Dizionario moderno (Panzini)/I
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I
ii-î-j-i: i nomi terminanti in io (ben inteso quando l’accento non cada sull’i) si trovano scritti al plurale in questi quattro diversi modi: studii studî, studj, studi. La grafia odierna, però, tende a scartare i primi tre modi, usati specialmente dagli antichi, ed accetta l’ultimo (studi) come il più semplice. Vero è che non tutte le grammatiche moderne nè tutti gli scrittori si accordano. Alcuni grammatici vorrebbero conservato l’uso del j in quei plurali ove può sorgere confusione. Es. tu aùguri e gli augùrj, tu principj e i principi. L’obbiezione che il senso da sè solo serve a distinguere, potrebbe essere validamente oppugnata; tuttavia per amore di semplicità parmi opportuno attenersi alla prima norma, cioè scrivere col semplice i.
Iacintino o giacintino o jacinteo: del colore del giacinto: antico agg. rinnovato dalla odierna scuola estetica (lat. hyacìnthinus).
Ialino: ὑάλινος = vitreo: voce usata dagli scienziati specialmente per indicare que’ corpi che hanno la trasparenza del vetro.
Ibis: più comunemente che ibi è chiamata una specie di uccelli della famiglia de’ trampolieri, simile alla cicogna: ἶβις e ibis in latino. Noto specialmente è l’ibis per il culto che ne avevano gli antichi Egizi, ibis sacro: culto che si congiunge verosimilmente ai benefici che questo uccello arrecava all’agricoltura come distruggitore di animali, serpi, ramarri, ad essa nocivi.
Ibis, redibis: letteralmente andrai, ritornerai, dicesi familiarmente per indicare una risposta ad arte ambigua, in cui non è chiaro nè il sì nè il no: come è misera astuzia usata dagli uomini che non si vogliono compromettere. Il motto trae origine dalla risposta data dall’oracolo a quel cittadino romano che volea sapere se egli, sarebbe vissuto o perito in guerra, e la risposta fu ibis redibis non morieris in bello, andrai ritornerai non morirai in guerra: nella quale risposta ii senso muta secondo che la pausa o virgola si colloca dopo o prima del non.
Ibi vel ubi: quivi oppure altrove: coìs taluni costumano scrivere nei recapiti, quando essi non sono sicuri.
Icaro (voli d’): dicesi di impresa vana di ardimento orgoglioso senza giusta cagione, o di caduta nel vuoto dopo grande proemio e troppo elevarsi; locuzione antica e savia tolta dal volo che secondo il mito ellenico Icaro imprese con ali di cera seguendo il padre Dedalo: questi, sapiente rase la terra e fu salvo, quegli presuntuoso volle accostarsi al sole e ne ebbe sciolta la cera onde cadde e perì nel mare che da lui fu detto icario: parte del mare Egeo intorno all’isola d’Icaro oggi Nicaria.
Iceberg: (monte di ghiaccio) termine inglese di valore tecnico e geografico per indicare gli enormi ammassi di gelo nuotanti nei mari iperborei. Voce registrata nei diz. francesi.
Icefield: cioè field of ice = campo di ghiaccio, termine inglese per indicare i banchi di ghiaccio che si incontrano nei mari iperborei: voce registrata nei dizionari francesi.
I confronti sono odiosi: locuzione frequente che vuolsi di formazione inglese: comparisons are odious (V. Adams, Dict. of. Engl. Literat).
Icóre: ἰχώρ il sangue degli Dei che presso i greci avea speciale nome, come speciale nome avea la bevanda, nèttare; speciale nome il cibo, ambrosia. Poi indicò il siero, la parte acquosa del sangue. Oggi in medicina è sinonimo di pus di maligna natura. Mutabile fortuna anche delle parole!
Ictus: conservasi questo nome latino (ictus = colpo, percossa) per significare nella metrica antica la battuta del verso che segnava il tempo o misura e si faceva percotendo della mano o del piede: pedum digitorumque ictu Quint. Ictus dicesi ancora nel linguaggio musicale; dove non è da confondersi con la thesis: questa s’applica a tutti gli accenti forti di un ritmo; quello s’applica solamente al primo e all’ultimo tempo forte di un verso musicale, sui quali esso è, per così dire, appoggiato come sospeso.
Idalgo: V. Hidalgo.
Idea: un’idea di qualche cosa per dire un poco si dice familiarmente, e così pure si dice in gergo francese Une idée = un peu, un rien. Une idée d’absinthe avec beaucoup d’anisette.
Idea fissa: o incoercibile o coatta, chiamano i medici l’insistenza di pensieri molesti, talora assurdi, che insorgono automaticamente disturbando e limitando il corso normale delle idee: sono riconosciuti abnormi dal paziento stesso, ma non può liberarsene onde con molta angoscia ne è come ossesso. L’idea fissa è frequente negli stati degenerativi e nella nevrastenia. V. Paranoia.
Ideale: osservano i puristi non doversi questa parola riferire a cosa di poco conto, nè usare al plurale in vece di desideri, aspirazione, tendenza, etc.
Idealità: astratto di idea: indica la facoltà di ideare o concepire concetti superiori che astraggano dal fatto o dalle necessità presenti prevedendo o provvedendo altamente e nobilmente. Eccone un chiaro esempio: «A questa nazione (l’Italia) giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca del tutto l’idealità: la religione cioè dello tradizioni patrie e la serena non timida coscienza della missione propria nella storia e nella civiltà, religione e coscienza che sole affidano un popolo d’avvenire» Carducci, Ça ira. Neol. necessario, accolto dalla Crusca.
Ideatore: neologismo da ideare, colui che trova l’idea di alcuna cosa.
Idem velle atque idem nolle ea demum firma amicitia est: classica definizione dell’amicizia: leggesi in Sallustio (Catil. XX. 4) volere e non volere le cose istesse è ciò che costituisce la salda amicizia.
Identificare e identificazione: dal linguaggio filosofico (cioè di due esseri che si fondono insieme o del comprendere due più enti sotto la stessa idea) passarono nell’uso comune ad indicare semplicemente riconoscere, riconoscimento, provare cioè la medesimezza, il vero essere di cosa o persona mal nota o falsamente nota. Spiacciono ai puristi come voci abusive e di provenienza francese: le sancisce l’uso.
Identità, Identico, Identicità, Identicamente: dal basso latino identitas (idem = il medesimo) sono voci che dal linguaggio scientifico e filosofico sono passate al linguaggio comune in vece di medesimezza, medesimo, stesso, medesimamente. Spiacciono ai puristi: le sancisce l’uso.
Idest: lat. cioè.
Idillio: familiarmente e talora con senso d’ironia: colloquio d’amore.
Idiosincrasia: ἴδιος proprio o σύγκρασις, costituzione; disposizione particolare organica per la quale ognuno risente in particolar modo l’influsso degli agenti diversi che impressionano i suoi organi, e più specialmente idiosincrasia è termine usato dai medici per indicare una repugnanza organica ad un dato medicamento o anche alimento sul quale il medico non può contare. Per es. la morfina è un ipnotico: ebbene, molti non la sopportano e produce l’effetto opposto. La voce poi dai profani è spesso usata con ostensione che si potrebbe ritenere abusiva se il trasportare al linguaggio comune le voci delle varie scienze non fosse un carattere delle lingue moderne.
Idiotismo: da ἴδιος = privato, e il solito suffisso in ismo: diminuzione considerevole e mancanza della intelligenza, di origine congenita, coincidente quasi sempre con uno sviluppo incompleto del cervello. (Vedi Imbecillità). Idiotismo nei nostri dizionari indica parola o frase particolare in una lingua e non traducibile in un’altra, sempre però da ἴδιος = forma particolare. Come astratto per indicare la condizione di idiota i dizionari hanno idiotaggine. Idiotismo ci deve essere provenuto da idiotisme francese, e conviene accettarlo.
Idrante: (gr. ὕδωρ = acqua) sono così dette le bocche d’acqua degli acquedotti, praticate a varie distanze, e servono per annaffiare o spegnere incendi.
Idrico: acqueo: dal prefisso idr o idro, gr. ὑδρ = ὕδωρ acqua, cfr. il lat. udus = umido, e onda. Termine della fisica.
Idroelettrico: attributo di quelle nuove opere meccaniche che trasformano la energia delle acque in forza elettrica. Rad. ὕδωρ, acqua.
Iemale: piace agli esteti (ai quali ingemmando di voci peregrine il loro dettato sembra senz’altro di scrivere in perfettissima maniera) questo aggettivo antico in vece di invernale: latino hiemalis. Ma è lecito supporre che a dar nuovo corso a questa parola trecentistica abbia più direttamente contribuito il francese hiémal, con quel grazioso suffisso ale come in mattinale, liliale, lacuale, medicale, etc. (Iemale è pur voce usata in meteorologia, in idraulica e pratica agraria).
Ieratico: dal greco ἱερός = sacro, dunque sacerdotale; ma a questo aggettivo i seguaci delle tendenze estetiche annettono l’idea di adorno, composto, disposto secondo una linea di stile; riflesso esteriore di un’interna sacra solennità. Una femmina ad es. di costumi tutt’altro che sacerdotali, sarà detta in attitudine ieratica se alquanto artifiziosamente composta. Ma anche questa moda delle preziose parole passerà... per dar luogo ad un’altra.
Iettatore: «chi segnatamente in quel di Napoli è creduto portare con la presenza e le parole disgrazia ed impaccio: specie di stregone innocente e passivo. Iettatore si nasce come poeta» così il Tommaseo. Spesso la malignità o l’ignoranza umana indica alcuni innocenti come iettatori e li espone ad una forma crudele di persecuzione.
I fratelli hanno ucciso i fratelli: emistichio del noto coro del Manzoni nel Conte di Carmagnola, atto II, che accenna alle lotte fratricide fra italiani e italiani nell’evo medio. La gaia e scettica indole del popolo italiano spesso rivolge a sensi faceti il tragico annunzio: sorte quasi comune delle più gravi e terribili sentenze.
I giardini di Armida: locuzione antonomastica per indicare luogo di voluttà e di piacere. I giardini della maga Armida, mirabilmente e voluttuosamente sono descritti dal Tasso nel XV e XVI della Gerusalemme:
questo è il porto del mondo, e qui il ristoro
delle sue noie e quel piacer si sente
che già sentì ne’ secoli dell’oro
l’antica e senza fren libera gente.
Ignis ardens: lat. fuoco ardente, denominazione data al successore del papa Leone XIII, secondo la celebre profezia di S. Malachia, vescovo irlandese del secolo XII.
Ignoti ladri: non paia stranezza, ma certo è che questi duo vocaboli sono così spesso fra di loro congiunti da acquistar forza di locuzione. La quale non derivò dal fatto che i ladri non hanno costume di lasciare il loro biglietto con su il nome (che sarebbe domandare di troppo), ma dalla impunità di cui sogliono di solito godere nelle loro imprese: sono anche chiamati nel linguaggio giornalista i soliti ignoti. Questa locuzione fa il paio con l’altra: severa o rigorosa inchiesta, su cui un futuro Manzoni potrebbe forse fare sfoggio di umore come già il grande Lombardo fece su le Gride spagnuole contro i Bravi (Promessi Sposi, cap. I).
Il bello è lo splendore del vero: locuzione attribuita a Platone senza alcun fondamento di testi, manifestamente dedotta dalle idee platoniche della medesimezza del Vero e del Bello. Frase fatta.
Il ben dell’intelletto: emistichio dantesco (Inf. III, 16) stravolto, come al solito, ad altro senso. Dante ragiona dei dannati che hanno perduto Dio (il ben dell’intelletto); il popolo intendo la ragione, il senno. Solita sorto dei versi danteschi divenuti popolari!
Il bruno il bel non toglie: leggesi nella Gerusalemme liberata XII, 21, ed è una reminiscenza del motto biblico Nigra sum sed formosa. (Cantico dei cantici, I, 4).
Il calcio dell’asino: è quello che l’asino diede al leone morente per vendetta, onde il leone disse: fortes indigne tuli mihi insultare: te naturae dedecus, quod ferre cogor, certe bis videor mori. Fedro, Favole, I, 20. Dicesi di offesa o assalto, anche giusto, ma a persona la quale non è più in grado di offendere o di farsi temere: perciò solo è atto vile.
Il colto e l’inclita: modo abbreviato che vuole indicare il colto publico e l’inclita guarnigione ed era ed è locuzione del linguaggio, de’ comici, de’ saltimbanchi etc. Dicesi spesso per celia.
Il di cui, il di lui, il di lei, il di loro: locuzioni come le seguenti: la di lei lettera: per la sua lettera; Dante le di cui opere, per: Dante le cui opere, hanno fatto sciupare parole molte e vane a puristi e grammatici. La questione può essere semplificata in questi termini: tale costrutto — cioè di porre un compimento pronominale tra l’articolo ed il nome, è in origine di formazione letteraria, una ricercatezza del dire, un’eleganza che in poesia e in certi casi difficili a definirsi può anche oggi piacere; (quindi non mancano esempi classici ed antichi: esempi però che risentono di un certo giro elegante e molle dato alla locuzione. Ma questa locuzione trasportata, come molti fanno, nel linguaggio familiare e commerciale non regge più, per lo meno stuona appunto perchè v’è l’altra espressione più semplice e naturale che ricorre all’orecchio di chi ha buon gusto. Lo Grammatiche, al solito non recano questo criterio estetico che a me par degno di nota. Sta il fatto che i nostri migliori autori odierni non usano la locuzione il di cui, la di lei etc.
