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le allegorie. | 43 |
l’abbandona, e, quando è vecchia, i sua figlioli la covano e pascano, in fin che more.
XLIV. — cicala.1
Questa col suo canto fa tacere il cucco;2 more nell’olio e rinasce nell’aceto; canta per li ardenti caldi.
XLV. — basalisc0.3
Crudeltà. Questo è fuggito da tutti i serpenti, la donnola, per lo mezzo della ruta, combatte con esso, e sì l’uccide.
XLVI. — l’aspilo, sta per la virtù.
Questo porta ne’ denti la subita morte, e, per non sentire l’incanti, colla coda si stóppa li orecchi.
XLVII. — drago.4
Questo lega le gambe al liofante, e quel li cade adosso, e l’uno e l’altro more. E, morendo, fa sua vendetta.
XLVIII. — vipera.5
Quest’ha nel suo,6 ch’apre bocca, e nel fine strigne’ denti, e ammazza il marito; poi i
- ↑ Ivi, lib. III, cap. XII, folio 35 r«e v°: De la natura de la cichada.
- ↑ cuculo.
- ↑ Ivi, lib. III, cap. XXX, folio 40 v°: De la natura del basalisco.
- ↑ Ivi, lib. III, cap. XXXI, folio 40 v° e 41 r°: Del aspido. — Ivi, lib. III, cap. XXXII, folio 41 r°: Del dracone.
- ↑ Ivi, lib. III, cap. XXXIII, folio 41 v°: De la vipera.
- ↑ ha di proprio, di particolare.