Dizionario moderno (Panzini)/E
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E
Ebanìte: nome della gomma elastica (caoutchouc) indurita con sostanze minerali onde si ottiene una materia dura e lucida, simile all’osso o all’ebano: Serve per fabbricare istrumenti dell’uso. Scrittura più frequente è ebonite.
Ècarté: giuoco di carte francese, comunemente in due, così detto dalla facoltà di scartare, écarter. È un misto di tresette e di briscola, e chiamasi da noi con la parola francese.
Eccedenza: per avanzo, il di più, parlando di quantità conteggiata, secondo i puristi è voce riprovata giacchè eccedere ha il significato di trascendere, superare, non di rimanere, avanzare. I francesi hanno la parola excédant ed excédent = qui est en plus, une somme, une quantité. Ora eccedenza sarebbe parola coniata su la francese.
Ecce homo: ecco l’uomo! così in latino per indicare l’effigie di Cristo, smorta e cinta di spine. Propriamente sono le parole di Pilato agli Ebrei quando loro concesse Cristo perchè fosse dato ai martìri. Evangelo di S. Giovanni, XIX, 5. Dicesi popolarmente per indicare persona disfatta e sparuta. Il motto è anche in francese.
Eccentrico: per bizzarro, stravagante ricorda il fr. excentrique, Es. C’est un homme excentrique, Avoir des manières excentriques, etc. Vocabolo dal linguaggio de’ meccanici e de’ geometri (ex centro = fuor di centro, cioè che non ha lo stesso centro, opposto a concentrico) trasportato al senso morale nel linguaggio familiare dagli inglesi ed ai francesi, e da noi imitato.
Eccepire: nel linguaggio de’ legali significa allegare, dare eccezione, derivato eccepibile, contrario di ineccepibile, il quale vocabolo è usato anche in senso morale.
Eccezionale: da eccezione = lat. exceptionem, caso cioè che non entra nella regola; voce dunque buona e classica per la sua origine; se non che l’uso che se ne fa invece di straordinario raro, speciale, singolare, prezioso e modi simili etc., ricorda ai puristi il francese exceptionnel, exceptionnellement; il che è vero, come è vero che tale parola è così penetrata nell’uso che dai più si farebbe fatica a dire altrimenti: Es. «Prezzi eccezionali, Uomo eccezionale, Leggi eccezionali, etc.».
Eccezionalmente: V. Eccezionale.
È .... che: esempi: «È nei pericoli che si conosce l’uomo», invece che dire: «L’uomo si conosce nei pericoli»; «È a lui che si deve la nostra salvezza», invece di: «A lui si deve etc.» ; È a voi che io parlo»; invece di: «Io parlo a voi etc.» è un modo riprovato dai puristi come neologismo tolto dal francese. Certo è che oggi è usatissimo come più logicamente efficace, e anche dai buoni e purgati scrittori non è evitato. In G. Negri, ad esempio, uno dei più lucidi se non dei più puri prosatori italiani, è quasi costante; ma, a dire il vero, la ripetizione continua di simile costrutto non produce un piacevole effetto; si sente che è in esso qualche cosa di poco conforme all’indole della favella italiana. Il sig. Allan, op. cit. fa a tale proposito le seguenti note: Chi dice che questo scioglimento analitico non è da evitare, perchè forma non solo francese, ma propria delle lingue moderne essenzialmente analitiche, pensi al tedesco che, come deve far l’italiano, vi supplisce con l’inversione. Es. «C’est á lui que je confierais mon secret». Ted. «Ihm würde ich mein Geheimniss anvertrauen (a lui io il mio segreto confiderei)». — «C’est en vain qu’ il espère de se relever». Ted. «Er hofft umsonst sich wieder zu erheben (egli spera invano sè di nuovo di levare)». — La detta lingua non ricorre al detto costrutto, anche se si voglia porre in rilievo un soggetto: «C’est nous qui l’avons fait, Siam noi che l’abbiam fatto» dicono il fr. e l’it.; ma il ted. «Wir haben es gethan». (Noi abbiamo ciò fatto). Non è francese il detto costrutto quando serve a rinforzare un nome che indichi il tempo, come: giorno, settimana, mese, anno, giacchè in tal caso il verbo essere non è un semplice rinforzamento ma corrisponde ad esse in senso di esser passato, esser trascorso, e il che ha il valore temporale di quum. — Manzoni, III, «Eh! padre, son anni e anni che non la mi vuol far noci».
Ecchimosi: (gr. ἐκ = fuori e χυμός = umore fluido), in medicina è ciò che comunemente si dice livido o pesto, cioè lo spandimento del sangue nel tessuto connettivo sottocutaneo per effetto di contusione per diatesi.
Ecco: usato enfaticamente, ricorda ai puristi l’uso del voilà francese. Es. «Le socialisme, voilà l’avenir, le nouvel instrument de règne, Il socialismo, ecco l’avvenire, il nuovo strumento per regnare». Ma, girando altrimenti la frase, si dovrebbe dire: «L’avvenire è riposto nel socialismo, che è il nuovo strumento per regnare». — Manz., XIV: «Giustizia! pane! ah! ecco le parole giuste! ( Justice! pain! ah! voilà dos mots raisonnables!)». Noi: «Giustizia! pane! queste sì sono parole giuste». Così il signor Allan, op. cit. Ma mi sembrano sottigliezze e minuzie — sia pure ingegnose — che non varrebbe il conto di raccogliere se il presento libro non dovesse anche supplire ai Lessici della corrotta italianità.
Ecco fatto il becco all’oca: locuzione familiare, scherzosa per dire, è fatto, è compiuto il negozio che si ha fra mano: fa el becch a’ l’occa, è la forma milanese di questa locuzione italiana e comune, cui non mancano esempi classici alla maniera bernesca. Per l’origine V. Pico Luri da Vassano, op. cit.
Echinococco: voce medica che in greco significherebbe bacca spinosa. È una tenia che vive nell’intestino del cane e di cui l’uovo ingerito dall’uomo produce un embrione: esso, traforata la parete dell’intestino, si fissa in un organo, di solito il fegato, dove sviluppandosi produce una cisti acquosa: l’echinococco è rispetto alla tenia ciò che il cisticerco è rispetto alla tenia solium (verme solitario).
Eclampsia puerperale: affezione determinata da una serie di convulsioni toniche indi cloniche con sosta dell’intelligenza e dei sensi, simile ad accesso epilettico. È dovuta, pare, ad una intossicazione della madre per i prodotti secreti dal feto. L’albuminuria, cioè l’urina albuminosa, è segno di questa intossicazione. L’eclampsia nei bambini è anche fenomeno riflesso della dentizione e dei vermi: può altresì essere sintomo di mielite (infiammazione del midollo spinale) o paralisi infantile, la quale sorprende, con forme convulsive e febbrili, il bambino nel più completo benessere, dal sesto mese al quarto anno di vita all’incirca. Cessati tali disturbi, appare la paralisi di qualche arto: paralisi che talora a poco a poco scompare, talora permane e toglie lo sviluppo della parte ove il male si manifesta, braccio, gamba. Il nome deriva dal greco eklampo = risplendo, baleno, forse così detto per la repentinità e convulsione del male. Nelle Marche tale infermità è detta infantiliole, quasi male dell’infante.
Éclatant: da éclat, le quali parole francesi si congiungono allo voci italiane schiattare, schiantare e verosimilmente provengono da una parola dell’antico tedesco. (V. lo Scheler). Éclat è lo schianto per improvvisa rottura, scheggia, scoppio: e questo significato, come spesso avviene, dal senso dell’udito fu trasportato al senso visivo. Quindi è voce dai moltissimi significati, come sa e può il francese e sostituisce queste ed altre parole nostre: chiassoso, sgargiante, splendido, rumoroso, sfacciato, fragoroso, etc.
Eclat de rire: scoppio di risa o, con una sola parola, risata.
Eclissarsi: per andarsene furtivamente, scomparire: fr. s’éclipser.
Eco: per pettegolezzo, strascico etc., è voce non rara nel linguaggio giornalistico e deve essere un influsso del fr. écho in tal senso.
Economie fino all’osso: frase di Quintino Sella, ministro, pronunciata alla Camera (15 dicembre 1869): divenuta dell’uso e familiare.
Economiser (economaiser): voce inglese = economizzatore. Nelle caldaie a vapore è così anglicamente detto un apparecchio fatto da una serie di tubi che riscaldano l’acqua: una specie cioè di termo-sifone dove l’acqua, circolando prima di giungere nella caldaia, si riscalda a spese del calore dei gas che vanno al camino accessorio della caldaia. La parola nostra corrispondente, economizzatore, (V. economizzare) non ha fra i tecnici grande uso e fortuna.
Economizzare: i puristi notano che accettando economia per risparmio, non ne consegue che si debba accogliere anche economizzare perchè è dal fr. économiser. La Crusca infatti non lo registra. Certo è un doppione con risparmiare. Ma volendo usare questo rigido criterio, quante altre parole converrebbe scancellare dai dizionari!
Écraser: V. Schiacciare.
Écraseur, fr. schiacciatore: nome di strumento chirurgico (Chassaignac) per estirpazioni interne. Consiste di una catena che, manovrata dall’esterno, prende e strozza: serranodi.
Écru: greggio e, letteralmente, crudo, detto di stoffa naturale, non preparata, che ha il suo proprio colore. Una volta si diceva, ad es. seta cruda = soie écrue; oggi prevale senz’altro la parola francese. Écru = cru. L’e è rafforzativa.
Eczema: (gr. ἐκ-ζέω = brulico) lesione cutanea caratterizzata da rossore, indi da bollicine ed essudato sieroso, infine dalla squamazione della pelle. L’eczema non corrisponde ad alcuna malattia, designa soltanto un’infermità che può essere cagionata da cause diverse e quindi può avere variabile decorso.
Edamus, etc.: V. Manducemus etc.
Edelweis: voce tedesca che alla lettera vuol dire bianco gentile. Tale nome è comunemente dato alla bianca e carnosa stella alpina o bianco di roccia (gnaphalium leontopodium), noto fiore che cresce su gli alti monti.
Édema: (gr. οἴδημα = gonfiezza). È l’infiltrazione sierosa nel tessuto connettivo sottocutaneo, che si rivela con una tumefazione senza rossore, indolente, senza tensione che cede alla pressione: der. edematoso. L’edema è di solito fenomeno secondario di stasi cardiopatica.
Edison: Tommaso Alva Edison (1847...) americano (New-York) inventore celeberrimo per geniali ed importanti applicazioni delle forze fisiche e spec. elettriche: il suo nome proprio si fonde come attributo di dette invenzioni: Lampade E..., Fonografo E....
Editoriale: per editrice, agg. fem. di editore, è vocabolo usato talvolta. Tale parola superflua è dedotta verosimilmente dall’inglese editorial = pertaining to, proceeding from, or written by an editor, col solito influsso del suffisso ale. Non c’è in francese.
Edonismo: voce filosofica dal greco edoné = piacere; e significa quella dottrina eterna (messa in pratica specialmente da chi non è filosofo speculativo) che pone per fondamento della morale il piacere. Questa dottrina, come ogni altra divisione e ordinamento dell’idea e del pensiero, fu studiata primamente nella Grecia antica per opera di Aristippo, detto il giovine, e di Epicuro.
Edotto: latinismo per informato, ammaestrato.
Edredon: fr. piuma, cuscino di piuma, fatto con le sottili e lievi penne di un’anitra speciale detta somateria mollissima che nidifica lungo le coste settentrionali d’Europa e da cui traggonsi queste leggerissime penne, messe in commercio con tale nome: in tedesco Eiderdunen.
