Pensaci, Giacomino! (Commedia)/Atto Primo
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ATTO PRIMO.
Il corridoio d’un Ginnasio di provincia. Nella parete di fondo s’aprono a ugual distanza l’uno dall’altro varii usci con tabelle in cima: Classe II — Classe III — Classe IV. — Davanti a questa parete corrono gli archi d’un loggiato, propriamente tre archi sostenuti da due colonne, che limitano il corridoio in fondo. A destra e a sinistra due pareti laterali. Nel mezzo a quella di destra un uscio con la tabella: Gabinetto di Storia Naturale. — In quella di sinistra, a riscontro, un altro uscio con la tabella: Direzione. — Allo spigolo di questa parete, la campana della scuola, con la catenella pendente. Nella parete di destra, presso l’uscio del Gabinetto di Storia Naturale, un tavolino e una sedia per il bidello. — Destra e sinistra dell’attore.
Direttore.
Perdio, ma dove siamo?
Corre ad aprire l’uscio del Gabinetto di Storia Naturale, e subito ogni rumore cessa.-
Allora, gridando dalla soglia, rivolto verso l’interno:Professor Toti, ma, le par questo il modo di tener la disciplina? È uno scandalo, perdio!
Fingendo di rivolgersi prima a uno, poi a un altro alunno.
Che fa lei lì vicino alla finestra? — E lei, costà, fuori del banco? — Dico a voi! dico a voi! — Via tutt’e due! Raccogliete i vostri libri, e via! Fuori della classe! — Professor Toti, prenda i nomi di codesti due alunni!
I due alunni, rossi, mortificati, coi libri sotto il braccio e il cappello in mano, vengono fuori dell'uscio.
Vi faccio veder io come si sta in classe! Vergogna! Voi siete esclusi per tre giorni! E saranno avvertiti a casa i vostri genitori! Via!
I due alunni, via, voltando per il corridoio, verso destra.
Professore, la prego, venga fuori un momento! Come? Che cos’è? Ce n’è un altro? che vuol dire? chi è codesto giovine?
Con uno scatto di viva meraviglia e d’ira insieme:
Uhhh! Lo tenga, lo tenga, perdio! Se lo fa scappare dalla finestra?
Cinquemani, correte di là
subito alla Palestra ginnastica: è scappato un alunno!
Toti
venendo fuori dal Gabinetto.
Ma le posso giurare signor Direttore, che quel giovine non è della classe.
Direttore.
Come non è? E chi è allora? Come si trovava dunque alla sua lezione?
Dalla soglia, agli alunni:
Silenzio! Nessuno s’arrischi a fiatare!
Al professor Toti:
Mi spieghi! Che vuol dire?
Toti.
E che vuole che le dica, signor Direttore? Non saprei propriamente com’è stato... Mi trovavo con la faccia al muro... cioè, cioè, alla lavagna propriamente, ecco. Lei può vederlo di qua: stavo scrivendo — famiglie, specie e sottospecie di scimmie...
Gli alunni, dall’interno, ridono, e allora lui, in un comico scatto di furore, dalla soglia:
Fate silenzio! fate silenzio, maleducati, almeno quando parlo col signor Direttore!
Direttore
urtato.
Ma mi faccia il piacere! Mi dica come, donde era entrato nella sua classe quel giovine?
Toti.
Forse dalla finestra, signor Direttore. Com’è uscito, era entrato.
Direttore
Silenzio! Vi caccio vìa tutti per quindici giorni!.
Al professor Toti
Ah, lei si fa dunque entrare la gente dalla finestra, mentre fa lezione?
TOTI.
Cioè, cioè.... no, mettiamo le cose a posto, signor Direttore. La finestra, lei la vede, è bassa.
Direttore.
E che per questo?
Toti.
Ma signor Direttore, se la pigli col portinaio che dorme davanti al portone e fa entrare la gente nella Palestra ginnastica. Alzando un piede, facendo così.... si entra in classe.
Direttore.
E lei? Ma come? E che ci sta a fare lei sulla cattedra?
Toti.
Santa pazienza, ero voltato, le dico, con la faccia al muro, cioè, alla lavagna.... Ma non se ne curi, signor Direttore, perchè le posso assicurare che era un giovinotto amante degli animali: zoofilo, zoofilo: stava attentissimo! Tanto che neppure me n’ero accorto...
Direttore.
Ho capito, ho capito! Adesso parleremo, professore.
Cinquemani
ritornando sbuffante.
Niente, signor cavaliere! Come il vento! Non s’è visto per dove è sparito....
Direttore.
guardando l’orologio.
Va bene. — È l’ora. — Sonate la campana, Cinquemani!
Toti.
Parola d’onore, signor Direttore, posso assicurarle....
Direttore.
interrompendolo.
Le dico che adesso parleremo, professore. Lasci
andar via gli alunni.Cinquemani suona a lungo la campana. S’aprono gli usci delle classi e ne escono schiamazzando in gran confusione gli scolari. Alcuni, vedendo il Direttore, subito si ricompongono e si levano il cappello. Anche dall’uscio del Gabinetto di Storia Naturale escono gli alunni, composti, in silenzio. Il professor Toti ogni tanto non può tenersi di salutarne qualcuno con la mano o di fare un cenno a qualche altro, subito represso da uno sguardo severo del Direttore. In breve il corridoio è vuoto. Cinquemani, durante la scena seguente fra il Direttore e il professor Toti, si leva il berretto e si lega attorno alla fronte, come un fratellone, un gran fazzoletto a fiorami, si leva i mezzi-guanti, poi lo scialle e la giacca e indossa un lungo camice tratto dal cassetto del tavolino. Intanto sopravvengono la moglie Marianna e la figlia Lillina con scope e altri attrezzi per far la pulizia delle classi.