Il est avec le ciel des accommodements: scettica e mondana sentenza francese tolta (come pare dal Tartufo del Molière, atto IV, 5, ove è propriamente scritto: Le ciel défend, de vrai, certains contentements: Mais il est, avec lui, des accomodements. V. Accomodamento.
Il faut que jeunesse se passe: bolla locuzione francese, piena di amabile filosofia, non ignota fra noi: bisogna che la giovinezza passi, cioè conviene avere indulgenza per gli errori che la inesperienza e la naturale vivacità fanno commettere ai giovani.
Il fine giustifica i mezzi: locuzione variamento attribuita al Macchiavelli ed ai Gesuiti: e in questi e in quello leggesi qualcosa di simile come concetto, non però nella forma sentenziosa, popolare, qui riferita. Cfr. il Principe Cap. XVIII, P. Villari, N. Macchiavelli e i suoi tempi Voi. III, pag. 370-382. Cfr. pure le seguenti sentenze che si leggono in vari trattati di casistica morale: cum finis est licitus, etiam media sunt licita. Cui concessus est finis, concessa etiam sunt media ad finem ordinata, etc.
Il gran Pan è morto: V. Les Dieux s’en vont.
Il gran rifiuto: locuzione tolta e torta spesso in senso faceto dal noto verso in cui Dante incolpa Celestino V (?) d’aver rinunziato al Papato l’ombra di colui
che fece per viltate il gran rifiuto.
Iliacos intra muros peccatur et extra: acuto verso d’Orazio (Epist. I, 2, 16) e pieno di verità: si pecca dentro e fuori le mura di Ilion, son colpevoli gli uni, e gli altri non son puri.
Illico et immediate: due avverbi latini: il primo vuol dire lì, sul luogo, (in loco), e l’altro subito. Dicesi avverbialmente quando si vuole che una cosa sia subito fatta.
Illune: senza luna, neologismo, caro al linguaggio poetico e allo stilo estetico de’ nostri giorni.
Oh, della notte illune
placido incantamento;
solo, aliando, il vento
fremo tra fune e fune
A. Graf. I naviganti,
Nuova Antologia, 11 Febbraio 1908.
illusionista: neol., dal fr. illusionniste invece di prestigiatore, giocoliere.
Illustrazione: dicesi con aperto gallicismo (illustration) di persone degne e illustri, che fanno onore ad un’arte, ad una scienza, ad una regione: spiace ai puristi, come un astratto difforme dall’indole nostra della favella, Cfr. Dante:
O tu che onori ogni scienza ed arte.
Spiace pure ai più stitici fra i puristi illustrazione nel senso di periodico adorno di disegni, e illustrato come attributo di libro ornato di figuro dichiarative. Ma la moda di intercalare figure nel testo per abbellimento e chiosa ci provenne dalla Francia, e, con la cosa, il nome, Illustrazone nel primo senso appartiene a quei molti gallicismi i quali, come non entrano nella corrente del linguaggio popolare, così sono senza sforzo sfuggiti in nobile prosa. Appartengono tuttavia alla lingua dell’uso.
Illustre e illustrissimo: vedasi curioso effetto dell’abuso che toglie valore alla logica grammaticale! Il superlativo vale più del positivo, ma nel caso di questo aggettivo la cosa è diversa, giacchè illustrissimo si dice di ognuno, specialmente non illustre; illustre invece è solo di persone veramente chiare per notorietà e valore. Vero è che anche dell’aggettivo illustre che sembra contenere un granello di incenso e di gloria, oggi si comincia a far uso generoso oltre misura.
Illustre sconosciuto: locuzione lepida ed ironica dei tempi nostri che è indizio del costumo: vale cioè a significare certe persone nulle e ignote sino a ieri, cui la civiltà democratica offre opportunità di acquistare di colpo autorità e stato sì da dettar legge, trinciar giudizi, montare in bigoncia o sul piedestallo. Suona ironia o spregio.
Il nuovo non è bello, e il bello non è nuovo: dicesi di opere prive di invenzione e di perfezione. L’acuta frase si fa derivare del Lessing (Briefen die Neuste Literatur betreffend) onde trasse ispirazione Arrigo Voss per questo epigramma:
Auf mehrere Bücher.
Nach Lessing.
Wäre das Wahr nur neu, wäre das Nene nur wahr!
Ilota: greco [testo greco], latino Hilòta, nome dello popolazioni Achee ridotte in istato servile, non come individuo ma come casta, dai Dori od Eraclidi al tempo di Sparta. Voce usata oggidì per esprimere con forza di esagerazione lo stato di dipendenza economica o morale.
Il Paradiso di Maometto: è quello che nel Corano è promesso ai buoni: più divertente certo di quello di Cristo, ma non così ricco di sensuali piaceri come la tradizione ed i commenti hanno insegnato. Maometto promette lo urì, esenti da ogni bruttura, le vergini modeste, le care spose, tutti beni che in terra non si riscontrano di frequente.
Il quarto d’ora di Rabelais: fr. le quart d’heure de Rabelais, dicesi, con molta libertà e con largo riferimento per significare un momento di incertezza e di impaccio, in cui conviene risolversi. Si allude per tale motto ad un brutto quarto d’ora che passò Francesco Rabelais, il grande autore di Gargantua, quando al ritorno da Roma si trovò a Lione senza soldi per continuare la via. Per ciò si valse di questa astuzia: fatti chiamare i medici della città e fatto giurare il segreto, loro disse che i Romani gli avevano dato un veleno per uccidere il re. Fu allora denunciato, preso e condotto sotto buona scorta a Parigi dove egli tutto narrò al re facendosi beffa della semplicitá de’ Lionesi. Aneddoto antico ma poco attendibile, nè d’altra parte persuade la spiegazione che un fatto così comune come la mancanza di denari abbia potuto dar vita ad una locuzione così comune e nella quale par si contenga un senso speciale e recondito.
Il regalo che fece Marzo alla Nora: locuzione toscana e vale, regalo meschino come quello che fece tal Marzo a una tal Nora di tre noci e una nocciola. «Appena vedrai l’involto dirai: ecco il primo regalo che fece Marzo alla Nora» (Giusti, Lettere).
Il re regna ma non governa: formula della monarchia costituzionale, già espressa dal Thiers nel 1830: le roi règne et ne gouverne pas. Rex regnat sed non gubernat fu pure il monito dei Polacchi a Sigismondo III loro re.
Il s’écoute: letteralmente si ascolta, cioè parla ascoltando il suono della sua voce: s’ecouter parler = mettre de la prétension et une recherche affectée dans sa manière de parler.
Il sol di luglio: locuzione usata nella frase farsi bello del sol di luglio, cioè vantarsi di cosa di cui non si ha merito.
Il sole d’Austerlitz: il raggio di sole che apparve e illuminò la vittoria di Napoleone nella gran battaglia di Austerlitz, in Moravia, nel 1805, detta anche la battaglia dei tre imperatori. Sole altre volte ricordato: Voilà le soleil d’Austerlitz!
Il tempo è moneta: versione del motto inglese time is money. V. a questo motto.
Il ventisette del mese: il giorno in cui il Governo italiano paga i suoi impiegati e ufficiali, divenuto sinonimo di stipendio, paga, Es. «Per molti il ventisette del mese è il solo ideale.»
Il vicin mio grande: V. Carducci, Rime Nuove, Giustizia di Poeta.
Imano: voce araba che vale capo, presidente, cui i mussulmani danno molteplici significati. Alcuni capi indipendenti in Arabia in cui risiede il potere politico e religioso, son detti Imani. Imani furon detti i califfi ed il sultano, imani i preti maomettani celebranti nelle moschee.
Imbarazzo, imbarazzare, imbarazzante: sono gallicismi (radice celtica bar = asta, barra) fatti italiani sino dal ’500, prima nel senso materiale di impedimento, poi in quello morale di impiccio. Ma per quanto queste voci «siano entrate nella consuetudine del popolo toscano, che hanno perduto oramai ogni impronta di gallicità» (Rigutini), certo in nobile dottato curerei di evitarle.
Imbarcadero: spagnuolismo, embarcadero, dicendosi in italiano imbarcatoio (V. questa parola): ma forse a noi provenne più direttamente dal francese embarcadère. Sono ponti allungati nel mare o nei laghi sino a trovar gran fondale così che la nave possa accostarsi por lo scarico o carico senz’altro intermedio.
Imbarcare: imbarcarsi in un affare = prendere assunto di cosa difficile e lunga. Imbarcare uno = licenziarlo, mandarlo via: modo familiare.
Imbarcatoio: per ponte d’imbarco è parola che manca a molti dizionari: «necessaria e ben acconcia» la dice il Guglielmotti, op. cit., se non che molti usano imbarcadero. V. questa parola.
Imbarcazione: dicesi in marina di qualunque palischermo grande o piccolo: spiace ai puristi perchè deriva dal fr. embarcation. «Tu se ami tuo paese e linguaggio, userai, per vocabolo generico palischermo, e per collettivo barchereccio». Così il Guglielmotti, op. cit. Eh, padre maestro, ci vuol altro ormai!
Imbecillità: come termine medico e dei psichiatri indica il primo e più lieve grado dell’idiotismo. La graduazione di questa demenza congenita sarebbe idiotismo, semidiotismo, imbecillità. L’imbecillità appare nella seconda infanzia: lentezza e incertezza nel computo, nell’ortografia, nella sintassi; credulità: più tardi, sentimenti morali appresi dogmaticamente; difetto di critica del bene e del male: niuna originalità: non conoscono la baldanza della giovinezza: presto si fanno maturi. Possono riuscire benissimo nella vita. Anzi!...
Imborghesirsi: ned. diventare borghese, acquistare modi, vita di borghese.
Imbottar la nebbia: bella locuzione familiare toscana che vale far cosa vana come colui il quale chiudesse entro botte la nebbia.
Imbotte: V. Intradosso.
Imbrogliare: term. mar., avviluppare una vela cogl’imbrogli per sottrarla in gran parte all’azione del vento.
Imbutita: chiamano i meccanici una lamiera la quale sia foggiata a cupola o altrimenti: dal fr. emboiter = rendre une plaque de métal convexe d’un còté et concave de l’autre, radico, boîte. In italiano si dovrebbe dire stozzata, cioè foggiata su lo stozzo.
Immagazzinare: neologismo tolto dal francese emmagasiner, e usato nel linguaggio scientifico e tecnico nel senso di concentrare in breve spazio gran quantità di energia. Dicesi altresì, per ostensione, in senso morale.
Immancabilmente: per sicuramente, certo, senza dubbio, è ripresa dai puristi come voce usata alla maniera francese.
Immobiliare: trovasi usata questa parola, versione del fr. ìmmobilier, come attributo generico di operazioni riguardanti i beni immobili (bona immobilia), cioè case e terreni. Es. Credito immobiliare.
Immobilizzare: per rendere immobile ridurre in istato da non potersi muovere, operare, esercitare alcuna azione, ricorda il francese immobiliser, in italiano, meglio immobilitare, ma questo verbo mi pare alquanto disusato.
Immondo: parola più che italiana (non mondo, immundus, non pulito, impuro): ma parrà soverchio acume il dire che questa parola è spesso usata da noi con la frequenza e il senso del fr. immonde?
Immortali: erano gli Dei presso gli antichi, contrapposti ai mortali, cioè agli uomini. Ma i francesi nella geniale loro enfasi (geniale, a chi piace!) chiamano familiarmente immortel l’accademico della loro Accademia. Les quarante immortels.
Immortalizzare: per immortalare è brutto doppione ed inutile, derivato dal fr. immortaliser; e così dicasi di eternizzare (fr. éterniser) per eternare.
Immunità: (dal lat. in e munus: servizio, immunis) in medicina indica la resistenza organica alle sostanze tossiche, ai contagi, allo sviluppo degli agenti patogeni. L’immunità può essere innata o acquistata, come ad es. col vaccino contro il vaioolo.
Impagabile: nel senso iperbolico di cosa che non ha prezzo, inestimabile, specialmente detto in senso faceto o di scherno, è il francese impayable = extraordinaire, bizarre, plaisant. In italiano, val tant’oro quanto pesa, e infiniti altri modi di cui è ricca la favella del popolo.
Impaperarsi: papera (propr. la femmina del papero) è lo sbaglio nel parlare e nel pronunciare, nel gergo teatrale anzi è voce tecnica: dicesi familiarmente impaperarsi per confondersi nel parlare, prendere delle papere. V. Papera. | Impappinarsi, è alquanto diverso e vale perdere il filo, imbrogliarsi.
Impasse: ronco, via cieca, via senza uscita (V. Cul de sac) e deriva da un in negativo e passe cioè via per cui non si passa. Parola francese non infrequente fra noi. Es. «un temperamento che desse modo al Governo di uscire senza disonore dall’impasse in cui si è cecamente cacciato». E chi scrive così è un professore di Università italiana!!
Impavesate: ter. mar., cassoni che corrono da prua a poppa sul capo di banda delle navi da guerra, coperte di incerate, nei quali ripongonsi le brande dei marinai durante il giorno.
