Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana/Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana

Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana

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Al lettore Delle vite de' più eccellenti pittori, scultori, e Architettori di M. Giorgio Vasari Pittore, e Architetto Aretino.
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narrazione,

E DISEGNO

DELLA TERRA DI PRATO

Di Toscana;

Messa insieme, e composta

Da Giovanni Miniati da Prato,

Cavaliere di Santo Stefano, l’anno 1594.

PP
Erche dalla più parte delle persone, con le quali discorrendo, e ragionando alle volte (come si fa) per passatempo sopra l’antiche, e belle Città d’Italia, e di Toscana, viene spesso nominato, dipoi, come per Proverbio si dice, quasi da tutte, Prato in Toscana, Barletta in Puglia, e Mompellieri in Francia, Fabbriano nella Marca, e Crema in Lombardia, tutte cinque queste sono delle belle, e vaghe Terre di tutto il mondo, dopo le Città nomate, e non senza ragione, [p. 12 modifica]secondo s’intende per fama da molti, che l’hanno vedute, e considerate, et anco, secondo ne scrivono molti, come Fra Leandro Alberti Bolognese, nella descrizzione di tutta la sua Italia, ristampata in Venezia l’anno 1581. appresso Gio. Battista Porta, à carta 41. dice di Prato.

Più avanti passando, vi si vede il nobile Castello di Prato, bagnato dal fiume Bisenzio, che scende dall’Apennino, e poi finisce nell’Arno. E annoverato Prato, fra le quattro Castella volgari d’Italia, per la sua grandezza, e bellezza, come s’è detto poco innanzi, e come afferma Faccio degli Uberti nel settimo capitolo del Terzo Libro Dittamondo:

Cosi cercando per quella pianura
     Trovamo Prato che il Bisenzio bagna,
     dove si mostra la Santa Cintura.

Quivi, come dice Faccio è conservata molto onoratamente la Cintola della Regina del Cielo.

Fu pertanto molto mal trattato questo Castello da Raimondo Cardona Capitano di Ferrando Re d’Aragona, e di Napoli l’anno 1512. volendo ridurre in Firenze Giovanni de’ Medici Cardinale, e Legato di Bologna, Giuliano suo Fratello, e Lorenzino suo Nipote, onde per forza entrarono in esso, e lo saccheggiarono, facendo prigioni quasi tutti i Cittadini, sendo ancora state deflorate le Femmine, che fu cosa [p. 13 modifica]molto vituperosa, e biasimevole; Ampiamente di tanta rovina ne scrivo nelle Effemeride Latine;

E soggetto a Fiorentini questo Castello, di cui sono usciti molti huomini eccellenti, massimamente Niccolò dell’Ordine de’ Predicatori Cardinale di Santa Chiesa, huomo letterato, e di somma prudenza ornato, di cui ampiamete scrive sant’Antonino, e similmente io nel libro de gl’huomini Illustri de’ Frati Predicatori.

Edificò tanto huomo il Monastero di S. Niccolò, quivi illustrò eziandio questa Patria Arlotto Generale Ministro de’ Frati Minori, lasciando dopo se alcune dotte Opere; parimente fece Ugolino pur de’ Frati Predicatori singolar Predicatore.

Si correggerà innanzi questo errore, che fanno gli Scrittori, che non s’ha da dire Castello per Terra, perche s’ingannono tutti, come si dirà.

E segue, dicendo à carta 243. Barletta da’ moderni Latini, Barum, detta Castello molto nobile, ricco, e pieno di popolo, secondo Razano fu edificato da Federigo II. Imperadore l’anno 1142. Ma secondo Pandolfo Calenuccio nel primo Libro delle Storie del Regno, fu fatto da quegli huomini, che abbandonarono Canusio, cosi si potria dire, accordare insieme quegli Scrittori; fu prima cominciato da’ [p. 14 modifica]Canusini, e poi aggrandito da Federigo. Nel mezo della Piazza di questo nobilissimo Castello è una grande Statua di metallo, dieci piedi alta, che rappresenta un Rè armato, quale, secondo i Barolitani è l’Effigie di Eraclio Imperadore, e più oltre non sanno dire, come ella fosse quivi posta.

Annoverasi questo dignissimo Castello fra’ quattro, tanto dal Volgo nominati, quando dicono esser quattro Castella nell’Italia, che sono di maggior eccellenza di tutte l’altre.

E segue poi à carta 287. parlando di Fabbriano.

Più oltre, sotto i primi Colli dell’Apennino, anzi fra essi, vedesi il nobile Castello di Fabbriano, riputato per la sua nobiltà, e grandezza di edifizij, fra i primi Castelli d’Italia. Fù fatto questo Castello per esser rovinata l’antica Città Sentina da i Longobardi, che era quivi vicina sei miglia, i cui vestigij ancora si veggono. Vogliono alcuni, che Fabbriano fussi talmente nominato dal Fabbriano Giano, che era quivi da gli Antichi riverito, e adorato, e per loro maggior confermazione, che questo dimostra l’insegna del Castello, che è di Giano, col martello in mano per percuotere sopra la soggetta ancudine; sarà in libertà del prudente Lettore dar sentenza di tal cosa.

Questo Castello è bene edificato, e pieno di popolo, del quale la maggior parte sono [p. 15 modifica]artefici di papirio, ò carta, come si dice, tanta ne fanno, che è sufficiente per sodisfare a gran parte dell’Italia, et anco a Costantinopoli, ed altri paesi, ed è da tutti molto lodato, da Eugenio IIII. Papa venne Fabbriano sotto la Chiesa. E Leone X Papa vi mandò i suoi Ufiziali, e cosi senza alcuna resistenza se ne insignorì; laonde questo Castello perdè la libertà tanto tempo conservata da’ suoi antecessori con tanta fatica.

E a carta 408. dice di Crema.

Il nobile Castello di Crema ritornò a Veneziani, e cosi ora pacificamente vive sotto detti Signori, da’ quali è stato molto nobilitato talmente di popolo, e di edifizi per cotale maniera, che è reputato fra’ primi Castelli d’Italia, volendo dinotare la bellezza, grandezza, e ricchezza di detti Castelli, i quali superano tutti gli altri, sovente hanno tentato i Signori Veneziani gli abitatori di questo Castello di fare Città, secondo il costume delle Città d’Italia, ma eglino sempre costantemente sono stati ritrosi, allegando molte ragioni, e dicendo, che egli è annoverato fra i primi Castelli d’Italia, e che fatta Città, appena si computerebbe fra le mediocri. È posto detto Castello nella bella, e vaga pianura, grande di ambito, forte di mura, ricco di dovizia, pieno di civile popolo, vago di edifizij, e abbondante di cose per il vivere humano; ha buono, e fertile territorio, [p. 16 modifica]ben colto, ed ornato d’alberi, sopra quali sono le viti, dalle quali si traono buoni vini, e saporite frutte, quivi si vedono assai canali d’acque chiare, onde si pescono buon pesci, fra’ quali sono le lamprede, e marzoni, quale è una spezie di pesce, che ha quasi due volte più grosso il capo, che il busto, ed è molto dilettevole a chi ne gusta.

Di Mompellieri non ne tratta nulla; ma ne ragiona innanzi Fra’ Serafino Razzi, che molto lo loda, come s’intenderà per chi legge.

E chi vede la Terra di Prato, la giudica degna di lode, e nominanza per la sua bellezza, polizia, e civiltà, come intenderete.

Giovan Villani, Matteo Villani, M. Giorgio Vasari Aretino Scrittori d’Istorie, parlando di lei, per lei per tale la nominano, lodano, e celebrano, e cosi molti altri, come si sa.

Il reverendo padre Giacopo de Voragine dell’Ordine de’ Predicatori Arcivescovo di Genova, nel suo Leggendario de’ Santi, da detto composto, e tradotto poi per il Reverendo Don Niccolao de’ Manerbi Veneziano dell’Ordine Camaldolense, Abbate del Monastero di Santo Mattia di Murano, stampato in Venezia per Matteo di Codeca da Parma nell’anno della Natività del Signor Nostro 1492. addì 16. di marzo, dice cosi. [p. 17 modifica]

Negli anni del Signore 1238. la vigilia di S. Giacopo in un Castello, detto Prato, quali si dice esser de’ belli Castelli del Mondo, posto fra Firenze, e Pistoia; essendo un giovane decetto da una rustica semplicità, pose il fuoco nelle biade del tutore suo, conciosia si voleva usurpare l’eredità sua; preso adunque, e confessato, fu sentenziato, che fussi strascinato a coda di cavallo, e dipoi abbruciato, egli facendo voto a S. Giacopo, sendo lungamente strascinato sopra gli asprissimi sassi, stando solamente con la camicia, nessuna lesione sentì nel corpo suo, ne manco la camicia, finalmente legato al palo, ponendo da ogni lato le legne, e dato fuoco, s’abbruciarono le legne, e li legami; egli sempre invocando S. Giacopo non fu trovata alcuna lesione nel corpo suo, ne tampoco nella camicia, e quelli volendo un’altra volta porlo nel fuoco fu liberato dall’Apostolo S. Giacopo, et magnificamente lodò Iddio, e detto Santo.