Direttore.
Abbia pazienza, professore, ma le pare che si possa seguitare così? ch’io debba sacrificarmi, con tutto 11 da fare che ho, ad assistere ogni volta alle sue lezioni, perchè lei non sa tenere la disciplina?
Toti.
Veramente, ecco....
Direttore.
aspro.
Mi lasci parlare. È proprio così come le sto dicendo, se per una volta che non posso, ecco qua, lei per poco non mi manda sottosopra tutto il ginnasio col baccano della sua classe.
Toti.
Voglio che lei mi creda, signor Direttore: la vivacità è, la vivacità con cui faccio lezione. Sto parlando delle scimmie, e....
Direttore.
Ma che scimmie e scimmie! Mi faccia il piacere!
Cinquemani.
Che scimmie e scimmie!
Toti.
Voi, caro Cinquemani, silenzio, prego! Sto parlando col Direttore. Fanciulli sono, signor Direttore. Sentono nominare la coda prènsile.... sentono dire che hanno quattro mani.... pensano che giusto qua abbiamo un bidello che ne ha cinque. Fanciulli sono, lei lo capisce: si mettono a ridere!
Direttore.
Ma non dica così, professore! Lei m’indispone!
Toti.
Cinquemani.
Ma come non dovrebbe indisporsi, scusi, questo galantuomo?
Toti.
Che v’indisponete anche voi, niente niente, Cinquemani?
Cinquemani.
Ma sicuro che m’indispongo, professore! M’indispongo anch’io!
Direttore.
Basta, basta: voi non v’immischiate, Gnquemani!
Cinquemani.
Mi scusi, se mi sono intromesso, signor Direttore; ma proprio, creda, mi è venuto di qua,...
Indicando la bocca dello stomaco.
Ho anch’io, scusi, la testa.... così, per tutto questo baccano.... E lei, scusi, professore, ma dovrebbe pensare al rispetto, non dico della scuola, ma del paese di fronte a un Direttore forestiere!
Direttore.
Basta, v’ho detto, Cinquemani! State al vostro posto, voi!
Toti.
Ma si, ma basta, che diavolo! Non ne vale proprio la pena.
Direttore.
Ah, no! questo no, perdio! Come non ne vale la pena? Si tratta della disciplina, si tratta della dignità della scuola!
Cinquemani.
E del paese 1
Direttore.
Insomma, la finite, voi?
Toti.
giungendo le mani e agitandole.
Cinquemani.... Cinquemani....
Direttore.
Non lo capisce lei, professore, che è uno scandalo? una vergogna? Quando lei, scusi, in quarta, parla di mineralogia, hanno quattro mani o la coda PKKSVCT, GIACO sn SOI
prènsile le pietre, che gli alunni ridono e schiamazzano lo stesso? Arrivano anche a fischiare, perdio!
Toti.
con risoluzione.
Signor Direttore, vogliamo parlare sul serio?
Direttore.
trasecolando.
Come sul serio? Ah le pare che io le stia parlando per ischerzo?
Toti.
No, dico.... sul serio, ecco.... per la cosa in sé, signor Direttore: se voghamo venire al punto della questione, al punto vero, ecco, volevo dire. L’orario, signor Direttore! Mi arrivano stanchi questf ragazzi all’ultima ora! Dalle otto e mezzo fermi — braccia conserte — all’ultima ora, che ne vuole più? Io sono vecchio — lei, tanto tanto non scherza — non parhamo di Cinquemani — a una certa età, non sappiamo più compatire questi ragazzini a cui il sangue bolle nelle vene, mi spiego? Ragazzini sono, santo Dio, ragazzini, cavahere mio! Io h guardo serio, non creda: così! Ma le giuro che quando me U vedo davanti con certe facce da santi anacoreti, mentre sotto sotto son sicuro che me stanno combinando qualcuna.... certe trovate, creda, così carine! farmi.... farmi camminare la cattedra, per esempio, mentre ci sto appoggiato con le braccia....
Sbotta a ridere, cerca di frenarsi sotto gli occhi indignati del Direttore; non ci riesce, pur cercando di ricomporsi con buffi sforzi.
Direttore.
Eh, sfido! Se lei ci sciala cosi!
Toti.
Nossignore! glielo giuro! Serio li guardo!
Direttore.
Ma che serio, mi faccia il piacere! Io non so! come se non mancassero di rispetto a lei! Come se non mettessero lei in berlina!
Toti.
con bonarietà.
E va bene.... e va bene.... Perchè mi considerano professore! Il professore mettono in berlina.... Ma io sono un povero vecchio che considera loro come fanciulli. Fingo di mettere zero in condotta. Scherzo io, scherzano loro.... Che berhna!
Direttore.
severo.
Scusi, professore, quanti anni ha d’insegnamento?
Toti.
Perchè!
Direttore.
Mi risponda, la prego.
Toti.
E non lo sa? Trentaquattro.
Direttore.
Toti.
Scusi, perchè codeste domande?
Direttore.
Mi risponda. Non ha famiglla, è vero?
Toti.
Solo. Che famiglia! Io, famiglia? Solo come mi vede — come un cane, signor Direttore. Io e mia moglie, quando c’è il sole.
Direttore.
Come sarebbe?
Toti.
Eh, la mia ombra, signor Direttore. A casa mia il sole non c’è e non ho con me neanche la mia ombra.... Solo! Solo!... E ben per questo....
Direttore.
Quanti anni ha?
Toti.
Trentaquattro.
Direttore.