Impeccabile: letteralmente che non può peccare. Questo aggettivo riferito con speciale significato al contegno, al vestito, al decoro etc., ricorda l’irreprochable francese. Es. «egli è d’una squisita cortesia e d’una notevole amabilità, modesto, impeccabile nel suo portamento»
Impedenza: V. Induttanza.
Impedimenta: e talora in italiano impedimenti, voce tecnica del linguaggio militare de’ Romani per indicare i bagagli, i carriaggi, i somieri, le provvigioni che accompagnano un esercito in moto e ne ritardano o impediscono lo spedito andare: voce così espressiva che non è caduta dall’uso. Expediti invece erano detti i soldati quando non erano impediti dai bagagli.
Impegnarsi a fondo: dicesi quando uno nell’intraprendere alcuna azione opera in modo risolutivo così da non potersi ritrarre più per ricominciare. Dal linguaggio delle armi e della milizia passò la locuzione al linguaggio politico specialmente. Delle varie questioni che i puristi fanno sul verbo impegnare, V. il Rigutini, op. cit., che ampiamente ne ragiona.
Imperativo categorico: (Kategorischer Imperativ) frase usata da E. Kant nella sua opera filosofica Grundlegung der Metaphysik der Sitten, per indicare la legge morale che comanda o proibisce, all’infuori di ogni considerazione di utile o di piacere. «Opera unicamente secondo quella massima per la quale tu puoi nello stesso tempo volere che essa divenga legge universale». Dicesi talora nell’uso comune e fuori di ogni senso metafisico, imperativo categorico per ordine assoluto, condizione che non si può tralasciare.
Imperialismo: (fr. impénalisme, ingl. imperialism) sistema di governo imperiale, ambizione di costituire un impero. Questo neologismo è usato per indicare la tendenza di alcuni prosperosi popoli, ricchi e forti, da costituirsi in forma di impero, sì per le vaste egemonie e domini diretti, sì per l’intento di bastare a sè nè aver bisogno del concorso delle altre nazioni: questa tendenza, nel quarto d’ora che passa, è fortissima nei popoli di razza anglo-sassone e germanica. La Pace ne lagrima, gl’immortali principi dell’ ’89 ne soffrono, ma la realtà procede del suo passo logico e fatale.
Impetiggine: dal latino impetere = attaccarsi: dermatite caratterizzata dalla formazione di pustule onde geme materia che si concreta in croste giallastre. È autoinoculabile e dovuta all’inoculazione di microbi generatori speciali della suppurazione (streptococchi, stafilococchi).
Impianto: così chiamano i tecnici ed i meccanici un insieme di macchine organicamente disposte e concorrenti ad un dato scopo tecnico.
Impiegato: per ufficiale spiace ad alcuni severi puristi perchè loro ricorda il fr. employé. Giustamente osserva il Rigutini esser più facile levar di mezzo la cosa che la parola. Voce accolta dalla Crusca.
Impiegomania: neologismo del linguaggio familiare o detto talora in senso faceto per indicare la generale tendenza odierna di procacciarsi la vita diventando ordigni delle grandi macchine burocratiche piuttosto che liberamente svolgere le proprie forze.
Impiparsi: verbo usato nel linguaggio familiare e plebeo: vale infischiarsene, ridersi di checchessia. «Faccia di me ne impipo!» Voce usata specialmente nei dialetti dell’Alta Italia; non ignota per altro al dialetto toscano.
Impolitezza: per scortesia, sgarbo, francese impolitesse, è notato dai puristi con giusto orrore. Ma si usa? Oggi non mi pare. Trattasi, io credo, di uno dei non pochi barbarismi effimeri: si trapiantano, ma non metton radici.
Impolitico: esteso oltre al senso della politica, nel senso cioè di imprudente spiace ai puristi, perchè forse tale estensione è tolta dal francese.
Imponente: per grande, maestoso, formidabile etc., ricorda ai puristi l’uso della parola fr. imposant. V. Imposant, e perciò la riprendono. Dicono infatti i francesi: figure imposante; cérémonie imposante; forces imposantes etc. e così noi. Come ognuno vede, imponente è parola italiana, ma l’uso che se ne fa è straniero. Solito caso!
Imporre: usato da solo in modo assoluto, es. uomo che impone, aspetto che impone, spiace ai puristi. È in fatti modo francese, e così ne scrive l’Académie: absol. imposer, inspirer du respect. Se non che cotesto imposer non indica solo rispetto ma suggestione, timidezza e simili, anzi molte volte il rispetto non c’entra come in questo esempio tolto dal Voltaire ove Cesare parla di Bruto. Sa fermeté m’impose, et je l’excuse même de condamner en moi l’autorité suprème. Così pure è usatissima la forma riflessiva imporsi che vuol dire non tanto sopraffare o predominare quanto rendersi necessario, autorevole e autoritario più per audacia ed arte che per giusto valore. Come abolire condannare tali voci? Questioni che si impongono per, necessarie, urgenti, è locuzione ripresa, ma, buona o cattiva che sia, essa si impone nell’uso, ed anche i ben parlanti non saprebbero farne a meno.
Importanza: nella locuzione annettere importanza spiace ai puristi ricordando l’annexer o attacher importance de’ francesi. In buon italiano dare importanza. V’è però fra i due modi alcuna lieve differenza di senso.
Importo: per costo, valuta di una data cosa è ripreso dai puristi come derivazione abusiva del verbo importare. Lo accoglie la Crusca con esempio del Guadagnoli.
Impossibilitare ed impossibilitato: sono voci di Crusca con esemi»i fin del ’600: Segneri, Magalotti, Muratori, Botta: non scrittori artisti, a mio vedere. Sia pur dunque parola buona, certo è greve, e sa di uffici; tanto più evitata da buoni scrittori in quanto soccorrono altre voci e modi più facili o snelli.
Impossible n’est pas un mot français: «impossibile» non è parola francese; motto attribuito a Napoleone I.
Impressionabile e Impressionabilità: neologismi necessari e caratteristici per indicare specialmente la disposizione morale atta a ricevere le impressioni del mondo esterno con più violenza e turbamento che — forse — una natura sana non comporti. Il popolo, dice il Rigutini, servesi all’occasione di altre maniere. Vero. Vero è che al popolo è pur poco nota l’impressionabilità. Del resto accogliendo, come la Crusca accoglie, il verbo impressionare, sia pure con esempi di dubbia autorità, potrebbero i puristi accoglierne anche i derivati.
Impressionismo: V. Impressionista.
Impressionista: chi lavora in arte secondo la impressione cercando di riprodurre la realtà impressionante, e si suole dire tanto dello scrittore come del pittore. Per ciò che riguarda l’arte del dettato, impressionista è colui che usa una speciale tecnica o maniera di scrivere e descrivere, cioè a tratti, periodi brevi, staccati, tinte forti, crude, rudi, sinistre etc. Maniera che vuol sembrar vera e semplice, quasi rendendo con immediatezza la prima impressione: spesso abusandone, è maniera artificiosa, ove non soccorra arte e vera commozione estetica. Più specialmente impressionista dicesi de’ pittori i quali difendendo questa loro maniera, dicono: «Non si cerchi più in là nei nostri quadri; noi stessi, dopo il momento febbrile e intenso dell’esecuzione, non osiamo, non dobbiamo toccarli; sarebbe un profanarli: così vedemmo, così era la nostra impressione e prima che ci sfuggisse o si modificasse nella natura ed in noi, la rendemmo così come la vedete». Di qui l’esagerazione di un concetto giusto, per sè. Poichè ogni vero artista è, e deve per forza essere impressionista, ma non questo solo e sempre giacchè l’arte è qualcosa di più che semplice impressione. È necessario, ma non sufficiente che il pittore sappia cogliere la natura all’istante, nel lampeggiare di una luce o di una tinta, che se si dilungasse in minuzie, gli sfuggirebbe, e la visione si modificherebbe, ma ciò non è tutta l’arte. Or dunque: gli impressionisti hanno un modo speciale (ed è il modo detto) di vedere e di rendere la natura e se ne sono fatti un cànone. Dal detto modo speciale, di impressione, provenne una tecnica speciale, per masse, per macchie più o meno chiare e giustificate. Ed eccoci, quasi derivazione particolare di costoro, ai macchiaiuoli. (V. questa voce). Quanto alla ragione etimologica della parola, impressioniste è voce del gergo francese: qui fait de la peinture ultra réaliste, benchè questo ultra réaliste non pare esatto; per il realista tutta la natura obbiettiva è degna di riproduzione, per l’impressionista quella specialmente che eccita la commozione estetica. Derivato, impressionismo. Forse non solo la voce ma l’esagerazione della cosa elevata a sistema d’arte, provenne di Francia.
Impreteribile e Impreteribilmente: voci pedantesche, dice il Rigutini, ma non gallicismi; dal latino in-praeter-ire, che non può o non devesi tralasciare, omettere. Accolte dalla Crusca: certo non sono gemme di parole!
Impulsivo: agg., talora sostantivo, da impulso, lat. impellere, spingere. Nel linguaggio dei fisiologi e filosofi è attributo di quegli individui e di quei temperamenti che soffrono di un difetto nel freno della volontà, cioè che passano dal pensiero all’azione in modo subitaneo e irriflessivo. L’impulso grave anormale è segno di degenerazione e di stato patologico, come l’impulso dell’omicida, del suicida, dell’epilettico, di chi è portato a distruggere. Gli individui così infelicemente da natura temprati benchè abbiano coscienza de’ loro atti sono indotti a compierli in modo irresistibile. L’impulsività si accompagna ad un senso di angoscia che cessa con la soddisfazione dell’atto. A codesta impulsività o forza irresistibile molti delitti sono attribuiti. La qual cosa è pur vera. Vero è del pari che ragioni di interesse, di passione o di partito portano troppo spesso a coprire e adonestare, con l’autorità della scienza, azioni delittuose le quali sono dovute a deliberato proposito di male, non all’indomabile forza dell’impulso anormale.
In: sin dove si arrivi con l’uso di questa proposizione usata alla francese invece dell’italiano di non è facile stabilire. Certo è preponderante sempre di più, come da esempi: Mantello in seta, pantofole in pelle, letto in ferro, bastimento in acciaio etc. L’uso buono nostro vuole che si adoperi di per indicare la materia di qualche lavoro. Dunque letto di e non in ferro. Dicesi comunemente delle stoffe in bianco, in celeste in verde, etc., come compimento del verbo vestire, e non è modo conforme all’indole della nostra lingua. Ora senza far questione di purismo e di grammatica, anche i nostri più ardenti sostenitori del parlare e scrivere come vien viene, devono ammettere che questo doppio uso delle preposizioni, (giacchè, esse sono come i perni del discorso) è, non un pregio ma un difetto grande in qualsiasi linguaggio. Un maestro di scuola insegnerà secondo l’uso o secondo grammatica? Questa grave domanda può altrui sembrare ingenua, e con triste arguzia si può rispondere: «nè in un modo nè nell’altro!» Potrei ribattere: «molti in verità così fanno». | Le locuzioni in allora, in riguardo, in appresso, etc. sono riprovate, bastando gli stessi avverbi senza bisogno dell’in.
Inalazione: dal latino inhalare = soffiare. Dicesi in medicina dell’assorbimento mercè la respirazione di gas, vapori o liquidi polverizzati.
In alto luogo: ovvero un altissimo personaggio, perifrasi neologica della politica per non nominare il re o la corte.
In alto mare: dicesi metaforicamente che una questione è ancora in alto mare, quando è ancora insoluta e tarderà molto a venire a riva, cioè a risolversi.
Inanizione: termine scientifico usato dai medici specialmente per inedia, sfinimento, estenuazione: dal basso latino inanitio e per via diretta, dal fr. inanition. Lo accoglie la Crusca con esempio del Botta.
Inattaccabile: detto di persona, reputazione, condotta pura, integra, che non può essere ripresa, incensurabile, ricorda ai puristi il fr. inattaquable. Lo accoglie la Crusca. Il criterio di cui si valgono gli Accademici della Crusca nell’accogliere o nel respingere parole di provenienza francese o estensione di senso dedotto da altre lingue, non è dei più facili a comprendere. Ma conviene ammettere che la cosa è molto difficile e il giudizio dei più incerti. V. la Prefazione.
In base a o del...: locuzione comune specie del linguaggio degli uffici, reputata viziosa dai puristi, invece delle maniere buone, in conformità, sul fondamento etc. Es. In base al verdetto dei giurati l’accusato fu assolto.
In camera caritatis: dicesi di avvertimento o rimproveri dati in segreto, come preavviso cortese, senza che altri lo sappia.
Incanagliarsi: è versione del francese s’encanailler = se lier avec de la canaille. Il verbo buono e toscano è ingaglioffarsi del quale un bell’esempio è nel Machiavelli nella nota lettera a Francesco Vettori: «mangiato che io ho, ritorno all’osteria: quivi è l’oste, per l’ordinario un beccaio, un mugnaio, due fornaciai! Con questi m’ingaglioffo per tutto dì giocando a cricca, a tric-trac, etc.». Notevole e miserevole fortuna delle nostre parole, il Petrocchi registra fra le voci fuor dell’uso ingaglioffare e fra le voci dell’uso incanagliare! La Crusca non accoglie questa voce.
Incanalare: per istradare, avviare, mettere su la buona strada, è neol. assai brutto.
