Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli II
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MONETE ITALIANE INEDITE
DELLA RACCOLTA PAPADOPOLI
V.
Sarebbe stato mio desiderio di pubblicare le monete inedite della mia raccolta e le varietà più importanti di quelle già note per gruppi regionali, come sono disposte nel mio medagliere. Così il primo fascicolo avrebbe dovuto occuparsi della serie ricca e variata dei Reali di Savoia e delle molte piccole zecche del Piemonte.
Varie ragioni me lo hanno impedito e, prima di tutte, quella che non mi erano note, quando dava principio al mio lavoro, molte opere numismatiche pubblicate al di là delle Alpi dopo che la Savoia fu staccata dagli stati della gloriosa dinastia che ne prese il nome, opere non tutte facili a ritrovarsi.
Un esame accurato di questi lavori, fritti nei luoghi ove le antiche monete savoiarde ebbero più lungo corso e dove si scoprono più facilmente, mi dimostrò che alcuni pezzi, da me creduti inediti, erano già descritti e disegnati; mentre per accontentare la nobile curiosità dei lettori della Rivista mi rimanevano invece altri pezzi del tutto nuovi e taluna di quelle varietà e di quei segni, che hanno interesse per gli studiosi solo quando la materia è più conosciuta e lo studio maggiormente progredito.
REALI DI SAVOIA.
Riprodurrò per prima una moneta di Amedeo IV (1233- 1253), la quale si distingue da quelle coniate dai suoi predecessori per il peso e per l’assenza dei bisanti, che si vedono su pressoché tutti i nummi degli antichi Conti di Savoja.
1. — Argento peso grammi 1,77.
In un importante lavoro pubblicato dalla Revue suisse de numismatique il Dott. A. Ladé1 descrive altre tre varietà di questo pezzo, il cui peso oscilla fra grammi 1,24 ed 1,48, mentre il mio arriva a grammi 1,75.
Senza fermarmi alle varie ipotesi con cui si può spiegare una novità di tanta importanza, e lasciando la cura di risolvere la difficile quistione della monetazione savoiarda in questo periodo a chi si occuperà di riunire tutti gli elementi comparsi dopo la morte di D. Promis per fare opera completa e perfetta, osserverò soltanto che non si tratta di un fatto isolato, perchè anche fra i pochi denari di Pietro II trovati a Paladru di tipo uguale a questo di Amedeo ve ne sono che arrivano al peso di grammi 1,70.
2. — Mistura, grammi 1,27.
Nel rendere conto di un tesoretto scoperto in Savoia nel 1891 il Dott. Ladé2 attribuisce un forte simile al mio, ad Amedeo VII (1383-1391) e lo crede coniato in Avigliana da Giovanni Rezzetto a tenore di una delle due ordinanze del 1391. Il mio esemplare ha una crocetta che divide l’iscrizione del rovescio, mentre in quello illustrato dal dotto svizzero si vede allo stesso posto un capriolo con sotto un punto A.
Forse tale piccola varietà non meritava l’onore di un disegno, ma ho creduto di far piacere ai raccoglitori italiani riproducendo questo e pochi altri pezzi che si trovano soltanto in lavori stampati all’estero.
Uno scritto assai utile per gli studiosi ed i raccoglitori è comparso nell'ultimo fascicolo dell'anno 1895 della Revue suisse de numismatique. In esso il Signor A. Raugé van Gennep ha riunito tutte le varietà conosciute delle monete di Amedeo VIII di un valore inferiore al grosso coi segni monetari ed altri più minuti particolari. Ma da siffatto genere di pubblicazioni non va disgiunto il pericolo che osservandosi molte nuove diversità, in breve il lavoro sia da rifare.
Riporterò alcune modestissime varietà di monete di Amedeo VIII (1391-1439), tre delle quali coniate prima che egli assumesse il titolo di Duca.
3. — Argento, peso grammi 1,81.
In questo mezzo grosso del primo tipo, battuto in Avigliana secondo l’ordinanza 23 gennaio 1392, le varie parole della leggenda sono divise da un fiore a cinque petali e da un anellino posti uno sull’altro, mentre invece in quello pubblicato da Ladé3 al n. 53 e riportato al n. 5 da Raugé van Gennep fra sabavdie ed initalia vi è sotto il fiore una riunione di tre palline in forma di trifoglio, che probabilmente è un segno di zecchiere o un distintivo di emissione.