No.... Dico, d’età? Sessantadue.... sessantatrè?
Toti.
Faccia lei....
Direttore.
Facciamo sessantacinque? Senza famiglia — trentaquattro anni d’insegnamento.... scusi, che va cercando? a prova gusto a insegnare ancora?
Toti.
Io, gusto? Me li sento pesare qua sul petto come trentaquattro montagne!
Direttore.
E allora perchè non si ritira, scusi? Ha quasi il massimo della pensione! Si ritiri!
Toti.
Mi ritiro? Io? Lei scherza! Ah, dopo trentaquattro anni che porto la croce, il Governo mi paga per altri cinque o sei anni — e voglio mettere sette, e voglio mettere otto — quattro soldi di pensione e poi basta?
Direttore.
Scusi, e che vorrebbe di più? Ritirato, in ozio, in santa pace....
Toti.
Già, bello! A sbattermi la testa al muro! Le dico che sono solo come un cane!
Direttore.
E che colpa ci ha il Governo, scusi, se lei non ha pensato a tempo a metter famigha?
Toti.
Ah, dovevo metter famigha a tempo, con lo stipendio che m’ha dato, per morire di fame io, mia moglie e cinque, sei, otto, dieci figliuoli.... chi avrebbe potuto contarli? quando uno ci si mette!... Pazzie, cavaliere mio! E io ringrazio Dio che volle guardarmi sempre dal farlo! Ma ora, sa? ora la piglio.
Direttore.
Che? Prende moglie adesso?
Toti.
Sissignore! Ah!, il Governo con me non se la passa liscia! Lo piglio in punto: calcolo quanto pare a me, che mi restino ancora cinque o sei anni di vita, e piglio moglie, sissignore! per obbligarlo a pagarle la pensione, anche a lei! Ah, si figura che deve finir così?
Direttore.
Bellissimo! bellissimo! Vuol prendere moglie sul serio alla sua età?
Toti.
Moghlie? Che moglie! Opera di carità! Che c’entrano gli anni, scusi? Lei, allora, come tutti gli altri? Vede la professione e non vede l’uomo? Sente dire che voglio prender moglie — s’immagina una moglie — e me, marito — e si mette a ridere. Oppure s’arrabbia, come quando crede che i ragazzi diano la baja a me, mentre la danno al professore. Che c’entra? Altro è la professione: altro è l’uomo. Fuori, i ragazzi mi rispettano, mi baciano la mano. Qua fanno la professione di scolari e per forza devono dare la baja a chi fa quella del maestro e la fa come me, santo Dio, da povero vecchio stanco e seccato! — Io mi prendo una povera giovine, timorata, di buona famiglia, senza beni di fortuna — e sissignore, dovrà figurare come moglie davanti la legge, perchè il Governo, se no, non le paga la pensione. Ma che moglle! all’età mia? Roba da ridere! — Marito? Professione! apparenza! In realtà, niente, sono e resto un pover’uomo, un povero vecchio che avrà per due 0 tre anni, forse meno, la compagnia d’una persona grata del bene che le faccio, alle spalle del Governo — e basta cosi!
Direttore.
Ma sa che lei è un bel tipo, professore? Mi congratulo.... Uomo di spìrito....
Toti.
Già, perchè lei, ora, si sta figurando di vedermi..,.
Fa con le mani un gesto ampio di corna sulla testa.
Direttore.
No, che! Dio me ne guardi!
Toti.
Oh, sono nel conto, sa? Stabillte in precedenza! Ma non per me: se ne andranno in testa alla mia professione di marito, che non mi riguarda, se non per l’apparenza. Io anzi cercherò che il marito — come marito — le abbia. Eh sì! Altrimenti, io, pover’uomo, povero veccliio come potrei aver bene? Ma die corna, scusi, se marito non sono, non voglio, né posso essere? Opera di carità, lo faccio! E se tutti gl’imbecilli di questo paese ne vogliono ridere, ne ridano pure: non me n’importa proprio niente!
Direttore.
Giustissimo! è naturale! Dato il principio.... E così, li mangeremo presto codesti confetti, eh?
Toti.
Non manca per me. Cerco. Appena trovo.... Ma già l’ho sott’occhio....
Direttore.
Le faccio fin d’adesso le mie congratulazioni. Spero che m’inviterà alle nozze?
Toti.
Padronissimo, come no? Il primo, si figuri!
Direttore.
Grazie, grazie. — Cinquemani, il cappello e il bastone.
Cinquemani entra nella Direzione.
Si stia bene, professore.
Toti.
La riverisco, signor Direttore. Non è più in collera con me, è vero?
Direttore.
Eh, guardi: come uomo, no; ma se devo fare — come lei dice — la professione del Direttore....
Toti.
Bene, bene: mi rimproveri, è giusto, come Direttore! Purchè poi, come uomo, mi stringa la mano....
Direttore.
Toti.
Dato il principio....
S’avvia per rientrare nel Gabinetto; scorge davanti alla porta Lillina e torna, piano, verso il Direttore.
E sa! Ragazzina la piglio — di sedici anni — per obbligare il Governo a pagarle la pensione per almeno altri cinquant’anni dopo la mia morte. Non se la passa liscia con me, il Governo, glie lo giuro i
Rientra nel Gabinetto di Storia Naturale.
Cinquemani.
col cappello e il bastone del Direttore in una mano e nell’altra una spazzola.
Permette, signor Direttore?
Si mette a spazzolarlo.
Che tipo.... Capace di farlo, sa? Capace! Non glie n’importa nulla di ciò che la gente può dire di lui. E stato sempre così....
Direttore.
Sì, è proprio un bel tipo!