Incartamento: «dicasi coi toscani inserto» ammonisce il Rigutini (cioè il fascicolo che contiene una data pratica riguardante un dato affare). Dicasi pure! se non che mi par che molti invece che dir coi toscani inserto, dicano coi francesi dossier. V. questa parola. La Crusca ha accolto incartamento.
Incastellatura: chiamano così i meccanici lo scheletro od ossatura delle macchine fisse, a guisa di castello. V. Baty, voce inglese, che è pure in francese fatta bàti.
In cauda venenum: nella coda il veleno, cioè nelle ultimo parole si occulta la puntura, il colpo. Locuzione latina, tolta probabilmente dall’opinione che nella coda di alcuni animali, scorpioni, serpi, etc., stesse la violenza del veleno.
Incerti del mestiere: locuzione antica a cui è data significazione antifrastica, lepida e filosofica per accennare alle disgrazie ed ai pericoli cui si va incontro nell’adempimento del proprio ufficio o dovere. Ebbe molta divulgazione perchè fu usata dal povero re Umberto quando subì l’attentato dell’Acciarito, significando la regalità non come ufficio divino, ma pareggiandola agii altri impieghi. Dicesi anche incerto professionale. In un recente processo per diffamazione tenuto a Roma, essendo gli avvocati venuti a guerra di calamai, uno degli avvocati ne ebbe rotto un dente e, ribattute le ingiurie, concluse testualmente: «Io non presenterò querela, considererò l’incidente come incerto professionale e andrò dal dentista a farmi riparare il dente».
In chiesa coi santi, etc: locuzione e sentenza popolare di grande saviezza che vuole che l’uomo sappia vivere conformandosi alle persone con cui fortuna o necessità lo accomuna: sentenza fissata da Dante nel canto XXII dell’Inferno:
Ma nella chiesa
co’ santi e in taverna co’ ghiottoni.
Inchiesta: per investigazione (lat. inquisitio) è nota voce del linguaggio tecnico amministrativo, che pure essendo tolta dal fr. enquête, apparteneva già da antico all’italiano (cfr. il verbo inchiedere = fare inquisizione): caso non raro di antiche parole che casualmente risorgono per l’affinità delle due lingue neo-latine. V. Ignoti ladri.
Incidente: secondo i puristi anche questa è voce tolta dal francese per significare cosa o fatto o avventura che accade nel corso di un negozio. Similmente ritienesi gallicismo nel senso di questione accessoria. Voce di Crusca in tale senso.
Incidit in Scyllam, cupiens vitare Cliarybdim: cade in Scilla (scoglio su le coste d’Italia) volendo sfuggire Cariddi (vortice anticamente famoso nello stretto di Messina). Dicesi di chi volendo sfuggire un male, cade in un altro. Il motto è di un poeta neo-latino del sec. XIV. Gualtier de Lille, Alexandreis, lib. V, vs. 301: parafrasi tuttavia di un antico adagio greco.
Incipit Vita Nova: comincia la vita nuova: così con solenne ed occulto parlare l’Alighieri comincia l’opera sua La Vita Nova, dove per queste parole si vuole intendere o la giovinezza (che tale è il senso dato dagli antichi nostri a nuovo e novello) oppure una nuova vita rigenerata da Amore. Come molti versi o emistichi danteschi, anche questo motto diventò popolare e si usa per significare una vita migliore, un mutamento di male in bene nelle operazioni e nelle finalità dell’esistenza.
Incognito: parola italiana usata frequente nella diplomazia: è voce internazionale. Dicesi di principi o sovrani che viaggiano e dimorano in terra straniera e non volendo essere conosciuti o trattati secondo il loro grado, non portano segni e seguito conforme, e spesso assumono altro nome. Questo segreto convenzionale di raro è ignorato, ma lo si rispetta nelle apparenze. Pur viaggiando in incognito il sovrano gode del diritto di extraterritorialità. Se però noi demmo questa voce alle lingue straniere (francese, inglese, tedesco), queste ne fecero un sostantivo avverbiale. Incognito spiace ai puristi, che consigliano, da privato, privatamente.
Incollatura: (fr. encolure) nel linguaggio delle corse vale a dire la differenza di un collo fra cavallo e cavallo. Es. il tal cavallo vinse per un’incollatura.
Incolonnare: nel linguaggio militare dicesi di milizie che dalla disposizione di linea spiegata passano a quella di colonna.
Incoloro: per senza colore ricorda ai puristi la voce francese incolore, lat. incolor, ed è usato specie dagli scienziati per determinare le qualità dei corpi, insieme a inodoro fr. inodore, lat. inodorus e insaporo, la quale ultima è foggiata per analogia, e vale insipido. La Crusca non accoglie la nuova parola.
Incombente: lo registra il Tramater come voce dell’uso, ma con valore di aggettivo per soprastante, premente, latino incumbens, e va bene. Voce pedantesca, talora usata nel linguaggio burocratico per significare il dovere d’ufficio. Es. «Soltanto alle due dopo mezzanotte comparve un delogato di P. S. per gl’incombenti di legge». Lo accoglie il Melzi in tal senso come forma noologica, Certo è assai brutta.
Incombenzare: voce nuova da incombenza, non solo registrata ma «il popolo toscano la ripete tutti i giorni» dice il Rigutini difendendola. Alla sua volta il Tommaseo, registrando il verbo, annota: «Il popolo proprio non lo dice: ma la gente che vuol parer saputa. È parola pesante». La Crusca non la nota. Mi par da vero pesante, anche se di uso toscano.
Income-tax: locuzione inglese che significa tassa sul reddito, cioè un tanto per sterlina su le rendite, emolumenti, profitti, etc., però quando il reddito superi una certa somma. Income-tax è anche nei diz. francesi.
Incompatibilità di carattere: più spesso che di uomini, si dice di uomo e donna, e specialmente quando uomo e donna sono avvinti dal vincolo coniugale: sia la diversa natura maschile e femminile, sia diversità di educazione, abito morale, intelligenza; sia effetto dell’essere astretti alla medesima catena per tutta la vita che rende più acerbi gli animi ed ulceranti le piaghe, il vero è che questa incompatibilità di carattere, questa impossibilità del convivere insieme realmente sussiste e spesso, cosa notevole, in uomo e donna che, singolarmente presi, sono buoni e da bene. | Incompatibilità, per ostacolo, impedimento, etc., è voce ripresa dai puristi.
Incompetente: V. Incompetenza.
Incompetenza: giuridicamente si dice di un giudice che non ha, per giurisdizione, o territorio, o valore della causa potere di riconoscere una contestazione. Talora dicesi incompetente per non dire incapace, ignorante.
Incompreso o genio incompreso: più che nel senso proprio, cioè di intelligenza nobile ed alta la quale o non è intesa dal publico, o non vi trova corrispondenza, o per sua infelicità o difetto non sa mettere in comunicazione l’anima sua con l’anima delle moltitudini, si dice por i scherno di chi molto presume, di sè, ma non dà saggio del suo valore.
In confronto: term. giuridico = contro.
Inconoscibile: ciò che non è e non può essere conosciuto perchè trascende l’umana natura. Vale come agnosticismo, cioè la teoria di quei filosofi (Kant, Spencer) i quali ammettono esservi al di là del fenomeno e del relativo, un assoluto il quale è di tal natura che non si lascia intaccare dal sapere e dalla logica umana. Vero è che per il positivista questa realtà assoluta considerata come inconoscibile, è cosa indifferente nè forma parte necessaria del suo sistema.
Incontinenza: nel linguaggio medico indica emissione involontaria di materia fecale o di urina: dal latino in negativo e continère.
In corpore vili: e compiutamente: faciamus experimentum in anima (o corpore vili), facciamo la prova in corpo o in anima di uomo vile, cioè che niun conto è che muoia. Così la leggenda fa parlare i modici al letto di M. Antonio Mureto, umanista del ’500, il quale fuggiasco e male in arnese, non era sospettato nè si credea che potesse intendere il linguaggio della scienza. A cui Mureto rispose: «Chiami tu vile l’anima per cui non disdegnò G. Cristo di morire?» Altri altramente racconta. Comunque, il motto oggi si ripete, o sul serio o più spesso per facezia, quando si accenna a cose nuove di cui si fa esperimento.
Incrociar le braccia: locuzione icastica, di probabile provenienza francese e vale rimanere inerte, non operare: locuzione che ricorre talora parlando di scioperi: indica il concorde e fermo rifiuto al lavoro da parte della mano d’opera.
Incrociatore: nave da guerra, parzialmente difesa da corazza, di grande velocità e potenza, atta a tener dovunque lunga crociera.
Incroyable: V. Moscardino.
Incubazione: dal latino in e cubare, giacere. Nel linguaggio medico indica il tempo che passa tra il momento del contagio e l’apparire dei primi sintomi di una malattia.
incubi e sùccubi: dal lat. in, sub e cubare = dormire: secondo la scienza mugica e le credenze popolari erano ritenuti demoni, maschi i primi, femmine i secondi, che si accompagnavano nel sonno voluttuosamente. Oltre a questo senso erotico (e il vocabolo è comune a’ vari linguaggi), vuol indicare allucinazione terrifica che si prova nel sonno. I francesi dicono in questo secondo significato, Cauchmar.
Incunàbolo: nel linguaggio dei librai e dei bibliofili indica un libro o un opuscolo edito nei primi tempi della stampa, quando l’arte era ancora nella cuna. Tal voce è latina, incunabula, fasce in cui si avvolgono i bambini. Vuolsi avvertire che gli incunabuli sono le stampe impresse con caratteri mobili, là dove quelle impresse con caratteri fissi, cioè incisi sopra tavolette, sono libri o fogli silografici.
In cymbalis: locuzione latina, fatta italiana in: in cimberli, coi verbi essere o andare, detto di chi è allegro per baldoria e libazioni: letteralmente essere fra suoni di cimbali, i strumento usato nelle feste dette Baccanali. Nel dialetto milanese è comune questa locuzione, essere in cimbalis o in cimbalis bene sonantibus per dire, essere ubbriaco.
Inde irae et lacrymae: da ciò l’ira e il pianto, leggesi in Giovenale, Sat. I, 568.
Indelicato: eufemismo neologico che spesso vale truffatore, ladro. Es. Una serva indelicata. L’eufemismo è in grande onore ai nostri dì, onde lavoratori della mensa son detti i camerieri, deplorati i ladri del publico denaro, etc. In occasione di un famoso delitto, invece che dire che il Tal dei Tali andava dietro alle servotte, si scovarono persino gli amori ancillari!
Indennità di guerra: è il pagamento di una determinata somma che ne’ preliminari della pace il vincitore impone al vinto affinchè siano sospese le armi e reso in tutto in parte il territorio occupato. E codesto pagamento richiedendo assai tempo, l’occupazione militare suole prolungarsi per modo che i territori occupati valgano come di sicurtà o malleveria. V. la voce seguente.
Indennizzare e indennizzo: per risarcire rifare i danni e le spese, ammenda, etc. ricorda ai puristi le voci francesi indemniser e indemnité. Ma è tanto tempo che vivono in Italia che oramai si sono acclimate in tutti i dizionari, compresa la Crusca.
In derno: term. mar., dicesi della bandiera nazionale, annodata in mezzo, che lascia uno svolazzo di coda. Si alza come segnale di pericolo.
Indice cefalico: i medici, gli antropologi, i filosofi distinguono i crani umani in due specie principali, quelli allungati (dolicocefali) e quelli tondi (brachicefali), senza tener conto delle divisioni intermedie. Ora il più sicuro criterio per determinare il tipo cranico, è dato dall’indice cefalico (o cranico se lo si ottiene su lo scheletro). Esso si trova così: si misura la larghezza trasversale del cranio, e moltiplicatala per 100, la si divide per la misura di lunghezza o diametro antero-posteriore. Il numero che risulta da questo rapporto è l’indice. Quando l’indice è 75 o meno, il cranio è dolicocefalo, quando è 83 ed oltre, brachicefalo.
Indice (mettere all’): indice dei libri proibiti è l’elenco dei libri che la Chiesa Romana proibisce di leggere perchè contenenti dottrine erronee: da ciò la frase mettere all’indice per dire, mettere al bando, considerare come pessimo e riprovevole.
In diebus illis: lat. in quei giorni, una volta!
Indietro di scrittura: locuzione dialettale lombarda (indree de scrittura) e vale scarso di mente, poco perspicace, e anche essere allo scuro di qualche cosa.
Indìgete: latinismo, indìges-getis = nativo del paese: attributo di Enea e degli Eneidi, progenitori, secondo la leggenda, dei Romani, e furono adorati come divinità: poi indigete valse ad indicare il nume tutelare e del luogo.
Ma tu placavi, Indigete comune,
Italo nume, i vincitori e i vinti.
Indirizzo: per recapito, ricorda ai più severi puristi la voce francese adresse. Ma avvertesi che lo stesso Tommaseo è incerto se si debba chiamare francesismo «giacchè il suono e il senso sono italiani». E ritenuta invece meno buona questa parola — nè l’accoglie la Crusca — con valore di domanda, dimostrazione, petizione, che si rivolge da molti ad un dato personaggio o assemblea: infatti è voce del linguaggio parlamentare e politico francese.