Furono mal ragguagliati, ed informati quelli, e questi Reverendissimi per la Terra a dire Castello, che Castello si diceva anticamente la fortezza, fatta da Federigo Barbarossa Imperador Germano, che fondò detto Castello per fortezza della Terra di Prato, e del luogo, quale è tuttavia in piedi, e serve per fortezza, e si diceva allora il Castello dell’Imperadore, fatto assai tempo dopo la Terra di Prato, come si sà [p. 18 modifica]per le Storie, e come s’è detto, che si dirà innanzi al suo luogo per certificare questo errore, nel quale sono incorsi molti, e incorrono tuttavia, pigliando detto Castello per la Terra, qual Castello si noma hoggi Cassero, e fortezza da tutti i Pratesi volgarmente, e publicamente.

Il Reverendissimo Arcivescovo S. Antonino nella terza parte della sua Storia cap. 6. §. 4. quando racconta la guerra di Castruccio contro i Fiorentini, e che si ritirò dalle porte della città di Firenze a Peretola, e che la destrusse, e vi dimorò tre giorni, dice, andò poi verso Prato, regione amenissima, e fertile per l’eccellenza delli suoi villaggi e contado.

M. Pagolo Mini Fiorentino Medico, e Filosofo nella sua Apologia per la difesa della Sereniss. città di Firenze, da lui composta, e data alla stampa in Firenze l’anno 1577. appresso i Giunti c. 235 quando racconta, che la comandava a Pisa, Arezzo, Pistoia, Volterra, Cortona, Borgosansepolcro, città di Montepulciano, con tutte le loro castella, nomina dipoi la Terra di Prato, come precedente dopo le città alle terre di conto.

Il medesimo in detta Apologia a c. 319 quando racconta, come i fiorentini per mezo di Niccola Acciaiuoli gran Marisciale del Regno di Napoli, dalla Regina Giovanna per 17500. fiorini hebbero la bella Terra di Prato l’anno 1350. [p. 19 modifica]

Il P. F. Serafino Razzi Dottore, Teologo dell’Ordine de’ Predicatori, professo di S. Marco di Firenze nella Vita della Reverenda Madre Suor Caterina de’ Ricci di Firenze da lui composta, e stampata in Lucca per Vincenzio Busdraghi l’anno 1594. parlando di Prato cap. 1. dice.

Nella Toscana parte d’Italia in Europa, quasi nel mezo d’un’ampia pianura, ch’e dalla riva d’Arno, sotto i monti Fiesolani si estende fino alle radici de’ colli Pistolesi trae la sua origine, il fiume Ombrone. Fiorì ne’ tempi antichi una città dal nome di un vago ruscello, a canto alle cui rive, e sponde ella era edificata, Bizzentia detta, laquale la benigna, e clemente natura del Cielo, e dell’aere, per la rara amenità del luogo, e fertilità del paese, a niun’altra si poteva dire seconda; ma ecco, che la malvagia invidia, laquale compagna è emula della virtu, a bei principij contrasta, e sempre si oppone, fe sì, che dall’esercito di Silla, mentre ch’egli, pieno di rabbia, e di furore, scorrendo l’Italia la riempì di rapine, e d’incendij, e di stragi, ella ancora da improvisa mano di soldati fu assalita, presa, saccheggiata, arsa, e destrutta, dopo la cui rovina, convenendo le reliquie de’ Bisentini, iquali, ò per l’assenza della città nel sacco di lei, ò per la buona ventura, come avviene, che non tutti periscono, erano scampati, e trattando di riedificare la loro città, si risolvettero [p. 20 modifica]di rifarla, non già fra le rovine del primo sito, cosi poco avventurato; ma in un’altro più vago, e più spazioso, cioè in un Prato, pollo sù la riva dello stesso fìumicello, Bizentio, e cosi edificata, che l’hebbero, non volsero poi altrimenti questa habitazione chiamarla dall’antico nome; ma dal luogo, in cui erano stati posti i sua primi fondamenti, Prato la nominarono, ed è hoggi una delle quattro Terre nominatissima d’Europa, come habbiamo detto innanzi. E se bene di queste tre d’Italia, vedute dallo Scrittore si può concedere, che Barletta, con tanta gran nobiltà del gran consalvo, sia la più forte, e che Fabriano sia la più piena, e la piu popolata, nondimeno quanto alla vaghezza del sito, quanto alla bellezza de gli edifici, e delle strade, e quanto alla polizzia Prato per suo avviso si dee dire, che tutte a due l’altre avanzi, di Mompellieri, non l’havendo veduto, non ha, che dire, se non, che men molto commendato da frequenti Capitoli generali dell’Ordine suo, forse per la comodità del sito, ritrovandosi Monte Pesulano, overo Mompellieri, quasi nel mezo de’ Reami di Spagna, d’Inghilterra, di Francia, e d’Italia; Ma tornando a Prato, Terra oggi d’ottocento in mille fuochi, essendo stato nella maniera detta riedificato, fu poscia da Federigo Barbarossa Imperadore Germano fortificato, come una nuova Rocca, che fino al dì d’oggi [p. 21 modifica]persevera, il Cassero da i Pratesi chiamato, e andando dipoi i Pratesi sempre aumentando le loro facultadi, e forze, furono certo tempo di grande aiuto a Papa Bonifazio VIII, e col favore, e aiuto de’ soldati loro Ruberto Re di Napoli ottenne più vittorie contro gli habitatori della riva d’Arno; di questa Terra sono usciti Governatori di città, e Provincie Illustrissime, più Reverendissimi Vescovi, e due Illustrissimi Cardinali, uno de’ quali fu F. Niccolò dell’Ordine de’ Predicatori, il quale a nome di Clemente V. coronò Errigo VII. Imperadore l’anno primo del suo Imperio, e in vece di Papa Giovanni XXII. coronò Ruberto Re di Cicilia, e fu constante openione di molti, che se ancora qualche anno fussi sopravissuto, sarebbe cotanto grande, era l’openione fondata nella sua eccellente virtù, assunto al supremo onore di S. Chiesa, e al Papato, la quale dignità sola pare, che le manchi fra le Spirituali, ed Ecclesiastiche; ma troppo si morì egli in Avignone l’anno di nostra salute 1322. e del suo Cardinalato XVIII. E se bene questa nuova Bisenzia non è città, come la prima antica, non è però, che la non ne fosse degna; ma per ritrovarsi fra due città, cioè fra la Serenissima Firenze, e l’Illustrissima, e bellicosissima Pistoia, dall’una dieci, e dall’altra otto miglia distante, e per altre cagioni, a lei note, non s’è mai procacciata di curarsi di [p. 22 modifica]tal’onore; ma si appaga, ed è contenta, riconoscendo principalmente per suo Pastore il Vescovo di Pistoia, di haver titolo di Propositura con provisione al suo Proposto di oltre a mille scudi or revole abitazione, e con certa particulare giurisdizione, sopra ad alcune Chiese, e finisce.

E degno di scusa, e si deve scusare questo Reverendo Padre, perche non ha saputo, che detta Propositura e Nullius Diœcesis, che fu liberata dal governo, e giurisdizione del Vescovado di Pistoia, per gratia della Fel. M. di Pio II. Sommo Pontefice, e di M. Carlo de’ Medici, allora Proposto di Prato, il quale insieme con l’università della Terra ne supplicorno a sua Beatitudine, e ne furno graziati, e restarono liberi detta Propositura, sua Proposti, Canonici, e Preti, e tutti i benefiziati, et alcuni Monasteri di Monache, e tutta la Terra stessa, e solo sottoposti alla Sede Apostolica Romana.

Imperoche chi non sà le cose, non le doveria dire, non che scrivere, e sia detto con pace, come dice quella bella sentenza del divino Ariosto a questo proposito, che pare, che quadri a sesta.

E quel che non si sà, non si de dire,
E tanto men, quant’altri n’ha patire.