Educandato: istituto, collegio di educazione; ma dicesi specialmente di giovinette: derivato molto probabilmente da educanda. Ai puristi sembra «neologismo sgraziato», ma il perchè non è detto. Propongono educatorio a simiglianza di oratorio reclusorio, ma chi usa questa voce? Il popolo dico convento per indicare i collegi delle giovanette, perchè in gran parto, anche oggi, tenuti da suore.
Educando: voce pedantesca e brutta, benchè di buona formazione latina, usata talora nel linguaggio delle scuole invece di alunno, scolaro; forse per similitudine del fem. educanda che nell’uso ha diverso significato e significa giovanetta che è allevata ed istruita in un monastero o convento.
Édule: agg., dal latino edo = mangio: dicesi scientificamente dei prodotti della terra o del mare, buoni a mangiarsi.
Efèlidi: termine modico per significare ciò che comunemente diciamo lentiggini, le quali maggiormente appaiono por effetto della viva luce del sole, onde il nome greco, da epì = a cagione ed èlios = sole. Col nome di efelidi si indica qualunque macchia cutanea anche di varia natura patologica.
Effe-effe: abbreviazione delle parole di ufficio faciente funzione. Dicesi effe effe talvolta per celia, come ad indicare colui che tiene il posto d’altri, che ne fa lo veci.
Effendi: parola turca che si vuol far derivare da una voce greca del basso impero αὐθέντης = signore. Si pospone al nome proprio ed equivale al sir inglese, al monsieur francese, all’antico messere e signore in nostra lingua. Dicesi di persone qualificate e di grado, come rappresentanti della logge, letterati, funzionari publici, etc.
Effervescenza: dal linguaggio della chimica usasi por ardore, bollore, commozione, agitazione. Secondo i puristi questo neologismo è d’imitazione francese.
Effetti: per oggetti minuti, roba, biancheria, capi di vestiario, è francesismo dell’uso, effets = meubles, vétements. Anche effetto cambiario per scritta di cambio, è ritenuto gallicismo, di fatto in francese effet = billet à ordre. Così dicasi di effetti publici per indicare generalmente titoli di rendita, garantiti dallo Stato: effets publics = rentes sur l’Etat. | Effetti nel senso di sostante, averi, beni mobili e immobili è ritenuta voce ottima e come tale registrata dalla Crusca, ancorchè non molto usata in tal senso. E allora perchè non sarebbe a noi lecito trasportarla al primo senso? solo perchè così fecero i francesi? Vedasi come esile e non sempre sicura sia la teoria dei francesismi. Le locuzioni in effetto (fr. en effet) a questo effetto (fr. à cet effet) all’effetto di (fr. á l’effet de) sono del pari reputati gallicismi.
Effetti di commercio: i titoli dello obbligazioni commerciali, negoziabili per via di girata, cioè cambiali, biglietti all’ordine: più italianamente recapiti.
Effettivamente: «fr. (effectivement) per veramente, in realtà, proprio. Es. È effettivamente vero, per: È proprio vero. Per noi, secondo etimologia, vale: effettualmente, con effetto. — Es. La cosa si è effettivamente compiuta; la promessa è stata effettivamente mantenuta». Allan, op. cit. Qui il purista per troppa sottigliezza cade in errore. V. Nuova Crusca.
Effettivo: voce neologica nel linguaggio militare per indicare il numero vero e reale de’ soldati che compongono un esercito, un reggimento o una compagnia, e non di quelli che dovrebbero essere e sono solamente nei ruoli. Tale sostantivo è ripreso come dedotto dal francese: L’effectif de l’armée. Si approva invece effettivo con forza di aggettivo = vivo, vero, reale, e in tale senso ha esempi classici nel linguaggio militare, es. «cento uomini effettivi»; allora perchè condannare il facile e naturale passaggio dell’aggettivo al sostantivo soltanto perchè così è in francese? | Effettivo è dai puristi ripreso nel senso di sostanza, intero, ammontare.
Effettuazione: per esecuzione, compimento, etc., è voce riprovata dai puristi, come neologismo tolto dal fr. effectuation.
Effrazione: per scasso, rottura è voce comune nel linguaggio forense: detta dal Rigutini «inutile latinismo» (e frango = rompo) usato per effetto del francese effraction.
Egitto: spesso ribattendo sgarbatamente scuse o affermazioni altrui, si ripete l’altrui parola con l’aggiunta d’Egitto, che nega e riprova. Modo familiare.
Egittòlogo: aggiunto di persona dotta nella storia e nei monumenti dell’Antico Egitto.
Ego te intus et in cute novi: ti conobbi dentro e fuori della pelle. Persio, Satire, III, 30. Più comunemente intus et in cute.
Egotismo: o meglio egoteismo; la venerazione, l’adorazione di se stesso. Termine filosofico, e alquanto diverso da egoismo.
Egrisée: n. f. la polvere del diamante.
Ègriser: voce dei lapidari che significa il togliere ai diamanti le impurità e faccettarli.
Egrotante: latinismo brutto ed inutile (da aegròto = sono ammalato) che alcuni medici pretensiosi adoperano in vece di ammalato.
Eiaculazione: lat. eiaculatio; dicesi specialmente del movimento riflesso per cui viene emesso il «succo orchideo».
Eiusdem farinae: lat. della stessa farina, cioè dello stesso valore, della stessa razza, e dicesi familiarmente in mal senso di persone che si equivalgono.
Elaborato: voce pedantesca usata in forza di sostantivo come in apparenza più eletta in vece di compito. Es. «gli elaborati di italiano». Dal latino elaborare = lavorare molto e intensamente.
Elasticitá: questo vocabolo spesso è usato al modo francese in senso traslato e morale.
Elaterio: gr. elatêrios: = che spinge: in fisica significa la proprietà delle minime particelle dei corpi per la quale ciascuna ritorna allo stato primiero, ove ne sia tolto l’impedimento che altrimenti le gravava. Dicesi talora in significato morale.
El difeto xe nel manego: il difetto è nel manico, cioè nella parte sostanziale. Locuzione acuta ed ambigua del dialetto veneziano, divenuta assai comune dopo che il Favretto ne fece argomento di un vivace quadretto in cui un vecchio grave ombrellaio così risponde ad una svelta popolana che gli ha dato l’ombrello da accomodare.
Eldorado: voce spagnuola che vuol dire paese dell’oro. Usasi per indicare luogo di delizie, felicità, fortuna. Al tempo delle feroci conquiste spagnuole dell’America meridionale nel cinquecento, correva la leggenda dei tesori favolosi ed enormi dei re degli Incas. El dorado = il dorato, era il titolo dato dagli Spagnuoli a quei re, ricoperti, secondo il grido, di oro e di polvere aurea. Questa pare l’origine prima della parola.
Electric chair: ingl., la sedia elettrica, cioè per cui passa la corrente elettrica: mezzo di barbarie moderna per dare la pena di morte legale (Stati Uniti). Il paziente è avvinto a questa sedia fatale.
Électrique: elettrico, detto del colore di stoffe azzurre cangianti. V. Bleu.
Elefantiasi (da ἐλέφας elefante). Galeno fu primo ad applicare tale parola ad uno stato morboso avente rapporto con la lebbra, la psora, il cancro. L’elefantiasi consiste in un aumento ipertrofico del tessuto connettivo sottocutaneo, sì che la pelle si fa bruna, squamosa, simile a quella dell’elefante. Attacca di solito gli arti inferiori ed è malattia speciale dell’Oriente.
Elegantiae arbiter: giudice, arbitro della eleganza. Appellativo di Tito Petronio Arbitro, dovizioso, fine e mondano cavaliere, confidente ed amico dell’imperatore Nerone. Il troppo famoso romanzo Quo Vadis? rinverdì l’uso di queste antiche parole latine.
Elemi: sostanza resinosa di varie sorta. Quella adoperata in medicina per la preparazione di certi balsami, è detta elemi del Brasile, e deriva da una terebintacea, la Icica icicariba, e ha l’odore del finocchio. Altra si ricava da un albero dell’Abissinia, l’Arnyris elemifera, che è pure una terebintacea.
Elettricista: neologismo usato per indicare l’operaio ovvero il tecnico addetto ai lavori delle macchine e delle condotture elettriche.
Elettrizzare: nel senso morale di commuovere, scuotere, avvivare, eccitare e simili è uno di quei neologismi tolti dall’estensione del linguaggio scientifico (sviluppare in un corpo la forza elettrica) che conviene oramai accettare. Però questo traslato non deve essere di nostro conio ma di provenienza francese: électriser = animer, enthousiasmer. A proposito di questo verbo, annota il Pascoli nel suo bel libro Fior da Fiore: «Mi elettrizzo: è un neologismo. Già, si capisce. O che si deve noi de’ nostri tempi rinunziare a ciò che gli uomini hanno sempre fatto, a ricavare immagini dallo cose che vediamo e proviamo? E l’elettricità è così mirabil cosa, che gli antichi e i vecchi, se l’avessero conosciuta, ne avrebbero ricavato un vocabolario intero di parole e di modi di dire!».
Elettrochimica: ramo della chimica che studia i fenomeni di combinazione, di decomposizione e di trasformazione che le sostanze subiscono per effetto dell’elettricità.
Elettrocuzione: brutto neologismo per indicare la pena di morte mediante la corrente elettrica. Questo progresso nella barbarie è speciale degli Stati Uniti. Fr. électrocution.
Elettròdo: estremità iniziale di un conduttore elettrico. Molti pronunciano anche elèttrodo, tanto per amore di varietà, delizia d’Italia: fr. électrode.
Elettrolisi: voce composta da elettro e λύω = sciolgo. Così chiamasi il fenomeno della decomposizione dei corpi composti, operata dalla corrente elettrica.
Elettrolito: dicesi quel corpo su cui si esercita l’azione decompositrice della corrente elettrica.
Elettromotore: voce di elettrologia e di elettrotecnica, generatore di elettricità; e comunemente si dà questo nome a quegli idroelettrici, o pile come soglionsi chiamare comunemente. Indica altresì un motore elettrico, ossia tale a cui la potenza viene fornita sotto forma di corrente elettrica.
Elettrotecnica: termino generico che indica lo studio delle molteplici applicazioni dell’elettricità. L’elettrotecnica è considoratii comò un ramo dell’ingegneria.
Elettroterapia: nuovo termine medico per indicare genericamente le varie specie di cure che si possono fare mediante l’azione dell’elettricità sull’organismo. Dal greco terapevo: curo.
Elfo: più spesso al plurale elfi, dal tedesco Elfen: nome dato nella mitologia germanica ai geni animatori della materia, press’a poco come le ninfe, i Pan, i Fauni, etc. nella mitologia classica. Figuransi, nelle leggende, or belli or deformi, or malevoli, ora benigni.
Dal Reno il canto degli elfi per la bruna notte va
Èlice ed èlica: il noto propulsore delle navi a vapore, onde i plurali elici ed eliche.
Eliminare: per rimuovere, scartare, togliere è parola di nuovo uso, e a mio avviso, efficace. Nel senso letterale latino significa portar fuori dalla casa, eliminare da limen = soglia. Nel senso traslato i puristi la riprovano. Accettasi nell’uso delle matematiche e della filosofia.
NB. Eliminare, eliminazione (= selezione negativa) sono voci universali della scienza.
Elioterapia: (ἥλιος, sole e θεραπεία cura) metodo di cura che consiste nell’esporre ai raggi solari le parti inferme. Nome nuovo di cosa antica ed empirica.
Eliotropio: nome di profumo, V. Hélioτrope.
Elite: a questa parola francese, viva, risponde la nostra bella parola morta eletta. Fiore o fior fiore si potrebbe pur dire ma non prevalgono di molto, almeno nell’uso del linguaggio signorile.
Eran l’eletta e il fior d’ogni gagliardo
Ariosto, Orlando Furioso.