4. — Mistura, peso grammi 1,78.
Questa moneta pubblicata da Promis come un obolo bianco di Amedeo VI4 fu restituita con buone ragioni ad Amedeo VIII da Rabut5, ed è il terzo tipo del mezzo grosso di mistura coniato verso il 1405, che Ladé6 propone di chiamare chablaisien perchè porta il titolo del Ciablese. Raugé van Gennep ne descrive 6 varietà; il mio esemplare è simile al n. 3, gli M sono rovesci come quelli, ma invece gli S sono regolari. Tanto il n. 3 del Gennep che il mio hanno VTALIA per ITALIA.
5. — Mistura, peso grammi 1,07 (l’esemplare manca di un piccolo pezzo di metallo).
Questo quarto di grosso del terzo tipo, coniato in Avigliana secondo le ordinanze del 1395, 1399, 1403, manca nell’elenco di Raugé van Gennep, il quale cita due esemplari ai nn. 6 e 7 che hanno, la rosa a cinque petali alla fine della leggenda del rovescio, mentre il mio ha la stessa rosa al principio delle leggende tanto al diritto che al rovescio. La rosa è il segno di Giovanni Benvenuti Maestro ad Ivrea.
6. — Argento, peso grammi 1,26.
Mezzo grosso di argento di Amedeo VIII col titolo di Duca secondo le ordinanze del febbraio 1420. Di esso Raugé van Gennep riporta due varietà, che hanno per distintivo la stella ed il trifoglio, questo ha la luna crescente, segno di Gio. Picoz Maestro a Nyon.
7. — Mistura, peso grammi 0,94.
Non è nuovo questo forte pubblicato per la prima volta da Promis, Tav. VI, n. 18, di cui altre varietà furono descritte da Perrin7 e da Ladé8: ma ho voluto darne il disegno, perchè la forma dell’A è differente da quelle che si vedono nelle tavole delle opere numismatiche. La stella a 6 punte è il segno di Giovanni de Masio di Asti maestro nella zecca di Chambery.
Col nome del duca Lodovico (1440-1465) s’incontrano minori diversità di tipi che nel lungo regno di Amedeo VIII. Vi è però uguale abbondanza di piccole varietà nelle lettere, nei punti e nei segni.
8. - Argento, peso grammi 1,52.
Il crescente era il segno della zecca di Nyon al tempo in cui aveva per maestro Giovanni Picoz di Avigliana.
91 — Argento, peso grammi 1,44.
Questo mezzo grosso differisce dal precedente per l’elmo ed il cimiero visti di fronte, invece che di tre quarti come negli esemplari che si trovano più comunemente: non è nuovo e nemmeno inedito, perchè il compianto Umberto Rossi ne pubblicò un disegno poco ben riuscito nella Gazzetta Numismatica di Como9, ma il mio ha fra le ali del cimiero il laccio d’amore, segno di Stefano Varembon maestro a Cornavin presso Ginevra, mentre quello pubblicato da Rossi, del quale possiedo pure un esemplare, ha nello stesso posto una crocetta di S. Maurizio, che egli attribuisce a Francesco Garin e che credo appartenga piuttosto alla zecca di Borgo di Bressa.
10. — Mistura peso grammi 0,87.
Questo quarto di grosso merita di essere osservato, perchè da ambo i lati ha una crocetta di San Maurizio, che divide a metà l’iscrizione; ritengo che tale segno indichi la zecca di Borgo, che nello stemma ha la croce di S. Maurizio.
11. — Mistura, peso grammi 3,16.
Invece del laccio che è disegnato sull’esemplare citato da Promis a pag. 131, tav. VII, n. 9, nel mio doppio grosso si vede il sole, segno di Bertino Busca di Milano maestro a Nyon.
12. — Mistura, peso grammi 0,86.
Anche questo patacco ossia forte differisce da quello di Promis, pag. 131, tav. VII, n. 7 e di Rabut, deuxième notice, tav. I, n. 4, per il sole su entrambe le faccie, che è il segno di Bertino Busca sopranominato.
13. — Oro, peso grammi 3,47.
Anche nella raccolta Bottacin di Padova vi è un esemplare del ducato di Carlo I colla testa (14821490) che ha il motto come il mio e non quello che si legge al n. 7, tav. X di Promis, forse male interpretato10 dall’incisore dei disegni.
14. — Argento, peso grammi 1,08.
