocità, seguita l’ucciditore; ed e tanto attento e sollecito alla vendetta, che vince ogni difficultà, passando ogni esercito, feol il suo nemico cerca offendere, e passa ogni spazio, e non si può schifarlo, se non col passare l’acque o con velocissima fuga. Ha 1. occhi in dentro e grandi orecchi, e piu . move l’audito che ’l vedere.
Questo animale è mortale nemico all’aspido nasce in Egitto, e, quando vede piesso al suo sito alcuno aspidi, subito corre alla 117litta over fango del Nilo, e con quello tutto s’infanga, e poi, risecco dal -sole di novo di fango s’imbratta, o, cosi seccando 1 un dopo l’altro si fa tre o quattro veste, a similir di corazza- o di poi assalta l’aspido, iudme di corazza, e ui pv e ben contrasta con quello, in modo che, tolto il tempo, se li caccia in gola e l’ammazza.
LXXXI. — coccodrillo.118
Questo nasce nel Nilo, ha quattro piedi, nuoce in terra e in acqua, ne altro tenesti animale si truova sanza lingua, die questo, e solo morde movendo la mascella di sopra; ciesce insino in 40 piedi, è unghiato, armato d colarne, atto a ogni colpo, e ’l dì sta in terra, e la notte in acqua. Questo, cibato di pesci, s’addormenta sulla riva del Nilo colla bocca aperta, e l’uccello detto trochilo,119 piccolissimo uccello, subito li corre alla bocca e, saltatoli fra i denti, dentro e fora li va beccando il rimaso cibo, e, così stuzzicandolo con dilettevole voluttà, lo ’nvita aprire tutta la bocca, e così s’addormenta. Questo veduto dal e unione,120 subito si li lancia in bocca e, toiatoli lo stomaco e le budella, finalmente l’uccide.
LXXXII. — delfino.121
La natura ha dato tal cognizione alli animali che, oltre al conoscere la loro comodità, e’ conoscono la incomodità del nimico, onde intende il delfino quanto vaglia il taglio delle sue pinne, posteli sulla schiena, e quanto sia tenera la pancia del cocodrillo, onde nel lor combattere si li caccia sotto, e tagliali la pancia, e così l’uccide. Il cocodrillo è terribile a dii fugge, e vilissimo a chi lo caccia.
Questo, quando si sente aggravato, va cercando le spine o,dove sia,i rimanenti demagliati canneti, e lì tanto frega una vena, che la taglia e, cavato il sangue che li abbisogna, colla litta s’infanga e risalda la piaga. Ha forma quasi come cavallo, l’unghia fessa, coda torta e denti di cinghiale, còllo con crini, la pelle non si po’ passare se non si bagna, pascesi di biade; ne’ campi entravi allo ’ndirieto, acciò che pare ne sia uscito.
LXXXIV. — ibis.124
Questo ha similitudine colla cicogna, e, quando si sente ammalato, empie il gozzo d’acqua, e col becco si fa un cristero.125
LXXXV. — cervi.126
Questo, quando si sente morso dal ragno detto falange, mangia de’ granchi, e si libera di tal veneno.
Questa, quando combatte colle serpe, mangia la cicerbita,129 e son libere.
LXXXVII. — rondine.130
Questa rende il vedere alli inorbiti figlioli col sugo della celidonia.
LXXXVIII. — bellola.131
Questa, quando caccia ai ratti, mangia prima della ruta.
LXXXIX. — cinghiale.132
Questo medica i sua mali mangiando della edera.
XC. — serpe.133
Questa, quando si voi rennovare, gitta il vecchio scoglio,134 comenciandosi dalla testa; mutasi ’n un dì e una nocte.
XCI. — pantera.135
Questa, poi che le sono uscite le ’nteriora, ancora combatte coi cani e cacciatori.
XCII. — camaleone.136
Questo piglia sempre il colore della cosa, dove si posa, onde, insieme colle frondi dove si posano, spesso dalli elefanti son divorati.
Questo, quando ha ucciso il camaleone, si purga coll’alloro.
