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lore attribuito dall’opinione publica possa mutarsi in valore commerciale.
Invìta Minerva: dal noto verso d’Orazio nell’Arte Poetica: v. 385: Tu nihil invita dices faciesve Minerva: a dispetto di Minerva, cioè senza la buona indole, senza le doti naturali, non riuscirai a nulla: Minerva, figlia di Giove, dea della intelligenza e dell’arte.
Invitare: per comandare più o meno gentilmente, è neologismo di cui forse troppo si usa, e specie nel gergo scolastico. Perchè dire: si invitano gli scolari alla lavagna, quando possiamo più brevemente dire: si fanno venire; la invito ad uscire, quando si tratta di un vero ordine? E il verbo esortare? «E infine, poi che amicizia mi protestate, io vi esorto ad abbandonare il presente ufficio di carnefice, non di giudice». P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, libro V. Oggi si sarebbe scritto da scrittore dozzinale, vi invito.
Involuzione: dal lat. in e volvere, volgere in dietro, quasi opposto a volgere in fuori, quindi muoversi rinserrandosi, chiudendosi: questa parola è stata di recente tolta dal linguaggio dell’algebra e trasportata nel linguaggio filosofico e antropologico per indicare un processo naturale, opposto ad evoluzione, cioè progredire, ma non integrandosi e migliorando, ma decadendo e invecchiando. (Cfr. Spencer, Primi Principi).
Involuzione senile: locuz. della scienza medica per indicare quel complesso di modificazioni regressive che subisce l’organismo per effetto della vecchiezza.
Iolla: V. Jolla.
Ioni: termine di fisica. Sono i gruppi atomici carichi di elettricità in cui si scompongono le molecole dei liquidi sottoposti all’azione elettrolitica della corrente elettrica continua fatta passare attraverso ad essi. Ed in particolare, gli ioni che sotto detta azione si sviluppano al polo positivo (anodo) diconsi anioni e quelli che si svolgono al negativo (catodo) diconsi cationi. Nome dato dal Faraday; dal gr. [testo greco], part. di [testo greco] = andare: [testo greco] = in su, [testo greco] =: in giù. Si hanno anche ioni composti, cioè formati da più elementi, p. es. i prodotti della dissociazione elettrolitica dell’acido solforico (H2 SO4) sono costituiti da duo cationi di idrogeno (H2) che vanno al catodo e da un anione (bivalente) SO4, che si porta all’anodo. La carica elettronegativa dell’anione SO4 corrisponde al doppio della carica positiva di 1 catione d’idrogeno. Ogni ione monovalente ha una carica elettrica di 96540 coulomb. Un ione monovalente, dunque, è la quantità di una sostanza qualsiasi che ha una carica elettrica (negativa o positiva, ma libera, cioè non neutralizzata dalla carica opposta) di 96540 coulomb. Gli ioni a più valenze hanno cariche multiple degli ioni monovalenti. Questa quantità costante di energia elettrica costituita a sua volta da elettroni (cioè dalle quantità elementari di energia elettrica di una specie di atomi elettrici liberi e indivisibili) è quella che accompagna la materia neutra e la trasporta al polo positivo o negativo a seconda che forma l’anione o il catione. In un liquido o in una soluzione, la corrente elettrica non passa attraverso se non vi è una dissociazione, anche minima, delle molecole nei corrispondenti ioni. Questi sono i veicoli pel passaggio della corrente attraverso ad un liquido (Molinari).
Io triumphe: esclamazione di gioia e di evviva dei soldati romani, accompagnanti il carro del capitano cui era dal senato decretato il trionfo. Cfr. Orazio, carm. 4, 2, 49; epod. 9, 21 e 23.
Iper: suffisso usato nel linguaggio scientifico e in ispecie in quello dei medici, e serve a formare un numero grande di parole in cui si voglia indicare eccesso, quantità fuor del normale etc. (greca [testo greco]). Es. iperacusia, eccesso anormale della facoltà uditrice per cui il suono dà sensazione dolorosa ovvero anche essendo minimo, è avvertito lo stesso; iperemia, eccesso di flusso sanguigno in un organo in parte di esso; iperestesia, eccesso ed esagerazione dei diversi modi onde si manifesta la sensibilità; ipertrofia, eccesso anormale di nutrizione di un organo etc. ipercritico, che nello studio critico degli autori vuol di troppo approfondire l’esame così che spesso fa dire agli autori cose che mai non si pensarono di dire.