- fra le ali una crocetta, KAROL · D · G · D · S · M · I · IT.. P· fra due cerchi di perline.
Questa bella moneta, affatto nuova perchè non somiglia ad alcun’altra che io conosca della Casa di Savoia, né dei paesi vicini, sembra lavorata dalla stessa mano che incise le monete ordinate nel 1483, ed è probabilmente il mezzo grosso di quella nuova monetazione, con cui ha comune la forma delle lettere e dei punti romboidali.
15. — Argento, peso grammi 9,32.
Testone degno di attenzione, perchè, al rovescio invece del motto solito di Filiberto II (1497-1540) reca quello adoperato dal suo predecessore; è quindi probabile che esso sia stato coniato nei primi anni del suo principato.
16. — Argento, peso grammi 4,67.
Non vi è differenza essenziale fra il mezzo testone di cui presento il disegno e quello del Promis n. 5; ma pure l’aspetto del diritto è alquanto diverso per la mancanza del cerchio di perline e per essere la testa del principe di forma e dimensione maggiore.
Nel rovescio si notano le iniziali T · CAS che lo dimostrano stampato nella officina di Torino dal maestro G. Cassino.
Non posso lasciare inosservato un grosso anonimo, che da ambo i lati ha l’iscrizione che spetta al rovescio, mentre manca del nome del principe e del titolo principale di duca di Savoia.
17. — Mistura, peso grammi 2,62.
Ritengo che remissione del nome del Duca dipenda da un errore dell’incisore e non da altro motivo; la moneta appartiene certo all’ultimo quarto del secolo XV, essendovi dei grossi di ugual tipo coi nomi di Filiberto I, Carlo I, Filippo II, ed anche di Filiberto II.
Giunti ora ad un’epoca relativamente moderna e non volendo occuparmi delle più minute particolarità, come sono le iniziali dei maestri, le abbreviazioni delle leggende e gli anni di emissione, chiuderò questa breve serie di monete di Savoia con un testone di Carlo II (1502-1554) notevole per la corona che sovrasta lo scudo, deplorando che la moneta abbia scivolato sotto la battitura, in modo da rendere imperfetto il ritratto del principe.
18. — Argento, peso grammi 9,52.
SAVOIA - ACAIA.
Del ramo di Savoia, che ebbe in retaggio il Piemonte e, per il matrimonio con Isabella di Villeardouin, prese il titolo di Acaia e di Morea, tenendo aperte le zecche di Torino e di Pinerolo, possedo due monete inedite, un forte di Amedeo (1367-1402) ed un obolo anonimo, ma che appartiene allo stesso tempo.
1. — Mistura, peso grammi 0,77.
2. — Mistura, peso grammi 0,77.
Nelle due monete di cui ho presentato il disegno si osservano, al posto ove solitamente si trova la crocetta che divide il principio dalla fine della leggenda, due oggetti posti in croce nel modo che gli italiani chiamano di S. Andrea o decussati ed i francesi en sautoir. Questi oggetti potrebbero essere due cucchiai, due remi, ovvero una tenaglia aperta od altro ancora, e lo stesso Promis11 aveva notato tale segno, che egli chiama semplicemente croce di S. Andrea, sulle monete di Amedeo principe di Acaia, a cui si devono attribuire questi due pezzi.
Uguale segno si osserva in alcune monete di Amedeo VIII, fabbricate prima che assumesse il titolo di duca di Savoia, e fu oggetto di discussione, specialmente fra i numismatici d’oltre alpe, per conoscere a quale maestro potesse essere attribuito. Senza entrare nel merito della questione, credo utile di richiamare l’attenzione degli studiosi sul fatto che lo stesso segno fu usato anche in Piemonte, tenendo conto che due zecchieri distinti possono avere adoperato lo stesso segno in paesi diversi, e che nelle monete di Amedeo VIII di Savoia esso è posto sempre chiaramente come marca di zecca, mentre in quella di Amedeo di Acaia talvolta sostituisce la crocetta, come ho detto pocanzi, e talvolta invece è posto in principio, a mezzo, od in fine della leggenda, come si conviene al contrassegno di un maestro di zecca.
MESSERANO E CREVACUORE.