Però sendoli date tante lodi, e fatto tanti onori da questi virtuosissimi, e da molti altri, che ne scrivono, e che ne parlano, ho pesato a maggior confermazione di questo, e del vero, andar [p. 23 modifica]ritraendo in carta per via di discorso il vero disegno suo, a fine, che quelli, che non possono andar veggendo, quali molti sono, stando a casa loro, a lor fuoco, e letto, senza correre pericoli, possino vedere, e godere, leggendo tutto l’esser suo, come spesse volte si fa d’un ritratto di qualche grand’huomo, ò bellissima donna, che altrimenti non si può vedere dalla maggior parte; acciò poi, come più saggi, e pratichi, ragguagliati di lei, possino far giudizio, se à ragione vien lodata quella Terra, insieme con l’altre quattro nominate, e ricordate per delle belle Terre di tutto il Mondo, dopo le Città, come s’è detto, e come s’intende esser detto dalli Scrittori, e da chi le vede, ò l’ha vedute.

E posta, e piantata questa bella, e vaga Terra di Prato, quasi nel mezo del bello, e vago piano della Serenissima Firenze, e della Illustriss. Pistoia, dalla Natura situato, quasi in forma d’uomo, lungo venti miglia, e largo circa sette, contornato di bellissimi villagi, borghi, e palagi di Cittadini, e Signori, la maggior parte Fiorentini, che quasi appariscono tante città, e terre, e alli due capi, o come vogliamo dire, principio, e fine di cosi fertile, bello, e ben cultivato piano, da un lato siede la bella, e pomposa città di Firenze in sul felice, e grand’Arno, che per il mezo le passa, e dall’altro lato all’incontro, quasi per retta linea li viene posta l’antica, [p. 24 modifica]e nobilissima città di Pistoia, e in questo mezo, ma vicino a un mezo miglio al monte, che è attaccato alle radici de gli apennini sul fiume torrente grosso di Bizentio, incontro al Poggio a Caiano, villa bellissima, e superbissima della Serenifss. Casa de’ Medici, oggi del Gran Ferdinando Gran Duca III. di Toscana, vicino a tre miglia, dico, siede detta Terra di Prato con il suo bel contado fruttifero, e buono di circuito di miglia venti in circa di piano, e monte, tutto ben cultivato, vago, e bello, vitato, fronduto, alborato, e affossato, che a vederlo da qualche luogo rilevato, ò dall’altezza de’ monti più vicini sembra di vista cosi lontana una ben frondosa, folta, e gran selva, diviso il piano in trentasei villaggi, con Pieve, Parrocchie, Cappelle, Oratorij, che passano il numero di cento, e più luoghi sagri, e cinque Conventi di Religiosi Padri di più Regole, e Religiosi, e una Chiesa moderna, Tempio bello, e magnifico, dedicato alla Reina de’ Cieli Madre di Giesù Christo Sig. Nostro, detta la Madonna del Soccorso, fatta per miracoli suoi tutti vicini alla Terra, che i più concorrono con lei in onorare le solennità, e festività de’ Santi avvocati suoi processionalmente di tempo in tempo, secondo che al culto divino s’appartiene; E tutti terreni buoni, che fruttano benissimo, ed alcuni quaranta, ò più staia per staio a seme l’anno, e di quelli più, che [p. 25 modifica]sono vicini alla Terra, e ’l monte, diviso in dodici villaggi, similmente tutti terreni ragionevoli, e buoni, si che di tutto quello, che ha di bisogno di Grano, Vino, Olio, Biade, Castagne, e altro; raccoglie per più, che per il suo consumo da un’anno, all’altro, e si tiene, che tutto il suo contado, oggi, che’ terreni sono in prezzo, vaglia dua milion d’oro; ma la più parte di Chiese, luoghi pij, e di Cittadini Fiorentini, e può fare fra il piano, il monte intorno a dieci, ò dodici mila anime, e fra detto contado, e la Terra; ma la più parte dentro di lei, fa una bella milizia, ò banda di soldati, fra armati la maggior parte d’armadure bianche, che fanno bellissimo vedere, e archibusieri, ed archibusoni, o moschettieri di 500. in tutto a numero arrolati, e descritti. Bella, e ragionevol banda a non biasmo dell’altre dello Stato, per picciola, e sotto Siena servì fedelmente il Gran Duca Cosimo, e dette buon odore, e nome de’ soldati di Prato.

Questa banda ha havuto sempre per governo Capitani di conto, e come si suol dire huomini di pezza, e di grado, e oggi la governa un simile, l’Illustriss. Sig. Pompilio Sanese della Nobile, ed Illustrissima Famiglia de’ Petrucci, Commendatore dell’Illustrissima Religione di San Stefano Papa, Capitano, e Cavaliere onoratissimo. [p. 26 modifica]

E di circuito questa Terra circa due miglia, ò poco meno circondata intorno intorno di bellissima, e forte muraglia, di larghi, e profondi fossi, contrascarpa, e scarpa altissima in verso la muraglia dirupata, e alta braccia dieci almeno, e altrettanta alta la cortina della muraglia, e le mura stesse grosse tre braccia terrapienate di dentro, quasi a detta altezza, e largo, ò grosso, che vogliamo dire detto terrapieno braccia otto ragguagliatamente situata in terra, in quinto angolo con cinque porte, otto fra baluardi, e piattaforme, forniti, belli, ben fatti, e grandi alla moderna, che la rendano fortissima, con un bel ponte di pietra, e mattoni rifatto di nuovo l’anno 1575. che rovinò per la piena, che tornò il fiume grossissimo per la pioggia, dove annegarono sendovi sopra da trenta persone fra maschi, e femmine, d’ogni sorte, ch’erano andati a vedere detta piena, la quale fu la maggiore, che mai fussi stata fino a quel tempo, e fu una gran compassione a vederli affogati, e morti, il Signor Iddio abbia avuto misericordia di quelle infelici, e meschine anime, che vi perirono, ed abbiale recompensate per sua bontà, e misericordia in Gloria eterna.

Passa questo ponte sopra detto fiume di Bisenzio sopra cinque archi; ma oggi quattro, che s’e racconcio, e di dua archi fattone un solo bellissimo, lungo detto ponte, circa braccia 100. [p. 27 modifica]ò più, e largo dodici, lastricato, con sponde, e muricciuoli di pietre concie, e scarpellate, che fanno bellissima prospettiva, che ogni sera, quando è buon tempo; ma più i giorni festivi, che quelli del lavoro, e più la state, che l’invernata, che v’è fresco, e ’l vedere grandissimo, e bello, vi si fa gran radunata d huomini al cicaleccio, quasi, come si fa a Firenze al ponte a S. Trinità su l’Arno, e vi si passa per andare a Firenze; e a villaggi della Valle, la quale tiene abbondante di tutte quelle cose, che ponno produrre le Montagne, e Valli fertili, e si và a Sant’Anna Convento de’ Frati, sotto l’Ordine di S. Agostino, e alli Frati Capuccini, sotto l’Ordine Francescano, e al Palco, Convento di Frati Zoccolanti di detto Ordine, gite comode di devozione, e piacevolissime, e molto frequentate giornalmente da ognuno, e di tutti i tempi, dove poco di là dal Palco fu la strada maestra, che và a Bologna è una Chiesa, che vien detta S. Procolo, e una Fonte, detta Fonte Procola, che secondo si legge nel Martirologio antico della Prepositurale Chiesa di Prato, passando di là S. Procolo Cittadino Bolognese, e anco, secondo, che racconta F. Leandro Alberti nella sua Italia c. 334 valoroso Cavaliero Vescovo, e martire, Imperando Gostantino, laureato del martirio, salì al Cielo l’anno 519. e ’l Corpo fu sepolto in Bologna nella Chiesa, che prima si diceva S. Sisto, [p. 28 modifica]oggi da detto Santo, S. Procolo, fuggendo con sua compagni la persecuzione de’ suoi nimici, sendo assaliti da gran sete, fece orazione al Sig. Iddio, e fu esaudito, che in detto luogo miracolosamente apparse detta Fonte, la quale guarì molti malati di più forte d’infirmitadi, che ne bevettero, e tuttavia vi è un’acqua buonissima e leggierissima, e sanissima più di tutte l’altre del paese, ed è molto frequentata da gl’ammalati, e da’ sani, il Signor Iddio spiri a chi può, che si ricuopra la Chiesa, ch’è scoperta, e rovinata dal tempo, e dalla poca cura, che n’è stata tenuta, la quale è di Padronato della Comunità di Prato, come quasi sono tutte le Chiese, e luoghi publici della Terra, e suo contado, ne’ quali in tutti ancora si vede l’Arme di detta Comunità per segno di dominio, memoria e padronato, e quella è una gran memoria d’antichità; se detta Chiesa fu fatta in tal tempo, ò quivi intorno, ò poco di poi, che apparì detta Fonte Procola miracolosamente, che verrebbe ad essere almeno intorno a 1070. anni in circa, il che rappresenterebbe Prato, essere antico, se era in essere a detto tempo, e poiche in detta Chiesa si scorge l’Arme della Comunità, bisogna tenendo per certissimo; se bene non ne apparisce altro riscontro, che si sappia: E se S. Procolo benedetto non fa un’altro miracolo, come fece della Fonte, Dio voglia che la Comunità [p. 29 modifica]di Prato ricuopra la sua Chiesa, il Sig. Iddio ci aiuti, e consigli. Gli antichi non solamente mantenevano i luoghi Santi, e più che havevano, ma gli restauravano, e ne facevano giornalmente di nuovo di man in mano, e tutto sia detto in buona parte, e per accender gli animi delle persone all’onor di Dio più ferventemente, maggiormente, e devotamente; e per rinovarle la memoria di tanto miracolo, e di tant’antichità, dalla quale certamente sarebbe a tener conto. E questa Porta, che esce a detto Ponte, si dice la Porta del Mercatale, ed essendo per uscire su la mano dritta verso Firenze, sul canto è fondato sul fiume un baluardo terrapienato, e grande, che si dice il baluardo delle forche; perche già anticamente fi mandavon’a morire quivi tutti quelli, che dalla Giustizia santissima erano condennati alla morte, che guarda la cortina del fiume, fino a detto Ponte, e voltando fa il simile, che guarda l’altra, che va verso la Porta Fiorentina, detta cosi, peroche vi si esce, e passa per andare a Firenze, fra la qual Porta, e l’altro baluardo simile, detto di S. Chiara, e in mezo un’altra Porta nascosta, e segreta nel pian del fosso, detta dei Soccorso, ch’entra ed esce nel bello, e lungo corridore, che viene dalla fortezza della Terra, già detta il Castello dell’Imperadore di poi Cassero, e oggi fortezza, come s’è detto, scambiata da molti, che hanno [p. 30 modifica]scritto il Castello di Prato, che cosi anticamente si dicevono tutte Fortezze, Castelli, come disse il divino Ariosto, parlando di quello di Milano.

