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Emù | — 154 — | Enc |
in e’peira = prova, esperienza, oh! che saltò in mente al Petrocchi di sottoporre empiricamente alla rubrica empireo, da en e pyr = fuoco?) è la osservazione prima fondata sul fatto.
Emù: (Dromaeus novae Hollandiae) è uno struzzo australiano vivente, con piedi a tre dita.
Emulsionare: preparare un’emulsione: o detto di sostanza preparata a modo di un’emulsione. V. la voce seguente.
Emulsione: dal lat. emulcere = addolcire: liquido di apparenza lattiginosa che tiene sospeso corpi grassi finamente divisi. Der. emulsionare. Le emulsioni sono sostanze oleose sospese mediante una mucilaggine nell’acqua: il latte, il sangue sono emulsioni naturali; emulsioni artificiali quelle preparate ne’ laboratori.
En abregé: V. Abregé.
En amateur: dicesi in fr. amateur = amatore, amadore (bella voce classica, rinnovata dal Boccaccio su la forma latina amatorem) con speciale senso di chi attende alle arti belle, non per professione, ma per amore e diletto, quindi dilettante, come dilettante; e nel linguaggio familiare dicesi en amateur con più esteso senso che riferito alle arti. Notiamo qui come la voce nostra dilettante, dilettanti sia accolta in francese, ma riferita specialmente alla musica. Vocabolo, dunque, che è frutto di arte e di forza nostra, almeno per il passato!
En beauté (être): letteralmente essere in bellezza, detto specialmente delle donne, che non vuol dire proprio come essere bella, aver bella cera, ma quello speciale stato per cui in certe occasioni e certi momenti il volto è più attraente del solito. In italiano, anche in questo caso, non corrisponde una locuzione unica ma lo scrittore può rendere il concetto in vaghi e vari modi che qui è inutile trattare.
En belle vue: si dice così nel linguaggio di cucina delle vivande preparate con arte in modo da accontentare anche la vista, come «insalata russa en belle vue». In italiano la voce bella c’è, perchè v’era la cosa: in addobbo o accomodata. Ma la cucina francese, di uso mondiale, ha imposto anche le sue voci.
En cachette: fr. di nascosto.
Encanailler: V. Incanagliarsi.
Encausto: lat. encaustum, gr. enkauston: sorta di pittura antica nella quale i colori erano stemperati con cera liquefatta, per dare ai medesimi lustro e preservarli dall’azione atmosferica.
Enchanté: letteralmente incantato, ma l’aggettivo francese usasi con frequenza, specie nel ceto mondano, per esprimere la meraviglia e il piacere elevati con la consueta iperbole al grado di incanto.
Enciclica: voce greca che vale circolare; cioè quella lettera che il papa invia ai vescovi della Cristianità ed ai fedeli per far loro conoscere la sua opinione su di un punto del dogma, della morale, della disciplina. Più specialmente hanno tale nome quelle esortazioni pastorali che trattano di questioni presenti. Le encicliche hanno un titolo, si datano e finiscono come le bolle. V. Bolla.
Enclisi: termine grammaticale che significa l’appoggiarsi di alcune particelle alla parola precedente con cui si fondono e di cui acquistano l’accento. «Una delle particolarità, e forse più spiccata, per cui lo scrivere accademico, pretenzioso, affettato si distingue dal nativo e svelto e moderno (diciamo Manzoniano) è l’appiccare le enclitiche alle forme di verbo le quali non le comportano. Le forme di verbo che prendono dopo sè tali pronomi e particelle attive sono l’imperativo (seconda persona), il gerundio, il participio e l’infinito: ditegli, dicendomi, dicentemi e dettogli, dirti. Le altre no: le hanno avanti: gli dico, gli dica, gli direi». Così il Pascoli, Fior da fiore, Antologia. Meglio, forse, intendere ciò come consiglio che come legge assoluta.
Encloure: lett. in francese inchiodatura, cioè ferita fatta al piede di una bestia per ferrarla. Ho inteso dire dal popolo inchiodare, cavallo inchiodato, quando il maniscalco nel ferrare, ha ferito il cavallo.