Le piccole zecche del Piemonte interessano lo studioso e dilettano il raccoglitore, perchè l’indole loro le rende feconde di sorprese e di novità. I feudatari grandi e piccini che le tenevano aperte non possedevano un territorio abbastanza esteso per avere monetazione indipendente e cercavano nella zecca una risorsa finanziaria, imitando le monete degli stati vicini ed anche lontani, cambiando spesso di tipi e di sistemi, per meglio diffondere i loro prodotti e deludere la vigilanza degli interessati. Comincierò dallo stato più settentrionale posseduto prima dai Fieschi, poi dai Ferrero i quali divenuti padroni di Messerano e Crevacuore per l’adozione di Filiberto Ferrero, fatta da Lodovico II, aggiunsero al proprio il cognome di Fieschi.
1. — Argento, peso grammi 4,34.
2. — Argento, peso grammi 4,73.
Questi due Cornabò anonimi da 5 grossi sono perfettamente uguali, tranne le iscrizioni, a quelli che portano i nomi di Lodovico II e Pietro Luca II, e si devono quindi ritenere contemporanei od almeno di un’epoca assai vicina. Io credo che i signori di Messerano e Crevacuore abbiano iniziata la loro fabbricazione con tali monete, che tacevano il nome dei feudatari, e mi sembra anzi di riconoscere in esse i pezzi da soldi otto delle tariffe parmigiane 14 agosto e 22 Ottobre 1519 citate da Zanetti12 e da Promis13, come lo scudo d’oro ivi nominato deve certamente essere quello esistente a Parigi nel Cabinet des médailles descritto da Morel-Fatio14, non restando in tal modo da ritrovare che il testone chiamato nella più antica tariffa grossone da soldi 17.
3. — Mistura, peso grammi 2,97.
Promis illustra un pezzo simile a questo col nome di Filiberto Ferrero Fieschi, dimostrando essere esso una imitazione di monete di Soletta (Solothurn) come altri analoghi battuti a Casale ed a Desana.
In fatti può facilmente confondersi coi Rollbatzen di Soletta e di altre città della Svizzera, da cui il Piemonte prese il tipo, non solo, ma anche il nome della moneta. Dovrebbe appartenere all’epoca, in cui Lodovico e Pietro Luca regnarono assieme, perchè manca del nome del principe, sebbene le altre monete dello stesso tipo sieno di alcuni anni più recenti; ma conviene osservare che il pezzo che ora presento sembra di lega migliore e quindi probabilmente più antico dei suoi simili.
Le monete di Lodovico II (1521-1532) si dividono in due epoche, e cioè quelle coniate prima del 1528, in cui Lodovico porta in comune col cugino i titoli della casa Fieschi, e quelle coniate dopo il 1528, quando cedette i suoi diritti sul feudo di Crevacuore. Della prima epoca (1521-1528) riporterò due pezzi che si trovano nella mia raccolta.
4. — Mistura, peso grammi 4,86.
Questa moneta fu pubblicata da Promis15 traendola da un disegno, senza conoscerne il peso per cui la giudicò un rolabasso. Il mio esemplare sufficientemente conservato mostra col suo peso di valere quattro grossi, e di essere quindi un doppio rolabasso.
5. — Mistura, peso grammi 2,62.
Rolabasso simile al n. 14, tav. III, del Promis, ma l’iscrizione del diritto indica ch’esso appartiene alla prima epoca. Differisce da quello descritto dal Conte Miari16 perchè il motto del rovescio comincia da AVE · CRVX, ecc., e non da SALVE, ecc.
Della seconda epoca (1528-1532).
6. — Argento, peso grammi 9,55.
Questo testone è simile al n. 4, tav. II di Promis; ma appartiene alla seconda epoca del regno di Lodovico non portando altri titoli che quello di Signore di Lavania e Messerano.
7. — Argento, peso grammi 3,35.
Questo cavallotto differisce da quello di Promis n. 13, tav. III, solo per la disposizione dell’iscrizione e l’attitudine del cavallo che invece di andare al passo si muove con moderato galoppo.
8. — Argento, peso grammi 9,55.
9. — Mistura, peso grammi 3,59.
Il testone ed il cavallotto di cui ora ho dati i disegni ricordano assai i testoni di Promis coi nn. 6 e 11; ma sono diversi per il conio e per alcune particolarità, specie nel rovescio.
Non credo accidentale nemmeno questa piccola varietà, perchè questi due pezzi evidentemente contemporanei mi sembrano inferiori nell’intrinseco a quelli già noti. Li ritengo coniati negli ultimi anni del regno di Lodovico e mi conferma in questo pensiero il titolo di Conte ch’egli ebbe nel 1506 dal Pontefice, ma adoperò di rado sulle monete.
