Pensaci, Giacomino! (Commedia)/Atto Secondo

Atto Secondo

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Atto Primo Atto Terzo

[p. 39 modifica]ATTO SECONDO.

Salotto modesto in casa del professor Toti. — Uscio comune in fondo, uscio laterale a sinistra. — A destra, il canapè, poltrone, ecc. — Sul canapè alcuni giocattoli di Nini, un carrettino, un pagliaccetto coi cembali a scatto. Altri arredi del salotto, a piacere, purché intonati a un mediocre gusto borghese.

Al levarsi della tela, è in scena, in piedi, il Direttore Diana, col cappello in mano. Poco dopo entra dall’uscio a sinistra Rosa.

Rosa.

S’accomodi, signore.... Scusi, aspetti un momento.... levo questo carrettino del bimbo.... ecco qua.... s’accomodi....

Direttore.

Grazie, grazie.... Posso anche sedere qua....

Rosa.

Lo va lasciando da per tutto.... No, segga, segga qua....

Il Direttore fa per sedere, ma scopre sul divano anche un pagliaccetto e lo prende.

Ah! c’era anche 11 pagliaccetto.... Grazie.... Ne sfascia tanti. Si figuri! Figlio unico! Il cocco di papà! Non passa giorno che non gli porti un giocattolinc... Ah, ecco qua il professore.

Entra il professor Toti in veste da camera, con aria un po’

stralunata. Il Direttore si alza. [p. 40 modifica]

Toti.

Pregiatissimo signor Direttore. Prego, stia comodo. Se mi permette un momento....

S’accosta a Rosa e le parla piano, in fretta.

Scappa subito a casa di.... mio suocero.

Rosa. Orai

Toti.

Ora, subito, ti dico.

Rosa. E il bambino a clii lo lascio?

Toti.

Il bambino è con la mamma di là. Non c’è poi l’altra donna?

Volgendosi al Direttore.

Prego, prego, signor Direttore, si metta a sedere.

A Rosa. Hai capito?

Rosa. E che devo dire?

Toti.

Glie vengano subito subito qua, tutt’e due, madre e padre, senza perder tempo, cosi come si trovano. Hai capito?

Rosa.

Sissignore, vado.

Toti.

Ma non farli spaventare, bada! Di’.... di’.... che la signora non si sente tanto bene.... e che c’è bisogno di loro. Corri, mi raccomando.

Rosa, via per l’ascio comune^

Scusi tanto, signor Direttore. Il cappello, prego....

posiamolo qua. [p. 41 modifica]

Direttore.

Grazie, scusi lei piuttosto, professore, se sono venuto in un’ora importuna.

Toti.

No, no, che importuna! Un disturbo.... un piccolo disturbò della mia signora....

Direttore.

Ah, mi dispiace! Ma se lei, professore, deve stare di là....

Toti.

Non c’è bisogno della mia assistenza. Ho mandato a chiamar la madre, perchè tra loro donne s’intendono megho. Non è male di conseguenza. È in piedi. Sta al bujo, perchè dice che la luce le dà fastidio agU occhi. Non parla. Non vuole dire che male ha. Ma io lo so. Niente.... PiccoU disturbi....

Direttore.

Che forse?

Allude a una nnova gravidanza.

Toti.

No! Dio liberi! Dio Uberi, signor Direttore! Uno basta! — No. È un’altra cosa. È la gioventù.... è la gioventù, signor Direttore! Come l’aprile vuole le piogge, così la gioventù ogni tanto vuole qualche pianterello.... Poi spunta il sole di nuovo.... e passa tutto.... La gioventù! — Ha comandi da darmi, signor Direttore?

Direttore.

Per carità, che dice comandi?

Toti.

No, no. Lei mi comanda sempre. Se la mia condizione è cambiata, io resto quello che sono sempre stato. E lei è 11 mio superiore, che c’entra! [p. 42 modifica]

Direttore.

Superiore che non comanda, a ogni modo, ma che viene a pregare, non tanto il professore, quanto l’amico.

Toti.

Tutto a sua disposizione, Cavaliere mio....

Direttore.

Grazie. Ma non ho nulla da chiederle per me..., o piuttosto, sì, anche per me un favore, che non dovrebbe costarle niente ormai, dopo la bella fortuna che lei ha avuto....

Toti.

Per carità, signor Direttore, non mi parli, la prego, di questa mia fortuna! Mio fratello era in Romania; e come io non sapevo dopo tanto tempo se fosse vivo o morto, cosi lui non sapeva di me, se fossi vivo 0 morto; non posso dire dunque che abbia voluto lasciare il suo denaro proprio a me. L’ha lasciato, perchè non se lo poteva portare all’altro mondo. S’è cercato a chi si doveva dare, e s’è trovato che si doveva dare a me» unico erede.

Direttore.

E non è una fortuna, scusi?

Toti.

Fortuna, non dico di no! E non c’è misteri, creda, signor Direttore, come vanno dicendo In paese. Lei lo sa, dicono che tengo altro denaro conservato in casa! Non è vero. Tutto quello che era, così com’era — centoquaranta mila Ure — l’ho messo nella Banca Agricola cittadina....

Direttore.

Eh, una bella somma!

Toti.

Sissignore, e sono diventato il più forte azionl[p. 43 modifica]sta della Banca, ma a patto di metterci una persona di mia fiducia.

Direttore.

un po’ sulle spine.

Si si.... lo SO, il Delisi....