Individualismo: oltre che eccessivo o esclusivo amore di sè stesso, significa quella dottrina sociale, politica e filosofica insieme la quale considera l’azione dell’individuo e la sua iniziativa necessaria alla civiltà ed al progresso umano: perciò non solamente non deve essere impedito che in minima parte, ma le funzioni dell’Ente sociale (Stato) devono essere ridotte alle più piccole proporzioni appunto per non inceppare l’opera dell’individuo. L’opposta dottrina è il Socialismo. Sono i due termini di lotta della civiltà presente; e se mai la verità fu nel mezzo, questo è il caso. Individualismo è voce internazionale, ted. Individualismus, ingl. individualism, etc. Individualista, il sostenitore di questo concetto.
Individualità: riferito a persona, è brutta astrazione di conio francese, ove pure è neologismo: ripreso dai puristi: certo toglie freschezza ed uso a tanti bei modi nostrani per indicare persona che eccelle sugli altri. Individualità è termine filosofico che significa ciò che distingue un individuo sì che esso abbia un’esistenza sua propria. Il Petrocchi accoglie senza chiosa i due sensi.
Individualizzare: neologismo tolto dal francese individualiser; rendere individuale, distinto da ogni entità simile: le voci nostre sono specificare, individuare, (d’uso letterario). Questo verbo nè il Tommaseo nè altri registrano: è accolto dalla Crusca con esempio del Gioberti.
Indiziàrio: dicesi nel linguaggio forense come attributo di processo in cui mancano dati positivi di fatto per accertare la prova, ma da cui risultano presunzioni (indizi) più o meno sicure.
Indocti discant et ament meminisse periti: sentenza che ebbe gran fortuna e vuol dire: gli ignoranti imparino e i dotti siano invogliati a ricordarsi. L’Hénault la pose come epigrafe al suo Compendio cronologico della Storia di Francia e disse averne avuta l’ispirazione da due versi del Pope nel Saggio sopra la critica (740, 741).
Indomani (l’): per domani o dimani è una fra le molte voci onde i puristi guerreggiarono come i greci per le armi d’Achille. Difeso dal Viani, Gherardini, Nannucci, respinto dal Fanfani, Rigutini, etc., ha però trovato rifugio in qualche diz. recente, non però nella Crusca: però non molto nell’uso, giacchè mi pare che più frequente si dica il giorno dopo che l’indomani. Certo è francesismo (lendemain), venutoci nel ’700; certo ancora non sarai tu, povero indomani, a spiantar la lingua italiana!
Indomenicato: è il fr. endimanché, vestito da festa o della domenica: neol. assai goffo, a cui però non manca qualche buon esempio di scrittore. Più frequente, forse, endimanché.
In domo Petri: familiarmente vale, in prigione. E si aggiunge: dove son le finestre senza vetri, cioè le inferriate (dalla prigionia di S. Pietro).
Indovinare: per trovare, pensare, eseguire bene con gusto, con arte, riuscire, ricorda troppo il deviner de’ francesi e come tale è da molti riprovato. Però è voce usatissima. Es. Un abito, una festa indovinata.
In dubiis àbstine: motto della saggezza latina: nell’incertezza sospendi ogni deliberazione, astieniti dal fare.
Induttanza: termine di fisica. Quando un circuito percorso da corrente elettrica variabile (alternata od intermittente) comprende delle spiro avvolte su di un nucleo di materiale magnetico (ferro o ghisa), la resistenza che detto circuito oppone al passaggio della corrente è maggiore di quella che opporrebbe se non esistesse il nucleo — e se il circuito anzichè avvolto a spira fosse a filo diritto. In tal caso la resistenza prende il nome di induttanza o impedenza o resistenza apparente.
Induzione: termine di fisica. Induzione magnetica: l’azione per la quale un pezzo di ferro si magnetizza quando è posto in un campo magnetico. | Induzione elettrostatica: il presentarsi delle duo cariche elettriche opposto in un conduttore per la presenza di un altro corpo elettrizzato che si trovi elettricamente isolato dal primo. Induzione elettro-magnetica: il suscitarsi di una corrente elettrica in un conduttore quando varii, in qualunque modo, il campo magnetico in cui esso si trova, sia il campo dovuto a calamite o a correnti. | Induzione elettro-dinamica: si chiama più propriamente così la suddetta induzione, quando essa è dovuta al moto di conduttori percorsi da corrente, al variare dell’intensità di questa.
Ineffabile: vuol dire latinamente indicibile, da in negativo ed effabilis = dicibile: quindi gioia o dolore ineffabile. Spesso però questa parola è usata lepidamente per significare persona che per le sue non commendevoli qualità e operazioni non è degna di essere nominata.
In erba: propriamente dicesi del grano o dei cereali che non sono ancora maturi, ma soltanto in erba, senza spiga o frutto, onde le locuzioni vendere o comperare in erba per dire vendere o comperare il raccolto sul campo prima che sia maturo. Per traslato familiare, spesso faceto, dicesi di persona inesperta, non giunta a compiutezza dell’ufficio a cui aspira o a cui pretende: dottore in erba, giornalista in erba.
In esito: V. Esito.
In extenso: lat. per esteso.
In extremis: V. Extremis. Nel linguaggio politico dicesi una nomina o promozione in extremis di quelle che sogliono fare abusivamente i ministri o altre autorità negli ultimi giorni della loro carica allo scopo di favorire, ricompensare, etc.
In faccia a Dio: nelle locuzioni familiari e facete, come ad es. gran bevitore in faccia a Dio, gran cacciatore, etc., ricorda il biblico Come Nemrod cacciatore robusto in faccia a Dio. (Genesi, X).
Infallantemente: per infallibilmente ha esempi del Segneri, del Redi, del Magalotti, del Filicaia. Infallanter, in latino barbaro, lo usa il Machiavelli (Leggi e Comm. I, 436) «L’imperatore voleva passare infallanter e presto» e un’altra volta usa infallantemente: esempio citato dalla Crusca. Perchè dunque il Fanfani riprende tale voce? Certo è che ha in sè alcun vizio di suono.
In famiglia: nella locuzione: «fare una cosa in famiglia,» la detta parola passa ad acquistare talora un senso non lusinghiero e non bello: dalla idea, cioè, di intimità e di segretezza, come avviene in famiglia, viene a significare astuzia, frode, ingiustizia per cui un dato affare si tratta e compie segretamente fra i cointeressati e loro amici con danno e pregiudizio degli altri. Dicesi anche taglierini in famiglia, che è propriamente la minestra fatta in casa con la sfoglia.
Infanta e infante: (dal lat. infans-ántis = infante, propriamente = che non parla ancora) in ispagnuolo sono due voci, usate anche presso di noi, specie nell’uso de’ giornali, per indicare la figlia ed il figlio del re.
Infantare: verbo letterario e disusato = generare. Lo adoperò il Carducci in un suo nobile scritto Mosche cocchiere e vi aggiunse questa parentesi: «certi francesismi del Trecento mi piacciono».
Infarto: in fr. infarctus, dal latino infarcire = riempire: nome dato ad un territorio vascolare ove cessa la circolazione quando la regione così colpita di morte non è la sede di fenomeni di putrefazione. Così dicesi perchè al livello dell’infarto i tessuti sembrano infiltrati e gonfi.
Infedele: chi abusa della fede in lui riposta o per frodare e portar via o per altra illecita azione. Un cassiere che fugge con il portafoglio, è un impiegato infedele; una domestica che saccheggia la casa, è semplicemente infedele. Questo significato eufemistico è appunto in francese: commis, agent infidèle; gardien, domestique infidèle, etc. Del resto la tendenza agli eufemismi è così grande oggidì, come altra volta fu detto, che si è incerti se questo nuovo senso sia di schietta provenienza francese. V. Indelicato.
Inferi: lat. gli dei del mondo sotterraneo, contrapposto a superi gli dei del cielo. Andare agli Inferi = morire.
Inferìre: par. inferto: latinismo usato nel linguaggio dei tribunali invece di dare, vibrare. Es. inferire una coltellata. Nel linguaggio marinaresco inferire vale allacciare l’antennale delle vele ai pennoni, agli alberi o allo draglie, ed anche introdurre il filo di un paranco nei rispettivi bozzelli, e così di una drizza, di un braccio, di un lavoro ecc.
Infeudare: nel senso figurato di rendersi signore e donno delle azioni di altri, dirigerle a suo grado per proprio vantaggio, con tirannia, quasi, di antico feudatario, è un traslato della lingua francese. Spiace ai puristi come «locuzione da gazzettieri», e consigliano sottomettere, fare a sè ligio, devoto, servo, etc. E sta bene. Ma nessuno negherà che il traslato non sia felice ed efficace, e tanto dell’uso che il toglierlo è impossibile. Sono casi di naturale evoluzione del linguaggio e sottomissione di una favella più evoluta ad un’altra, alla quale conviene sottostare.
Infibulazione: V. Appendice.
In fieri: lat. nel diventare, e dicesi di cosa che non è ancora nell’atto, ma solo nell’intenzione di chi la cosa vuole.
Infirmare: Vale confutare, ribattere, rendere men saldo (in-firmus) e dicesi riferendosi ad argomenti, prove, ragionamenti etc., poi annullare, distruggere: è neologismo tolto dal fr. infirmer, derivato a sua volta dal latino infirmare. Il Rigutini difende questo neologismo. Difenderli o no, molti di questi neologismi, tolti dal francese, valgono ad esprimere con precisione netta una data idea in un particolare linguaggio e in ciò sta la loro ragione d’essere.
Influenza: è creduto comunemente nome nuovo (di conio fiorentino) di malattia nuova; nome che ottenne larga cittadinanza all’estero. Vero è che Influenza, in tal senso, fu usato anche nel ’700 e la malattia è nuova solo perchè oggi assai diffusa e ben nota nella sua natura. Ebbe, nel passato, molti e vari nomi (V. Grippe).
Influenzare, e influenza, influire e influente: (dal latino in-fluo = scorro dentro, insinuarsi, fluire. Fortuna influens, cioè propizia, leggesi in Seneca) sono voci che dal senso astrologico antico (credevasi, come è noto, all’influsso degli astri sui corpi e su le azioni terrestri) passarono al senso nostro e comune di potere, aver credito, autorità, conferire, dominare etc. Certo il nuovo senso estensivo provenne a noi dal valore che diedero i francesi alle voci corrispondenti: influencer, influence, influer, influent. Però «se oramai non si può più dare lo sfratto ad influire, influente ed influenza, darei però lo sfratto al più brutto e più francese, influenzare» così il Rigutini. In nobile dettato i buoni scrittori preferiscono dire influsso in vece di influenza.
In folio: lat., usato nel linguaggio dei librai e de’ tipografi, vale del maggior formato, senza cioè ripiegare il foglio.
Infornata: propriamente quel tanto di pane che può in una volta capire il forno. Per traslato dicesi di nomine tutte in una volta ad un dato ufficio. Es. la infornata dei senatori. Non è da vero voce lusinghiera, ma per compenso è il francese familiare fournée in tale senso.
Ingaggiare ed ingaggio: in luogo di arrolare, assoldare, arrolamento sono gallicismi entrati nell’uso anche del popolo e registrati nei dizionari. Anche la locuzione ingaggiar battaglia per appiccare, impegnare, attaccare, è gallicismo, ma antico e difeso da molti e autorevoli esempi. Del resto si noti che la voce nostra gaggio è uguale per etimologia e senso al gage francese, ma è fuor d’uso, e significava pegno, stipendio, ricompensa.
Ingavonarsi: ter. mar., l’abboccarsi di una nave por effetto di gran vento sino a mettere le murate (fianchi) e talora i boccaporti in mare.
Ingranaggio: francesismo (engrenage), entrato nell’uso e registrato ne’ dizionari. Vi risponde la parola dentatura (cfr. ruota dentata) ma chi l’intenderebbe? Dicesi ingranaggio in senso traslato.
In herba: V. In erba.
In hoc signo vinces: in questo segno vincerai! segno apparso in cielo presso la Croce di Cristo a Costantino che moveva in oste contro Massenzio. Così la leggenda cristiana. Volgesi il motto ad altri sensi e segni.
Initium sapientiae timor Domini: il principio della sapienza è il timor di Dio (Ecclesiastico, VI, 16) il che può anche intendersi come presumere umilmente di sè, avrebbe gran senso, anche per chi non segue il vessillo di Cristo!
Iniziativa: voce riprovata dai puristi come quella che deriva dal francese initiative = l’atto di colui che inizia, promuove con acuto ardimento. Ma chi potrebbe fare a meno di questa voce così comoda ed efficace? Chi direbbe uomo senza intrapresa invece di uomo senza iniziativa? Certo è però che lo scrittore artista sa trovare nel libero giro della frase italiana l’espressione conforme al genio della favella e che significa la stessa cosa; e così pure il popolo.
In jure utroque: V. Doctor, etc.
In massa: V. Massa in fine.
In medio stat virtus: la virtù sta nel mezzo, antica sentenza latina: vera e falsa secondo che essa è intesa, giacchè se è esatto che la virtù è lungi dalle esagerazioni, più spesso avviene ciò che acutamente notava il Manzoni (Promessi Sposi, cap. XXII) a proposito dei precettori di Federigo Borromeo: «o fossero di quei prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo, e il mezzo lo fissano giusto in quel punto dov’essi sono arrivati, e ci stanno comodi!» Cfr. Juste milieu, Cfr. il verso d’Orazio (Satire, I, 2, 24):
dum vitant stulti vitia, in contraria currunt.