Espugnera ’l Castel, che prima stato
Sarà non espugnabile stimato.

Intendendo, e volendo dire la Terra di Prato per questo Castello, fatto da Federigo Imperadore Germano, quale fu fatto Imperadore l’anno 1153. visse nell’Imperio anni 37. e fu il CVIII. Imperadore, e dopo lui, ne sono stati cento altri, fino a Massimiliano d’Austria, che sono in tutto CCVIII. cominciando da Gaio Giulio Cesare, che occupò l’Imperio dal principio di Roma, dato da Romolo 706. dopo la Creazione del Mondo anni 3913. e de’ Pontefici Romani successori di San Piero, e di Giesu Vicarij 234. fino a Gregorio XIII. e de’ primi, fino al numero di 34. tutti furono martirizati l’uno dopo l’altro per la Fede di Giesù Christo, e dal principio del Mondo fino al tempo, che siamo 1594. anni 5555. secondo il Sommario di F. Leandro Alberti nella sua Italia a c. 129. e di detti 234. Pontefici ne sono stati di Roma, cioè Romani 97. tanto è stata fottunata questa alma Città, e non senza ragione li viene dato l’epiteto da tutti gli Scrittori della fortunatissima Roma; e detto Federigo dice, che edificò detto Castel di Prato; ma vuol dire la fortezza, [p. 31 modifica]e non la Terra, quale era molto innanzi, come sanno molti, e come racconta Giovan Villani Scrittore antico nelle sue Cronache di Firenze lib. 4. a c. 32. dove dice, che i Fiorentini la disfecero l’anno 1107. che anco per quello, che si può considerare, e pensare, bisognava pure, che fusse stata fondata, e fatta innanzi qualche cinquantina d’anni per non dire centinara, poiche dice, che i Fiorentini la presano per assedio, e disfecionla, come si dirà al suo luogo, e detto Federigo fu fatto Imperadore nel 1153. che vennono ad essere 46. anni dopo, che Prato fu disfatto, talche era prima la Terra, che questo Castello, ò fortezza, fatto da detto Imperadore, e però s’ingannono tutti a chiamar la Terra di Prato, Castello, per le dette ragioni, ed errori, quale Castello, ò fortezza venne ad essere allora edificato da detto Imperadore per più sicurtà della Terra, la quale si doveva andare riedificando, e rifacendo di man in mano; dove per la guerra di Siena, il Gran Duca Cosimo Medici teneva guardia di soldati pagati, e quantità di artiglieria, e monizione d’ogni sorte; Castellano, e Capitano della banda in quei tempi fu un Pratese detto Guasparri Sinibaldi dello Sciaverna, molto grato al Gran Duca Cosimo con onorata provisione, e vi morì dentro Castellano l’anno 1583. Lungo detto corridore circa braccia 300. largo, e grosso circa 10 [p. 32 modifica]alto, in volta, co’ merli, che vi si va per di dentro, coperto, e scoperto sotto, e sopra, fatto da Fiorentini l’anno 1353. nel quale occuporno la libertà a detta Terra, come s’è detto, e come racconta Matteo Villani nella sua Cronaca, cap. 90. a c. 283. e vi tenevono guardia di soldati, ed oggi n’è Castellano un’altro Pratese, che era Staffiere del Gran Duca Francesco, nomato Alessandro Lazzerini; per sopranome il Mancino con buona provisione, e paga annuale; quale baluardo, e bastione tira, e scortina fin’all’altro bello, e grande, detto di S. Trinita, dov’e la porta, che va al Poggio a Caiano; e a monti di sotto, verso Carmignano, e Empoli, quale tira, e guarda tutta la cortina, e facciata delia muraglia, ch’è molto lunga fin’all’altro, bello, e grande bastione, nuovo, e moderno, detto de’ Mannoni, ò della Rocchetta, fatto alla moderna, che quasi sembra una fortezza con le sua cannoniere, parapetto, e merli alla Franzese, il quale guarda dall’altra banda verso Tramontana, fino all’altra porta, che và a Pistoia, che ha una piattaforma antica, per picciola, assai garbata, e bella, tutta detta porta coperta, e imbullettata di ferro, e cosi quella di S. Trinita, e detta piattaforma scortina si guarda fino all’altro bastione, detta delle Civette, pure grande, e ragionevole, terrapienato, come gli altri, che quasi sono poco meno, che tutti [p. 33 modifica]forniti di tutta perfezzione, quale voltando per l’altro canto, guarda la muraglia, dove è posta la Porta al Serraglio, che va in verso la Valle di Bisenzio a Vaiano, Cerbaia, Vernio, e Bologna di qua dal fiume di Bisenzio, che l’altra, che dicemmo, ch’esce dal ponte, va di là dal fiume; l’altro baluardo, detto de’ Giudei, che fa cantonata, ancora lui guarda detta cortina, e la cortina del fiume fino a una piattaforma, che in mezo fra detto baluardo, e ’l ponte del fiume, che dicemmo, quale si dice di S. Margherita, che per piccola è ben fatta, e garbatina; tutta la Piazza in volta, cannoniere sotto, e sopra, coperte, e scoperte, parapetto, a’ merli alla Franzese, molto bene intesa d’antica; fatta per maggior fortezza di detta cortina, che e la più lunga di tutte l’altre; ma per queste guardie di dua baluardi, ponte, e piattaforma e più difesa, e anco per il sito del letto del fiume, che e più basso, il terrapieno di dentro piu alto, benche tutta la Terra per detta muraglia e tutta buona, e forte scarpa, altissima, fossi fondi, e larghi, contrascarpa, terrapieno, sito grande da ritirate, e tanti baluardi, è fortissima bene intesa, e ordinata, atta a potersi difendere da ogni esercito, che la volessi opprimere. E di poi la Terra bene intesa, e ordinata, si dalli antichi, come da’ moderni, di Chiese, Conventi di Frati, Monasteri di Monache, Case, Piazze, Palazzi, Torri, [p. 34 modifica]Campanili, Strade, ed altro, lastricato quasi tutte di lastre grandi, e grosse di sasso alberese, che facilmente si cavono da’ poggi vicini, che ne menono gran copia; sono dette strade fra principali viotoli, e chiassi, girando per tutto più di ottanta a numero i nomi, e meglio di 50. pozzi publici per attignere acqua; oltre che ogni casa habbia il suo; in detto numero di strade, ve ne sono due più principali, e maggiori, e belle, lunghe, larghe, e diritte, che quasi la dividono per il mezo, come una perfetta croce.