Cinquemani.
Può star sicuro che prende moglie. L’ha detto? la prende.
Direttore.
E vedremo anche questa! Addio, Cinquemani.
Cinquemani.
Servo, signor cavaliere!
Appena andato via il Direttore, rivolgendosi alla moglie e alla figlia che sono state in attesa.
Marianna.
Eh già, infatti, ha mancato per noi? Tre ore che sto qui, con tutto il da fare che ho su: a sentir certe sudicerie....
Cinquemani.
Sssss, sta’ zitta!
Indica l’uscio del Gabinetto di Storia Naturale, ov’è entrato il professor Toti.
Marianna.
Non me n’importa! devo dirlo! Gli sta bene, se lo sente! Ho i capelli bianchi, e pure m’ha fatto arrossire!
Cinquemani.
Eh via, smettila! Maledetta linguaccia delle donne! Va’ in terza subito, non perdiamo tempo! Tu, Lilllna, in quarta!
Lillina.
Ci vada lei, in quarta, papà! Puhrò qua, io, al solito I
Indica il Gabinetto di Storia Naturale.
Cinquemani.
severo. Obbedienza, santo Dio! Ordine! Obbedienza! Qua comando io! Su in casa comanda tua madre. Qua in iscuola, comando io!
Marianna.
affacciandosi dall’uscio della terza con la scopa in mano.
Il vice-direttore, già! In terza, in quarta, in quinta! Ma come non t’accorgi che fai ridere alle tue spalle per codeste arie che ti dai?
Contraffacendo il marito con la spazzola in mano.
“Permettete, signor Direttore?„ Come se spazzolando il Direttore, con la polvere che gliene viene addosso, il direttore diventasse lui!
Cinquemani.
sentendo ridere Lillina.
Ah, tu ci ridi? Vuoi vedere che vi prendo a scopate tutt’e due?
Rivolto alla moglie che è rientrata in classe.
Chiudi codesta porta, mentre spazzi, arruffona, e apri la finestra, se no tutta la polvere si butta qua nel corridoio e tocca mangiarmela a me!
Alla figlia. Subito in quarta, vossignoria!
Lillina.
In quarta, no, mi sento soffocare! Ci vada lei, mi faccia il piacere! Io farò qua il Gabinetto, com’ho fatto sempre.
Cinquemani.
Ma non vedi che c’è ancora dentro il professore?
Lillina.
E lei glielo dica, che esca! Che sta a farci ancora? Possiamo aspettar lui?
Cinquemani.
E quest’è giusto!
Venendo innanzi alla porta del Gabinetto.
Professore! E che fa lei, scusi, ancora lì? Se ne vada, santo Dio, che dobbiamo far la pulizia!... Non basta il tempo che ci lia fatto perdere? — Che dice?... A me? Perchè? — E che vuole? Vuol parlare con me?... Ma non mi faccia perdere altro tempo!... Clie mi vuol dire? Che?
Entra nel Gabinetto. Lillina, impaziente, sbuffa; fa gesti di rabbia; guarda l’orologino, e di nuovo fa cenni d’impazienza e smania, come se avesse una gran fretta d’entrare nel Gabinetto di Storia Naturale, poi s’afferra il labbro con due dita e resta a tentennare il capo, a battere un piede, con gli occhi pieni d’angosciosa tristezza.
Marianna.
aprendo l’uscio della III classe e uscendone tutta impolverata, con la scopa e gli altri oggetti di pulizia.
Auf! e qua è fatto!
Scorgendo la figlia.
Oh, e tu che stai a far lì?
Lillina.
Aspetto che esca il professore.
Marianna.
Sta ancora lì? E che sta a fare? Dov’è tuo padre?
Lillina.
Sta a parlare con lui.
Marianna.
Con lui? E perchè? Che discorsi può aver tuo padre col professore?
Lillina.
E che vuole che ne sappia io? Papà gli ha detto d’uscire, e lui se l’è chiamato dentro per parlargh....
Marianna.
Ah si? E tu stai a sentire ciò che gli dice?
Lillina.
Io? Che vuole che m’interessi di sentire i discorsi che fanno tra loro? Sto aspettando i loro comodi....
Marianna.
Eh già! Tu aspetti; lui parla; e lavoro io sola!
Lillina.
Vuol lamentarsi senza ragione! Lei sempre due classi ha da pulire. Se le faccia e torni su! Al resto penseremo noialtri.
Marianna.
Mi piace codesto discorso! Pulisco e me ne torno su! E tu rimani qua, sola, ogni giorno, tre ore, a dondolartela.
Lillina.
Già, tra le panche! Ma che dice?
Marianna.
Lo so io quel che dico? Perchè ogni giorno mi resti attaccata qua, come se ci fosse il vischio o la colla?
Lillina.
Ma perchè mi diverto! Sono in mezzo a un festino! Questo servizio è cosi pulito....
Marianna.
Il fatto è che ti chiamo e non rispondi! Il fatto è che, con una scusa o con un’altra, o te ne vieni giù più tardi, dopo di me, o perdi qua tempo apposta, ora per l’inchiostro da rifornire alle panche, ora perchè hai da cercare il gesso per le lavagne — tre ore, tre ore, ogni giorno!
Lillina.
Ma se è il tempo che ci vuole! Perchè mi vuole rimbrottare a torto? Se la vuol prendere per forza con me? Con la scusa che è slato qua tutta la mattinata, papà se ne va a fare il professore alla bettola, e tocca a me ogni giorno di ripulir tre classi, la Direzione, il Gabinetto di Storia naturale e tutto il corridojo. E questo poi è il rinjjraziamento! Via, se ne vada a far l’altra classe e non mi faccia parlare, per carità, che lo so io, dopo, come mi sento!