Toti.

imperterrito. Giacomino Delisi, sissignore. Eppure creda, signor Direttore, creda clie io stavo meglio prima, clie ora! Con tutta la mia miseria! Questo denaro è stato per me.... sa come quando, tempo d’inverno, i ragazzini, di sera, raccolgono le foglie secche cadute dagli alberi per farne una vampata, che se uno, anche piccolo piccolo, si trova a passare, l’ombra, con quella vampa, al muro, diventa come un gigante, che se alza un braccio arriva fino al quinto piano? Cosi, signor Direttore! Ero niente, piccolo così. Passavo e nessuno mi guardava. C’è stata questa fiammata dell’eredità, e ora, appena alzo un braccio.... appena muovo una gamba.... tutti lo vedono, mi stanno tutti a guardare con tanto d’occhi, vogliono conto e ragione di quello che faccio e di quello che non faccio, se proteggo questo, se non proteggo quell’altro.... E che cos’è? Non sono padrone di fare quello che mi pare e piace, senza danno di nessuno? Mi sono seccato, ecco, signor Direttore! E creda che, se non avessi una creaturina in casa, mi verrebbe quasi la tentazione di ritirare dalla Banca questi centoquaranta pezzi di carta e di farne davvero, come un ragazzino, un’altra vampata da fare epoca, da fare epoca!

Direttore.

Mi dispiace, professore, d’aver toccato un tasto che le è doloroso. Ma mi permette un’osservazione?

Toti.

E come no? Anzi, la ringrazio..^ [p. 44 modifica]

Direttore.

Mi pare che lei non faccia di tutto — dato che la malignità del paese — come lei dice — l’ha preso di mira — non faccia di tutto, ecco, per sottrarsi a questa malignità e risparmiarsi uoje, dispiaceri....

Toti.

Io? Ma se non faccio niente, io, signor Direttore? Me ne sto qua, ritirato in casa.... Non faccio niente! Casa e scuola, scuola e casa....

Direttore.

Ecco.... Permette? Siamo venuti appunto alla ragione della mia visita. La scuola, professore! Si ricorda che due anni fa, quando lei ne aveva già trentaquattro d’insegnamento, io le consigUai di mettersi a riposo?

Toti.

Si, ricordo, ricordo....

Direttore.

E non c’era allora codesta cospicua eredità! Ma scusi, professore, perchè adesso non fa questo, almeno?

Toti.

precipitosamente.

Ah no net no no! mai mai mai mai! Non me ne parh! Niente, signor Direttore!

Direttore.

Scusi, permette? Mi lasci dire!

Toti.

Non sento ragione, signor Direttore! Di ritirar’ mi, non me ne deve parlare! Guardi, c’è più per me di questa creaturina, che già comincia a camminarmi per casa? Le ore che mi piglia la scuola, sono levate alla gioja che questa creaturina mi [p. 45 modifica]dà. Non mi par l’ora ogni giorno che suoni la campana, per ritornarmene qua a giocare con lui, a fare il bambino con lui. Eppure no, non transigo! non transigo, signor Direttore!

Direttore.

Ma sa che è una bella ostinazione la sua? Se è per lei un martirio!

Toti.

Appunto perchè è un martirio! Io resto quello che sono sempre stato! La croce la voglio portare fino all’ultimo! Scusi, se questo martirio è stato la ragione, la base di tutto quello che ho fatto! E perchè l’ho fatto allora? Appunto perchè fruttasse almeno un bene a qualcuno....

Direttore.

Ma se non ce n’è più bisogno adesso!

Toti.

Lo dice lei! Vuol mettere il denaro sudato onestamente, il denaro che sa di stento, con questo dell’eredità, piovuto dal cielo, che lei fa cosi....

Sofia a.

e se ne può andare com’è venuto? E poi le ho detto che m’ha portato sfortuna. E c’è poi altre ragioni.... Guardi, se non avessi la scuola, starei troppo in casa, per via del bambino. Nessuno mi tratterrebbe. Ebbene: sono vecchio, lei mi capisce, e darei troppo fastidio.... — Niente, signor Direttore, non ne parliamo!

Direttore.

Mi dispiace, professore; ma io debbo parlargliene e seriamente.

Toti.

Perchè? c’è cosa? Mi si vuole costringere? per

soperchieria? [p. 46 modifica]

Direttore.

Abbia pazienza, professore. Cerchi di mettersi un poco nei miei panni e di considerare clie da due anni a questa parte, dalla mattina alla sera, in direzione, a casa mia, se esco a fare due passi per istrada, io sono oppresso, vessato da tutti, padri di famiglia, persone che non conosco, che vengono a protestare contro il preteso scandalo di codesta sua permanenza nell’insegnamento.

Toti.

Ah sì? Ah sì?

Direttore.

Purtroppo, professore! Creda che è una protesta civile vera e propria — generale!

Toti.

E lei la chiama civile?

Direttore.

Civile nel senso che la società si reputa offesa — io non voglio entrare adesso a vedere se a torto 0 a ragione — dalla condotta della sua vita privata, reputandola incompatibile col suo ufficio di educatore della gioventù....

Toti.

E lei, signor Direttore?

Direttore.

Le ripeto che io non voglio entrare a vedere....

Toti.

Dunque vuol dire che anche lei è d’accordo nel giudicare disonesta la condotta della mia vita privata?

Direttore.

Ma no, non dico questo! Dico che lei, uomo privato, nella sua coscienza onesta, può infischiarsi del giudizio della gente, se lo reputa ingiusto. [p. 47 modifica] Come professore, addetto a un ufficio pubblico, non può più infiscliiarsene, deve tenerne conto, come devo tenerne conto io, da direttore; e perciò son venuto a consigliarle, ancora una volta, di mettersi a riposo.

Toti.

E di sottoscrivere cosi al giudizio della gente?