XCIV. — magnanimità.
Il falcone non piglia se non uccelli grossi, e prima more che mangiare carne di non bono odore.
XCV. — gru.
Le gru, acciò che ’l loro re non perisca per cattiva guardia, la notte li stanno dintorno con pietre in piè. Amor, timor e reverenza: questo scuvi in tre sassi di gru.
XCVI. — cardellino.
Il calderugio139 dà il tortomalio140 a’ figlioli ingabbiati. — Prima morte che perdere libertà! LE ALLEGORIE. 61
XCVII. — dell’antivedere.
Il gallo non canta, se prima tre volta non batte l’ali; il papagallo, nel mutarsi pe’ rami, non mette i piè, dove non ha prima messo il becco.
XCVIII. — per ben fare.
Per il ramo della noce, — che solo è percosso e battuto, quand’e’ ha condotto a perfezione li sua frutti, — si dinota quelli, che, mediante il fine delle loro famose opere, son percossi dalla invidia per diversi modi.
XCIX. — sul medesimo soggetto.
Per lo spino, insiditoli141 sopra boni frutti, significa quello, che per se non era disposto a virtù, ma mediante l’aiuto del precettore dà di se utilissime virtù.
C. — del lino.
Il lino è dedicato a morte e corruzione de’ mortali: a morte pe’ lacciuoli delli uccelli, animali e pesci; a corruzione per le tele line dove s’involgano i morti, che si sotterrano, i quali si corrompono in tali tele. E ancora esso lino non si spicca dal suo festuco, se esso non comincia a macerarsi o corrompersi, e questo e quello col qua e^si deve incoronare e ornare li uffizi iuneiali.
CI. — frammento.
Per il pannolino, che si tien colla mano nel corso dell’acqua corrente, nella quale acqua il panno lascia tutte le sue brutture, significa questo ec.
Note
- ↑ Si veda: Fiore di virtù che tratta tutti i vitti humani, et come si deve acquistare la virtù. Venezia, 1474. Cap. I, pag. 3-4, libroricordato da Leonardo nel Codice Atlantico: folio 207 r°, e che è la fonte capitale di tutto il Bestiario del Vinci. Intorno a quest’ultimo si veda: A. Springer, Ueber den Physiologus des Leonardo da Vinci, in Berichte ùber die VerJiandlung der le. scichs. Gesell. d. Wissen. za Leipzig. Philolog.-Jiist. Classe. Leipzig, 1884. Fase. 3-4; e Goldstaub und Wendriner, Ein tosco - venezianischer Bestiarius. Halle, 1892. Pag. 240-254: Anhang zu Kap. VI ’, Exkurs iiber den Bestiarins des Leonardo da Vinci, che riavvicina al testo del manoscritto H passi di Solino, di Alberto Magno, di Ugo da San Vittore, di Vincenzo di Beauvais, del Neckam.
- ↑ La calandra.
- ↑ Fior di virtù, Roma, 1740. Cap. Ili, pag. 22-23: Del vizio dell invidia appropriato al nibbio.
- ↑ Ivi, cap. IV, pag. 26: DelV allegrezza appropriata al gallo.
- ↑ Ivi, cap. V, pag. 29: Del vizio della tristizia appropriato al corbo.
- ↑ Ivi, cap. VII, pag. 34: Della virtù della pace appropriata al castoro.
- ↑ Ivi, cap. VIII, pag. 37-38: Del vizio delV ira appropriato alV orso.
- ↑ api, come al n. XVI.
- ↑ Ivi, cap. IX, pag. 43: Della virtù della misericordia, ed è appropriata a’ figliuoli dell uccello ipega.
- ↑ úpupa.
- ↑ Ivi, cap. XII, pag. 58: Del vizio delV avarizia appropriato alla botta.
- ↑ Donde Leonardo abbia tratta questa allegoria non mi è stato dato di determinare.
- ↑ va cautamente.
- ↑ Fior di virtù, cap. X, pag.47: Del vizio della crudeltà appropriato al basilisco
- ↑ basilisco.
- ↑ Ivi, cap. XI, pag. 50: Della virtù della liberalità appropriata all’aquila.