Marianna.
cantarellando.
Non c’è verso in questa casa.... non c’è verso.... Andiamo, andiamo.... Poi viene il Direttore e si lamenta che trova tutto sporco.... Me ne vado in quinta. Come finisco, me ne torno su. E bada di non farti aspettare, ragazzina!
S’avvia per il corridojo e scompare a sinistra.
Lillina.
Va bene, va bene....
Sempre più impaziente, riguarda l’orologio; torna a sbuffare, allungando lo sguardo verso la porta del Gabinetto.
Ma che diavolo fanno?
Cinquemani esce dal Gabinetto come stordito, col viso composto a un’aria caratteristica di stupore e di gioia, come per uno straordinario discorso che gli abbia tenuto il professor Toti, e neanche s’accorge della figlia.
Papà! E che? Non esce il professore?
Cinquemani.
Ah, no.... Ma non fa niente....
Sorride e con una mano la carezza sotto il mento.
Lillina.
Che vuol dire, non fa niente? Non devo entrare là dentro?
Cinquemani.
Lillina.
Ma che significa? Perchè non se ne va il professore?
Cinquemani.
Perchè? Perchè ha da parlare con te....
Lillina.
Con me?
Cinquemani.
carezzevole.
Con te.... con te, birichina....
Lillina.
sospesa, con angoscia, non sapendo ancora se debba rallegrarsi.
Che forse.... le ha detto per me.... qualche cosa?
Cinquemani.
Sissignora.... sissignora.... mi ha detto qualche cosa per te....
Lillina.
Ah.... e.... e lei, papà?
Cinquemani.
subito, costernato.
Dov’è tua madre?
Lillina.
È passata in quinta. Ma mi dica.... Lei.... lei è contento, papà?
Cinquemani.
Figliuola mia, lo posso esser contento, se sei contenta tu. Non ho te sola?
Lillina.
Cinquemani.
Ah sì! E non c’è anche tua madre, Dio ne scampi? Le cose s’han da fare con verso, figliuola mia.... Ordine, obbedienza: tu lo sai.... Va’, va’ per ora a parlare col professore, senti ciò che t’ha da dire.... È anzianotto, ma.... un professore.... uomo di giudizio.... pare un po’ strano, ma.... buono, buono....
Lillina.
Eh lo so, tanto buono, sì.... tanto! E lo sapevo io, papà, lo sapevo, che doveva parlarle per mei
Cinquemani.
Ah, te n’aveva già prevenuto?
Lillina.
No, ma sapevo ch’egli le doveva dire qualche cosa per me!
Cinquemani.
E allora, figlia....
Il professor Toti si mostra su la soglia del Gabinetto col cappello in capo.
Eccolo qua....
Prende l’anaffiatojo, la scopa, ecc., e via per il corridojo, fingendo d’attendere alla pulizia.
Lillina.
esultante, commossa.
Ah, professore.... la ringrazio tanto.... tanto, professore, del bene che mi ha fatto! Non può credere, quanto gliene sia grata! Che peso, che macigno m’ha levato dal petto! Come son contenta, felice! Mi metterei a saltare qua come una ragazzina!
Toti.
con le lagrime in pelle.
Lillina.
No, più! più che padre! Un padre fa bene ai suoi figliuoli, ma li ha fatti lui: è suo dovere. Lei è più che padre!
Toti.
Va bene, si: ma tu come padre, solo come padre m’hai da considerare! Non voglio che mi consideri altrimenti, perchè — se avessi, dico poco, vent’anni di meno! — ma non posso e non voglio essere altro che padre per te, figliuola mia bella!
Lillina.
Padre, padre, si! Lei sarà il nostro vero padre, ecco! È cosi solo lei, poverino! ha bisogno di chi Tassista, di chi lo curi.... Ci sono io! E lei sarà, non solo il padre, ma anche il padrone della mia casa! E così io le potrò dimostrare tutta, tutta la gratitudine per il bene che m’ha fattoi
Toti.
Ma che dici "bene„ figliuola mia? Se tu sei contenta, se tu veramente mi vuoi trattare così, parU di "bene,,, tu? E che è, che diventa questo piccolo bene che ti faccio io, di fronte a quello che mi farai tu? Non perchè io vogha niente da te, ma perchè mi basta — per questi ultimi anni di vita che mi restano — sentirmi un po’ d’aUto attorno, te che ridi.... te che sei contenta....
Lillina.
Io sola? Siamo in due, siamo in due, professore, contenti e felici!
Toti.
Siamo in due, io e tu, sì!
Lillina.
E Giacomino, professore? e Giacomino che sarà più contento di me e di lei?
Toti.
restando.
Giacomino? Come, Giacomino?Lillina.
Ah, come? vuole che non sia contento Giacomino? Più di tutti, professore! Non è stato lui che è venuto a parlarle? che è venuto a pregarla di dire una paroUna per me a mio padre?
Toti.
Giacomino? No, figliuola.... Tu sbagli!
Lillina.
Come, sbaglio? Che vuol dire?
Toti.
quasi vacillando, facendo sforzi per rimettersi dal colpo ricevuto.
Niente, figliuola....
Si prende la testa tra le mani. Aspetta.... aspetta....
Lillina.
Che è? che ha avuto?
Toti.
Una legnata in testa.... Niente.... Aspetta.... Padre, io, è vero? T’ho detto, che volevo esser considerato da te soltanto come padre, è vero?
Lillina.
SI.... E come?... Ma mi dica che sbaglio ci può essere?
Toti.
Aspetta.... dunque, padre....
