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48 le allegorie.


fondo, eli’ esso facilmente riman libero. Temano forte lo stridere de’ porci, e fuggan indirieto, e non fa manco danno poi co’ piedi a’ sua che a’ nimici. Dilettansi de’ fiumi, e sempre vanno vagabondi intorno a quegli, e per lo gran peso non possan notare; divorano le pietre, i tronchi degli alberi son loro gratissimo cibo, hanno in odio i ratti; le mosche si dilettano del suo odore e, posandosele adosso, quello arrappa1 la pelle e, fra le pieghe strette, l’uccide.

Quando passano i fiumi, mandano i figlioli diverso il calar dell’acqua, e, stando loro inverso l’erta, rompono l’unito corso dell’acqua, a ciò che ’l corso non li menasse via.

Il drago se li getta sotto il corpo, colla coda l’annoda le gambe, e coll’ali e colie branche li cigne le coste, e co’ denti lo scanna, e ’l liofante li cade adosso, e il drago schioppa e cosi, colla sua morte, del nemico si vendica.

LVIII. — il dragone.2

Questi s’accompagnan insieme, e si tessano a uso di ratiti,3 e, colla testa levata, passano i paduli, e notano, dove trovan mi-

  1. Qui: aggrinza, increspa.
  2. Ivi, lib. VIII, cap. XII, pag. 53-54.
  3. Plinio: cratium modo, a uso di graticci.