- ↑ Ivi, cap. XIII, pag. 62-63: Della correzione appropriata al lupo.
- ↑ e gli toglie la moglie.
- ↑ adulazioni.
- ↑ Ivi, cap. XIV, pag. 66: Della lusinga appropriata alla sirena.
- ↑ Ivi, cap. XV, pag. 69-70: Della prudenza appropriata alla formica.
- ↑ Ivi, cap. XVI, pag. 76-77: Della pazzia appropriata al bue salvatico.
- ↑ bove, toro.
- ↑ Ivi, cap. XVII, pag. 79-80: Della giustizia appropriata al re delle api.
- ↑ Ivi, cap. XXI, pag. 98-99: Della verità appropriata alla pernice.
- ↑ Ivi, cap. XIX, pag. 91: Della lialtà appropriata alla gruci.
- ↑ Ivi, cap. XX, pag. 95: Della falsità appropriata alla volpe.
- ↑ specie di cornacchia.
- ↑ Ivi, cap. XXII, pag. 102: Della bugia appropriata alla topinara.
- ↑ Ivi, cap. XXIV, pag. 109: Del timore appropriato alla lepre.
- ↑ Ivi, cap. XXV, pag. Ili: Della magnanimità appropriata al girifalco.
- ↑ ivi, cap. XXVI, pag. 112-113: Della vanagloria appropriata allo pavone.
- ↑ Ivi, cap. XXVII, pag. 115-116: Della constanzia appropriata alla fenice.
- ↑ Ivi, cap. XXVIII, pag. 117-118: Della incostanzia appropriata alla rondine.
- ↑ Ivi, cap. XXIX, pag. 120-121: Della temperanza appropriata al cammello.
- ↑ Ivi, cap. XXX, pag. 125: Della intemperanza appropriata al liocorno.
- ↑ Ivi, cap. XXXI, pag. 128: Della umiltà appropriata allo agnello.
- ↑ Ivi, cap. XXXII, pag. 133: Della superbia appropriata al falcone.
- ↑ Ivi, cap. XXXIII, pag. 137: Dell’astinenza appropriata all’asino salvatico.
- ↑ Ivi, cap. XXXIV, pag. 139: Della gola appropriata all’avvoltoio.
- ↑ l’avoltoio.
- ↑ Ivi, cap. XXXV, pag. 141: Della castità appropriata alla tortora.
- ↑ Ivi, cap. XXXVI, pag. 146: Della lussuria appropriata al pipistrello.
- ↑ pipistrello, come al n. LXIII.
- ↑ regolare modo, costante.
- ↑ Ivi, cap. XXXVII, pag. 152-153: Della moderanza appropriata all’ermellino.
- ↑ Si veda: Cecco Asculano, Lacerba. Venezia, 1492. Lib. Ili, cap. Ili, folio 32 r° e v°: Aquila.
- ↑ possono.
- ↑ Sott.: senza che sia provocata.
- ↑ uccello favoloso.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. IV, folio 33 r°: De la natura de lumerpa.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. V, folio 33 r°: De la natura de plicano.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. VI, folio 33 v°: De quatro animali che vivono de quattro elementi et primo de salamandra.
- ↑ detto per la virtù, simbolo della virtù.
- ↑ non patisce, non soffre.
- ↑ camaleonte.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. VII, folio 33 v°: De gameleone.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. VII: Alepo.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. VIII: De la natura del struzo.
- ↑ detto per l’armi, simbolo delle armi.
- ↑ Ivi,lib.Ili,cap. X, folio 34 v°:De la natura del cygno.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XI, folio 35 r°: De la natura de la cicogna.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XII, folio 35 r«e v°: De la natura de la cichada.
- ↑ cuculo.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXX, folio 40 v°: De la natura del basalisco.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXXI, folio 40 v° e 41 r°: Del aspido. — Ivi, lib. Ili, cap. XXXII, folio 41 r°: Del dracone.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXXIII, folio 41 v°: De la vipera.
- ↑ ha di proprio, di particolare.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXXIV, folio 41 v° e 42 r°: Del scorpione.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXXV, folio 42 r°r Del crocodilo.