Alzandosi.

No, signor Direttore! Io aspetto che qualcuno — poiché lei non lo vuol fare — venga a discutere con me, non quello che pare, ma quello che è; la mia coscienza appunto. Non mi ritiro! Accetto la guerra! Vogho vedere chi ha il coraggio di venirmi a dire in faccia ch’io sono una persona disonesta e se ciò che faccio non è fatto a fin di bene I

Direttore.

stringendosi nelle spalle e accomiatandosi.

Capirà ch’io ho fatto, professore, il mio obbligo d’amico....

Toti.

E io la ringrazio.

Direttore.

La prevengo che si minaccia di portare la protesta agli enti superiori....

Toti.

Facciano! facciano pure!

Direttore.

E che se domani dal Ministero mi si chiedesse qualche rapporto....

Toti.

Lei risponda come crede, che m’ha consigliato

di chiedere il riposo, e ch’io non ho voluto saperne. La vedremo, signor Direttore! [p. 48 modifica]

Direttore.

E allora non mi resta più altro che salutarla e augurarle che la sua signora si rimetta presto in salute.

Toti.

Grazie infinite, e le sono obbligatissimo, creda, signor Direttore.

Direttore.

Non s’incomodi.... Piuttosto, mi dia ascolto, per carità!... Segua il mio consiglio: si ritiri!...

Toti.

No, no, l’accompagno, prego.

Il Direttore esce. Il professor Toti lo accQiupagTia e poco dopo ritorna; ma trova su la soglia dell’uscio a sinistra Lillina, abbattuta, coi capelli in disordine, gli occhi rossi di pianto. Ha per mano Nini, il bambino.

Ah, tu... Vuoi darmi il bambino?

Lillina.

Per favore.... Non posso badarci.... Dov’è andata Rosa?

Toti.

L’ho mandata io,... Ma dammelo qua il piccino.... Qua, Nini.... vieni qua con me,

Se Io toglie in braccio.

vieni qua, bellino.... lasciala stare la mammina; vedi che ha la buaì

Lillina.

È cosi fastidioso....

TOTI.

Forse perchè ti vede così, povero piccino.... Siamo io e lui, come due mosche senza capo; è vero, [p. 49 modifica] Nini? a vedere la mammina così... Sai che sono già tre giorni?...

Lillina.

Ma che posso farci se mi sento male?

Toti.

Lo sol E ti pare che non ti compatisca, figliuola mia? Siedi.... siedi qua.... Vado a lasciare il bambino alla donna, fino al ritorno di Rosa....

Lillina.

No, no.... ho paura, ho paura che non gU badi troppo....

Toti.

Glielo raccomando io, di badarci, non temere! Ma già Rosa non può tardare molto.

Esce con Nini per l’uscio in fondo e rientra solo, poco dopo. Nel trattempo Lillina, sedenda s’è nascosto il volto tra le nfiani. Toti rientrando e vedendo Lillina in quell’atteggiamento, scuote il capo, poi le si accosta piano piano e le dice:

Non vuoi dirmelo, è vero? non vuoi proprio dirmelo, che cosa ti senti?

LitLINA.

Ma gUel’ho detto! Mi fa male.... mi fa tanto male il capo....

Toti.

E nient’altro?

Lillina.

Nient’altro. Non posso neanche tenere gli occhi aperti....

Toti.

E neanche sentir parlare, che ti gira il capo. So [p. 50 modifica]anche questo. Intanto, il medico non vuoi che si chiami; e credo anch’io che sarebbe inutile chiamarlo....

Lillina.

Per carità, mi lasci stare! non mi dica nulla! Abbia pazienza ancora per qualche giorno.... e vedrà, vedrà che mi passa.... mi passa tutto.... tutto.... tutto....

Scoppia in un pianto irrefrenabile.

Toti.

E Io vedo che ti passa! Ti passa bene.... Insomma, dico, senti, fìghuola mia, senti: voglio parlarti seriamente. Dopo tante prove che t’ho dato, dopo che per due anni ti ho dimostrato come voglio esser considerato da te, sai che mi pare? un’offesa mi pare, un’offesa, che tu non voglia confidarti con me!

Lillina.

Ma che vuole che le confidi, se non ho nulla, proprio nulla da confidarle? perchè vuol tormentarmi cosi?

Toti.

Vogho tormentarti, io? No, figliuola; non voglio tormentarti; vorrei soltanto che tu parlassi, che tu mi dicessi che cos’è accaduto, perchè da tre giorni stai cosi....

Lillina.

Ma se non è accaduto nulla! Glielo giuro.... Nulla!

ToYi. E perchè stai cosi, allora?

Lillina.

Ma perchè mi sento male! Quante volte ghel’ho

da ripetere? [p. 51 modifica]

Toti.

Ah, dunque, devo parlare io? E che credi che, per quanto vecchio, io sia già cosi rimbambito da non capire che tu non puoi star cosi, solo perchè ti fa male il capo?

Lillina si alza e fa per andarsene, ma egli la trattiene a sedere.