Ineccepibile: V. 'Eccepire'.
Innesco: il cannello fulminante che intromettesi nel focone dei cannoni.
Inno: nel linguaggio musicale indica una composizione generalmente patriottica, per canto e strumenti. Celebre fra tutti gli inni è la Marsigliese di Rouget de l’Isle (1792); il God Save, the Queen di Carey, l’inno spagnuolo di Huerta, detto di Riego. Il Garibaldino, di Mercantini e Olivieri, il Fratelli d’Italia, di Mameli e Novaro sono inni a tutti noti. L’inno è anche un pezzo a strofe nel canto cattolico.
Inoculazione: nel linguaggio medico vuol dire introduzione nell’organismo attraverso lesione della pelle di sostanze contenenti germi di una malattia (microbi patogeni virus). Dicesi anche inoculazione in senso morale e traslato. Dal lat. in-occulare, nasconder dentro, indi innestare: cfr. occulto.
In odio: termine rituale giuridico, specialmente negli atti esecutivi: vale contro.
I nodi vengono al pettine: bella locuzione nostra, tolta dal linguaggio dei tessitori, manifestamente: e vuol dire che ad un certo punto gli errori o le colpe maturano, non passano senza effetto, ma se ne coglie necessariamente l’amaro frutto.
Inodoro: V. Incoloro.
Inoltrare: brutta voce burocratica e assai comune, invece di trasmettere, mandare. Es. inoltrare un’istanza, una supplica, un atto.
In ordine: per ciò che riguarda, concerne, rispetto, conforme, etc.: modo brutto del linguaggio degli uffici.
In partibus: locuzione elittica a cui si sottintende: episcopus in partibus infidelium, vescovo nelle terre degli infedeli, cioè vescovo titolare, la cui diocesi non esiste.
In pectore: latinismo in petto, cioè nel segreto, internamente senza proclamarlo, caro al proprio cuore, e dicesi parlando di nomine, di elezioni, candidature etc. Es. candidato in pectore, etc. La locuzione in petto è delle poche nostre entrate da antico nella lingua francese.
In più spirabil aere: verso del Manzoni, Cinque maggio, divenuto popolare per dire, mezzo, ambiente, argomento migliore, più lieto, quasi dove ci si respira meglio.
In prima linea: locuzione familiare, e dicesi di cose di molta importanza o che debbono essere fatte prima di ogni altra: locuzione che sembra tolta o dal linguaggio militare o forse anche dal modo con cui i treni entrano in istazione, cioè in prima, in seconda, in terza linea o binario secondo che sono diretti, o misti, o merci. Es. la tal cosa passa o va in seconda linea, in prima linea etc.
Inquadrarsi: dicesi neol. per estensione in senso morale di cosa che dentro altra cosa armonicamente conviene e s’adatta come entro quadro.
Inqualificabile: per turpe, indegno, abominevole, spregevole è neologismo usatissimo, tolto dal francese inqualifiable = qui ne petit se qualifier. Se prend surtout en mauvaise parte. Conduite inqualifiable. Riprovasi dai puristi.
Inquietante: «il male assunse delle proporzioni inquietanti. Ecco un discorso tutto quanto improntato di francese eppure e assumere e proporzione e inquietante e l’articolo del sono parole italiane, italianissime, ma la forma di questo parlare è tutta gallica», così il Rigutini, il quale a confenna riporta questo giudizio di G. B. Niccolini: «quando leggo certi scritti, novantanove su cento le parole sono italiane, ma tutto il discorso è alla francese. E questo è il gallicismo più dannoso alla lingua nostra». Il ragionamento è calzante, ma la realtà è più forte ancora. E che vale condannare queste forme, sia pure barbariche, quando sono già penetrate e l’organismo della lingua non ha forza di espellerle? V. la Prefazione.
Insalutato hospite: ablativo assoluto latino che letteralmente significa, essendo l’ospite non salutato. Ha valore di intercalare e dicesi di chi se ne va senza commiato o senza farsi vedere.
Insaporo: V. Incoloro.
Insaputa: nella locuzione all’insaputa ricorda ai puristi il fr. à l’insu.
In se ipsa: lat., in sè, nella cosa stessa.
In seno a....: es. in seno alla commissione invece che dire semplicemente: nella commissione. È metafora comune e burocratica, ma tutt’altro che graziosa!
Inserzione: l’atto dell’inserire (lat. insèrere = innestare) detto specialmente nel linguaggio giornalistico di scritti, o avvisi, o comunicazioni messo nei giornali.
Insieme: avvertono i puristi, si costruisce con la preposizione con e non con a. Insieme, fatto sostantivo, per la somma, il tutto insieme, a’ più rigorosi puristi ricorda l’ensemble de’ francesi.
Insignificante: come attributo di cosa di nessun conto o valore, ricorda ai puristi il fr. insignifiant. Ma se insignificante si accetta nel senso di cosa che non dice nulla come gesto, volto, atto, perchè condannare un lieve e naturale traslato? forse perchè esso è in francese? Anche questa teoria dei gallicismi ognuno vedo quanto sia pericolosa ed incerta. V. la Prefazione.
Insinuante: V. Insinuazione.
Insinuazione: (fr. insinuation) da sè non vale che un insinuare, un infondere; perchè significhi un insinuar di soppiatto nell’animo degli altri, un’accusa indiretta e maligna a carico di taluno, vuole appunto l’aggiunto di maligna. — Tale il troppo sottile ragionamento dei puristi nel condannare l’uso assoluto di tale vocabolo. Anche insinuante per lusinghiero spiace ai puristi perchè di uso francese. Il Rigutini vorrebbe un insinuantesi per maggior proprietà, ma chi l’userebbe?
Insolazione: nome dato ad un complesso di fenomeni, talora mortali, cagionati sia dalla irradiazione solare (insolazione) sia dall’eccessivo calore: manifestasi con una cefalalgia intensa, tendenza al sonno, sosta delle secrezioni, vomito, allucinazione, delirio, perdita della coscienza.
Insolvibile: detto di debitore che non può pagare, e insolvibilità l’astratto, sono due parole notate dai puristi come improprie e fuori di ogni buona regola. Devesi dire insolvente e insolvenza. Ma il vero è che la regola dell’uso ha stabilito diversamente.
Insondabile: brutta versione letterale del francese insondable: qui ne petit être sondé. Evidente caso di oblio della parola nostra inesplorabile e, nel tempo stesso, influsso della parola fr. sonde. Però mi pare barbarismo assai raro.
In sottordine: per subordinatamente, è il fr. en sous ordre.
Inspirarsi: fr. s’inspirer: non è detto del poeta o dell’artista soltanto, ma anche del sarto e della sarta la quale recasi a Parigi a Londra ad inspirarsi su lo ultime creazioni della moda. L’uso di tale verbo in tale senso proviene dalla solita inclinazione iperbolica che è tendenza naturale nella lingua francese, dove l’italiano si attiene a maggior semplicità.
Installarsi: per insediarsi, mettersi, accomodarsi, prender posto, collocarsi, etc., è la versione assai brutta del francese installer. Es. io mi sono installato nel mio appartamento. I pompieri si sono installati nella loro caserma.
Installazione: «non comune per insediamento». Così il Petrocchi. Vero è che nel senso di impianto di macchine e ordigni con iscopo industriale o scientifico, è voce non rara: dal fr. installation.
Instauratio facienda ab imis fundamentis: V. Ab imis.
Instituendo: vale da instituirsi, che deve essere instituito: neologismo formato a modo del participio latino di necessità con il suffisso in dus-da-dum, il quale significa che una data cosa deve essere fatta, participio che manca alla nostra lingua o che acquistò semplice valore di aggettivo, come onorando. Si potrebbe tuttavia notare ai dì nostri una certa tendenza a rinnovare questo comodo participio. Vero è che essendo difforme dall’uso, sa di greve e di pedantesco.
Insuccesso: neologismo molto comodo ed usato, ed indica il contrario di successo. Es. la commedia di ier sera fu un insuccesso. È voce di provenienza francese, insuccès, contrario a succès. I puristi lo condannano, ma l’uso vi appone la sua sanzione sovrana.
Insufficienza valvolare: nel linguaggio medico vuol dire difetto delle valvole d’un orifizio cardiaco, che ha per effetto il riflusso rigurgito d’una parte del sangue nella cavità del cuore (insufficienza mitrale, aortica, tricuspidale).
Insurrezionale: agg. da insurrezione, spiace ai puristi perchè tolto dal francese insurrectionnel. Ma se vi sono le parole insorgere e insurrezione, non si comprende perchè debba essere condannato l’aggettivo per la sola ragione che è della lingua francese.
Intangibile: lett. che non può essere toccata, attributo neologico di Roma, capitale d’Italia; evidente e troppo spesso enfaticamente ripetuta allusione all’antico potere dei Pontefici che non sarà mai restaurato! Fu detto in un reale dispaccio di risposta alle congratulazioni del municipio di Roma: «intangibile conquista» (20 settembre, 1886, XVI anniversario della storica data della breccia di Porta Pia).
Integrale: per intero, benchè sia voce nostra antica, tuttavia il recente uso si può supporre derivato dal francese intégral = total, entier. Es. pane integrale, in cui hanno parte tutti gli elementi costitutivi del grano.
Integrazione: voce generale del linguaggio matematico e filosofico, dal latino integer = intero completo: indica quel processo o atto per cui le parti si coordinano fra loro organandosi in un tutto. L’integrazione della materia (cioè il concentrarsi, aggregarsi) è uno dei più importanti fattori di quel fenomeno dell’essere e della vita che va sotto il nome di Evoluzione (V. Spencer, Primi principi, § 97).
Intelletto d’amore: altro emistichio di Dante divenuto frase fatta, e torto in altro senso. In Dante:
Donne che avete intelletto d’amore
Intellettuale: parola antica a cui è dato oggi un nuovo senso, questo forse di provenienza francese, intellectuel = colto: indica cioè coloro che socialmente vanno distinti per uso e raffinatezza di coltura e di conoscenza: non si esclude talora un lieve senso ironico e spregiativo, quasi che queste facoltà intellettuali sviluppando oltremodo il senso critico e cosciente, troppo valgano a dividere gli uomini eletti dalla comunità e dall’uguaglianza a cui tende il moto sociale. Così intellettuali sono chiamati quei socialisti che si staccano per alcuna aristocrazia di ingegno e di studio dal semplicismo delle moltitudini e dalla grossolanità tribunizia dei colleghi. Molte volte però l’intellettuale è un semplice ostentatore di virtù intellettuali che non possiede: giuoco antico e che sempre riesce bene. Vecchia storia: quanto meno l’uomo ha di dentro, tanto più cerca di esporre di fuori. Intellettuale suona talora press’a poco come esteta, superuomo, individuo cioè che conscio del suo ingegno straordinario si permette il lusso di una morale per conto suo, diversa da quella dei poveri diavoli.
Intelligenti pauca: locuzione latina a chi può intendere (occorrono) poche parole. Spesso dicesi con intenzione di minaccia o di avvertimento.
Intendami chi può, ch’i m’intend’io: locuzione comune. Leggesi nella Canzone del Petrarca: Mai non vo’ più cantar com’io soleva, e nell’Orlando Furioso XLIII, 5.
Intendente: il magistrato che sopraintende alla amministrazione delle finanze in una provincia. La parola ci venne con le amministrazioni piemontesi imposte con non intendente uguaglianza a tutte le regioni d’Italia, ed è voce in tale senso francese, intendente dove, secondo i puristi, avrebbesi dovuto dire soprintendente, giacchè non si dice intendere ma soprintendere ad una cosa. Vano ragionamento contro il fatto e l’uso. Intendente e Intendenza sono accolti in tal senso dalla Crusca.
Intendenza V. Intendente.
Intensificare: per rendere intenso, rafforzare è neol. tolto dal neol. francese intensifier.
In tenui labor, at tenuis non gloria: si cita di solito il primo emistichio: anche un umile lavoro costa fatica (Verg. Georg. IV, 6).
Intenzionato: che ha intenzione, per i puristi è il fr. intentionnè: onde le locuzioni bene o male intenzionato. Voce dell’uso, specie negli uffici, ma non elegante, sì che raro si incontra nell’uso letterario nè del popolo. È accolta dalla Crusca.
Interdicere acqua et igni: locuzione latina viva sino ai dì nostri, che letteralmente vuol dire interdire ad alcuno l’acqua e il fuoco, cioè esiliare, bandire, considerare come fuori del consorzio civile.
Interessato: chiamasi volgarmente colui che ha un interesse qualsiasi in un’impresa, compagnia, fabbrica o spedizione, o in qualsivoglia altro affare, a meno che non si tratti di società per azioni nel qual caso chiamasi azionista.
Interesse, interessante, interessare: sono fuor di dubbio voci derivate da assai tempo dal francese intérèt, intéressant, intéresser; ma sono così usate e pronte che è vano condannarle non che discuterle. È, del resto, il solito caso di una voce unica e pronta che rende non dirò inutili, ma toglie vita e moto a molti, belli ed espressivi sinonimi nostri: piacevole, commovente, attraente, gentile, grazioso, amabile, importante, piacente, melanconico, etc., ed a gran numero di locuzioni. Interessante per importante pare al Rigutini voce «insopportabile» e «insopportabile eufemismo» in istato interessante, detto di donna incinta.