Elixir: più comune è la grafia francese che l’italiana elisir o elisire. Parola araba: al-iksir, quintessenza. Termine chimico farmaceutico divenuto poi popolare per indicare la sostanza più pura, la quintessenza, l’estratto di certe materie che, disciolte nell’alcole, servono a far liquori o farmachi.
Elle a vecu ce que vivent les roses, l’espace d’un matin: Verso di Malherbe, che si ripeto press’a poco nello stesso senso del verso petrarchesco:
Cosa bella o mortal passa o non dura.
Elleno: plurale di ella ò alquanto disusato, più di eglino, corrispondente maschile: disusato anche nella prosa puramente letteraria; laddove al singolare ella, in vece di quel borghese lei, sopravvive a dispetto di chi non lo vorrebbe; sopravvive anche in Lombardia, la terra classica del lui e del lei. Se vi fosse fra scrittori accordo nell’usare elleno o elle, questo bel pronome potrebbe essere richiamato in onore.
Elmo (fuochi di S.): baleni e trecce luminose che per effetto della elettricità si producono in su le estremità delle navi, vele, pennoni, etc., onde traevano gli antichi e traggono tuttora i naviganti loro presagi. Elmo è evidente corruzione popolare di S. Ermo.
Elzevir: (Elzevier) nome di una celebre famiglia di stampatori olandesi del secolo XVI. I caratteri di speciale foggia antica di quelle preziose stampe essendo venuti di moda or fa qualche decennio e al carattere convenendo uno speciale formato elegante, così si disse un elzevir ed anche un elzeviro per significare un volume stampato a quel modo.
Elzeviriano: aggiunto di caratteri tipografici che imitano il tipo Elzevir.
Emarginare: è voce curialesca e degli uffici che vuol dire segnare al margine. Non è bella nè propria parola giacchè logicamente, come osserva il Fanfani, sarebbe immarginare. Deriva dal francese émarger. Part. emarginato.
Ematopoietici: voce composta greca, propria del linguaggio medico e dicesi degli organi generatori del sangue (globuli rossi), cioè la milza, il fegato ed il midollo rosso delle ossa.
Embarcadero: termine spagnuolo: in francese embarcadère, cala o gettata, coperta no, che serve all’imbarco e allo sbarco: vocabolo usatissimo a mia nozione nei paesi lungo i laghi lombardi per significare il luogo d’approdo dei piroscafi.
Emblée (d’): modo francese comunissimo. Nel giuoco delle carte, poniamo al macao, quando il giocatore fa nove di prima mano o secco, si dice alla francese: d’emblée. Dicesi anche di chi ottiene qualche beneficio, di primo acchito. Dicono talora i medici: Diagnosi d’emblée cioè a prima vista. Emblée deriva dall’antico verbo francese embler = rubare, rapire:
Le bien d’autrui tu n’embleras
Ni retiendras à escients.
V’è rapporto etimologico con l’antico nostro verbo imbolare (involare) = rubare, portar via (lat. vola, palma di mano.
Embolìa: da ἔμβολον = cuneo, sbarra: nome dato dal Virchow all’otturamento dei vasi, prodotto dagli èmboli e quindi all’insieme per cui gli èmboli si formano e vengono trasportati nella corrente sanguigna. Non si confonda l’embolìa con la emorragia cerebrale, benchè l’effetto sia lo stesso. V. Emiplegia.
Èmbolo: corpo estraneo onde è determinata la embolia, cioè l’intoppo di un vaso sanguigno.
Embonpoint: letteralmente in francese vuol dire in buono stato, e dicesi di chi è in prospera salute e nell’aspetto esteriore tale che non appaiano le prominenze ossee: quindi oltre che floridezza, vuole indicare altresì lieve grassezza, tendenza all’adiposità.
Embrasse: cordoni per le tende. In un elegante negozio d’Italia ho letto questa scritta: embrasse per ridò guipure. C’è da domandare: che sta a farci quell’infelice italiano per? Ma scrivasi tutto in francese e con rispetto all’ortografia di quella lingua!
Embrici alla marsigliese: tavolette di terra cotta, rettangolari con scanalature su la faccia superiore per agevolare lo scolo delle acque. Sono munite di incastri a maschio e femmina. Se ne fanno tetti più leggeri e gradevoli alla vista che quelli di antica foggia.
Embriogeniá: (dal greco émbrion = feto e ghennáo = generare, partorire): termine della scienza anatomica, la quale studia le fasi prime dei singoli organi dell’animale, entro l’utero materno. Come è noto per scienza, il feto, nei primi mesi della vita uterina, passa per le varie fasi dell’essere animale, dalle forme meno perfette, alla più perfetta che è l’umana. Sintetizza cioè la secolare evoluzione della specie.
Embriologia: (V. Embriogenìa) è più propriamente lo studio degli organi, già differenziati nel feto, e seguiti sino alla loro trasformazione ultima.
Embrocazione: fr. embrocation: brutta voce, nota a chi attendo ad esercizi fisici e giuochi, come ciclismo, palla al calcio, etc.; indica una specie di unguento col quale si fanno le frizioni ai muscoli delle gambe e delle cosce, prima e dopo una corsa, per dar loro maggior elasticità e maggior forza: ἐμβροχή, irrigazione.
Eminentemente: avverbio più che italiano, ma certo l’uso iperbolico che se ne fa, in vece di molto, assai, etc., ricorda l’éminemment francese.
Eminenza Grìgia: fu chiamato con tale sopra nome il confidente ed amico del gran ministro francese Richelieu, certo padre Giuseppe, cappuccino, al secolo Francesco Ledere Da Tremblay n. a Parigi nel 1577. Dicesi Eminenza Grigia di consigliere occulto e potente.
Emiplegia: paralisi di tutta una metà del corpo o di uno solo fra due organi pari: termine medico, derivato dal greco: emì = metà e plesso = colpisco: effetto dell’embolia o dell’emorragia cerebrale. Volg. colpo, accidente.
Emìttero: voce scientifica che indica una specie di insetto a metamorfosi incompleta (emìttero in greco = mezza ala), con la bocca munita di rostro articolato, atto a suggere umori dagli animali o dalle piante (cimici, cicale, afidi, fillossera).
Emofilia: term. med., dal gr. αἷμα, sangue e φιλία, simpatia: stato patologico, determinato da una disposizione dei vasi, congenita, ereditaria alle emorragie gravi, sia spontanee, sia cagionato da lievi ferite.
Emoglobina: sostanza organica che costituisco la parte essenziale dei globuli rossi del sangue. V. Globuli rossi.
Emorroide: (αἷμα, sangue e ῥέω, scorro) tumore varicoso formato dalla dilatazione delle vene dell’ano e del retto.
Emostàsi: dal gr. aima = sangue e stasis = sosta, fermata. Così in medicina, si designa l’operazione di frenare lo scolo del sangue. Derivato emostatico, detto di sostanze come il tannino, il percloruro di ferro, etc., o dei mezzi meccanici che hanno virtù di stagnare il sangue.
Emostatico: V. la voce precedente.
Emotivitá: fr. émotivité; parola usata spesso nel linguaggio dei medici e dei psicologi per significare la facilità che taluno ha di commuoversi, press’a poco come impressionabilità, sensibilità, annettendovi, come appare, il concetto di eccesso e di poca normale forza nervosa in questa tendenza al commuoversi. Voce neologica anche in francese.
Emottìsi: dal gr. aima = sangue e ptisis = sputo: sputo sanguigno, proveniente dalle vie della respirazione. Questo sangue ha per origine sia un’emorragia dell’apparecchio respiratorio, sia un’emorragia d’un organo vicino che si è rotto nell’albero respiratorio. Emoptoe.
Emozionare, emozionante: neologismi di manifesta provenienza francese, émotionner = causer de l’émotion. Commuovere e commovente indicano una sensazione più profonda e nobile e perciò si spiega l’uso di tale neologismo, benchè non manchino locuzioni molte e varie in nostra lingua per rendere la parola émotionner.
Empìècement: negli abiti muliebri così è talora francesemente chiamata quella diversa stoffa o velo che compie, ornando, il corsetto su le spalle e sul collo. In italiano, sprone.
Empire: style empire, neologismo francese per significare quello speciale stilo che era in onore al tempo di Napoleone I (primo impero). Anche quando noi facciamo italiano il modo francese, leviamo il segnacaso di e diciamo stile impero, che non è modo nostro.
Empirismo: ottima parola che in antico significa la pratica medica fatta con l’esperienza, opposta al dogmatismo. Oggi è sinonimo di ciarlataneria e significa la cura medica di persone mal dotte, guidate dalla semplice analogia. Non si dimentichi però che l’empirismo è l’origine della scienza e delle scoperte. Esso, come dico l’origine del nome (dal greco en = in e’peira = prova, esperienza, oh! che saltò in mente al Petrocchi di sottoporre empiricamente alla rubrica empireo, da en e pyr = fuoco?) è la osservazione prima fondata sul fatto.
Emù: (Dromaeus novae Hollandiae) è uno struzzo australiano vivente, con piedi a tre dita.
Emulsionare: preparare un’emulsione: o detto di sostanza preparata a modo di un’emulsione. V. la voce seguente.
Emulsione: dal lat. emulcere = addolcire: liquido di apparenza lattiginosa che tiene sospeso corpi grassi finamente divisi. Der. emulsionare. Le emulsioni sono sostanze oleose sospese mediante una mucilaggine nell’acqua: il latte, il sangue sono emulsioni naturali; emulsioni artificiali quelle preparate ne’ laboratori.
En abregé: V. Abregé.
En amateur: dicesi in fr. amateur = amatore, amadore (bella voce classica, rinnovata dal Boccaccio su la forma latina amatorem) con speciale senso di chi attende alle arti belle, non per professione, ma per amore e diletto, quindi dilettante, come dilettante; e nel linguaggio familiare dicesi en amateur con più esteso senso che riferito alle arti. Notiamo qui come la voce nostra dilettante, dilettanti sia accolta in francese, ma riferita specialmente alla musica. Vocabolo, dunque, che è frutto di arte e di forza nostra, almeno per il passato!
En beauté (être): letteralmente essere in bellezza, detto specialmente delle donne, che non vuol dire proprio come essere bella, aver bella cera, ma quello speciale stato per cui in certe occasioni e certi momenti il volto è più attraente del solito. In italiano, anche in questo caso, non corrisponde una locuzione unica ma lo scrittore può rendere il concetto in vaghi e vari modi che qui è inutile trattare.
En belle vue: si dice così nel linguaggio di cucina delle vivande preparate con arte in modo da accontentare anche la vista, come «insalata russa en belle vue». In italiano la voce bella c’è, perchè v’era la cosa: in addobbo o accomodata. Ma la cucina francese, di uso mondiale, ha imposto anche le sue voci.
En cachette: fr. di nascosto.
Encanailler: V. Incanagliarsi.
Encausto: lat. encaustum, gr. enkauston: sorta di pittura antica nella quale i colori erano stemperati con cera liquefatta, per dare ai medesimi lustro e preservarli dall’azione atmosferica.
Enchanté: letteralmente incantato, ma l’aggettivo francese usasi con frequenza, specie nel ceto mondano, per esprimere la meraviglia e il piacere elevati con la consueta iperbole al grado di incanto.
Enciclica: voce greca che vale circolare; cioè quella lettera che il papa invia ai vescovi della Cristianità ed ai fedeli per far loro conoscere la sua opinione su di un punto del dogma, della morale, della disciplina. Più specialmente hanno tale nome quelle esortazioni pastorali che trattano di questioni presenti. Le encicliche hanno un titolo, si datano e finiscono come le bolle. V. Bolla.