La Strada, che comincia dalla Porta Fiorentina da San Marco, dal canto del Tabernacolo della Madonna, sù diritto per Palazzuolo da S. Niccolò da Tolentino Oratorio, dal canto del Pozzo nuovo, dalle Stinche vecchie, della Madonna, dalla Torre de gli Ammannati al canto della Morella, Piazza del Comune, e Monte di Pietà, dalle Beccherie, da Santo Stefanino, dal canto di via Gora, dallo Abbeveratoio, dalla Piazza di San Domenico, dalli due Venerandi Monasteri di Monache di San Vincenzio, e di San Clemente, fino alla porta detta Pistore, che và a Pistoia, quale strada è lunga da 2000. braccia, e da più, e diversi nomi, perche imbocca, e sbocca più strade, che mutano, e hanno più nomi.

L’altra è quella, che si muove dalla Porta di S. Trinita, e va sù per la sudetta strada, al canto [p. 35 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/39 [p. 36 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/40 [p. 37 modifica]4 Via del Pozzo nuovo, che sono le quattro nominate.

5 Via di San Marco.

6 Via dell’Arco, del corridore.

7 Via del Corridore.

8 Via di Santa Chiara.

9 Via del Carmine.

10 Via di S. Giovanni del Tempio.

11 Via de gli Scrigni. 12 Via della Buca.

13 Via di Santa Maria in Cartello.

14 Via delle Beccherie.

15 Via della Zucca.

16 Via della Palla.

17 Via di Santo Stefanino.

18 Via de Bardi.

19 Via di Certosa. 20 Via del Corso.

21 Via di San Clemente. 22 Via delle Mura.

23 Vicolo di Santa Trinita. 24 Via Carbonaia.

25 Via de’ Servi. 26 Vicolo de’ Neroni.

27 Vicolo de Fanciulli. 28 Vicolo di Badia.

29 Vicolo de' Pugliesi.

30 Vicolo di San Giacopo.

31 Via de' Gabellotti. [p. 38 modifica]32 Via de’ Cortesi.

33 Via del Lavorino.

34 Via della Stuffa.

35 Via di Sant’Agostino.

36 Via del Ceppo.

37 Via de’ Giudei.

38 Via di Certosa.

39 Via di Santa Lucia.

40 Via de gl’Inghirlani.

41 Via del Lione.

42 Via di Badia.

45 Via del Piloto.

44 Via di Torcicoda.

45 Via di San Fabiano.

46 Via di San Pierforelli.

47 Via dove si va a trarre la palla al maglio, pallottole, e cacio a forme, lunga da un capo all’altro della Terra, tutta diritta, che passa circa a mille braccia dal Reverendo Monastero delle Reverende Monache di S. Niccolao, fino alle mura, rincontro alle Reverende Monache, e Monastero di Santa Chiara, ed altre più strade, vicoli, e chiassi, che per brevità, e non sapere, non fi scrivono, e quelle si sono scritte, e nominate alla confusa per non sapere cosi per l’appunto, come fi vadino nominate regolatamene strada per istrada, che fanno detto numero d’ottanta, ò più strade; come si sà, e vede, che è un bel dire. [p. 39 modifica]Hà molte Piazze per diversi luoghi della Terra, ben compartite, e ben intese, e d’ogni sorte, grandissime, mezzane, e ragionevoli.

Fra le grandissime, è grande la Piazza del Mercatale; perche vi si fa il mercato, e la fiera; perche è grandissima si rassembra la Piazza Navona dell’Antica Roma; ed alla Piazza della Serenissima Firenze, dove si giuoca al Calcio, detta di Santa Croce, ma è molto maggiore assai, e dell’una, e dell’altra; e sta in forma d’un mezo uovo, ò d’una meza mandorla, di larghezza, nella punta dal Monastero delle Monache di Santa Margherita di circa braccia 40. e nella fine di circa braccia 220. fino alle mura della detta Terra, e di lunghezza tutta circa a. braccia 600. ò più lunga, e dal principio fino alla fine, si va sempre allargando a guisa di teatro, che fa bellissimo vedere, e prospettiva, e sommando tutte dette somme di braccia, somma tutte di braccia quadre, e a ridurla a numero di stiora, alla misura della terra, e da seme, credesi che passi il numero di 50. stiora Pratese, poco maggiori stiora Fiorentine, e a ridurla a staia a seme, seminerebbe circa il moggiu, cioè staia 24. di grano, ch’è pur’un gran dire a una Terra, come Prato, haver una piazza cosi grande, e pur è; se bene par difficile a sentirlo; ma chi la vede si chiarisce, e resta ammirato della sua gran grandezza, e bellezza, adorna attorno [p. 40 modifica]attorno di loggie, portici, e botteghe, qualche Chiesa, Conventi, e cafe assai, e ragionevoli, e qualcuna moderna, che sembrano Palazzotti, e le botteghe di più sorte d’esercizi; ma la più parte di legnaiuoli, e maestri, che tengano d’ogni sorte di legnami grossi, e piccoli, e fanno botti, tini, barili, bigoncie, cerchi d’ogni sorte, legnami grossi, e piccoli, come ho detto; pale, rastrelli, manichi, coreggiati, e altro, che faccia bisogno all’arte rustica de’ contadini, e di ogni altra cosa, che occorra all’arte de’ legnaiuoli, e forniscano la Terra, e tutto il contado, e’l paese vicino a quindici, ò venti miglia: nel mezo è un bel Tiratoio di panni lani, che serve per l’arte della lana, che in detta Terra efercita il mestiero, assai ragionevolmente, grande, spiccato attorno attorno in isola, che gira circa brac.200. pieno, sotto di più sorte di botteghe, che fa bellissimo vedere, e prospettiva; Piazza certo degna d'esser veduta da ogni galant’huomo, tenuta delle belle, e gran Piazze d’Italia, non che di tutta Toscana per grandissima, larghissima, e lunghissima, come si vede, e come si può intendere, dove ogni dì si fa mercato di tutte le sorti di bestie, e delle boccine gran quantità di tutti i tempi, e alle volte ve ne saranno a tempi, che corrono le vendite dua, e tre mila paia da lavorar la terra, senza l’altre da guadagno, e molt’altre cose, panni, e pannine line, e lane, [p. 41 modifica]sacca, balle, ceste, stoviglie di terra d’ogni sorte, e altro in quantità, oltre che si fa mercato ogni lunedì in due altre Piazze della Terra, publicamente d’ogni cosa; Sù la Piazza, che si dice del Comune, dove si vende il grano, e tutte le biade; e sù la Piazza del Duomo, dove si vende di tutte le sorti di grascie, e cose da mangiare, pollami, uccellami, latticini, uova, capretti, e agnelli in quantità, e l’anno per il Sabato Santo, ve ne saranno alle volte cinque, e sei mila animaletti, fra agnelli, e capretti, e tutti si vendano, e spacciano, che è gran dire, e quasi non par possibile, e pur’è; perche vi concorrono tutti i popoli a comperare a cinque, ò sei miglia attorno, che ogni mattina si fa tanto, ò quanto Piazza d’ogni cosa, come in una città, ed è abondante ragionevolmente da maghero, e da grasso di pesce d’ogni sorte, d’ortaggi, frutte d’ogni ragione, e d’ogni cosa, stagione per stagione, e se non fussi la vicinità della Serenissima Firenze sarebbe abondantissima; e sarebbe Piazza recipiente ad ogni ragionevol città, massime il giorno di Domenica, lunedì, mercoledì, e’l Sabato, che vi concorrono più persone, robe, e grascie, come fi vede.