Interfecto: latinismo (interfectus) del gergo forense invece di ucciso.
Interferenza: dal lat. inter e ferre = portare, e non da ferire: è voce del linguaggio dei fisici (fr. interférence, ted. interferenz, ingl. interference) per indicare il fenomeno per cui due onde luminose o sonore etc. possono elidersi a vicenda: produrre cioè o l’oscurità o il silenzio. Il vocabolo è usato per analogia ad indicare lo scambievole distruggersi in un processo fisiologico o psicologico.
Interferire: il prodursi dell’interferenza.
Interim: avverbio latino che significa frattanto. Dicesi, sostantivando, interim l’incarico provvisorio di reggere alcuni uffici, specialmente trattandosi di alti uffici politici. Dall’uso francese dato ad interim.
Interìno: da interim (V. questa parola) si sono da noi foggiate le seguenti voci interino o interinale, interinato e interinalmente, detto di chi regge provvisoriamente un ufficio, ma più speciale è l’uso trattandosi di medici che reggono una condotta nell’assenza del titolare. Voci riprese dai puristi; accolte dalla Crusca.
Internare: nel senso di chiudere, rinserrare, come ad es. internare uno in un manicomio, è neologismo formato sull’uso del verbo fr. interner = enfermer.
Internazionale (diritto): complesso di consuetudini comunemente osservate dai Governi civili nei reciproci rapporti, sì dei Governi fra di loro come de’ loro sudditi. Tale fu presso i Romani il jus fetiale che stabiliva, certe norme da osservarsi prima di dichiarare la guerra: nella età nostra codesto diritto formò materia degli studi del celebre statista Grozio o Grotius (1583-1645).
internazionale e internazionalismo: termine storico dato alle associazioni dei lavoratori delle varie nazioni con intento socialista rivoluzionario. Inspiratore ne fu Carlo Marx (V. Marxisti) in Londra nel 1864. | Internazionalisti fu il nome che da prima ebbero presso di noi i socialisti: oggi più non si usa in tale senso. | Questa nuova idea dell’internazionale o socialismo che doveva in così breve tempo così potentemente divulgarsi sino a farsi riconoscere come partito giusto e legale, si diffuse in Italia proprio nel tempo in cui la pianta della nazionalità, con tanta cura di serra coltivata, pareva metter radice. Avvenne alle due idee ciò che avviene in natura di due piante vicine: la più rigogliosa visse a scapito della più gracile. | Internazionale si dice come attributo di scuola in cui principale insegnamento è quello delle lingue straniere.
'Inter nos: fra noi, senza che nessuno ci senta, in confidenza','^ a quattr’occhi; latinismo di uso popolare.
Internunzio: si designano con tale nome i ministri del Pontefice di seconda classe che lo rappresentano negli altri Stati e tengono le veci del nunzio (lat. nuntius) ambasciatore.
Interpellanza: nel linguaggio parlamentare è l’atto con cui un deputato domanda ad un ministro, rappresentante il potere esecutivo, risposta o spiegazione su affari che dipendono direttamente dal Governo. L’interpellanza può dar luogo a gravi questioni così che i ministri ne sono avvertiti e d’accordo è stabilito il giorno per isvolgere dette interpellanze, affinchè possa esser data giusta risposta. Per l’etimologia della voce notiamo che interpellanza ci provenne dal francese interpellation, dal latino interpellare = incalzare alcuno con domande, interrompere alcuno con opposizioni. E se gli istituti politici, militari e amministrativi togliemmo di Francia, qual meraviglia che ne abbiamo anche le voci?
Inter pòcula o in pooula: locuzione latina, letteralmente, fra i bicchieri cioè col bicchiere alla mano.
Interpungere: neol. mettere le interpunzioni, o punteggiatura.
Intertrigine: dal latino, inter e tero = sfrego, consumo: eritema intertrigo: infiammazione delle pieghe della pelle, specie in quelle persone grasse che molto sudano e sono poco pulite.
Intervento: il fatto per cui uno Stato interviene diplomaticamente o militarmente nelle faccende interne di un altro Stato. Tale diritto di intervenire nelle cose d’Italia si arrogò l’Austria nella storia del Risorgimento politico della Penisola.
Interview e Interviewer: voci inglesi introdotte nel dizionario francese. V. Intervista.
Intervista e Intervistare: sono due neologismi che hanno preso così profonda radice fra noi da divenire dell’uso comune e quasi naturali nel linguaggio, sì che spesso intervista sostituisce le parole nostre conferenza, abboccamento, colloquio etc. Sono due parole inglesi, ma di origine latina, accolte in francese: interview e interviewer. Nel senso giornalistico — che tale è il suo primo significato — l’intervista è la forma determinata di un dato colloquio a scopo d’informazione publica. Fu una trovata recente di M. Callough, direttore del Globe democrat di Saint-Louis. Al di qua e al di là dell’Atlartico, l’intervista è diventata oramai lo strumento indispensabile della cronaca quotidiana. Normalmente e onestamente ecco come avviene l’intervista: Il giornalista — quantità in se trascurabile — in nome del proprio giornale e dei suoi lettori — quantità e potenza rispettata e temuta anche dai re di corona — forza più o meno la consegna in casa di X***, o realmente celebre, o che ha il suo quarto d’ora di celebrità, certo tale che su di esso è fissa l’attenzione del publico. Il giornalista lo prega di cantare. L’individuo X***, anche se ha deliberato di tacere, canta, il più delle volte mosso da quella mirabile forza che fece aprire il becco al corvo che teneva il formaggio.
O qui tuarum, corve, pennarum est nitor
quantum decoris corpore et vultii geris
si vocem haberes, nulla prior ales foret.
Intimidire: che propriamente significa rendere timido, ha uno speciale senso neologico di minacciare o, con arte di coperta prepotenza, impedire la giusta azione altrui. Derivato: intimidazione: voci che hanno mal senso; comunissimo nel linguaggio dei legali.
Intimo colloquio: locuzione cauta ed arguta, spesso usata per indicare velatamente ciò che non è propriamente un colloquio. Es. la signora venne sorpresa in intimo colloquio col signor...
Intradosso: superficie interna di una volta, arco, ponto, etc. La parola è tecnica ma la provenienza è francese, intrados, opposto di extrados. La voce nostra buona è imbòtte.
Introitare: neologismo formato da intròito (lat. intròitus = ingresso) nel senso di incassare, riscuotere: spiace ai puristi e in verità è voce non di bel suono e non mi pare necessaria.
Intus et in cute: lat., dentro e dentro la pelle, locuzione usata col verbo conoscere, esaminare, per significare che se ne sa o se ne vuol sapere addentro di una persona. Se non erro, mi pare che questo conoscere accenni piuttosto a qualità meno buone e degne. Cfr. Persio, Sat. III, 30.
In utroque iure: cioè nel diritto comune e nel diritto canonico od ecclesiastico. Formula giuridica oggi disusata.
Tibi quoque tibi quoque
è concessa facoltà
di potere in iure utroque
gingillar l’umanità.
Giusti (Gingillino).
Invasatura: term. mar., quella specie di grossa slitta su cui si appoggia e con cui si vara la nave. V. Vasi.
In verità vi dico, etc: dicesi quando si voglia affermare con solennità cosa di cui grande è il convincimento e il bisogno di convincere altrui. È la formula di Cristo negli Evangeli: Amen dico vobis, etc.
Inverso: termine dialettale lombardo (invers) e vale torbido, paturnioso, di mal umore, con la luna.
Investitura: voce milanese usata invece di contratto di locazione o d’affitto, o scritta.
In vino vèritas: lat. la verità si trova nel vino; cioè chi ha bevuto spesso è costretto a manifestare ciò che vuole tenere occulto. Sentenza antichissima e volgare, ricordata da molti autori fra i quali Teocrito, che tolse da Alceo: [testo greco] (Idilli, XXIX, 1), e Plinio (Hist. nat. XIV, 28). E dai Tedeschi fu detto: Si latet in vino veritas, ut proverbia dicunt, invenit verum Teuto, vel inveniet (Sincerus Junior, Medulla facetiarum, Stuttgart 1863, pagina 267).
In vista: dicesi che una persona è in vista quando il suo nomo corro vivo e noto per ora gentium: se a questa rinomanza non corrispondo il reale valore ciò modiocremente importa: basta che il valore attribuito dall’opinione publica possa mutarsi in valore commerciale.
Invìta Minerva: dal noto verso d’Orazio nell’Arte Poetica: v. 385: Tu nihil invita dices faciesve Minerva: a dispetto di Minerva, cioè senza la buona indole, senza le doti naturali, non riuscirai a nulla: Minerva, figlia di Giove, dea della intelligenza e dell’arte.
Invitare: per comandare più o meno gentilmente, è neologismo di cui forse troppo si usa, e specie nel gergo scolastico. Perchè dire: si invitano gli scolari alla lavagna, quando possiamo più brevemente dire: si fanno venire; la invito ad uscire, quando si tratta di un vero ordine? E il verbo esortare? «E infine, poi che amicizia mi protestate, io vi esorto ad abbandonare il presente ufficio di carnefice, non di giudice». P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, libro V. Oggi si sarebbe scritto da scrittore dozzinale, vi invito.
Involuzione: dal lat. in e volvere, volgere in dietro, quasi opposto a volgere in fuori, quindi muoversi rinserrandosi, chiudendosi: questa parola è stata di recente tolta dal linguaggio dell’algebra e trasportata nel linguaggio filosofico e antropologico per indicare un processo naturale, opposto ad evoluzione, cioè progredire, ma non integrandosi e migliorando, ma decadendo e invecchiando. (Cfr. Spencer, Primi Principi).
Involuzione senile: locuz. della scienza medica per indicare quel complesso di modificazioni regressive che subisce l’organismo per effetto della vecchiezza.
Iolla: V. Jolla.
Ioni: termine di fisica. Sono i gruppi atomici carichi di elettricità in cui si scompongono le molecole dei liquidi sottoposti all’azione elettrolitica della corrente elettrica continua fatta passare attraverso ad essi. Ed in particolare, gli ioni che sotto detta azione si sviluppano al polo positivo (anodo) diconsi anioni e quelli che si svolgono al negativo (catodo) diconsi cationi. Nome dato dal Faraday; dal gr. [testo greco], part. di [testo greco] = andare: [testo greco] = in su, [testo greco] =: in giù. Si hanno anche ioni composti, cioè formati da più elementi, p. es. i prodotti della dissociazione elettrolitica dell’acido solforico (H2 SO4) sono costituiti da duo cationi di idrogeno (H2) che vanno al catodo e da un anione (bivalente) SO4, che si porta all’anodo. La carica elettronegativa dell’anione SO4 corrisponde al doppio della carica positiva di 1 catione d’idrogeno. Ogni ione monovalente ha una carica elettrica di 96540 coulomb. Un ione monovalente, dunque, è la quantità di una sostanza qualsiasi che ha una carica elettrica (negativa o positiva, ma libera, cioè non neutralizzata dalla carica opposta) di 96540 coulomb. Gli ioni a più valenze hanno cariche multiple degli ioni monovalenti. Questa quantità costante di energia elettrica costituita a sua volta da elettroni (cioè dalle quantità elementari di energia elettrica di una specie di atomi elettrici liberi e indivisibili) è quella che accompagna la materia neutra e la trasporta al polo positivo o negativo a seconda che forma l’anione o il catione. In un liquido o in una soluzione, la corrente elettrica non passa attraverso se non vi è una dissociazione, anche minima, delle molecole nei corrispondenti ioni. Questi sono i veicoli pel passaggio della corrente attraverso ad un liquido (Molinari).
Io triumphe: esclamazione di gioia e di evviva dei soldati romani, accompagnanti il carro del capitano cui era dal senato decretato il trionfo. Cfr. Orazio, carm. 4, 2, 49; epod. 9, 21 e 23.
Iper: suffisso usato nel linguaggio scientifico e in ispecie in quello dei medici, e serve a formare un numero grande di parole in cui si voglia indicare eccesso, quantità fuor del normale etc. (greca [testo greco]). Es. iperacusia, eccesso anormale della facoltà uditrice per cui il suono dà sensazione dolorosa ovvero anche essendo minimo, è avvertito lo stesso; iperemia, eccesso di flusso sanguigno in un organo in parte di esso; iperestesia, eccesso ed esagerazione dei diversi modi onde si manifesta la sensibilità; ipertrofia, eccesso anormale di nutrizione di un organo etc. ipercritico, che nello studio critico degli autori vuol di troppo approfondire l’esame così che spesso fa dire agli autori cose che mai non si pensarono di dire.
Iperacusia: V. Iper.
Ipercritico: V. Iper.
Iperemia: V. Iper.
Iperestesia: V. Iper.
I placidi tramonti: intendesi, cioè il finire del reggimento monarchico nella terza Italia, non per rivoluzione, ma per forza naturale di evoluzione storica e politica. Frase e concetto di Alberto Mario, republicano federalista.
Ipnotismo: ([testo greco] = sonno), stato psichico particolare, suscettibile di essere prodotto; il quale mette in attività ovvero esalta a diversi gradi la facoltà della suggestione, cioè l’attitudine ad essere dominato da un’idea altrui e ad eseguirla.
Ipodermico: gr. [testo greco] = sotto e [testo greco] = cute. V. Derma.