Enclisi: termine grammaticale che significa l’appoggiarsi di alcune particelle alla parola precedente con cui si fondono e di cui acquistano l’accento. «Una delle particolarità, e forse più spiccata, per cui lo scrivere accademico, pretenzioso, affettato si distingue dal nativo e svelto e moderno (diciamo Manzoniano) è l’appiccare le enclitiche alle forme di verbo le quali non le comportano. Le forme di verbo che prendono dopo sè tali pronomi e particelle attive sono l’imperativo (seconda persona), il gerundio, il participio e l’infinito: ditegli, dicendomi, dicentemi e dettogli, dirti. Le altre no: le hanno avanti: gli dico, gli dica, gli direi». Così il Pascoli, Fior da fiore, Antologia. Meglio, forse, intendere ciò come consiglio che come legge assoluta.
Encloure: lett. in francese inchiodatura, cioè ferita fatta al piede di una bestia per ferrarla. Ho inteso dire dal popolo inchiodare, cavallo inchiodato, quando il maniscalco nel ferrare, ha ferito il cavallo.
En daube: dal verbo dauber, battere: così chiamasi una cottura delle carni, specie se dure, come galline vecchie, oche, etc. (Ponesi lardo e prosciutto in una teglia, carote, garofani, erbe: sopra il pezzo di carne o il gallinaccio che si vuol cuocere, una gran fetta di lardo e tanto brodo da coprire il tutto. Cuocesi a fuoco lentissimo e con coperchio). Verosimilmente dicesi daube perchè la carne, prima d’esser messa in concia, è battuta. La parola nostra, rispondente alla francese, è stufato.
En déshabillé: V. Déshabillé.
Enfant gâte: locuzione francese dal felice traslato che risponde un po’, e secondo i casi, ai nostri modi di dire: ragazzo viziato, beniamino, cocco di.... gallo della Checca.
Enfant prodige: lett. bambino prodigio, locuzione francese felice per indicare que’ bambini che dimostrano un’intelligenza straordinaria e superiore alle età loro. Fu attributo di alcuni uomini geniali.
Enfant terrible: frase enfatica ed iperbolica francese, dovuta, come pare, ad un dramma comico del Gavarni, e divenuta comune fra noi per indicare que’ bambini che nell’ingenua osservazione e sincerità infantile dicono cose che non devono essere dette: Es. «la zia si pulisce benissimo i denti, essa se li toglie ogni sera».
Enfisema: termine medico che significa infiltrazione gassosa, diffusa nel tessuto cellulare. Enfisema polmonare, lesione consistente nella dilatazione esagerata e permanente degli alveoli polmonari. Da ἐν dentro e φύσα, soffio, vento.
Engouement: fr. nel senso traslato del suo primo valore, da engouer = ingozzarsi, è voce usata fra di noi per significare l’amore cieco di chi si è fatta una opinione esagerata di persone o cose: fanatismo. Voce del gergo signorile e del giornalismo.
Enne enne: pronuncia dell’abbreviatura N. N. = non nominato. Ondo dicesi, talora facetamente, enne enne per significar persona di niuna importanza o della quale chiunque può far lo veci.
En passant: modo avverbiale francese, cui equivalgono i nostri: di sfuggita, tanto per dire, incidentalmente e simili.
Enrichissez vous: motto del ministro Guizot, riferito da Giulio Simon all’Accademia di Francia, che ne commemorava la memoria: Arricchitevi! motto e stemma della borghesia e del rinnovamento sociale che essa arrecò nel secolo XIX con nuova e inusitata produzione di ricchezza.
Entente cordiale: neologismo politico che vuol dire letteralmente in francese interpretazione benevola, e si riferisce a quelle prove di equità e di buon volere che scambiano fra loro i capi di due Stati nel risolvere una data questione politica. Vi risponderebbe la nostra frase: buone disposizioni. Talvolta quando c’è l’entente cordiale non è improbabile il caso della guerra; ma di codesto la filologia non ha colpa. Questa locuzione neologica si legge nel discorso pronunciato il 17 dicembre 1843 da Luigi Filippo di Francia all’apertura del Parlamento: «La sincère amitié qui m’unit à la reine de la Grande Bretagne et la cordiale entente qui existe entro mon gouvernement et le sien, etc.».
Enterite: (dal greco ènteron = intestino, minugie) è voce medica per significare l’infiammazione, specie cronica, della mucosa intestinale.
Enteroclisma: (ἔντερον, intestino e κλύζω, lavo) noto e ingegnoso apparecchio dovuto al nostro Cantani: esso — per la nota legge dell’equilibrio dei liquidi — permette la lavatura di tutto l’intestino crasso (colon). Aumenta la pressione quanto più si eleva il serbatoio dell’acqua.
Entità: dal lat. ens, entis, participio post-classico del verbo esse = essere, gr. τὸ ὄν = ciò che è. Come termino scolastico per esprimere l’idea astratta di ciò che è, viene accolto dai puristi; nel senso di valore, pregio (Es. cose di molta entità) è ripreso come gallicismo.
Entourage: voce francese usatissima perr indicare la compagnia, la clientela, il seguito di un dato personaggio.
En touriste: V. la parola touriste.
En tous cas: fr. in ogni caso, ombrellino adatto per la pioggia e pel sole.
Entr’acte: vuol dire proprio ciò che significa la nostra bella parola intermezzo. Ma per indicare l’intervallo tra atto ed atto usasi non di rado la parola francese, specie nel linguaggio degli eleganti.
Entrain: voce francese che indica il calore e la vivacità del dire e del fare. Dicono i francesi: Cette personne a de l’entrain, Cette comédie a de L’entrain. Bisogna proprio esser leziosi per usare noi questa voce, mentre abbiamo le bellissime: brio, gaiezza, vivacità, spigliatezza. Entrain deriva dal verbo entrainer = en (lat. inde) e trainer (lat. trahere, trainare, traino, treno). V. la voce train.
Entraineur: celui qui entraine, qui prépare les chevaux pour la course. In italiano, scozzone =:colui che avvezza i pulledri alla sella o alla carrozza. Ma siamo al solito caso, che la parola nostra sa di plebeo, la parola francese di signorile ed elegante.
Entre-côte: è in francese ciò che dicesi costata, fiorentina in Romagna, cioè costoletta. La parola francese è comune nel linguaggio culinario.
Entrée: entrata, portata. Codesta parola indica francesemente i piatti con cui si comincia il pranzo, dopo l’antipasto e dopo la minestra. Il cerimoniale francese nell’arte della cucina e della tavola è stato introdotto pure da noi e, con quello, le parole.
Entrefilet: neologismo francese, letteralmente tra le linee, tra le maglie, da entre e filet, diminutivo di fil = filo. Si intende per tale parola un breve articolo di giornale, inserito fra articoli di maggior importanza, col quale di solito si richiama l’attenzione del publico su di un fatto noto, si corregge, si rinnova un giudizio: insomma sarebbe una specie di «notabene», non di rado caustico, È tradotto in trafiletto che al plurale è anche di più goffo suono che al singolare.
Entre la poire et le fromage: efficace modo francese: fra le pere e il formaggio: cioè entro due termini fra i quali lo spirito si trova naturalmente disposto e quasi costretto ad udire benevolmente ciò che di importante e nuovo altrui piace dire, quindi a tempo buono, a tempo opportuno. Nè si dimentichi che le pere legano benissimo col formaggio e formano un post prandium gustosissimo che dispone alla benevolenza.
Entremets: così i francesi chiamano quelle vivande che vengono servite dopo l’arrosto e prima delle frutta: vi si comprendono verdure, torte, e varie specie di pasticcerie. Nei grandi pranzi o banchetti rappresentano una specie di sosta di pausa, fatta di cibi più delicati e soavi che non siano le carni. Il signor P. Artusi, romagnolo e toscano, il quale per suo diletto publicò un pregevolissimo ed accurato manuale di scienza culinaria tanto poco noto quanto meritevolissimo di essere noto (Firenze, S. Landi, 1891) traduce la voce francese con tramesso, cioè posto in mezzo alle vivande del pranzo.
Entre-80l: è in francese ciò che in italiano si dice mezzanino, cioè l’appartamento tra il pian terreno (rez-de e chaussée) e il primo piano.
Entusiasmare: è verbo non accolto dai puristi nè dalla Crusca perchè troppo affine all’enthousiasmer francese che vale spesso s’engouer de quelqu’un ou de quelque chose, non escluse le ballerine e i tartufi. Accolgonsi invece entusiasmo ed entusiasta nel nobile senso etimologico, ἐνθουσιασμός = inspirazione, sacro furore. Non è molto persuasiva la esclusione del verbo, tanto più che esso è anche in greco, ἐνθουσιάζω; tutt’al più si può osservare che noi seguiamo l’iperbole francese, la quale consiste non solo nel dar grande senso alle parole che sono segno di cose piccole, ma altresì nel contrario, cioè nell’usare voci di nobilissimo significato per determinare cose di poco conto.
Enveioppe: voce francese, rispondente all’italiano inviluppo, dal latino in e volvere = volgere. Nel Lessico del Fanfani ed Arlia è scritto che i cartolai fiorentini diceano inviluppo: oggi prevale la voce nostra busta, e la parola francese benchè tuttora frequente, quasi popolare, tende a cadere.
Épatant: part. del verbo francese épater. Con questa parola si suole in quella lingua esprimere il più alto grado dell’ammirazione: far trasecolare, strabiliare. Il est vraiment épatant! Èpater deriva da e, ex e patte, cioè privare dei piedi, come épater un verre. Figuratamente far cader uno su le quattro zampe per la sorpresa e la meraviglia.
Épater le bourgeois: parola del gergo (V. Èpatant) e vuol dire stordire, intimorire il borghese, l’onesto borghese. Il motto francese da noi si ripete nel linguaggio giornalistico e politico quando, disegnando con colori foschi e terribili l’avvenire quale (in teoria) ce lo faranno i ribelli della legge odierna, si intende, smuovere, spaventare il cittadino, di solito indifferente a tutto ciò che non riguardi i suoi affari e il suo interesse immediato. Dicesi di tutto ciò che ad arte artificiosa è fatto per provocare nel buon popolo, stupore, ammirazione, quindi lode e ciò che segue alla lode. Locuzione effimera e bella come belli sono tutti i modi di dire che traggono origine dalla viva vita di un nobile popolo.
Epicentro: il centro sotterraneo della superficie di un campo di terremoto.
Epilettoide: neol. scientifico per indicare chi in tenue misura è affetto da epilessia. V. il suffisso Oide.
Episodio: gr. ἐπ-εισ-όδιον = breve azione intrecciata ai canti del coro nell’antica tragedia greca. Ora questa parola nel senso di azione subordinata alla principale azione di un romanzo, di un dramma, di un poema, va bene, ma nel senso di fatto, avvenimento della vita privata non piace ai puristi perchè questa estensione di significato è di maniera francese: dunque per caso, avventura, vicenda è un inutile gallicismo. Ma l’uso ha oramai accolto l’«inutile gallicismo».
Epispadia: V. Appendice.
Epistassi: termino medico, volgarmente sangue dal naso: dal gr. epì = sopra e stazo = sgoccio.
Epistola non erubescit: la lettera non arrossisce, così, aggiungendo un enim, scrivo Cicerone nelle suo Lettere Ai familiari, libro V, epist. 12, in principio. La locuzione, vivissima tuttora, è da supporsi di precedente formazione popolare. Essa vuol significare che la lettera concede di esprimere cose che il pudore, la vergogna, il riguardo vieterebbero di dire a voce e di presenza.
Epiteliòma: tumore maligno, formato dal tessuto dell’epitelio, e presentante numerose varietà secondo il tipo d’epitelio riprodotto. Dal greco ἐπὶ sopra, θελή mammella e il suffisso oma (greco ...ωμα) adoperato in medicina per significare i tumori neoplastici come sarcoma, carcinoma. V. Neoplasma.