Forte, a sé stesso, con rabbia, come per costringersi a tenersi fermo.
Padre, padre, padre.... Non perdiamo la testa, Agostino!
Squassando il capo come a significare che s’ è liberato del primo sentimento.
Basta, è passato! Sono qua, figliuola.... Sappiamoci intendere: — Chi è codesto Giacomino clie è venuto a parlarmi? Da me non è venuto nessuno.
Lillina.
Come! E allora? Tutta la mia gioia? Professore, ma allora che cosa ha detto lei a mio padre per me?
Toti.
Gli ho detto.... quello che ho detto a te, figliuola: che sono un povero vecchio che non posso e non vogUo pretendere niente, ma che potrei levarti da codesto stato, prenderti con me come figha, e basta.
Lillina.
Me sola?
TOTJ.
Come sola! Vorresti che mi pigliassi pure, insieme con te, codesto Giacomino che tu dici? Capirai che, per gli occhi del mondo....
Lillina.
Ma se è come fighuola, professore?
Toti.
Come figliuola, certo! Tra me e te. Ma per darti una posizione, tu lo capisci, non posso dirti: vientene con me, così.... Uno stato bisogna che te lo dia...
Lillina.
E non c’è Giacomino?
Toti.
Ci sarà Giacomino, non dico di no! ma lo stato, in faccia alla legge, non potrà dartelo lui; te lo devo dar io!
Lillina.
Professore, io non capisco più niente, allora.... Ma come? Scusi.... Che c’entra tutto questo discorso? Mio padre m’ha detto ch’era contento, se ero contenta io; per quello che lei gli aveva detto
per me....Toti.
SI, cara. Ma codesto Giacomino, figliuola, sta a venir fuori adesso! Io non ne so nulla; non l’ho mai visto, mai sentito nominare....
Lillina.
Come, professore? Giacomo Delisi!
Toti.
Ah, Giacomino Delisi?... Oh, guarda.... guarda.... guarda.... Bravo giovanotto.... si, si, lo conosco. Fu scolaro mio.
Lillina.
Ed è da allora....
Toti.
Che fate all’amore? Un bel pezzo!
Lillina.
Si! e m’ha detto tante volte, che lei gli vuol bene!
Toti.
T’ha detto anche questo?
Lillina.
Sì! E perciò m’ero immaginata che lei avesse parlato a papà per me.... per me e per lui.... Oh povera me! che allegrezza in sogno! E come faccio ora? come faccio, professore? E allora niente? Sono allo stesso punto di prima? E io che non posso più aspettare.... che non posso più aspettare, professore!
Si nasconde la faccia.
Toti.
stupito, turbato. Perchè?... Come?... Che?... Ah sì?... Eh....
Lillina.
Si nasconde la faccia.
Sono perduta.... sono perduta.... non posso più
aspettare.... M’ajuti, professore, m’ajutilToti.
E che ajuto posso darti io, povera figliuola?
Lillina.
Parli lei a mio padre; glielo dica.... che conosce Giacomino; che sa che è un buon giovine; che lei farà di tutto per trovargli un posticino, tanto da potermi mantenere.... e alla fine gU faccia comprendere che io non posso più aspettare.... Per carità, professore, per carità!
Toti.
Ma si, flghuola, io posso anche dirglielo.... Ma ti pare che tuo padre vorrà dare ascolto a me?
Lillina.
Ci provi! Forse le darà ascolto, a lei! È professore qua....
Toti.
Che professore, figliuola! Come professore — l’hai visto — non mi rispetta! E poi, ti sembra che possa credere sul serio che io abbia modo di procurare un posto a Giacomino?
Lillina.
Non importa! Lei ghelo dica! Forse di lei si fida!’
Toti.
Ma se il posto, per lui, è tutto! Tanto vero, che era contento per me.
Lillina.
Come, per lei?
ToTL
Ma si, figliuola! Siamo giusti, siete ragazzi e non pensate! Ti vai a mettere con un giovanotto — buono, non dico di no, educato, ma.... senz’arte né parte, sventato.... Come ti potrà mai mantenere? Non ne ha i mezzi, e credo neanche la voglia. Che mangiate, amore? L’amore mangia, figliuola, non si mangia! Come fate a metter su casa? C’è ora anche un bambino di mezzo.... La faccenda era già compUcata, con codesto benedetto Giacomino! ma, tanto, per me, o prima o dopo — meglio prima che dopol — Ma ora si comphca di più! Non basta Giacomino; c’è pure Giacomininol Padre e nonno, tutt’in una volta?
Lillina.
No, no, professore! Ciò che lei pensa non è possibile! Lei ha ragione! non dovevo far mai quello che ho fatto.... Ma non so più io stessa come sia stato.... Ora egli n’è più pentito di me; e non sappiamo nessuno dei due come dobbiamo fare, come uscirne.... Il tempo stringe.... Sono disperata!... Ah, m’ajuti, professore, per carità, ora che lei sa tutto, ora che per un caso mi son trovata a confidarmi con lei, m’ajuti.
Toti.
Ma sì, io sono qua, flghuola mia, tutto per te. Che posso farti? Posso soltanto, di fronte a tuo padre, non tirarmi indietro. Padre e nonno.... Più di questo?
Lillina.
No, professore! Questo non è possibile! Che dice?
Toti.
Per me? se è per me — a pensarci (hai inteso ciò che ho detto al Direttore? dato il principio....) — Forse è meglio così, perchè ora un po’ di bene te lo posso fare davvero; e se tu sei contenta, un bene fo io a te; un bene puoi fare tu a me; e possiamo vivere in pace.... anche col bambino, anzi!... Un bambinuccio a cui darò la mano, e con cui andrò a spassino.... Per un vecchio, non c’è meglio compagnia per avviarsi verso la fossa....