Ipodermoclisi: (gr. vttó, sotto, [testo greco] bagno, lavo e [testo greco], pelle) immissione sottocutanea di acqua con entro sciolto del sale (cloruro di sodio): uno dei più razionali trovati della terapia moderna, allo scopo di supplire alla mancanza di liquido in speciali casi di grave emorragia, uremia, coma diabetico.
Ipparion: dal gr. [testo greco] = cavallo: genere di mammifero fossile progenitore del cavallo (epoca terziaria).
Ippocampo: hippocampus o cavalluccio marino, singolare pesce del gruppo dei lofobranchi, che si usa disseccare conservando anche in tale stato per la durezza de’ suoi tegumenti, la bizzarra forma di una testa di cavallo da scacchi, finamente lavorata. Animaletti dalla vita vivace e gioconda, specie al tempo de’ loro amori. Fornirono all’arte il motivo del cavallo marino a gran coda di pesce.
Ippogrifo: da [testo greco], cavallo e [testo greco] grifone. Quadrupede fantastico biforme, metà cavallo, metà grifone, usato talvolta negli antichi fregi. Simbolo di Apollo. Nei romanzi cavalleroschi è il cavallo di alcuni eroi. V. Ariosto, Orlando Furioso, IV. 18.
Ipse dixit: egli così disse. V. Iurare in verba magistri.
Ipse sua melior fama: V. Ich bin besser als mein Ruf.
Ipso facto: modo avverbiale latino, nello stesso fatto, subito.
Iradè: voce araba che significa volere, e così si chiamano i decreti ed ordini del gran Sultano.
Ira furor brevis est: (Orazio Epist. I, 2, 63) ira è breve furore (Petrarca, Son. CXCVI, ed. Mestica).
Irascimini et nolite peccare: (Salmo, IV, V. 4) e S. Paolo (lettera agli Efesini, Cap. IV, 26) riportando il motto, v’aggiunge: sol non òccidat super iracundiam vestram, così il senso è manifesto, cioè: adiratevi, ma non al punto da commetter peccato: il sole non tramonti su la vostra ira. Sia dunque ira breve, non tale che degeneri in odio. Spesso udii riportare il motto nel senso di invocazione di quel nobile affetto che è lo sdegno.
Iridescente: neologismo tolto dal francese iridescent. In buon italiano, iridato. Cosa curiosa: il Petrocchi registra l’agg. iridescente omettendo iridato con valore di aggettivo; ma solo nota iridare.
Là nella stoppia dove singhiozzando
va la tacchina con l’altrui covata,
là dagli stagni lustreggianti, quando
lenta vi guazza l’anitra iridata
Ironista: da qualche tempo appare questa parola che è manifesta versione letterale della voce del gergo francese ironiste = gouailleur, moqueur, persifleur, railleur. La nostra parola ironico, fatta sostantivo, risponde all’ironiste francese.
Irredentismo: nome del partito politico che tendeva ad annettere alla patria Italia le Provincie nostre non riscattate (non redente) specie intendendo delle terre soggette all’Austria (Tirolo, Venezia Giulia, ed anche la Dalmazia). Questo partito ebbe una certa vitalità in Italia anni addietro quando era più vigile il senso nazionale per opera specialmente e fede di M. R. Imbriani e di altri amatori della patria.
Irreggimentare: neologismo, che letteralmente vorrebbe dire inscrivere in un reggimento, ed è usato nel senso di disciplinare in compattezza ubbidiente forze sparse e disordinate: usasi talora nel senso di imporre un comando e una disciplina che toglie l’autonomia e la libertà personale.
Irresponsabile: per estensione del noto significato (che non può essere tenuto responsabile), vale anche incosciente. Irresponsabile è pure attributo del potere regio, giacchè secondo la costituzione, responsabili sono i ministri del re, non il re. Ora avviene che talora si dica, potere irresponsabile, fondendo con maligna intenzione i due sensi.
Isabella: detto di un noto colore giallo fulvo, ma chiaro, specie parlando del pelame o mantello de’ cavalli. Il nome, almeno come si legge, provenne da Isabella d’Austria, figlia di Filippo II, re di Spagna e sposa ad Alberto, figlio di Massimiliano II. Avendo seguito il marito nella guerra contro gli Olandesi, giurò di non mutarsi di biancheria sino alla presa di Ostenda. Ma questa città avendo resistito tre anni, costrinse la regina a tenersi indosso per tanto tempo la stessa camicia: la quale, tolta, diè nome al colore che aveva, ricordando ai posteri la pertinacia muliebre e la sudiceria insieme di questa dama. Più probabile leggenda è che si tratta di Isabella di Castiglia, assediata dai Mori, la quale fece cotal voto (e fu dalle sue dame imitata) finchè non fu tolto l’assedio: questo durò nove mesi e le illustri ma sudicie camicie vennero appese con gran pompa come ex voto alla vergine! I dizionari francesi registrano questo vocabolo isabelle e probabilmente noi lo togliemmo dal francese.
Isbà: voce russa, capanna coperta di paglia, casa colonica.
Is fecit....: locuzione latina comune, specie nel linguaggio forense quando si ricerca l’autore di un’azione illecita e vietata, e si sottintende cui prodest: ne fu autore colui al quale la cosa era utile. Criterio psicologicamente acutissimo se non sempre vero nel fatto: leggesi in Seneca, Medea, V, 500.
cui prodest scelus is fecit.
Ismo: noto suffisso di un numero grandissimo di voci astratte in cui si contiene di solito un concetto di assoluto e di eccesso. Buon numero di questi astratti sono, come è di volta in volta notato, di provenienza inglese o francese, nè tutti mi paiono necessari: e per quanto la tendenza ad astrarre sia carattere del tempo nostro, tuttavia molte astrazioni sono arbitrarie o create da velleità di distinguere secondo più sottili distinzioni scientifiche. Questo suffisso in ismo è specialmente malvisto dai puristi.
Isobare: (gr. [testo greco] = uguale e [testo greco] = grave) voce usata dai geografi, ed indica quelle linee le quali si tracciano su le carte e congiungono con le loro curve i paesi nei quali la media barometrica, ridotta al livello del mare, è uguale.
Isolatore: (elettricità) sopporto che serve ad isolare elettricamente dalla terra un conduttore. Si fanno di varie sostanze, come vetro, porcellana, osso, guttaperca, ferro smaltato.
Isotermiche o isoterme: (gr. [testo greco] = uguale e [testo greco] = calore) linee tracciate su le carte geografiche per congiungere e segnare i paesi in cui è uguale la temperatura media annuale pur essendo diversa la latitudine. Isochimène (gr. [testo greco] = inverno) sono le linee che segnano la uguale temperatura media d’inverno nelle varie regioni di varia latitudine.
Israele o La tribù di Israele o semplicemente la tribù: (da Israele, sopra nome di Giacobbe, rimasto ai discendenti) si dice familiarmente con senso di spregio, alludendo agli Ebrei, alla fratellanza che li lega, alla loro preponderanza economica.
Issa! comando marinaresco per levare in alto la bandiera o checchesia. Oh, issa! voce di eccitamento reciproco per unire le forze di molti in un tempo solo. Suole pronunciarsi in cadenza armonica, a battuta musicale. V. Issare.
Issare: voce comune a varie favelle, in spagnuolo izar, in fr. hisser, ed è a quanto pare di origine germanica, hissen conforme, secondo il Kluge, all’alto tedesco hetzen = cacciare, spingere: è parola usata specialmente nel linguaggio marinaresco per indicare il levare, inalberando vele e bandiere.
Istantanea: agg. diventato sostantivo per indicare quella fotografia la quale è fatta istantaneamente, senza posa, di cose e persone in movimento. Il cogliere istantaneo è uno dei diletti signorili del tempo nostro e tutta una industria si è creata e un commercio di macchine acconce a tale scopo. Per estensione, dicesi anche di cose scritte.
Isterìa: per isterismo è voce che taluno usa per ignoranza della parola nostra e ricordo della fr. hystérie o dell’ingl. hysteria o del ted. hystérie. V. Isterismo.
Isterismo: dal gr. [testo greco] = utero, matrice, cioè letteralmente, ultimo organo. Con questo nome è chiamato un complesso di sintomi determinati da un’alterazione di funzione del sistema nervoso, senza che vi corrispondano manifeste lesioni. Tali sintomi riguardano tanto gli organi di senso che di moto e di psiche (anima) e possono consistere tanto in un eccesso come in un difetto di funzione. Con riguardo alla sensibilità generale e ai sensi specifici si può avere iperestesia (aumento di sensibilità) e anestesia (perdita di sensibilità): riguardo agli organi di movimento, si possono avere paresi, contrazioni, convulsioni. Per quanto si riferisce alla psiche, si ha instabilitá di carattere, suggestionabilità, simulazione, ma sopra tutto mancanza di volontà. Il Charcot, famoso medico francese delle malattie nervose (1825, 19) ha chiamato grande e piccolo isterismo — secondo l’intensità dei fenomeni nervosi — un certo complesso di sintomi (sindrome) isterici, specie convulsivi, che si presentano transitoriamente, ad intervalli di tempo non sempre regolari. L’isterismo è più frequente nelle donne che nell’uomo. I medici possono negli individui isterici rintracciare costanti stigmate che sfuggono ai profani. Col nome di isterismo si sogliono chiamare volgarmente quelle disuguaglianze di umore, quelle anomalie, quei pervertimenti talvolta che sono frequenti nelle donne e sembrano inerenti alla loro conformazione fisiologica. Nell’intuito del popolo l’isterismo è infatti mal di donna, mal di madre.
Istero - epilessia: nome comunemente dato dalla scienza medica a quei casi di isterismo convulsivo che Charcot definì grande isterismo (grande hystérie); e trae detto nome origine dalla difficoltà di distinguere se l’origine dello convulsioni sia dovuta all’isterismo ovvero all’epilessia.
Isteron-pròteron: gr. [testo greco] cioè prima quel che è dopo: figura retorica che consiste nel mettere prima il concetto che nell’ordine logico, obbiettivo, cronologico viene dopo. È altresì termine filosofico.
Istologia: (gr. [testo greco] = tessuto e [testo greco] = discorso) parte dell’anatomia (anatomia microscopica) che studia i tessuti onde sono informati gli esseri viventi. Der., istòlogo.
Istruzione publica: ne gettò le basi fondamentali in Italia la legge del 1859, detta legge Casati dal nome del ministro. Legge piemontese applicata a tutta la Penisola! La istruzione publica in Italia si divide in tre rami, al primo de’ quali appartiene l’istruzione superiore od universitaria; al secondo l’istruzione secondaria classica, tecnica e normale o più italianamente, magistrale; al terzo la primaria, più italianamente elementare.
Italianissimo: superlativo, oggi fuor d’uso, e che valse ad indicare i fautori dell’italianità negli anni del Risorgimento politico nostro, quando la causa del diritto italico aveva consenso di affetto e di aspirazione anche fuori della Penisola. Anche il vestire esteriore rendeva segno di questi nobili affetti. Quale cangiamento oggi in così breve tempo! «Oggi noi siamo troppo francesi, troppo inglesi, troppo tedeschi, troppo americani: siamo dottrinari, positivisti, evoluzionisti, eclettici, siamo individualisti, socialisti, autoritari, tutto fuor che italiani». Così il Carducci già dal ’81 Per Alberto Mario; e dal ’81 ad oggi, via, abbiamo progredito, non c’è che dire! Ad ogni modo V. la Prefazione ove su questa materia è alcuna chiosa serena.
Italianità: astratto di italiano, voce neologica usata per indicare il sentimento nobilissimo della coscienza nazionale, ciò che è conforme all’indole italica: così dicesi come si dice grecità, latinità, etc. Es. l’italianità di Trieste.
Ite: suffisso che nel linguaggio medico designa le malattie di carattere infiammatorio. Es. bronchite, polmonite, tonsillite.
Ite ad vendentes: andate dai venditori. (Evangelo di S. Matteo XXV. 9).
Item: avverbio latino (da i-s e il suffisso tem) ugualmente, medesimamente, ed era in uso nelle enumerazioni e negli elenchi.
I tre giorni della Merla: V. Merla.
Itterizia: ([testo greco], giallo) sintomo consistente in una colorazione gialla più o meno intensa della pelle e delle mucose, dovuta all’essersi i tessuti impregnati dai pigmenti biliari, normali o modificati per malattia: talora l’itterizia può essere cosa grave perchè indizio di malattie del fegato.
Iurare in verba magistri: giurare nelle parole del maestro (Orazio, Epist. I, 1,14; Seneca, Epist. 12. 9) locuzione che ricorda l’ipse dixit [testo greco], Magister dixit, degli antichi scolastici i quali si riferivano specialmente all’autorità indiscussa di Aristotele «il maestro di color che sanno!». Oh, felici intelligenze di un tempo che per due milioni riposarono sotto la guida di Aristotele, unico e immobile! Oggi dicesi jurare in verba magistri di coloro che affermano non per propria esperienza e coscienza ma secondo l’idea dominante l’idea altrui. L’aristotelismo è spento, le teorie filosofiche si succedono, ma il iurare in verba magistri rimarrà eterno come l’umana immutabile natura.
Iuta: V. Juta.
I ’vo gridando: pace, pace, pace: così chiude il Petrarca la gran canzone oratoria e profetica Ai Grandi d’Italia. Il quale verso diventò motto e sentenza.