Epizòtico o epizoòtico: agg. neol. da epizzozìa: nome generico di speciali malattie contagiose che infieriscono fra animali: dal greco epì = sopra e zoon = animale.
Epoca: «fr. époque, da ἐποχή = punto di fermata, vale propriamente punto fisso nella storia, segnalato da qualche avvenimento memorabile, da cui si comincia a contare una serie d’anni, o una delle grandi parti in che si divide la storia stessa. — Es. La storia romana si divide in tre grandi epoche, in quella dei Re, della Republica e dell’Impero. — Ma in Firenze — dice il Tommaseo — non dal popolo che chiamano basso, ma da quelli che bazzicano coi signori, sentesi: «da quell’epoca in poi», per dire «d’un tempo qualunque» che nulla abbia di memorabile di rilevante». Così il sig. Allan, op. cit., e «sconcio gallicismo» lo dice il Rigutini. Anche qui l’uso, valendosi del suo diritto sovrano, dá la sua sanzione ed accoglie lo «sconcio gallicismo». Cfr. per il valore proprio della parola la locuzione comune far epoca, detta anche di cose minime, ma che fanno punto, fermata della memoria nella uguaglianza del tempo, Es. quel vestito ha fatto epoca.
Epurare: V. Epurazione.
Epurazione: per cerna, scarto, specie in senso morale è parola non citata nella più parte dei lessici. Il Fanfani la riprende come gallicismo. Ma come formazione di voce, essa è buona e, quel che più, è dell’uso. La provenienza sarà dal francese èpuration od épurement, ma di molti ragionevoli gallicismi sarebbe opportuno non più discutere, nè anche fra’ grammatici per le ragioni dette nella prefazione. Lo stesso dicasi del verbo epurare (fr. épurer, es. «épurer un corps, une compagnie, une administration» toglierne cioè le persone indegne e sospette). Il Rigutini propone in tale senso purificare e sbacare, ma il primo verbo ha elettissimo senso morale e sacro, il secondo parmi troppo regionale e toscano.
E qui comìncian le dolenti note: corruzione popolare del verso dantesco: ora comincian le dolenti note (Inf. V, 25) stravolto ad altro senso: per lo più dicesi facetamente quando si viene a parlare di cose di conti che non piace udire, ma che pur udire conviene.
Equilibrato: «ingegno, mente, natura bene equilibrata, dicesi oggi d’ingegno, natura, nella quale tutte le facoltà dello spirito umano sieno tra loro ben composte, sicché l’una non predomini sull’altra. La maniera è presa dal francese e noi potremmo dire ben temperato». Così il Rigutini, ma l’uso di equilibrato è oggi tanto comune che mi par vano riprendere tale parola. Testa quadra.
Equilibrio europeo: espressione frequente nel linguaggio diplomatico: esso consiste nella conservazione dei possessi territoriali quali furono limitati dai trattati e dal mutuo accordo che vincolano i vari Stati a obbligazioni comuni e solidali. La parola equilibrio in tale senso forse ci provenne dal francese che a moltissimi sensi estende la voce équilibre. (dal lat. aequus: = giusto e libra = bilancia). Il Guicciardini parlando de’ vari Stati italiani prima della venuta di Carlo VIII (1494), scrive di Lorenzo il Magnifico che «procurava con ogni studio che le cose d’Italia in modo bilanciate si mantenessero che più in una che in altra parte non pendessero, il che senza la conservazione della pace, e senza vegghiare con somma diligenza in ogni accidente benchè minimo, succedere non poteva». Così allora per l’Italia, come oggi per l’Europa.
Equipaggio: per ciurma della nave e servizio di vettura signorile a cavalli è voce dal Fanfani e dai puristi ripresa come gallicismo (équipage). E per questo dobbiamo farne a meno? Se ne fa tanto a meno che la stessa Crusca la ha accolta. Ciurma, parlando di navi, sa di antico e forse, usata, avrebbe senso di spregio. Equipaggio ed equipaggiamento sono secondo i puristi bene usati in senso di arredi, fornimenti, bagagli, etc., onde, poi, il verbo equipaggiare = fornir di equipaggio, uomini e cose necessarie ad un viaggio, ad un’impresa. Equipaggio ed equipaggiare sono voci tecniche nel linguaggio marinaresco. V. Guglielmotti, op. cit.
Equivocare: prendere abbaglio, equivoco, sbagliare, ha esempi antichi e classici, ciò non toglie che sia brutto verbo (fr. équivoquer): certo in nobil dettato è voce sfuggita.
Erariale (avvocato): è l’avvocato che in una lite sostiene le ragioni dell’erario cioè dello Stato, cioè di uno dei Ministeri. Esistono a tal fine nelle principali città uffici regolarmente costituiti con relative gerarchie che hanno nome di Avvocatura erariale.
Erbette (le): nel dialetto marchigiano è così chiamato il prezzemolo: in milanese erborinn.
Erbioni: in Lombardia e nell’Alta Emilia così si dice popolarmente in vece di piselli. Milanese erbiòn.
Erborinato: voce dialettale lombarda, aggiunta a stracchino, il più celebre e il più diffuso formaggio da tavola, quando esso è venato di quelle verdi muffe che gli sono caratteristiche: da erborinna, pl. erborinn = prezzemolo.
Erculeo: da Ercole, l’eroe fortissimo: dicesi con quella tendenza all’eufemismo all’esagerazione, secondo i casi, che oggi è molto in onore, anche di sforzi non propriamente erculei.
Eredità d’affetti: bella locuzione del Foscolo (Sepolcri) divenuta popolare e, pel troppo abuso, frase fatta.
Ereditiera: per fanciulla erede di ricca dote, ricorda ai puristi il fr. héritière. «A noi basta erede» dice il Rigutini, ma alla lingua corrente non par che basti.
Eretismo: non da eretto ma dal greco erethìzo = irrito; è voce del linguaggio medico per indicare accrescimento patologico della attività di un organo. Dicesi anche per traslato in senso morale.
Ergastolano: inquilino abitatore dell’ergastolo. I diz. portano quest’ultima parola (del gr. ergazomai = lavoro, lat. ergástulum) non la prima, frequente nelle Ricordanze del Settembrini.
Ergo: lat. adunque.
Èrgon: e più com. erg; termine tolto dal greco èrgon = opera, e scelto nei congressi internazionali di fisica per indicare l’unità di lavoro: è il lavoro che compie una dine (V. questa parola) lungo lo spazio di un centimetro percorso nella sua direzione: esso è circa la 98 100000 parte di un kilogrammetro, ossia del lavoro che si eseguisce elevando un chilogrammo all’altezza di 1 metro.
Erigersi a: per darsi il tono, l’aria di..., Mettersi a..., Farla da..., etc., ricorda ai puristi il modo francese s’eriger = s’attribuer une auctorité, un droit, une qualité qu’on n’a pas, ou qui ne convient pas. S’eriger en savant, en critique, etc.
Or tu chi se’, che vuoi sedere a scranna
Per giudicar da lungi mille miglia
Con la veduta corta d’una spanna?
Dante, Par., XIX.
Ermafroditismo: V. Appendice.
Eroe: dal greco héros: nel senso antico l’eroe era l’uomo in alcun modo congiunto con gli Dei: Ercole, Teseo, etc. Nel senso moderno filosofico, chiunque operò cose meravigliose con facoltà creative, conservative, rivoluzionarie, fuori del comune: Cristo, Maometto, Dante, Garibaldi, Mazzini, etc. Oggi il vocabolo eroe è prodigato con una generosità singolare e per simiglianza di idee mi ricorda la parola cavaliere che generalmente è data a persone che sarebbero alienissime dal cavallo da cui la parola proviene. Uno che salva a nuoto un suo simile; un pompiere che spegne un incendio; un vigile che arresta un malfattore possono facilmente essere proclamati eroi. Così dicasi dell’aggettivo eroico.
Erogazione ed erogare: (lat. ex e rogare, chiedere) dare danaro a scopo determinato di publico vantaggio o beneficenza. Voce buona e registrata, ma di forte sapore curialesco e dogli uffici.
Erotòmane: V. Erotomania.
Erotomania: (gr. eros = amore e mania = pazzia) alienazione mentale cagionata da preoccupazione sessuale: derivato erotòmane.
Errata: neutro latino: = cose errate: dicesi la Tavola degli errori corsi nella stampa di un libro con la loro correzione di contro; onde la si suole anche dimandare Errata Còrrige, correggi gli errori, cosa che niuno fa. L’Errata-Còrrige, a giudizio dei periti dell’arte, non ha valore pratico, se non nei libri di prezzi correnti, cataloghi, formule, dove l’errore può essere veramente dannoso. Negli altri casi, quando non si può rifare la pagina stampata, meglio affidarsi al buon senso e alla scusa del lettore.
Errare humanum est, perseverare diabolicum: sbagliare è cosa umana, perseverar nell’errore è cosa diabolica. Adagio scolastico, formatosi in antico da varie e consimili sentenze, e proverbiale tuttora.
Error comunis facit jus: l’errore di molti costituisce una legge, sentenza giuridica e umana, vera quanto altre mai. Trovasi nella legge 3a del Digesto al titolo De supellectile legata.
Erunt duo in carne una: saranno due in una sola carne, così nelle sacre carte è spiegato il vincolo del matrimonio. Saranno...., il che indica l’idealità finale non la realtà.
Es: prefisso di alcune voci, e vuol dire sei, dal greco ἕξ (cfr. il latino sex) come in esametro, esagono, esarca, etc.
Esaltare: propriamente vuol dire sollevare in alto, lat. extollere. Cfr. il motto evangelico: «chi si esalta sarà umiliato» . Nel senso di entusiasmare, appassionare (es. «i romanzi esaltano la testa») è ripreso da alcuni puristi come gallicismo. Così dicasi di esaltato per fanatico, testa calda e di esaltazione. Ma anche qui l’uso approva tali neologismi.
Esantema: (gr. exanthein = fiorire) significa in medicina quel rossore cutaneo più o meno vivo, senza papule o vesciche, che si riscontra in gran numero di malattie.
Esauriente: part. pros. con valore di agg., dal verbo esaurire = finire, dotto sovente e spocificatamento di libro, trattato, discorso, etc. che tratti di un dato argomento in modo che tutto ciò che se ne poteva dire, sia detto. Questo neologismo è ripreso dai puristi. Un libro esauriente «vorrebbe dire che esaurisce le forze dello scrittore o del lettore o di tutti e due insieme» G. Romanelli, op. cit. Ma è lepidezza che non persuade. Cfr. però l’uso del fr. epuiser.
Esautoramento: V. Esautorare.
Esautorare: (dal latino ex-auetorare = licenziare, cassare) dicesi specialmente di persona cui è designato alcun comando, la quale per suo mancamento o per cause estrinseche abbia perduto parte della sua autorità, stima, credito, reputazione. Usato è specialmente il participio esautorato.
Escalope: braciolina di vitello per solito, con varia arte cucinata: voce francese entrata nell’uso in scaloppa, scaloppina.
Escamotage: (da escamote la palla che i giocolieri nascondono ad arte, è parola francese usata talvolta in senso figurato in vece di modi nostri consimili, come mutar le carte in mano, far il giuoco dei bussolotti, etc.
Escamoteur: chi fa il giuoco dei bussolotti. I vari nostri dialetti hanno dovizia di locuzioni per esprimere ciò che figuratamente esprime la voce francese, ma le vive nostre voci di popolo difficilmente sono ricevute nel salotto dell’uso borghese, o corrente.
Escomio: licenza, disdetta, nel ferrarese: lat. excomiare.
Escroquerie: noi abbiamo la voce italiana scroccheria, uguale per senso e per etimologia, eppure un nostro letterato non dubita di scrivere: «Insomma tra articoli e trafiletti il Petit Journal seppe tirar fuori, dalla famosa escroquerie del Panama, la bella somma di 360 mila franchi».