- ↑ rospo.
- ↑ Ivi, lib. Ili, cap. XXXVI, folio 42 v°: Del botto.
- ↑ Questa allegoria sembra originale di Leonardo.
- ↑ Sott.: simboleggia la virtù.
- ↑ Questa allegoria sembra originale di Leonardo.
- ↑ Si veda la Ristorici naturale di Caio Pltnio Secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Cristoforo Landino. \ ene- zia, 1476. Lib. VIII, cap. XVII e seg., opera che Leonardo ricorda, con la parola Plinio, iiel Codice A tlantico: folio 207 r°; e nel Co¬ dice Trivulziano: lolio 3 r°.
- ↑ allontanandosi.
- ↑ le sue astuzie, i suoi disegni.
- ↑ tarantola.
- ↑ Si veda C. Plinii Secundi Naturalis Ristoria (ed.Detlefsen), voi. I, Berlino, 1866: e per le discussioni, che si sono levate a proposito della diretta derivazione di questi passi da Plinio, si veda Goldstaub und Wen- driner, Ein tosco-venezianischer Bestiarius, pag. 245-247.
- ↑ in Plinio non mi fu dato di riscontrare il testo di questo simbolo.
- ↑ C. Plinii Nat. hist ., lib. VIII, cap. I, pag. 47; cap. IV, pag. 48; cap. V, pag. 49; cap. XII, pag. 53.
- ↑ cautamente.
- ↑ Qui: aggrinza, increspa.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XII, pag. 53-54.
- ↑ Plinio: cratium modo, a uso di graticci.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XIV, pag. 54 (36-37).
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XIII, pag. 54 (37-38).
- ↑ Plinio: sorta di gran cervo (cervus alces).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XV, pag. 54 (38-40).
- ↑ bisonte.
- ↑ Questa allegoria sembra originale di Leonardo.
- ↑ Non mi è stato dato di precisare con esattezza la fonte di questo simbolo.
- ↑ cfr. C. Plinii Nat, Jiist., lib. X, cap, LXXIII, pag. 1.
- ↑ ruba, rapisce.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65.
- ↑ Sorta di pietra favolosa, che si dice trovarsi in ventre alie rondini; come al n. LXXXVII.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XV, pag. 55 (41-42).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XVI, pag. 55.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XVI, pag. 57 (52-53).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XVII, pag. 59.
- ↑ godeva.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XVIII, pag. 59-60 (67-69).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XVIII, pag. 59 (66-67). Si noti nel brano di Leonardo la confusione fra le parole tigre e pantera.
- ↑ Plinio: catoblepas, sorta di serpente.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXI, pag. 61 (77-78).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXI, pag. 61-62 (78-79).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXI, pag. 62 (79-80).
- ↑ Plinio: altra sorta di serpente.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXIII, pag. 63 (85-86).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXIII, pag. 63 (85-86).
- ↑ Plinio: serpe velenoso.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXIII, pag. 63 (85-85).
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXXIII, pag. 63 (86-88).
- ↑ Volg: topo di Faraone.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXIV, pag. 63.
- ↑ Minutissima arena, che si suol trovare vicino a’ fiumi o torrenti; come al n. LXXXIII.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXV, pag. 63-64.
- ↑ troglodites o reatino.
- ↑ icneumone, vedi n. LXXX.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXV, pag. 64.
- ↑ ippopotamo.
- ↑ ivi, lib. VIII, cap. XXV, pag. 64-65.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65.
- ↑ clistere.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65.
- ↑ lucertola.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65 (97-98).
- ↑ Linneo: sonchus oleraceus (pianta).
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65 (98-99).
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65 (99-100).
- ↑ scoglia, la pelle che gitta ogni anno la serpe.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 65-66 (100-101).
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 66.
- ↑ corvo.
- ↑ Ivi, lib. VIII, cap. XXVII, pag. 66 (101-102).
- ↑ cardellino.
- ↑ titimalo, titimaglio, pianta del genere euforbia.
- ↑ innestatogli.