No, aspetta, figliuola! Sta’ qua, sta’ qua ad ascoi tarmi; e lascialo il mal di capo, che questa anzi sarà la ricetta per fartelo passare! Dimmi una cosa: tutte queste chiacchiere che fa la gente t’iian forse messo così in soggezione davanti a me, da farti credere che tu non possa più parlarmi, clie tu non possa più dirmi tutto ciò che ti sta sul cuore? Bada che sarebbe l’ingiuria più grande che tu potessi farmi, il tradimento più brutto: quello di vedere in me.... ciò che non vogho neanche dire! Tu con me puoi parlare, sempre, come mi parlasti la prima volta! Ho fatto tutto ciò che ti promisi allora, e non mi son tirato indietro d’un passo, lo puoi ben dire! Se la gente parla, se la gente ride, e c’è chi protesta e chi minaccia — (mi hanno anche mandato in casa il Direttore, hai visto?) — ebbene, tutto ciò a me non importa nulla, e non deve importarne nulla neanche a te, perchè tu e io sappiamo bene che non facciamo niente di male, e dobbiamo pensare a star tutti uniti e a non darla vinta, aspettando che il tempo mi dia ragione: non ora — presto — alla mia morte — quando vi avrò lasciati a posto, tutti tranquilU e sistemati. — Hai inteso? hai iijteso?

Lillina.

Si.... si.... ho inteso....

Toti.

E dunque parla, adesso! Che è stato? Vi siete

Utigati? [p. 52 modifica]

Lillina.

No, che litigare 1 Non mi son litigata con nessuno...

Toti.

E perchè da tre giorni, allora, lui non viene?

Lillina.

Che vuole che ne sappia io perchè non viene? Non è venuto....

Toti.

Son tre giorni che non va neanche alla Banca. Me l’ha detto jeri il cassiere. Si vede che farà male il capo anche a lui.... Santo Dio, santo Dio, ragazzi.... pensate che il tempo rimane per voi, e che un giorno che togliete a me, è peccato!... Son tre giorni che non cauti.... tre giorni che non ridi....

Lillina scoppia di nuovo a piangere forte.

Ecco, vedi? E poi dici che non è niente.... Dev’essere accaduto qualcosa di grosso! E tu devi dirmelo!

Si sente sonare il campanello.

Ah, eccoli qua.... Se non vuoi dirlo a me, lo dirai almeno a tua madre!

Lillina.

balzandoin piedi trai singhiozzi.

Mia madre? Ha fatto venire mia madre? Io non ho niente da dirle!... non ho niente da dire a nessuno! Mi lascino stare per carità! Mi lascino starei

Via di corsa per l’uscio a sinistra.

Toti.

resta costernato a guardar l’uscio per cui Lillina è uscita — tentenna il capo — aspetta — poi, non vedendo entrar nessuno, si fa all’uscio in fondo e grida:

Chi è? Rosai [p. 53 modifica] Rosa

Bì piesenta sti la soglia.

Eccomi qua.

Toti.

contraffacendola.

"Eccomi qua„. Come? Non si viene a dare la risposta? Che t’hanno detto?

Rosa.

Che stanno per venire. Sono usciti dopo di me. Faccia conto che sono qua. Ma badi che non volevano venire.

Toti.

Non volevano?

Rosa.

Nossignore. Perchè dicono che non vogliono immischiarsi nei suoi affari, né punto né poco.

Toti.

E chi ha detto loro d’immischiarsi? Chi vuole che s’immischino?

Rosa.

Io non so nulla. Hanno detto cosi.

Toti.

Ma tu non hai detto loro, che la signora non stava bene?

Rosa.

Come non gliel’ho detto? Gliel’ho detto. Si sono guardati negU occhi....

Toti.

E tu allora hai sciolto lo scilinguagnolo, e figuriamoci! Basta. Non fa nulla. Dimmi almeno quello che sai, quello che hai detto loro....

Rosa.

Io? E che vuol sapere da me? Io non ho detto [p. 54 modifica]niente a nessuno, perchè non so niente, perchè qua faccio la serva e non faccio altro mestiere! Chi sa lei s’avesse a credere!

Toti.

Bastai bastai T’ho detto naezza parola....

Rosa.

Nossignore! Per saperci intendere! Se mi vuole, mi tiene; se non mi vuole, mi mandi via. Ma io non sono né spia, ne altro! Rispetto la signora; voglio bene al bambino; e gUelo dico in faccia: lei solo qua non mi piace! Se mi vuole, mi tiene; se non mi vuole, mi mandi via!

Si ode di nuovo il campanello alla porta. Rosa si prende la veste pnlitameute per due lembi, l’allarga strisciando una riverenza, e va via.

Toti.

gridandole appresso: Linguaccia! Linguaccia!

Entrano serii e impettiti Cinquemani e sua moglie Marianna, senza salutare. Cinqueraani con un vecchio cappellaccio in capo e la mazza; Marianna con un velo nero sui capelli e un’ampia, antica veste a quadretti neri.

Caro Cinquemanl.... cara suocera.... accomodatevi, accomodatevi....

Marianna.

I

Grazie tante.

a denti stretti. Non s’accomoda. ’

Cinquemani.

alzando una mano con gravità.

Non possiamo trattenerci molto. [p. 55 modifica]

Toti.

sta bene; ma almeno mettetevi a sedere....

A Cinqueraani.

Se volete posare il cappello.

CIlNQUEMANI.

Non poso niente. Le ripeto che non posso trattenermi mol’o.

Toti.

Voi almeno, signora suocera, abbassatevi il velo sulle spalle.

Marianna.

Grazie, nossignore. Non mi abbasso niente.

Siede.

Cinquemani.

E poi le dico che il cappello io me lo levo a casa mia. Qua non è casa mia. Per cui....

Siede.’

Toti.

Qua è la casa della vostra figliuola. Se voi non avete mai voluto considerarla per vostra....

Cinquemani.

alzandosi.

Marianna, pst! andiamo via!

Marianna si alza.

Toti.

Siete pazzo"? Che v’ho detto? Ma non facciamo storie, vial che ho ben altro adesso a cui pensare! Sedete, sedete, e discorriamo.

Marianna.

Discorriamo? Lei? Vuol discorrere lei? Prima lei deve sentire il discorso che dobbiamo farle noi.