Escursione: per gita è ripreso come gallicismo, excursion. Savia a tale proposito è la seguente osservazione del Rigutini: «I latini ebbero excursio tanto nel senso approvato di scorreria, quanto in senso di gita, viaggio. Il francese li riprese tutt’e due; l’italiano soltanto il primo. Pure chi volesse adoperare anche il secondo non direbbe una bestemmia. Dove è il suggello della gallicità è nel traslato, come: Fare un’escursione nella storia, nella filosofia, etc.».
Escursionista: neol. detto di chi compie brevi viaggi o gite per diletto o salute. Fr. excursionniste.
Escussione: V. Escutere.
Escutere: (participio escusso) invece di esaminare, 'provare', ricercare minutamente. Es. «escutere i testimoni». È un latinismo del linguaggio giudiziario (excutio = ex e quatio = scuoto fortemente, e poi, guardo addosso, esamino, provo). «Escutere un debitore», fare gli atti contro di lui.
Esèdra: lat. exhedra, gr. ἐξέδρα, in architettura indica un sedile semicircolare, di costruzione leggera e a traforo che si fa nei giardini e nei parchi per riposo e per ornamento.
Esentuare: voce non corretta che si usa in alcune regioni in vece di dispensare, esentare, esimere. Frequente parlando di scolari, esentuati dagli esami.
Esenziazione: per esenzione. Cito questa parola come esempio del punto a cui si può arrivare con l’influsso del suffisso zione. Io non credo che in altre lingue avvenga quello che avviene nella nostra, cioè di creare voci abusive, non necessarie, mal formate, senza alcun giusto motivo che le giustifichi. L’ignoranza e la fretta giornalistica.... Bah! è una pessima ragione.
Esercente: voce ripresa dai puristi come participio sostantivato di un verbo che c’è in latino exercère e c’è in francese exercer, ma non in italiano dove c’è solo esercitare. Verissimo, ma esercente si usa come termine generico di mercante, negoziante, fabbricante, commerciante. A Milano c’è persino il Giornale degli esercenti. Il Petrocchi accetta esercente. In fr. boutiquier, débitant.
Esercìre: per condurre, amministrare, mandare avanti, dicesi talvolta de’ negozi e delle aziende (latino exercère). Vedi esercìto. Voce non bella.
Esercìto: per amministrato, condotto, trattandosi di aziende, negozi, non è nei diz. dell’uso; e non è bel neologismo. nota
Esercito della Salvezza: V. Salvation Army.
Esercizio: per azienda è ripreso corno gallicismo (V. Rigutini). Ripreso del pari è nel senso di riscossione, uso delle vendite publiche, bilancio annuale dello Stato. Exercice = perception de l’impôt, emploi du revenu public. Neologismo non registrato, ma usatissimo.
Esèrgo: = ex opera, fuori dell’opera, e nella terminologia monetaria indica quel piccolo spazio al disotto dell’impronta nel rovescio, nel quale è posta l’iniziale o marca di zecca.
Esibizione: per esposizione, mostra, è dal francese exhibition, dove pure in quella lingua, in tal senso, è neologismo tolto dall’inglese. | Esibizione, in italiano, l’atto di esibire = offrire. Ma non solo in un certo linguaggio è usato il neologismo inutile, ma non mancano esempi anche di noti scrittori. Es. «Questa esibizione dei costumi giannizzeri interessò in particolar modo».
Esigente: è dai puristi parola ripresa per gallicismo, exigeant, lat. exigere. Voce necessaria e sancita dall’uso e, al pari di esigenza = necessità, appartiene a quei francesismi su cui molto vi sarebbe a discutere se tali siano veramente, ancorchè lo speciale uso che se ne fa provenga dal francese. Senso accolto dalla Crusca.
Esito: nella locuzione in esito, in luogo di in risposta, è voce del linguaggio burocratico.
Es ist eine alte Geschichte: è una vecchia storia eppur rimane sempre nuova, e quando essa avviene, il cuore si infrange! così Arrigo Heine parlando dei tormenti d’Amore, in quel gioiello immortale di liriche, che si intitola Lyrisches Intermezzo (Ein Jungling liebt ein Mädchen).
Esistere: lat. existere, vale essere in atto, perciò usato, come oggi è usatissimo, per il semplice essere, è ritenuto gallicismo. Es. «Il negozio che qui esisteva, Esistono ragioni per credere,» etc. Anche esistenza per vita è ripreso dai più rigorosi come gallicismo.
Èsodo: gr. exodos = uscita, storicamouto l’uscita degli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto (Bibbia): familiarmente, partenza in gran numero e in gran fretta, quasi per accordo preso. Es. l’esodo dei forastieri, dei bagnanti etc.
Esonerare: (dal latino ex-onerare = sgravare, alleggerire) è neologismo che ricorda il francere exonérer = liberar da un onere, francare, esimere. Dal verbo esonerare si formò il vocabolo esonero. Es. «l’esonero dagli esami», voce «non bella» dice il Tommaseo. La Crusca però non la registra. Meglio esenzione, dispensa.
Esoftalmia: (ἔξω, fuori e ὀφθαλμός, occhio) termine medico: lo sporgere del globo dell’occhio fuori dell’orbita: der. esoftalmico.
Esonero: V. Esonerare.
Espada: voce spagnuola (dal latino spatha) = spada, e poi il torero che nelle corse dei tori (corrida) fa professione di uccidere i tori con la spada, ultimo e più difficile atto del sanguinoso dramma così caro a quel popolo.
Espandersi, espansione, espansivo: dal lat. ex e pando = stendo, dicesi specialmente dei corpi ed equivale a dilatarsi. I francesi hanno trasportato le due voci expansion ed expansif al senso morale: qui est porté á dire ses sentiments, ses pensées, e noi tale uso accogliemmo con riprovazione dei puristi. La Crusca però accoglie il senso figurato di queste parole nè il Tommaseo apertamente lo rigetta, pur dicendo che non è del popolo.
Espansionismo: neologismo che significa la teoria di coloro cho sono favorevoli allo conquiste coloniali e militari.
Esperanto: come il volapuk, nome di lingua artificiale o universale proposta verso il 1887: così detto dal pseudonimo di chi lo propose.
Esperire: lat. experiri per provare, tentare, esperimentare e quindi compiere, così che si giunga ad esaurire la prova: è voce usata nel linguaggio dogli uffici e dei tribunali. Participio esperito.
Espiare la pena: è notato dal Rigutini come «sfarfallone» giacchè si espia (purga) il delitto e si patisce e soffre la pena. Vero è che queste trasposizioni d’un vocabolo da un senso in un altro sono comuni.
Espletare ed espletato: per compiere, finire, condurre a termine, sono voci degli uffici (lat. explère?) che possono aspirare al premio della goffaggine fra le consorelle del gergo.
Esploatare od esplotare: giacchè è, a mio avviso, la difficoltà nell’accogliere l’oa francese che ne allontana l’uso di tale neologismo e fa sì che pochi lo adoperino e usandolo, ne sentano il vizio: proviene dal francese exploiter. Verbo dal larghissimo significato che va dall’industria alla frode, dall’esercizio onesto allo sfruttamento illecito; comprende il paziente lavoro, il tentativo audace, la prova pericolosa: sfruttare, trar partito, smungere, sono i verbi che più vi si accostano. Derivati in francese exploitation ed exploiteur. La etimologia più probabile di questo verbo è dal latino explicitare, frequentativo di explicare = sbrogliare, sbrigare. «Peto a te, ut eius negotia explices et expedias» Cic., Fam., 13, 26. Spagn. explotar.
Esplosione: per scoppio di gioia di pianto, etc., ricorda ai puristi l’uso dell’explosion francese = manifestation brusque et violente d’un sentiment, d’une passion. L’explosion de la haine, de la colère.
Espressione geografica (detta dell’Italia): Italien, ein geographischer Begriff, famosa frase del principe di Metternich, del cui valore non è qui il caso di ragionare. La passione politica nel periodo del Risorgimento la considerò come ingiuria: oggi potrebbesi giudicare diversamente e più serenamente. In una lettera al conte Prokcsch-Osten, 19 nov. 1849, il Metternich scrive: «Io ho lasciato cadere durante la mia contesa con Lord Palmerston riguardo alle domande italiane dell’estate 1847, l’espressione che il concetto nazionale «Italia» sia geografico, e il mio detto l’Italia è un nome geografico che fece tanto stizzire Lord Palmerston, si è acquistato il diritto di cittadinanza». Per bene intendere, ricordiamo che il Metternich usò in quell’occasione tale frase anche per la Germania.
Espresso: V. Express.
Essere: neologismo dal fr. nel senso di spettare. Es. La parola è al ministro.
Essere: in vece di persona, uomo, è neologismo notato dai puristi. Es. «Giulio è un essere spregevole». Pedanterie che sciupano una causa buona e degna, quale è quella dei puristi! Essere, accennando al fatto di vivere, senza ricordar la qualità d’uomo, suona, di per sè, sprezzo. Essere, esserino, per creaturina debole o infelice, è parola pur efficace, se bene usata.
Essere a cavallo: essere al fine di una impresa riuscita a bene, trovarsi a gioco, ad agio. Locuzione popolare e metaforica tolta, manifestamente, dalla fatica del porsi bene in sella e dal vantaggio nei movimenti e nell’opera che indi se ne trae.
Essere a spasso: familiarmente, non aver lavoro, quindi oziare per necessità.
Essere a uscio e bottega: esser vicini, a due passi.
Essere al verde: essere all’estremo di danari. Questa locuzione pare che si origini dall’antico costume di tingere di verde l’estremità delle candele nelle aste pubbliche. (Essere al verde = essere al fine dell’asta).
Essere aux petits soins: (fr. étre aux petits soins auprès de) colmar di riguardi, prevenendo e servendo persona amata.
Esser di buona bocca: familiarmente, mangiar di tutto.
Essere estraneo a una cosa..., Essere all’ordine del giorno..., Essere al cor rente di..., Essere al fatto di...: sono modi così noti e comuni che non è il caso di registrare se non per dire che ai puristi dispiacciono perchè tolti dal francese. Certo non mancano modi nostri; e certo è pure che il dialetto, o meglio i dialetti, ne fanno a meno adoperando forme nazionali e ugualmente efficaci. Ma la lingua italiana dell’uso, o ufficiale, oramai non può far a meno di queste frasi.
Essere fra color che son sospesi: cioè incerti della propria sorte (Dante, Inferno, II, 52). Solito senso faceto!
Essere giù: dicesi familiarmente per essere in cattive condizioni fisiche e morali.
Essere il gallo della Checca: aggiungi che tutto vuole e tutto becca! Dicesi popolarmente di chi ottiene segnalate grazie, dalle donne in ispecie; il beniamino in genere.
Essere in libertà: vale familiarmente esser licenziato dal proprio ufficio, non aver lavoro. Es. lei è in libertà, cioè la mando via dal servizio.
Essere la quinta ruota del carro: vess la quinta roeuda del carr, oppure vess l’ultema roeuda del carr, locuzione efficace lombarda, usata anche nel parlare civile e buono, per dire, essere persona ultima per autorità, importanza, etc., traslato tolto dal fatto che il carro non saprebbe che farsene d’una quinta ruota.
Essere largo di bocca: familiarmente vale, esser sboccato, parlar grasso.
Essere o non essere: V. To be, or noi to be (Amleto, atto III). V. Appendice.
Essere pane e cacio: locuzione toscana che vuol dire essere in gran dimestichezza con alcuno: locuzione tolta dal fatto che il pane si combina benissimo col formaggio; dicesi anche toscanamente essere due anime in un nocciolo. Il dialetto milanese ha un’imagine crudamente realistica: essere come il c... e la camicia. Frase usata anche in altre regioni.