Piazza principalissima detta del Duomo, ammattonata per cortello, compartita a quadri, listata di pietre conce, come quella de’ Signori in Firenze, adorna attorno di botteghe, e cafe, [p. 42 modifica]e della facciata dell’opera della Cappella, e Chiesa di S. Giovanni col Duomo in faccia, e’l Palazzo della Propositura, quadra, quasi che perfettamente, lunga braccia 150.in circa, e larga poco meno, e nel perfetto mezo è posto uno scacco di pietre nere, e bianche, quali si dicono marmi, postovi non solo per esser quello il suo vero mezo, quanto per tener memoria, che quivi appunto era la casa di Michele Pellicciaio, il quale portò la Santiss. Cintola della Madonna à Prato; e quivi s’haveva a metter la Fonte, che M. Baldo Magini volea condurre dell’acqua viva della Fontana, già detta Procola, ch'è posta di là dal Palco, in tutto lontano da Prato poco più d’un miglio; ma si morì, e non la fece, che saria stata cosa bellissima, utilissima, e nobilissima; sù la qual Piazza, ogn’anno per Carnevale, per più d’un mese avanti per esercitare la gioventù, lesta, e gagliarda, a imitazione de gli Antichi, e della Serenissima Firenze, e per spasso, e piacere della Terra, si giuoca al Calcio, con un pallone a vento assai ben grosso, quasi come si giuoca a Firenze a suon di trombe, e tamburri per incitar la gioventù che giuoca, ò giuocar più attillatamente, con grazia, garbo, e gentilmente con gli suoi uffizi, e gradi di datori, poste, meze poste, sconciatori, e quelli della folla, ò fossa, che seguitano sempre il pallone, quale, come s’è detto, si costuma grosso, [p. 43 modifica]perchè la Piazza non è si grande, come quella di Santa Croce, dove si giuoca a Firenze, dove giuocano i giovani Fiorentini, con palla assai minore, più eccellentemente, e leggiadramente, perche in Prato il più delle volte si giuoca di battitura col calcio, gittarla, ribatterla, e dargli in ogni sorte, di modo, che avvenga; e si tiene anco un può troppo il pallone coperto fra gli huomini, e giuocatori, che nel gareggiar delle parti andranno quasi tutta la Piazza, per forza di forza, spingendosi ora in quà, ed ora in là alla confusa, che non si vedrà mai il pallone, e loro stessi non sanno chi se lo habbia, se non che in un tratto si vede sbalzarlo per l’aria, verso la parte più debole; che muove a gran riso i circonstanti con gran piacere, e si vede fughe, scappate, e inganni, torsela, darsela, correrla molto capricciosamente, che assai dilettano, e piacciono, e posposto Firenze, si giuoca ragionevolmente, e giuocano i giovani le più volte una vitella per gentilezza, e ne fanno livrea di mascherate capricciose, e belle, vestiti sempre tutti di dua colori, e gli alfieri, l’insegne, tamburri, e trombe, che è pure un gran dire, e fare a una Terra, come Prato. Piazza de' Signori, detta del Comune, ammattonata per cortello, e comparrita a quadri, e a liste di pietre serene, similmente adorna di loggie attorno, e del Palazzo del Sig. Podestà, [p. 44 modifica] grande, spiccato, isolato, che si gira attorno, quadro, alto, co’ merli, in fortezza con un Campanile in cima, che pare in aria, dove è un’Oriuvolo, che batte l’ore, giorno, e notte, che si sentono quattro, e cinque miglia lontano, e un’altra campana grossa, che suona per adunare il Consiglio, e quando si fa giustizia, e quando ogni lunedì sera s’ha a cominciare a vendere il grano, e biade in sù detta Piazza, e l’invernata suona le tre ore di notte ogni sera, cominciando la prima sera, ogn’anno il primo di Novembre, e dura fino alla sera del Carnevale, e cosi una campana del Duomo; tal che suonano le tre ore ogni sera in due lati, ch’è una magnificenza, comodezza, e contento, e alle due ore di notte suona l'Ave Maria de’ Morti con una campana grossa di detto Campanile del Duomo, e di state le due ore, e detta Ave Maria de’ Morti a un'ora di notte, che è cosa memorabile, santa, devota, magnifica, ed onorevole; e sopra detto Palazzo è un’altra campana piccolotta, che suona del continovo, quando occorre, per seruizio della Corte, e Ragione di detto Podestà, che governa la Terra per S. A. S. per un’anno, fatto da quella A. S. per un’anno a voce, ò a mano, come le Commesserie delle città nobili, ed è sempre un Gentilhuomo Fiorentino di nobilissima casata, e famiglia, e tien Giudice, e Notaro, e Cavalieri, e Notaro di guardia, quattro [p. 45 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/49 [p. 46 modifica]Piazza di S. Francesco grande, e bella quasi quadra perfetta, di braccia 130. per facciata in circa, con la Chiesa da una banda in faccia, bella, e grande; la sua facciata, fatta a liste di marmi neri, e bianchi, con un’occhio bellissimo, fatto a similitudine di un bel rosone, scompartito di marmi bianchi, che dà lume alla Chiesa, fatto con grand’archittetura, e bellezza, rilevata, e alta, che saglie cinque, ò sei scalini di pietra, e tutto il piano suo, avanti al lastricato e rilevato, che gli dà grandissima grazia; e và poi al pari di tutto il pavimento di dentro, adorna attorno attorno di Palazzotti, e Casoni bellissimi, posta nel più vago sito, salubrità d’aere, e prospettiva di qual si vogli altra Piazza di Prato.

Piazza di S. Agostino braccia 120. lunga, e larga da 60. adorna in testa della facciata della Chiesa, e Convento, dua Compagnie, e cafe attorno, che apparisce ragionevolmente, dove anticamente si recitavano feste di Santi, quasi ogn’anno molto belle, esemplari, e devote, con apparato magnifico, pompa, e spesa, ed in quelli tempi, ò che e’ fussi il vivere migliore, ò le persone più semplici, e più tirassero al ben publico, come si può credere, e spendessero di quel che haueano più largamente, che non si fa oggi, ò la Terra fosse più dedita a trattenimenti publici, e la Comunità, che poteva, e voleva aiutassi il publico, che facea simil spettacoli, e passatempi, [p. 47 modifica]onesti, giovevoli, ed esemplari ogn’anno in tutte le Piazze si facea qualcosa, e dopo le spirituali, delle temporali, ancora in alcuna si facea ammazzar la gatta col capo a gl’huomini, che vi volevono intervenire per guadagnare quel prezzo disputato, che si dava; rizzavano un legno grosso, che staua sodissimo fitto in terra, e pigliavano una gatta, con dua chiodi à posta li conficcavano la pelle di quà, e di là dal corpo, e stava cosi due ore, perche il popolo si radunasse a vedere, e quelli, che la voleano ammazzare, si radeano il capo, e la barba, e si legavano le mani di dietro, ed à un suon di tromba andavono à frontarla col capo, dandogli capate, e spinte sodissime sempre al corpo, ed al petto, per infrangerli il core, e lei con i graffi, e morsi, come non erono pratichi, gli conciava male, che il popolo gangasciava delle risa.

Sur’un’altra Piazza s’ammazzava il porco domestico, rinchiuso in uno steccato di legno, nel mezo della Piazza, con le bastonate, da gli huomini armati di tutra arme con la buffa, schenieri, perchè non si sciupassino fra loro, mentre voleano dare al porco, che fuggiva in quà, e in là si davono di pazze bastonate fra loro con gran risa de’ circostanti.

Su nun’altra si faceva l’anno per S. Donato alla battagliuola, e per Carnevale alle bastonate, e combattevono la Piazza, e’l mercatale, [p. 48 modifica]à quella guisa, che si fanno à Firenze a sassi, e si vedevono scaramuccie, e affronti, ritirate, e’mboscate, inganni, e astuzie per fanciullotti, che molto piaceano, e dilettavono, e si faceano castelli fatti in fortezza, francati co’ fossi, torrioni, e mastio dentro, molto artifiziosi, e belli, e si combattevono da un’esercito,che se gli accampava intorno, con tutte quelle circostanze, e apparato di fanteria, cavalleria, artiglieria, vettouaglie, carriaggi, ufizi, gradi, e regole, che s’usano in un vero, perfetto, e bene inteso, e regolato esercito, come si sà per fama; e v’interueniva personaggi di conto, e gran parte di cittadini, e donne della Serenissima Firenze a vederli, e molto li lodavono, e celebravono.

Piazza di S. Domenico, adorna del loro bel Convento, qual’e di tutta perfezzione, e nel numero delli quattro bellissimi,che habbia la loro Religione de’ Predicatori, e del bello, e gran Monastero delle Reverende Monache di San Vincenzio, oggi tenuto de’ belli, e grandi Monasteri di Monache di tutta Italia, non che di Toscana, adorna di cafe, Compagnie, e Chiese.

Piazza del Campanile del Duomo, adorna di cafe, e botteghe, e cosi quasi tutte ragionevolmente belle. Piazza, dove si vendono le legne.

Piazza, dove si vendono li erbaggi.