A Ciuquemaui.

A te. Attaccai [p. 56 modifica]

Toti.

Sentiamo codesto discorso. Ma sbrigatevi, per carità!

Cinquemani.

Il discorso è questo. Tanto io, quanto mia moglie; lo

S’appunta l’indice snl petto, e mia moglie,

La indica. va bene!

Toti.

Benissimo. Avanti!

Cinquemani.

Benissimo. Lei sa che tanto io, quanto mia moglie non abbiamo messo piede in questa casji, se non il giorno dello sposalizio.

Marianna.

agitandosi snlla seggiola e convellendosi.

E lo sa Iddio, lo sa Iddio quello che abbiamo sofferto!

Toti.

Voi? E perchè? quando?

Marianna.

Ah, perchè, dice? quando, dice? Ma ora stesso, ora stesso! Sappia che con tanto d’occhi ci ha guardato la gente, davanti a tutte le porte, affacciata a tutte le finestre, vedendoci venire qual

Toti.

Vi hanno guardato, e poi?

Cinquemani.

Basta, Marianna! Lascia parlare a me!

Toti.

Un momento, Ginquemani. Voglio prima saper [p. 57 modifica]questo: — Non vi ho detto, non so più quante volte, alla scuola, di venire qua con vostra moglie, a trovare la vostra figliuola?

ClNQUBMANI.

Si.... me l’ha detto.... sì....

Toti.

Chi vi ha proibito allora di venire?

Marianna.

scattando.

Ah, vuol sapere chi ce l’ha proibito?

Cinquemani.

balzando in piedi anche lui e accorrendo come a parare la moglie.

Aspetta, Marianna, che gU rispondo io! — Giacché lei mi parla della scuola, deve sapere che alla scuola io la saluto per semplice considerazione sociale, e basta! Perchè lo so io solo, e il signor Direttore, tutte le porcherie che scancello dai muri per lei e per la mia fighuola! Cose da far cadere la faccia a terra! la faccia a terra!

Marianna.

E vuol sapere chi ci ha proibito di venire qua!

Cinquemani.

Lei è la favola del p^ese! E il paese ha ragione! E io e mia moglie; tutt’e due — lo sappia! — siamo col paese!

Marianna.

Perchè slamo gente che non ha perduto ancora il santo rossore della faccia! Il santo rossore, qua! qua!

Batte le mani sulle guance.

Cinquemani.

Gente onorata siamo! [p. 58 modifica]

Toti.

E Via, smettetela! Volete sapere che cosa siete? Due asini siete! Due asini!

Cinquemani.

Lei mi parli con rispetto, perchè sono suo suocero!

Toti.

Ma statevi zitto! Suocero! Sapete bene come e perchè mi sono presa la vostra figliuola!

Marianna.

Lei se l’è presa perchè ha voluto prendersela!

TOTl.

’ Sissignoril E con tutto il cuore!

Marianna.

Non per noi! Perchè per noi poteva restare dov’era, che sarebbe stato meglio! Vergogna nascosta, anziché pubbUca, come lei l’ha ridotta! Ma sa che non possiamo più affacciarci alla strada? mettere il naso fuori la porta, pei- paura d’aver beccata la faccia dalla gente?

Toti.

Avete finito? Vi siete sfogati? Posso ora parlare io?

Cinquemani.

Che finire! che sfogare, no! Aspetti! A lui, dica un po’, a lui, a quello svergognato, ladro dell’onore delle famighe, a colui che l’ha coperto di ridicolo dalla testa ai piedi, a lui doveva far dare il posto di fiducia alla Banca? Glieli deve guardar lui gl’interessi?

Toti.

Ah! è per questo? È questa tutta la vostra indignazione? [p. 59 modifica]

Cinquemani.

Noi Questa è per giuntai Non le bastava avergli permesso, con lo scandalo di tutto il paese, che seguitasse a venir qua?

Marianna.

E pretendeva che ci venissimo anche noi, oh!, insieme con luil In nome del Padre....

Accenna il segno della croce.

Cinquemani.

Zitta, Marianna! — Non bastava questo? Pure a guardia degli interessi doveva esser messo? Che bisogno aveva d’un tutore di questo genere mia figlia? Con la posizione che lei le lascinva e con questa fortuna piovuta dal cielo, non poteva forse restar hbera, padrona di sé, mia figlia, senza questo scandalo, ricca col bambino, signora, guardata dalla madre e da me? Non c’ero io? Che cosa sono io? non sono il padre?

Alla moglie. Di’ tu! Di’ tu! non sono il padre?

Marianna.

Legittimo e naturale! Innanzi agh uomini e innanzi a Dio!

Accoglie il marito tra le braccia quasi piangPTite e lo esorta a calmarsi.

TOTI,

Bravi! bravi! E questo si cliiama ragionare? Quattro soldi di pensione sarebbero toccati a vostra figlia.... Chi poteva mai immaginarsi che mi sarebbe venuta quest’eredità? Certo che se avessi potuto immaginarlo, avrei preteso che — non solo la vostra fighuola — ma qualunque altra ragazza che avesse voluto venir con me per assistermi e darmi onestamente un po’ di conforto nella vecchiaia, aspettasse con un po’ di pazienza la mia [p. 60 modifica]morte, per poi fare ciò che le sarebbe piaciuto. Ma se è venuta troppo tardi questa fortuna? Troppo tardi! Capite? Glie potevo più fare?

Cinquemani.

Basta. Sa perchè siamo venuti noi, adesso? Siamo venuti perchè, con l’ajuto Dio. pare che ormai sia tutto finito....