Essere o ridursi al lumicino: locuzione toscana che vuol dire morire, dal lumicino candela che si accende nella stanza dei morenti. Vuol dire anche come essere al verde, quasi di colui che non ha più se non il moccolo della candela, ovvero per l’affinità fra la miseria e la morte, direbbe un lepido spirito.
Essere su la breccia: è proprio del guerriero che pugna nel punto più periglioso: con senso estensivo familiare, dicesi di chi ancora, a dispetto dell’età e delle avversità, sostiene la sua battaglia e il suo ufficio, prende parte attiva alla vita sociale, nè si ritrae dal mondo e dalle vanità, vinto o stanco.
Essere sul chi vive: stare all’erta. In fr. étre sur le qui vive.
Essere un pesce fuor d’acqua: locuzione nostra familiare, e non solo in Toscana, che vuol dire trovarsi a disagio in un dato luogo e fra date persone per non conformità di indole, di vita e di pensieri.
Essere verde: dicesi talora familiarmente sottintendendo dalla bile, dalla rabbia.
Essudato: vocabolo del linguaggio medico (da ex = fuori e sudare): sostanza organica ora sierosa, ora mucosa, ora purulenta che geme e trapela al livello di una parte infiammata.
Est-est-est: letteralmente c’è, c’è. Nome dato ad un celebre vino moscato di Montefiascone. La leggenda, tutt’altro che inverosimile, narra di un certo canonico tedesco, Giovanni Fugger di Augusta, il quale si facea precedere come furiere da un suo servo perchè notasse per contrassegno est., su le osterie dove era il buon vino: Est bonurn vinum. Il servo come ebbe assaggiato cotesto moscato, al colmo dell’entusiasmo, scrisse tre volte est, e il tedesco, sopraggiungendo, tanto approvò e bevve che ne morì. Bere come un tedesco, è modo proverbiale nostro e credo di altre parti. Il fedel servo fece allora incidere la scritta:
Est est est, propter nimium est Joannes De Fuggor, dominus meus, mortuus est.
Epigrafe che sa di epigramma. Altri altrimenti ragiona dell’origine del nome est est. Vedi il Giornale di Erudizione, Firenze, 15 gennaio 1886, l’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, volume VIII, 1889, pag. 299-300 e l’opuscolo del Maineri, Est., est., est! e il Vescovo beone, Roma, 1888.
Està: nelle provincie meridionali, forma quasi costante invece di estate. Non sarà inutile avvertire che estate è nome femminile, ancorchè nell’uso spesso si consideri come maschile.
Estaminet: fr. piccolo caffè.
Estancia: lett. stanza, e nello spagnuolo dell’America meridionale r= Hacienda de campo, cioè fattoria.
Est deus in nobis: un Dio è in noi che ne agita ed infiamma. Così felicemente Ovidio, Fasti. VI, 5, parlando della natura dei poeti. Il Dio agitatore, secondo il materiale concetto mitologico, è Apollo, dio del pensiero profetico e poetico — due concotti uniti per gli antichi — e preside delle Muse.
Estensibile: così si dice nel linguaggio forense in luogo di estendibile, (dal lat. extendere), ed è voce di provenienza francese extensible. Es. «La pena è estensibile, etc. I miei saluti estensibili alla famiglia». Modo assai brutto.
Esternare, esternarsi: per manifestare, palesare, aprirsi è neologismo che non piace ai puristi: infatti è del tutto superfluo, per lo meno.
Esteta: l’artista, specialmente scrittore, critico, poeta, che al concetto etico antepone il concetto estetico nell’arte, e quello non solo subordina a questo, ma ne tien conto come di cosa non attinente l’arte. Teoria pericolosissima ove ecceda e germogli in cervelli rachitici, giacchè l’arte, come tutte le cose grandi, tende per moto naturale e fatale, ad un ἀγαθόν τι, cioè ad alcun che di bene, anche senza farne espressa teoria. Molte volte l’esteta non è un artista ma un semplice e convinto imbecille che si distingue a certe preziosità del vestire, del parlare e del comportarsi. Distinguesi altresì per l’ostentazione di sprezzo verso la comune morale, por certo bizzarro squilibrio per cui accogliendo molti dogmi del determinismo scientifico e delle nuove idee sociali, ne trascura la severità dei doveri e le conseguenze logiche inerenti. La parola esteta è neologica e, per noi, di provenienza francese esthète, dove pure è nuova. (αἰσθήτης, sensibile). V. Superuomo.
Est modus in rebus: vi dev’essere misura nelle cose; vi sono determinati confini al di qua e al di là de’ quali non ci può essere la verità, così compiutamente la sentenza, la quale è di quell’acuto e pratico ingegno sereno che fu Orazio, Satire, lib. I, I.
Estradare: l’atto della estradizione: V. questa parola: neologismo del linguaggio diplomatico e giudiziario tolto dal francese extrader.
Estradizione: fr. (extradition) dal latino exstra e tradere, consegnare. È l’atto col quale uno Stato lascia un colpevole di delitti commessi fuori del suo territorio ad altro Stato che lo reclama perchè sia sottoposto a giudizio, onde le locuzioni chiedere ed offrire l’estradizione. L’estradizione risulta da accordi diplomatici e da convenzioni internazionali. Il codice penale italiano stabilisce che l’estradizione dello straniero non sia ammessa per i delitti politici nè per i reati che a questi sono connessi.
Estradosso: (fr. extrados) superficie superiore esterna di un arco o di una volta.
Estrema unzione: nel gergo della bisca di Montecarlo è così chiamato il sussidio di danaro che si dà ai giocatori falliti affinchè se ne possano partire. Voce del gergo fr. extrême-onction.
Estrinsecare: verbo usato in speciali sensi in vece di manifestare, palesare in modo evidente e minuto (dal latino extrinsecus = che viene dal di fuori).
Estudiantina: in origine, compagnia di studenti che vanno suonando vari strumenti per le vie delle città, o di luogo in luogo, sia per diletto, sia per trarne lucro. Nome e costume spagnuolo.
Esulare: nel gergo degli avvocati questo verbo spesso è usato in vece di fuorviare, uscire (dal seminato). Es. l’argomento esula dalla questione.
Esumare: dal latino ex = fuori ed humus terra, exhumare = disseppellire. Questo verbo oggidì è spesso adoperato in senso figurato per indicare l’atto del produrre alla luce e all’onore del giorno cose morte, disusate, non conosciute, obliate e spesso non meritevoli di nuova vita. | Esumare in tale senso è di provenienza francese, exhumer = fair e revivre les écrits d’un auteur mort et dejà oubliè, e così dicasi della parola esumazione.
Esumazione: V. Esumare. Nei vecchi dizionari questa parola è riportata come termine di legge per indicare il disotterramento dei cadaveri per ragioni processuali. V. la voce precedente.
Et ab hoc et ab hac: in francese confusamente.
Età critica: è detta delle donne l’età fra i 45 ed i 50 anni nei nostri climi, determinata dalla cessazione dei flussi mensili (menopausa). In fr. âge critique. Età sinodale, cioè stabilita come non perigliosa dal Sinodo (Concilio di Ecclesiastici).
Étagère: voce comune per indicare quel mobile elegante a staggi (étage) o ripiani, ove si collocano carte, gingilli e simili. Diremmo scansia? Ma la scansia è chiusa e di maggior mole. Scaffale forse è preferibile, ma esso è detto comunemente dei libri. Cantoniera si dice in molti luoghi di provincia per indicare a punto un mobile a ripiani che riempie gli angoli. Ma cantoniera ha anche altri sensi, cioè la casa del cantoniere, e antic., meretrice. Più precisa sarebbe la parola scarabattola, ma è poco comune e poco elegante. Fra tante parole si usa la voce francese.
Etalage: = mostra, sfoggio, voci del pari efficaci che la parola francese, eppure questa è di largo uso, specie nel ceto mondano.
Etèra: bella parola greca, rimasta viva sino a noi; letteralmente vuol dir compagna, amica; e in Atene così si chiamavano le belle donne, libere da vincolo matrimoniale, ministre geniali del piacere. Aspasia, amante di Pericle, Frine, Diotima a cui Socrate chiedea notizie filosofiche su la natura d’amore, erano etere. Nome da vero più geniale che la volgare voce cocotte (di gran consumo in Italia, almeno finchè la Francia non ce ne avrà suggerita un’altra) pur non essendo gran divario nella sostanza della cosa.
Etere: questo nome è dato ad un composto che si ottiene per azione dell’acido solforico sull’alcole: lo stesso nome è dato a molte sostanze di costituzione analoga. È un liquido incolore, mobilissimo, di odore grato, speciale; leggero, volatile al sommo, infiammabile con fiamma viva e non fuligginosa. Usatissimo in chimica perchè scioglie gran numero di sostanze e così pure nelle industrie: in medicina, come anestetico.
Eterizzazione: processo anestetico che consisto nel respirare una miscela d’aria e di etere; ovvero nel rendere alquanto insensibile e fredda una parte del corpo mercè la polverizzazione dell’ètere.
Eternizzare: dal francese éterniser: in italiano eternare.
Eterno femminino: questo motto ed astratto felice: leggesi in Goethe, Fausto, scena ultima della seconda parte:
Das Ewig-Weibliche
Zirht uns hinan.
Esso diventò universale: V. A. Dumas, figlio, l’Homme-Femme, 1872, pag. 17; V. G. Carducci, Eterno Femminino Regale.
Etiam periere ruinae: emistichio di Lucano, Farsalia, IX, 968, riferito a Troia (di cui le ruine vennero rimesse alla luce or non è gran tempo dello Schliemann) ed è ripetuto con forza di intercalare: anche le ruine sono perite, cioè non rimane più nulla.
Etichetta: «cerimoniale di Corte o della nobiltà; e per estensione applicasi a tutte quelle cerimonie e convenienze che si usano nel conversare tra persone di qualità. Merita che si legga quello che ne scriveva il Magalotti: Lettere Scientifiche, 238. «Al mio ritorno in Italia cominciai a dire ancor io, in italiano, etichetta; nè io solo, ma le mie camerate ancora, credo per parer, come fanno i giovani, di aver portato qualche cosa di Spagna. Ne tornò il marchese di Castiglione,... ne sono tornati dopo degli altri, etichetta quegli, etichetta quell’altro, può essere che si sia fatto male a profanare la lingua Toscana con questo spagnolismo di più: il fatto però si è che in oggi io sento dire etichetta anche a di quelli che non sono mai stati a Madrid». Dalle quali parole si apprende che la voce è di origine spagnola, almeno per rispetto a noi, e che questo spagnolismo aveva preso piede fin dai tempi del Magalotti, cioè dal sec. XVII. Noi potremo dire cerimoniale con parola nostra. Ma non potendosi oramai rigettare la voce etichetta, devesi però restringere nel senso notato di sopra e lasciarlo ai Francesi nel senso di Cartellino». Così il Rigutini. Vero è che anche nel senso di cartellino è sancita dell’uso. Vale anche marca di fabbrica. L’etim. è dal ted. stecken, ficcare, non da est hic quaestio. La Crusca accoglie soltanto il senso primo di cerimonia.
E tiene ancor del monte e del macigno: verso dantesco passato in forza di locuzione per indicare rozzezza e rudezza di costume (Dante, Inf. XV, 63) ma, parmii, senza il concetto d’oltraggio con cui il Poeta fa da Brunetto Latini così designare i fiorentini, lazzi sorbi discesi da Fiesole.
Ètimo: = dal greco che vuol dire puro, vero, certo. Dicesi nel linguaggio dei grammatici, specialmente al plurale, e con forza di sostantivo, per indicare la prima origine della parola. Cfr. Etimologia.