Piazza di S. Niccolao. [p. 49 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/53 [p. 50 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/54 [p. 51 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/55 [p. 52 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/56 [p. 53 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/57 [p. 54 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/58 [p. 55 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/59 [p. 56 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/60 [p. 57 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/61 [p. 58 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/62 [p. 59 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/63 [p. 60 modifica]Nel canto presso al Campanile, nel pariete di sottoè un’altra Porta, che mette in Chiesa, nel primo piano, presso al Coro, fatta di marmi bianchi, e neri con due colonne, e l’architrave, commesse, e pari, nel quale in una pietra si vede la impronta, e segno d'una mano, e un pò di braccio tutta di sangue vivo, rosso, e bello, come se vi fosse stata fatta ora, la quale vi fu gettata, parve, a caso dal popolo di Prato l'anno 1312. come racconta M. Giorgio Vasari d’Arezzo nelle Vite de’ Pittori; ma per voler di Dio, che si giustiziò un Prete a coda di cavallo, che volse rubare la Santissima Cintola della Gloriosa Madonna, laquale fece quello Miracolo; che, come detto Prete era alla Porta per uscir di Chiesa con detta Santissima Reliquia, perdette il lume degli occhi, e come ritornava indietro, e la riponeva al suo luogo, ove allora stava riposta, dentro all'Altar maggiore, ove stava il Santiss. Sagramento, che per questo ne fu levata, e messa in luogo più sicuro, e magnifico; rihaveva il vedere, e tanto s’aggirò intorno a quello mal pensiero, nell'andare innanzi, e’ndietro, che sonò mattutino, e’ primi Preti, che andarono per andare a detto Mattutino, come erano soliti, lo scopersero, e dettero nelle mani della Giustizia, quale confessò ogni cosa del fatto, e andando a giustizia avanti alla detta Porta, le fu tagliata la mano dritta, e dal Boia gettata al [p. 61 modifica]popolo, che per maggior dispregio di detto malfattore la gittasse quà, e là davantigli, e nel gettarla, che si facea, per voler di Dio, e di quella Gloriosa Madonna fu battuta nella detta pietra di detta Porta, cosi come era tutta molle, e brodolosa del proprio sangue, e vi rimase detta forma, e stampa, come tuttavia si vede ora, che mai s'è cancellata, ne levata, quantunche siano tanti anni, e continuamente stia esposta all’acqua, e venti.

Sono infinitissimi altri Miracoli di detta Santissima Reliquia, quali si harebbero a far stampare, e publicare per accender gli animi alla devozione.

A canto a detta Porta in detta pariete, più a baffo è un’altra Porta simile, ò più bella rincontro alla strada principale, che viene dalla Piazza del Comune, e dall’appianato, e poco più di sotto, sul canto, che volta per la facciata dinanzi, sù a mezo, in alto è posto il bel Pulpito, ò Pergamo, dove si mostra la Preziosissimma Cintola della Madonna, per di fuora, tutto di marmo storiato, bianco, a figure di ballò, e mezo riletto d’Angeli, che danzano, e ballano, di mano del già detto Donatello, tanto naturali, e belli, che sembrano vivi, e una base di sotto, che lo regge, di bronzo fatta di getto, a grottesche, e figurette, e fogliami di detto Donatello, che l’altra fu fu levata, e portata via per l’infe [p. 62 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/66 [p. 63 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/67 [p. 64 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/68 [p. 65 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/69 [p. 66 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/70 [p. 67 modifica]niti di feta verde, e d'oro, e per tuttala Chiesa alle pariete per ornamento, e parato, pio, devoto, e pomposo, ne fono attaccati gran quantità per tutte le Pasque, e feste, dentrovi in tutte qualche Santo, ò più Santi per devozione, con l’armi di que’ Cittadini di Prato, che per essere stati di quel Magistrato a chi tocca di tempo in tempo di fargli, anno per anno, ò di sei mesi in sei mesi gli hanno fatti, e messavi la loro arme per onore, e memoria loro, e loro Casata, e si crede, che passino il numero di circa a 2000. drappelloni, che costano l’uno circa a feudi quattro, (pompa, ed ornamento magnifico, pio, e devoto) dove in detti seggi stanno i Maestrati, quando si mostra detta Preziosissima Cintola alla presenza del Sig. Proposto, ò suo Vicario, Canonici, Cappellani, e tutto'l Clero, e’l Sig. Podestà della Terra, che rappresenta il GranDuca, Gonfalonieri, Signori, Priori, e’ quattro Operai, Governatore, e Ministri della Cappella, e tutti gli altri Ufizi, e Ufiziali del Palazzo con quantità di torce, candeloni, falcole, lampane, e incensi, che è una magnificenza pomposa, onorevole, e devota, e sempre se ne stipola, e roga contratto, ò strumento publico per mano del Sig. Cancellieri della Comunità con bellissime cirimonie, e parole, ogni volta, che si moftra, che sono quattro volte l'anno, cioè per le due Pasque del Signore, per la Natività, e per la Resurrezzione, [p. 68 modifica]e per la Madonna di Settembrc, che si fa la Fiera in detta Terra, che dura tre giorni, e vi concorre gran popolo, perche è la prima, e maggior fieraa di tutto lo Stato, e si può quasi dire di tutta Toscana per la quantità di panni e pannine, robe, e bestiami di tutte le sorti, e altre cose, come si sa, e l'altra, e l'ultima per le Calende di Maggio, e vi concorrono sempre a vederla meglio, e piu di dieci mila persone per loro sodisfazione, devozione, e contento.

Il giorno dopo la Natività del Signore, che vien’a essere la festività del Beato, e Santissimo Stefano Protomartire, nel qual Santo è intitolata detta Chiesa, si celebra la sua Santissima Festa da tutto il Clero solennemente, e da tutti i Maestrati, che si partono dal lor Palazzo, e per tutta la strada, e Piazza di essa Chiesa, e Duomo, vanno con tutto il Clero solennemente, e con tutti i Parrochiani Processionalmente, e con tutte l'arti d’ogni esercizio, che artigiana, e lavorano in detta Terra, con loro Gonfaloni e Bandiere, Consoli, Capitani, e altri loro Ufiziali, e gran parte del Popolo della Terra, con pompa, e magnificenza solenne, e tutte dette armi presentano ciascheduna un mazzo di grosse falcole all’Altar maggiore, quando passano di man in mano per ricognizione, devozione, e soggezzione, che hanno a detto Santo, e Chiesa, e si canta la Messa solenne, e cosi il giorno [p. 69 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/73 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Toscana.djvu/131 [p. 128 modifica]forse non è un’altro in Toscana per Comunità, cosi magnifico, pomposo, e bello. Seguitano dette Imagini, e Ritratti poi per l’altra pariete, come s'è detto, grado per grado distintamente, poste secondo il tempo, e loro lasci, e morte in quadri grandi, fatti tutti un pò più, che al naturale dell’altezza, e grandezza dell'homo, che fanno bellissimo vedere, e pompa, degna di memoria, e d’imitazione, ed esempio. E in prima è quell’Impronta, e Ritratto del primo benefattore Michele da Prato, al naturale, che tornò d’Egitto insieme con la moglie, che prese una Fanciulla per nome chiamata Maria, nata per linea, e parentela di un certo Sacerdote, secondo la legge della Chiesa Orientale, che da sua madre hebbe in dote la Cintola della Gloriosa Vergine Maria, e se ne tornarono con ella, e arrivati a Prato la donarono al Signor Preposto, e Canonici, e Clero di Prato l'anno 1141. Sotto detto Ritratto sono gl'infrascritti versi volgari, come sono a tutti, acciò sieno conosciuti distintamente l’uno dall’altro da chi li vede. Io son Michel da Prato, che portai Il Cingol della Madre di Giesu, Quando d'Egitto a casa ritornai. [p. 129 modifica]Segue poi il Ritratto del Cardinale Niccola da Prato, Frate dell'Ordine de' Predicatori, quale fu Legato di tutta Italia, & a nome di Clemente V. Pontefice, coronò Errigo VII. Imperadore Germano, l’anno primo del suo Impero, e in voce di Papa Giovanni XXII. coronò Ruberto Rè di Cicilia, fondò il Monastero delle Monache di S. Niccolao di Prato, e lo nominò dal suo nome, e restaurò, & accerebbe (si dice) la muraglia della Terra dalla Porta à Santa Trinita, fino al bastione di Santa Chiara, alte, e belle, che s’accrebbe Prato, restaurò San Domenico, e quello di Pistoia, dove in ambedue le facciate si vede l’arme di detto Cardinale, il quale fu grandissimo, come si sà, morì finalmente in Avignone l’anno di nostra salute MCCCXXII. e del suo Cardinalato XVIII. fotto a detto Ritratto fono gl’infrascritti versi posti da' Pratesi per onore, e memoria di un tanto, e si grande, e Famoso Cardinale, che cosi dicono. NICCOLA Cardinale io fon da Prato, Che l’anno MCCCXXII. Di tutta quanta Italia ero Legato.