Toti.

Che? Che dite? Tutto finito? Come avete detto?

Cinquemani.

Tutto il paese lo dice!

Toti.

Che dice? Finito? Dove? Quando? Chi l’ha detto a voi?

Cinquemani.

Ah, come? lei s’infuria, invece di ringraziar Dio?

Marianna.

Signori miei, se ne dispiace! In nome del Padre, del Fighuolo e dello Spirito Santo....

Toti.

Ma che è? Che è accaduto insomma? Possibile che non debba saperne nulla io solo? Ditemi subito quello che sapete! Ah, per questo allora piange da tre giorni quella povera piccina? È una cosa seria! Che si dice in paese? È Inutile che voi vi facciate la croce con la mano manca! Aspettate a farvela! Perchè ci sono io, qua, ancora! ci sono io!

Marianna.

Ma ci sono i santi sacerdoti, anche, per grazia di Dio!

Tom.

I sacerdoti? [p. 61 modifica] ClNQUEMAM.

I sacerdoti, i santi sacerdoti, sissignore! Ah lei non lo sa die la sorella di lui....

Toti.

Di Giacomino?

Cinquemani.

Sissignore, la signora Rosaria Delìsi, ha messo sossopra tutta la gente di chiesa — sacerdote per sacerdote! — A proposito, veda che sarà qui tra poco Padre LandoUna.

Toti.

Padre Landolina? E chi è?

Marianna.

Un sant’uomo! Il beneficiale di San Michele! Ecco chi è!

Cinquemani.

II padre spirituale della signorina Dehsi! Ecco chi è!

Toti.

E vuol venire.... vuol venire a parlare con mei

Cinquemani.

Credo. È venuto jersera da me, credendo che io fossi dalla parte sua! — Ma come? io? — gh ho detto....

Toti.

E allora, verrà da me?

Si stropiccia le mani.

Sta bene! sta bene! Lasciatelo venire! Ah! Semi vuol parlare, è segno che ancora han da vedersela con me! E ce la vedremo! — Intanto.... — no. aspettate....

Si rivolge a Marianna.

Voi, fatemi il piacere, entrate là da vostra figlia....

Indica l’uscio a sinistra. [p. 62 modifica]

Marianna.

Io? Io non voglio più vederla I

Toti.

Non facciamo storie! Oh, non facciamo storie, che qua la cosa è seria! Entrate là e cercate con le buone, con garbo, senza furie, di farvi dire che è stato,.che cosa è accaduto tra loro.,..

Marianna.

Ma chi? io? È pazzo, lei, o che cos’è? Io mettermi a parlare di questo con mia figUa? Per chi m’ha preso?

Toti.

Per una buona madre, v’ho preso! Ne avete, cuore, si o no? Qui si tratta di cuore! Di che credete che si tratti? Entrate, vi dico!

Marianna.

Entro, ma non parlo, gUel’avverto! Se paria lei parlo io....

Toti.

Va bene, sì! Forse, appena vi vede, vi butta le braccia al collo e vi dice tutto....

Marianna.

al marito. Puoi entrare!

Cinquemani.

grave, dopo una pausa. Entra!

Toti.

Con garbo, mi raccomando....

Marianna.

Le ho detto che lo non parlo! Se parla lei, parlo io.

Via per l’uscio a sinistra. [p. 63 modifica]

Toti.

Ohi Voi mi farete, in questo mentre, un altro piacere, Cinquemani. Non dubitate che poi saprò come regolarmi con voi....

Cinquemani.

Oh, sa? da quest’orecchio io non ci sento. Io sono un pubblico funzionario, sa? umile, sì, ma pubbhco funzionario, e non me ne sono dimenticato!

Toti.

Lo so. Vi siete invece dimenticato di esser padre.

Cinquemani.

Vorrei sapere quanti siamo i padri qua!

Toti.

Il meno di tutti, voi, con codesta aria di Carlomagno che vi date! Finiamola! Sentite ciò che vi debbo dire.

Cinquemani.

Lei parli.

Toti.

s’accosta prima all’uscio a sinistra per sentire se Lillina piange di là; poi, tornando a

Cinquemani.

Dunque, presto, mi raccomando: scendete in piazza....

Cinquemani.

E poi?

Toti.

Salite alla Banca Agricola....

Cinquemani.

E poi? [p. 64 modifica]

Toti.

E poi il canchero che vi porti 1 Cosi volete farmi il favore?

Cinquemani.

Lei parli. Se non mi dice che cosa debbo fare alla Banca?

Toti.

Non dovete far nulla. Dovete soltanto vedere se c’è Giacomino Delisi.

Cinquemani.

Io? Quel laccio di forca? Professore, dov’ha più la testa lei? Se io vedo quel laccio di forca, volto!

Toti.

E va bene! Ma forse non lo vedrete neppure, perchè sono tre giorni che non va nemmeno lì. Col cassiere almeno siete disposto a parlare?

Cinquemani.

Non ho difficoltà. Ma non di quel signore là, badiamo!

Toti.

Non ce ne sarà bisogno! Basterà che, a nome mio, gli domandiate se c’è novità. Dite soltanto cosi, che vi saprà intendere.

Cinquemani.

E se vedo quello?

Toti.

Voltate.

Si sente sonare il campanello. Oh Dio, fosse lui!

Cinquemani.

cercando di scappare, di nascondersi, in gran confnsione.

Chi lui? chi lui? Non vogho vederlo, sa? Badi che se lo vedo....

Si nasconde mezzo sì e mezzo no, in attesa, dietro l’ascio a sinistra. [p. 65 modifica] Rosa

si fa all’uscio comune.