Et l’on revient toujours à ses premiers amours: V. On revient, etc.
Et nunc erudimini: lat. ed ora siete eruditi, ammaestrati, pigliate esempio, formula e clausola, spesso di sapore caustico, con cui solitamente si chiude una dimostrazione in contrario.
Ettowatt: misura di potenza elettrica: equivalente a 100 watt.
Etto-watt-ora: V. Watt-ora.
Et vera incessu patuit dea: e vera dea apparve all’incedere, così Vergilio (Eneide, I, 409), mirabilmente descrive Venere che appare ad Enea. Dicesi talora di bella e maestosa donna.
Et voilà tout: V. Voilà tout.
Eucalipto: (Eucaliptus) albero scoperto nel 1792 da Labillardière su le coste della Tasmania ed ora frequentemente coltivato nelle regioni meridionali d’Europa. Appartiene alla famiglia delle mirtacee. Dalle foglie traggonsi olii essenziali, noti in terapeutica. Gli Australiani ne usano, da tempo, come febbrifugo.
Eùreka: perfetto del verbo greco eurisco = trovo, dunque: ho trovato! ed è attribuito come manifestazione di gioia ad Archimede (287-212 av. C.) quando trovò la legge fisica del peso specifico dei corpi. Cfr. Vitruvio, IX.
Euthanàsia: parola risultante di due voci greche (eu = bene e thanatos =; morte) la buona, la placida morte mercè l’opera medica che con farmachi toglie la pena dell’agonia. Usasi talora, con ispeciale senso filosofico, per indicare la morte dello stoico e del savio.
Evacuare: da vacuus = vacuo, vuoto, è propriamente l’atto dell’andar di corpo. Ora nel senso di sgomberare, vuotare, detto di luoghi, è per lo meno voce assai poco estetica. Évacuer, in francese, oltre al primo senso anzi detto, significa appunto sortir d’une place par évacuation ed è termine di guerra, spesso da noi usato e con copia di buoni esempi, accolti dalla Crusca: il che non toglie a questo latinismo di essere brutto.
Evacuazione: V. Evacuare.
Evadere e così dare evasione: sono voci degli uffici, cui in buona lingua rispondono sbrigare, trattare, rispondere. In fr. répondre à, donner suite à.
Evasione: in buon italiano significa lo scampare, lo sfuggire ad un pericolo: lat. evàdere, uscire, schivare, etc. Nel senso di risposta e nella locuzione in evasione è brutto modo degli uffici. Es. lettera evasa. Non c’è in francese.
Evenienza: neologismo riprovato dai puristi in vece di occorrenza, occasione, avvenimento, caso.
Event: V. Great-event.
Evasivamente: V. Evasivo.
Evasivo: per elusivo come aggiunta specialmente di risposta che sfugge (lat. evadere = scappare) che elude alla dimanda, ricorda ai puristi l’aggettivo francese évasif, e così dicasi dell’avverbio evasivamente, fr. évasivement. Vero è che oramai le due parole sono conquistate dall’uso.
Evening-dress: = abito della sera: così con inglese elezione di voci chiamasi dai gentili uomini talvolta e dai giornali l’abito nero che è di prammatica alla sera, ne’ ritrovi mondani. V. Frac.
Evidenza: V. Mettersi in evidenza.
Evocare: trovo frequentemente nei resoconti teatrali: «l’autore, gli attori, etc., furono evocati alla ribalta, etc.». Perchè non chiamati? In italiano evocare significa scongiurare, e dicesi delle ombre e dei morti, delle grandi memorie e fatti illustri, richiamati alla memoria.
Evoluzione: lat. evolutio da e e volvo = rivolgo, muovo, tanto nel senso militare di esercizi, come nel senso filosofico e biologico del naturale procedere, integrandosi, della Vita, secondo certe leggi della discendenza (opposto a Creazione speciale), è neologismo che, se anche provenga da altre lingue, non è lecito neanche ai puristi di ricusare. Voce universale. (V. Spencer, Primi principi).
Ex: è una particella latina che vuol dire fuori, via. I puristi vorrebbero sostituirla con es, come più conforme all’ortografia italiana. Ma ex è, ed ex rimarrà che le parole es-re, es-console non sarebbero così facilmente intese come ex-re, etc. Nella lingua francese questo ex cominciò a preponderare al tempo della rivoluzione per esprimere insieme l’antico e il nuovo stato delle persone, ondo ex-prêtre, ex-préfet, ex-consul, etc. L’abuso di questo ex non è improbabile che ci sia provenuto per la solita via di Francia, si suole scrivere per maggior chiarezza, staccato dal nome.
Ex-abrupto: modo avverbiale latino, all’improvviso: dicesi specialmente di allocuzioni, discorsi senza prefazione o proemio.
Ex abundantia cordis os loquitur: (San Matteo XII, 34) come il vaso pieno trabocca; così il cuore gonfio di passione, rigurgita con le parole. Stupenda locuzione evangelica!
Ex aequo: lat. con ugual merito.
Ex càthedra: lett. dall’alto della cattedra: parlare ex cathedra, cioè in modo dogmatico e cattedratico.
Excèlsior: questo comparativo maschile latino che vuol dire più in alto, ha acquistato valore di intercalare esortativo dopo che una lirica dell’americano Longfellow, intitolata Excelsior, divenne comune presso di noi. Accenna il poeta all’ascensione simbolica di un giovanetto. Con valore avverbiale più esattamente si sarebbe dovuto usare il neutro: excelsius. Lo Zanella nella sua Conchiglia fossile espresse, meno enfaticamente, ma assai più profondamente e liricamente, lo stesso concetto:
Eccelsa, segreta
nel bujo degli anni,
Dio pose la meta
de’ nobili affanni.
Con brando e con fiaccola
sull’erta fatale ascendi, mortale!
Il Longfellow difeso il suo errore dicendo che quell’excelsior maschile si riferiva al giovane simbolico: ma è spiegazione poco plausibile. Comunque, excelsior diventò motto comune. Ora paro che tenda a cessare tale entusiasmo per questo abusato excelsior.
Excusatio non petita, accusatio manifesta: lat. scusa non chiesta, accusa manifesta, locuzione comune, nota specialmente nel ceto scolastico; in italiano, familiarmente, la prima gallina che canta, ha fallo l’uovo.
Excusez du peu: motto francese vulgato fra noi e di sapore ironico, dovuto a G. Rossini che lo scrisse sul manoscritto di un suo inno che doveva essere cantato e suonato all’arrivo del corteo imperiale (distribuendosi i premi dell’Esposizione universale del 1867) da più che 1200 musici e dovea terminare con fragor di campane e cannoni.
Exécuter: fr. eseguire (una condanna di morte) e per estensione nel giornalismo talora questo verbo è usato in vece di condannare^ giudicare, spacciare, finire. Es. il ministero è exécuté.
Exequátur: terza per. del con. pres. del verbo latino exequi, con forza di imperativo, si eseguisca. Era, nell’antica procedura, la formula scritta in fondo ad una sentenza di tribunale, in virtù della quale acquistava valore esecutivo. Secondo il diritto canonico, exequatur indica il permesso del Sovrano di porre in esecuzione ne’ suoi Stati le Bolle della Corte di Roma. In diritto publico è l’atto che conferisce ad un console, il diritto di esercitare le sue funzioni.
Exhibition: V. Esibizione.
Ex-libris: lett. dai libri, motto latino con cui è chiamato quel cartellino che si incollava ai libri e valeva ad indicarne la proprietà: da prima a penna, indi a stampa con bellissimi fregi, disegni, motti. Tale antico costume tende a rifiorire fra i bibliofili. V. per maggiori notizie: Dottor Achille Bertarelli, Gli ex Libris italiani. Hoepli, 1902.
Ex magna coena sthomaco fit maxima poena: da copiosa cena deriva allo stomaco gran pena, saggia sentenza della Scuola Salernitana, consimile all’altra: ut sis nocte levis sit libi coena brevis.
Ex novo: di nuovo.
Ex ore tuo te judico: lat. ti giudico dalle tue parole, cioè ti condanni da te.
Ex ossibus ultor: emistichio del famoso verso latino: exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor. — Sorgi, qual che tu sia, vendicatore dallo nostro ossa (Vergilio, Eneide, IV, 625). Motto di G. B. Strozzi, detto Filippo S. il Giovane (1488-1538) nemico ai Medici, prima di darsi la morte.
Experto crede Roberto: V. Experto credite.
Experto credite: credete a chi è esperto, emistichio di Vergilio, Eneide, XI, 283, che da antichissimo tempo prese questa goffa forma: quam subito, quam certo, experto crede Roberto; almeno così è lecito supporre data la straordinaria vulgarità di Vergilio nell’Evo-Medio.
Exploiter: V. Esploatare.
Exprès: avverbio francese, usato in certi casi da persone incolte invece di a posta. Es. «Un pranzo. Un piatto exprès».
Express: voce che i francesi tolsero dalla lingua inglese per indicare un treno rapido, o diretto come noi preferiamo dire. Usasi con valore per lo più di sostantivo. L’etimologia della voce è dal latino ex-primere, ex-pressus = espresso, distinto, formale.
Un’altra volta, se mi fia concesso,
racconterovvi il tutto per espresso.
Così il Boiardo nella fine dell’Orlando Innamorato. Noi usiamo spesso la parola espresso nella locuzione mandar per espresso o per un espresso e, come voce dell’uso, essa è registrata e approvata. Ma ad alcuni puristi non piace. O che s’ha a dire per fante proprio come vuole il Fanfani? Se sì, accanto al fante ci vuole l’interprete che spieghi la frase. Il guaio piuttosto è che invece della parola espresso, pare a molti più efficace, più rapido, più anglicanamete svelto dire express.
Ex professo: con piena conoscenza. Dicesi con tale locuzione avverbiale latina di chi tratta argomenti, per lo più dottrinali, con padronanza e conoscenza completa.
Extra: è avverbio latino che significa fuori. In francese è voce usata familiarmente per significare ciò che si toglie dalle norme. Tale locuzione è imitata in italiano: squisito, raro, non comune, insolito, e anche vale fuori del conto.
Extragiudiziale: voce del linguaggio curiale che più correttamente si pronuncia e scrive stragiudiziale. Si dice di un fatto avvenuto fuori del giudizio, il quale cioè, non essendo debitamente portato in causa dalle parti, non pesa su le bilance del giudice. I procuratori delle parti sogliono dire: Non voglio valermi di dichiarazioni stragiudiziali per, etc. Oppure: Una circostanza stragiudiziale non autorizza a, etc. Il giudice si affretterebbe a soggiungere: È vero; quod non est in actis non est de hoc mundo! risposta faceta e giuridicamente esatta nel tempo stesso.
Extraterritorialità: fr. exterritorialité, in diplomazia significa l’insieme delle immunità di cui usufruiscono fuori del loro paese i rappresentanti di una potenza straniera, e specialmente il privilegio in virtù del quale costoro si considerano come non avessero lasciato il loro paese, allo scopo di sfuggire alla giurisdizione del luogo ove si trovano per essere sottomessi alle leggi della loro nazione. Di tale privilegio godono i Sovrani, gli agenti diplomatici, i capi di eserciti e di armate.
Extremis (in): locuzione avverbiale tolta dal latino, ed usata in giurisprudenza e nel comune linguaggio per indicare negli ultimi momenti della vita. Es. «Un matrimonio in extremis». Dicesi anche in senso traslato.
Ex ungue leonem: dall’unghia (si conosce) il leone, e in italiano l’unghia del leone, cioè un breve saggio dimostra e palesa il buon artefice (dicesi specialmente di cose d’arte).
Eziologia: neol. universale scientifico (filosofìa, medicina), formato da αἰτία, causa e λόγος discorso, dunque studio delle cause, origine delle malattie.