Se tu vuoi....Lillina.
Ma Giacomino? Professore, e Giacomino?
Toti.
Giacomino, figliuola....
Fa un ampio gesto con la mano, come per dire: nascondilo!
clie posso dirti? ti posso dir pure con Giacomino?
Lillina.
No! no! Non dico questo! Oh Dio, mi fa avvampar di vergogna, professore!
Toti.
No, che vergogna, figliuola! Perchè? Tu stai a parlare adesso con tuo padre! Mi dici Giacomino; io ti rispondo che Giacomino.... sì, ci sarà, ma io.... io non devo saperlo.... cioè, lo so, ma.... ma dev’essere come se non lo sapessi, ecco!... Amico di casa, antico scolaro.... e posso voler bene anche a lui, come a un figliuolo, perchè no?;
Lillina.
Ma lui, professore, lui? le sembra possibile che dica di sì? Questo può essere ^per me, per salvare me, sì; e io gUene sono grata; ma non può essere per lui, lei lo comprende: non è possibile! No, no. L’ajuto che lei deve darci è quello che lo le ho detto: di parlare a mio padre, di persuaderlo: ora stesso, che non c’è tempo da perdere. Un posticino egli lo troverà, di certo: lo sta cercando] e lo troverà; e intanto ci facciano sposare! Ecco,; questo. Mi faccia questa carità, professore! Io ora^ entro qua.
Indica il Gabinetto di Stori» naturale
con la scusa della pulizia. Percliè deve venir lui...|
Toti.
Lillina.
Sì, viene quasi ogni giorno, a quest’ora. Credevo che oggi non sarebbe venuto percliè aveva parlato con lei, e invece.... Ah, com’ero contenta! credevo d’essermi levato questo peso, questo peso che mi schiaccia!... Vada, vada a parlare a papà, professore.... Io sono qua.... Ma per carità non gli faccia capire.... Se dice di sì, va bene.... ma se no.... per carità! E grazie, grazie, professore.... mi compatisca....
LiUina entra nel Gabinetto di Storia naturale e richiade l’uscio. Il professor Toti resta come stordito a considerare l’incarico che Lillina gli ha dato e fa una lunga scena muta significando per cenni espressivi la sfiducia di riuscire, la sua disillusione, poi come sarebbe stato bello per lui avere un bamboccetto, piccolo così, da portarsi per mano: se lo vede lì davanti, gli fa tanti attucci, ma poi pensa che c’è di mezzo questo benedetto Giacomino — troppi, a cui dovrebbe pensare il governo: lui, uno; la moglie, due; Giacomino, tre; il bambino, quattro.... eh, troppi! troppi! — e si gratta la testa. — Guarda verso l’uscio del Gabinetto di Storia naturale; pensa che Lillina e Giacomino forse sono di là, insieme, e di nuovo considera la difiìcoltà deU’incarico; tentenna il capo e scuote le mani con le dita raccolte per le punte, come a dire: "Che posso farci io?,, In quest’atto lo sorprende Cinquemani, che ritorna
cauto dal corridojo a sinistra.Cinquemani.
Ohe.... professore.... e che fa? giuoca alla morra? Che vuol dire? Solo? Le ha parlato? Dov’è LìlUiia?
Toti.
Dov’è? Non lo so. Se n’è andata.
Cinquemani.
E che stava a far lei qua solo?
Toti.
Io? Nulla. Pensavo....
Cinquemani.
Ma, insomma, le ha parlato, si o no?
Toti.
Le ho parlato, si.
Cinquemani.
E che le ha detto lei? No? Che non ne vuol sapere? Come! Pareva contenta.... Disse che già sapeva che lei doveva parlarmi....
Toti.
con risolnzione.
Cinquemani, sappiatemi intendere, per fare un discorso breve e venir subito al rimedio. L’affare non è Uscio.
Cinquemani.
Non è liscio? Come non è liscio? Che vuol dire?
Toti.
Oh santo Dio! Vi ho pregato di sapermi intendere! Quando una cosa non è liscia.... Scusate, che intendete per Uscio, voi? Liscio è.... così!
S’impala e passa diritta rar Beute la maao al suo corpo. Se io ora, poniamo.... mi metto qua questo cappello....
Si lera il cappello e se lo applica su lo stomaco.
capirete bene che....
Rifa il gesto della mano che trota impedimento lì, nel cappello.
non è più liscio.... fa gobba....
Cinquemani.
Oh, professore! Io so intendere: ma lei sappia parlare, quando parla di mia figlia! Che vuol dire che non è liscia? Che vuol dire codesta gobba?
Toti.
Come devo parlare, Cinquemani? Siete un ragazzo? Parliamo d’una donna.... Che cosa sia questa gobba mi pare che lo potreste intendere!
Cinquemani.
stravolto, facendoglisi addosso.
Che mi dice? Mia figUa?
Afferrandolo per il petto, minaccioso. Mia figlia?
Toti.
Calma, calma, Cinquemani....
Cinquemani.
Chi ghel’ha detto? Chi ghel’ha detto? Ghel’ha detto lei? Risponda!
Toti.
Ma chi poteva dirmelo, benedett’uomò?
Cinquemani.
Toti.
Eh via! Che ammazzate! Glielo date per marito, e non se ne parla più!
Cinquemani.
Mamma mia! mamma! Mi dica chi èl Glielo dò per marito? Come! Senza sapere chi è? Che dice?
Toti.
Un bravo giovine: ve lo posso assicurare io: state tranquillo!