C’è Padre Landolina. Dice che vuol parlare con lei.

ClNQUEMAM

rinfrancato venendo fuori. Ah, non gliel’ho detto io? Eccolo qua.

Toti.

Va bene. Fallo entrare.

Rosa, ria.

ClNQUEMAM.

Io vado.

Si avvia.

Meno male che finalmente cominciano a entrare persone per bene in questa casa.

S’inchina profondamente a Padre Landolina che entra. Padre reverendo!

Via.

Landolina.

Chiarissimo professore....

Toti.

Reverendissimo.... Favorisca, s’accomodi, prego.

Landolina.

Grazie mille....

Toti.

S’accomodi.... No, qua, prego.

Gl’indica il canapè.

Landolina.

Sto bene qua, grazie....

Toti.

Ma che dice! Lei è persona di riguardo. [p. 66 modifica] Lanoolina.

Per carità... Obbligatissimo.... Obbedisco, grazie.

Toti.

A che -devo, reverendo, l’onore di questa sua visita?

Landolina.

Ecco, professore. Se permette, io avrei bisogno di tutta la sua bontà, riconosciutissima, non tanto per quello che vengo a chiederle, quanto per me, per trovare io il coraggio di parlarle d’una cosa molto....V molto delicata, ecco....

Toti.

E coraggio^ allora! Le metto a disposizione — poiché lei me la riconosce — tutta quella bontà che le abbisogna, padre. Vedo che lei parla con.... con molto tatto, e sono sicuro che se ne prenderà quanta ghene può bastare, e non più!

Landolina.

Ah, non dubiti! Nei hmiti della discrezione, s’intende! E un caso di coscienza, professore.

Toti.

Coscienza sua, o coscienza d’altri?

Landouna.

Si tratta, professore, d’una povera anima cristiana — non so se a torto o a ragione (non vogho indagare) — addolorata, offesa di certe dicerie pregiudizi e voU che corrono in paese a carico del proprio fratello.

Tori,

Ho capito. Lei dunque viene a nome della sorella di Giacomino Dehsi?

Landolina.

Fa il nome lei, professore, non lo faccio io. [p. 67 modifica]

Toti.

Senta, padre. Poiché si tratta di questo, glielo pongo per patto. Lei deve levarsi i guanti, se vuol parlare con me.

Landò LINA

mostra le bianche mani ignude, con Tin sorriso fino sulle labbra.

Ma io.... veramente....

Toti.

Non dico dalle mani. — Dalla lingua, dico. — Il discorso con me dev’essere senza guanti: chiaro, aperto. Glielo dico avanti! Io so sempre, padre, quello che dico e quello che faccio, e non mi son nascosto mai, perchè non ho nulla da nascondere! — Giuochi a carte scoperte, se vuol giocare con me!

Landolina.

Ma non vorrebbe lei, scusi, rispettare il mio ufficio sacro, il mio ufficio, per esempio, di confessore?

Toti.

Ah, scusi, scusi! C’è forse qualche segreto di confessione?

Landolina.

No. C’è — come le ho detto — il dolore, l’offesa d’ una povera anima che viene al fonte della pietà....

Toti.

Che sarebbe il confessionilef

Landolina.

Lei lo cliiami come vuole — a sfogarsi, a cliiedere ajuto e consiglio al suo padre spirituale.

Toti.

E lei se ne viene da me? [p. 68 modifica]

Landolina.

Si, professore, perchè so che questo giovine, questo fratello, fu anche suo alunno e che perciò, se vogliamo, fu anche lei per lui, in un certo senso, padre spirituale....

Toti.

Ma senza confessionile!

Landolina.

Senza, s’intende! Lei sa che è orfano, il giovine, e che la sorella, di parecchi anni maggiore di lui, gli ha fatto da madre, quasi fin da bambino. Le è cresciuto sotto gli occhi, timorato, rispettoso, obbediente....

Toti.

Ma sì, padre. Può abbreviare. Vuole che io non conosca Giacomino? Lo conosco meglio di lei e meglio anche di sua sorella, ne può star sicuro!

Landolina.

Lo dicevo perchè tutte queste buone doti, professore, che lei conosce nel giovine, sono merito dell’amore e della buona educazione che ha saputo dargli la sorella.

Toti.

E non dico di noi

Landolina.

Benissimo. Ma come avviene che ora su questo giovine cosi bene educato, cosi esemplare sotto tutti i rispetti, sian potute sorgere in paese queste dicerie pregiudizievoli? Evidentemente, professore, sono sorte dal fatto che il giovine viene con una certa frequenza in casa sua. La malignità della gente.... essendo la sua riverita sposa anche lei molto giovine....

Toti.

Veniamo, padr«, allo scopo della sua visita. Se [p. 69 modifica]permette le parlo io, ora, senza ambagi, lesto lesto, alla spiccia. — Lei, mandato dalla sorella, vorrebbe che io, per troncare queste che lei chiama dicerie pregiudizievoli, dicessi a Giacomino di non mettere più piede a casa mia. È vero?

Landolina.

No, professore, non questo, propriamente.

Toti.

E che altro vorrebbe allora da me?

Landolina.

Ecco. Io le ho parlato della sorella: del dolore della sorella per queste dicerie, che non fanno male soltanto al giovine, ma anche....

Toti.

Non s’interessi, non s’interessi di me, la prego!

Landolina.

Capisco che lei è superiore a queste miserie.... Ma una povera donna, no, una povera sorella, che dobbiamo piuttosto considerare come madre, no; ne soffre, ne piange, domanda conforto e ajuto — (è donna) — e perciò ha mandato me a supplicarla, professore, d’esser cortese d’un piccolo attestato, proprio per suo conforto e nient’altro: come qualmente queste dicerie non hanno, né certo possono avere, il minimo fondamento nella realtà....