Segue il Ritratto di Francesco di Marco Datini da Prato, mercante di nominanza, e di conto ne’ suoi tempi, questo amorevol Cittadino fondò il Ceppo, e da lui nomato, e fabricò quel bel [p. 130 modifica]Palagio, e grande, tutto storiato, e dipinto della sua vita da Don Lorenzo Monaco ne gli Angeli di Firenze, e restaurò S. Francefco di Prato, e donò il Palco sua Villa a’ Frati Zoccolanti, che vi fecero il loro bel Convento, detto il Palco, come si vede oggi, e donò al Comune circa à 8000. scudi, che si spesero in beni, e possessioni, che oggi vagliono piu di 2000. cadi, secondo, che si dice. Mori l’anno 1410. e fece un bellissimo Testamento, pieno di molti memorabilissimi Legati. Fu sepolto in detto S. Francesco do Prato in un bel Sepolcro di marmo bianco, ornato, come si vede, si dispensano tutte le sue entrate in limosine publiche, e private, e dote a Fanciulle per maritarsi, e monacarsi, e un tanto l’anno a ogni Convento per mantener le tetta, & altre memorie, certo lodabilissime da svegliare gli animi di quelli, che hanno il modo, e facultà da immortalarsi in quella, e nell’altra vita; e adorna quella sua Imagine a perpetua memoria dell’infrascritto Terzetto. Francesco fon di Marco, che lasciai Le mie sustanze tutte alli Pratesi, Perchela Patria mia, più ch’altro amai.

Segue l’Impronta, e Ritratto di M. Monte, nato dell’antica, e nobil Famiglia de’ Pugliesi, questo gran Benefattore di Prato, fondò il Ceppo [p. 131 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/135 [p. 132 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/136 [p. 133 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/137 [p. 134 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/138 [p. 135 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/139 [p. 136 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/140 [p. 137 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/141 [p. 138 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/142 [p. 139 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/143 [p. 140 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/144 [p. 141 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/145 [p. 142 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/146 [p. 143 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/147 [p. 144 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/148 [p. 145 modifica]Pagina:Narrazione, e disegno della terra di Prato di Toscana.djvu/149 [p. 146 modifica]a compassione di lei, e di quelle infelici, e meschine anime, che vi morirono, e pregare il grande IDDIO per loro, e per lei s'è giudicato esser bene, e a proposito descriverlo, e raccontarlo come lo descrive, e racconta il detto Nardi nelle sue Storie Fiorentine, e che cosi dice, ragionando del detto infelicissimo Sacco di PRATO.

L'anno MDXII. fu fatta per ordine del Papa, e dello Imperadore una Dieta a Mantova, dove si trovarono Monsig. Gurgiens per l'Imperadore, Don Raimondo di Cardona Vice Rè di Napoli per lo Rè Cattolico, M. Giovanni de' Medici Cardinale, Legato del Papa, e M. Gio. Vettorio Soderini Ambasciadore di Firenze: la conchiusione della Dieta fu, che non potendo Monsig. Gurgiens ritrarre da' Fiorentini 10000. scudi da lui chiesti per l'Imperadore, convenne con il Cardinal de' Medici, con Giuliano suo Fratello, e con Lorenzo Figliuolo, rimasto di Pietro loro Nipote, di rimettergli in Firenze, donde erono stati scacciati l'anno 1494. e sborsarono allora i Medici 10000. scudi, con promessione di due paghe a soldati, e altri donativi, quando fossero ritornati a Firenze, e cosi Don Raimondo prefato, partendo con le reliquie raccolte del rotto esercito a Ravenna, che furono intorno a 12000. Spagnuoli, fra'quali erano da 300. appostati di diverse Regioni, e circa à 3000. Marrani infedeli; onde non dee recare gran [p. 147 modifica], che facessero poi tanto male, se ne venne per la Romagna alla volta della Toscana, e scendendo per lo Mugello, arrivarono nel contado di Prato, senza che gli folle fatto resistenza alcuna dalle genti Fiorentine, si erano i Fiorentini per più sicurezza della città risoluti di non partire dalle Porte di quella con le loro genti; ma quivi aspettare gl'inimici, havendo però mandato alla guardia di Prato il Sig. Luca Savello con 70. huomini d’arme di sua condotta, e con circa à 4000. fanti . Avvicinandosi per tanto il Vice Rè a detta Terra, e domandando vettouaglia per i soldati, e essendole negata, fece accostar le genti alle mura, e si fecero più batterie, e scaramuccie con danno d’ambedue le parti; ma più de gli Spagnuoli, finalmente il Viceré, astretto dalla fame cominciò a far battere con l’artiglieria le mura, e dopo molti colpi di due pezzi soli,che haueua, havendo fatto come una finestra in quelle mura sottili, e sopra ad alto, le fanterie, che stavano dentro distese per fila a canto a detta muraglia con le loro picche, e archibusi, gettando via vituperosamente l’arme in terra si diedero con codardia, a fuggire, cosi permettendo Iddio per gastigare i peccati di molti; sono nondimeno alcuni, che stimano, che la presa, e Sacco di Prato avessi per tacita volontà di chi reggeva allora la Terra di consenso de' Fiorentini, fautori della [p. 148 modifica] casa de’ Medici; ma comunque la cosa venisse, il caso fu molto miserabile, imperoche entrati per la rottura delle mura gli Spagnuoli nella Terra alli 29 d’Agosto in Domenica mattina, e scorrendo la Terra per spazio di tre ore, vi fecero tanta strage, che fra soldati, e Pratesi vi furono annoverati da 6ooo. corpi uccisi, senza il numero di prigioni, che fu grande, de'quali poi molti furono menati via, ne liberati fino a tanto, che non pagarono le taglie loro imposte, e non s’hebbe in quel primo ingresso rispetto ne a cose sagre, ne a persone, anzi profanarono quelli empi i sagri Tempij, e le Chiese, spogliando gli Altari, rubando le Chiese, e Sagrestie, battendo per terra le sagre imagini de Crocifissi, e l’istesso Divinissimo Sacramento, e adoperando in quelli ogni sorte di lussuria, ammazzarono molte donne, perche la pudicizia loro mantenere contendevano,uccifero molti bambini , violarono molte Matrone, entrando in alcuni Monasteri stuprarono più sagre Vergini, in somma in quei 22. giorni, che dimorò detto esercito in Prato, nessuna sorte di crudeltà fu lasciata in dietro, che non usassero.

Una giovanetta fendo stata presa da’soldati, e volendola violarla, difendendosi, e piangendo, si venne accostando a poco a poco a un balcone, ò terrazzo, e poscia di subito inaspettatamente a terra di quello si gettò, e cosi con l'acerbo [p. 149 modifica]rimedio della morte, provedde alla conservazione della sua castità.

Esempio non imitabile da persone prudenti, e timorate di Dio, le quali devono difendere si la propria pudicizia, e prima da altri lasciarsi dare la motte, che offendere Iddio mortalmente, col darsela da se stessa.

Miseria, e infelicità grandissima di quella meschina e povera Terra, che ha mosso, e muove compassione di lei tutti quelli, che leggano, o intendano il suo miserando caso, il grande e misericordioso Iddio ne guardi, e scampi ogni Città, e luogo, e a lei, e a’suoi abitatori, e a ogni fedele, e devoto Christiano habbia misericordia, e porga il suo aiuto, e consiglio, accioche camminiamo secondo il volere di sua Divina Maestà alla Gloria del Paradiso.

Le cose più notabili, degne da vedersi da' Lettori, e da sapersi dalli intelligenti, che sono sparse per tutte le Chiese, e Conventi, e per tutta la Terra, come si disse nel principio di volerle ponere qui nella fine della presente narrativa sono state notate, e scritte da M.Giorgio Vasari Pittore, e Architetto Aretino nelle Vite de’ Pittori, Scultori, e Architettori, da lui composte, e date alla Stampa l’anno 1565. in Firenze apprsso i Giunti, e fono quelli appunto, come hanno da lui narrate con l’indice, dal suo cavato per più intelligenza, e facilità di chi legge.