Cinquemani.
E chi è? Chi è? Bravo giovine? Dev’esser più svergognato di lei. per fare quello che ha fatto! Il disonore, la vergogna sulla mia faccia! Dov’è? dov’è? dove se n’è andata?
Toti.
Via! via, Cinquemani, non fate cosi! Non v’amareggiate il sangue!
ClNQUEBIANI.
Mi dica dove s’è nascosta, o me la prendo con lei! Qua, voglio averla qua, per mangiarle a morsi la faccia, svergognata!
A questo punto, come un’eco, dall’ interno del Gabinetto di Storia naturale, giunge uno rtrillo di Marianna: "Svergognata! „ cui subito seguono due altri strilli, di Lillina e di Giacomino Delisi, sorpresi dalla madre attraverso la finestra della classe che dà su la Palestra ginnastica. Immediatamente dopo gli strilli, la porta del Gabinetto si spalanca e scappano fuori, spaventati, in gran subbuglio, Lillina e Giacomino, seguiti subito dopo da Marianna ancora con le Testi arruffate per avere scavalcato la finestra. Cinquemani si lancia ad afferrare Giacomino che vorrebbe cacciarsi in una delle classi del corridojo; Marianna afferra Lillina che cade in ginocchio; il professor Toti non sa come spartirsi, raccomanda la calma. La scena deve svolgersi rapida, violentissima, in gran confusione, tempestosa. Le due invettive simultanee di Cinquemani e della moglie sono qui trascritte una dopo l’altra, ma sulla scena saranno dette contemporaneamente.
Cinquemani.
Voi!
Afferrando per il petto Giacomino.
Ah, siete voi? Assassino! Infame! Con mìa figlia?
Giacomino.
Perdono! Le domando perdono!
Cinquemani.
Che perdono! Hai avuto il coraggio di metterti con mia figlia? Di disonorarmi una figlia? Assassino!
Giacomino.
Sono pronto, se lei me la dà, sono pronto a riparare!
Cinquemani.
Che ti dò? Che ti dò? A te vuoi che la dia, morto dì fame?
H professor Toti glielo leva dalle mani.
Esci fuori! fuori dai piedi, o ti faccio vedere quello che ti dò! Fuori! Fuori! Giacomino
al professor Toti che lo trattiene.
Professore, glielo dica lei! Sono pronto! Me la sposo! Non manca per me!
Marianna.
Questa era la pulizia, scellerata, che facevi qua ogni giorno? Faccia senza rossore! Tieni! tieni! tieni!
La percuote, l’acciuffa.
Lillina.
in ginocchio, schermendosi.
Mi lasci! Mi perdoni!...
Toti.
Non le fate male, povera creatura!
Marianna.
Lei se ne vada!
A Lillina.
Ti ci ho colta^ svergognata! Farla cosi, sotto gli occhi a tua madre! Che hai fatto? Con un ragazzaccio di questi dovevi metterti?
Lillina.
Per carità, mamma, per carità!
Marianna.
Dove sei arrivata? Ti sei perduta! ti sei perduta!
Lillina.
Mi vuole sposare! mi vuole sposare! Non sente? Mi vuole sposare!
A questo punto avriene lo scambio delle parti — Marianna s’arventa contro Giacomino; Cinquemani contro Lillina. D
professor Toti seguita a pagsare dall’uno all’altro gruppo.Marianna.
Sposare? E io dò mia figlia a voi? Avete il coragfrio di dire che non nìanca per voi? Pazzo siete, e un’altra cosa siete, che non vi posso dire! M’avete rovinato la figlia! Infame! Infame! Venire qua a tradimento, come un ladro, a rubarmi l’onore della figliai
Cinquemani.
Chi è pronto? Lui è pronto a sposarti? E io ti dò a lui? Brutta cagnaccia! A un morto di fame vuoi che ti dia? Con uno cosi ti sei sporcata? e hai sporcato il mio nome, l’onore della mia famigha! Qua, alla scuola! Ma ora v’aggiusto io! v’aggiusto io!
Cinqtieniani lascia la figlia, brandisce una segffiola e si scaglia contro Giacomino. Il professor Toti lo trattiene.
Esci fuori, tu! Subito fuori! E non ti far più vedere da me! Fuori! fuori! 0 perdio, faccio uno sproposito!
Si divincola dal professor Toti, riesce a liberarsi con uno strappo violento; ma Giacomino fugge via per il corridojo, ed egli lo insegue.
Marianna.
a Lillina.
Disonorata! disonorata! E che vuoi che me ne faccia più, ora, di te? Piangi la tua vergogna!
Cinquemani.
sopravvenendo, furibondo.
Non ti voglio più in casa! Fuori anche tu! Via
fuori! Non mi sei più figlia! Vattene alla perdizione! Via! via!Toti.
con gran Yoce, dominando tutti.
Dove volete che vada, vecchio imbecille? Ve la prendete con lei, quando la colpa è vostra, che non avete badato a lei, e l’avete mandata qua, in mezzo a tutte le sudicerie che gh alunni stampano sui muri e sulle panche! Pettegoh tutu e due, che non siete altro!
ClNQUEMAM
a Lillina.
Via, fuori! fuori, ti dico! Non ti voglio più!
TOTI...
Non la volete più? Me la prendo io! Qua, fi-: gUuola mia, non piangere, che ci sono io per te! Vieni con me.... 11 mio nome, non posso farne a meno, bisogna che te lo dia. Ma tu sarai la mia fìghuola, la mia figliuola bella; vieni.... vieni....
6e la toglie sul petto, e carezzandole delicatamente i capelli, e’avvia con lei.
Cala la tela.