Toti.

E nient’altro vorrebbe"?

Landolina.

Nient’altro, oh, nient’altro!...

Toti.

Perchè, quanto a ritornare qua Giacomino, la sorella crede di poter essere sicura che questo non accadrà mai più, è vero? poiché lei, da buona [p. 70 modifica]madre, lo ha persuaso e convinto che non deve più venire. È vero?

Landolina.

Sì, ecco, professore, questo crede proprio d’esser riuscita a ottenerlo.

Toti.

E ora vuole l’attestato da me!

Landolina.

Se lei vuol esser tanto buono....

Toti.

Io? Altro che! Come no? Vedo che lei è un sacerdote di coscienza, di coscienza come la sorella, e sono pronto, come no? — prontissimo a farglielo. Che vuole che mi costi? Due righe, è vero? come qualmente, avendo saputo tutto il dolore onde è stato afflitto il suo cuore di sorella e offesa la sua coscienza di buona cristiana per queste dicerie, eccetera, eccetera, attesto e certifico, eccetera, eccetera.... Può andare. Glielo faccio! GUelo faccio, e ghelo mando!

Landolina.

alzandosi.

Io la ringrazio tanto, tanto, professore! Ma non potrebbe darlo a me?

Toti.

Ah, no. Ora non ho tempo, padre. Glielo faccio e glielo mando.

Landolina.

Bene, bene Lo manderà a me?

Toti.

No. Direttamente a lei. Se ne vada tranquillo. — Ma mi dica una cosa, padre. Lo sa lei che Giacomino — buon giovine, ottimo, ottimo giovine timorato, rispettoso, ma.... un po’, via, perdigiorno

— trovò posto alla Banca per me? [p. 71 modifica]

Landolina.

Oh, ma come vuole eli e non Io sappia, professore! Lo so bene, e voglio che lei mi creda, è gratissima, riconoscentissima la sorella di questo bene che lei ha fallo al fratello.

Toti.

Ah, meno male. Sono contento.

Landolina.

A rivederla, dunque, professore. E tante grazie, di nuovo.

S’inchina, e si avvia per uscire

Toti.

A rivederla, reverendo.

Lo richiama. Padre!... Oh oh.... padre, scusi, le volevo doman dare una cosa che.... così, mi passa ora per la mente.... Mi chiarisca un dubbio.... Crede lei che un giovanotto — un giovanotto qualunque, badiamo! — possa non farsi più nessuno scrupolo, nessun rimorso.... se per caso.... per puro caso, vehl... una raga/.za da lui sedotta e resa madre.... avesse poi trovato in tempo.... un uomo.... un povero vecchio....

Padre Landolina, avendo compreso fin dalle prime parole l’ai, lusione del professor Toti, s’emesso a tossicchiare, nell’imbarazzo.

Ma sa che lei ha una bella tosse, padre? Si curi, si curi. A rivederla....

Padre Landolina via a precipizio. Il professor Toti facendosi all’uscio di sinistra.

Signora Marianna! Signora Marianna!

Marianna.

accorrendo. K inutile, sa? Non parla. Non vuol parlare! [p. 72 modifica] Tote.

Non importa. Fatemi piuttosto il piacere di vestirmi il bambino.

Marianna.

Il bambino? Ma che so io dove sono i vesti tini del bambino?

Toti.

sta bene. Grazie. Faccio da me, faccio da me....

Via per l’uscio a sinistra. Cinquemani entra dall’uscio comune.

Cinquemani.

Oh! Professore!...

Il professor Toti non gli dà ascolto. E che succede ora?

Marianna.

Che succede? Lo domandi a me? Mi sembra la casa dei pazzi.... Di dove vieni tul

Cinquemani.

Ho incontrato per le scale Padre LandoUna che scendeva mogio mogio, con gh occhi stralunati.... — Che fa lei? Piange? Che t’ha detto?

Marianna.

Niente. Non m’ha voluto dir niente.

Cinquemani.

Oh sai che ti dico io? Andiamocene!

Marianna.

Aspetta.... aspetta.... Forse non è prudente.... in questo momento....

Kientra dall’uscio a sinistra il professor Toti col cappello in capo, recando per mano Nini. Ha nell’altra mano le scarpette del bimbo e sotto il braccio il

berrettino da marinajo. [p. 73 modifica]

Toti.

ponendo a sedere snl tavolino Nini per infilargli le scarpette nuove.

Ora il cocchetto, piano piano, se ne viene a spassino con papàr^

Voltandosi appena verso Marianna.

Ah quanto mi piacerebbe che mi chiamasse nonno.... — Con papà, eh, Nini?... a spassino, è vero! Andremo a trovare Giamì.... tutt’e due.... Come Io cliiami tu Giacomino? Giamì, è vero?

Posa il bambino in terra, gli mette il berrettino in capo e s’avvia con lui.

Cinquemani.

parandogli si davanti.

Professore, che dice? Dove vuole andare?

Toti.

scostandolo con la mano.

Levatevi voli Lasciatemi passare!

Cinquemani.

parandogli si davanti Professore, santo Dio, pensi a quello che fa! Io gliel’ impedisco!

Marianna.

parandosi anche lei.

Non si metta codesta maschera di vergogna davanti a tutto il paese!

Toti.

scostandoli con la mano.

Levatevi, vi dico! Maschera! Maschera! Lasciatemi passare!

Marianna.

trasecolata.

Dio, che uomo! Dio, che uomo! Dio, che uomo!

Cala la tela.