10. — Mistura, peso grammi 2,08.
Merita un breve cenno un rolabasso che possedo simile in tutto a quello disegnato nell’opera del Promis al n. 14 della tav. III, tranne che nell’iscrizione del rovescio dove è scritto + SALVE · CRVX · SANTA · ET · BENEDICTA invece di AVE · CRVX, etc.
11. — Argento, peso grammi 8,67.
Ecco un testone di peso insolito, di tipo sconosciuto, con un santo che non si trova nel martirologio e che pur conviene aggiungere all’elenco di santi nominati o rappresentati sulle monete italiane già lungo e che continuamente aumenta. Conviene cercare all’estero l’origine di questo pezzo, il quale non è certamente che la riproduzione di un tipo nordico fatto con ispirito d’imitazione meraviglioso allo scopo di sorprendere la buona fede dei popoli ignoranti.
L’iscrizione del rovescio comincia a sinistra della testa del santo ed un trifoglio che si vede anche su alcuni tirolini anonimi di Crevacuore segna la divisione della leggenda.
12. — Mistura, peso grammi 3,07.
Questa moneta, che pesa un po’ meno di un cavallotto, sembra disegnata dalla stessa mano che lavorò il testone precedente, perchè l’aquila e le lettere hanno lo stesso carattere artistico; ed è l’imitazione di una batzen di Costanza, eseguita in modo da ingannare facilmente chi non sia in sospetto, e non legga l’iscrizione. Ne feci l’acquisto alla vendita Franchini, dove era indicata come inedita col n. 1524.
Di Pietro Luca II (1528-1548) possedo alcune varietà del testone assai noto pubblicato prima dal Muratori poi da Promis al n. 6 della tav. IV, che mi sembrano degne di qualche attenzione.
13. — Argento, peso grammi 9,22.
14. — Mistura, peso grammi 8,54.
15. — Mistura, peso grammi 7,46.
16. — Rame, peso grammi 1,81.
Nuova contraffazione del quattrino milanese in cui si rileva il nome di Messerano ma non quello del principe, che però deve essere Paolo Besso (1629–1667) il quale, odiato dai sudditi per la sua tirannia ricorse spesso alle falsificazioni per aumentare le sue risorse finanziarie.
DESANA.
Anche della zecca di Desana, feconda pure di varietà e di imitazioni di monete forestiere possedè alcuni pezzi nuovi, fra cui due cornabò di Giovanni Bartolomeo Tizzoni (1529-1533) del tipo solito che si usava dai Marchesi di Saluzzo, dai Signori di Messerano e anche a Desana.
1. — Argento, peso grammi 4,93.
2. — Argento, peso grammi 4,57.
Il cornabò già noto di Gio. Bartolomeo, di cui hanno dato il disegno Gazzera e Promis, ha lo stesso santo guerriero a cavallo che l’iscrizione chiama San Giorgio, mentre qui lo si intitola con molta disinvoltura S. Alessandro, santo che si trova in altre monete dei Tizzoni. Reichel18, citato da Morel Fatio19 descrive un cornabò poco diverso dai miei con S. Alessandro.
3. — Oro, peso grammi 3,42.
Sebbene manchi del nome del Conte e di quello della zecca, questo fiorino o ducato d’oro è indubbiamente di Antonio Maria Tizzoni (1598-1641) perchè lo stemma è quello che egli usò nella maggior parte delle sue monete d’oro e d’argento.
Somiglia assai al n. 29 della memoria IV di VincenzoPromis20 e crederei doversi classificare tra i fiorini d’oro d’Alemagna nominati nei registri della guardia pubblicati da D. Promis21.
Non ho riprodotto il disegno di questo Tallero che è in tutto simile a quello dato da Promis al n. 30 della tav. VIII tranne che nell’iscrizione del diritto. Nel Catalogo Welzl di Wellenhein, tomo II, parte 1, n. 2613 vi è un tallero colle stesse iscrizioni del mio; ma nella descrizione del ritratto del principe esso tiene nella mano destra lo scettro, mentre la sinistra sì appoggia all’impugnatura della spada: Morel-Fatio22, ricordando la varietà del Welzl, teme che il disegno di Promis, tolto da una tariffa di Anversa, sia inesatto; ma io possedo anche il tallero n. 30 che Promis non aveva veduto e che è perfettamente uguale al disegnato fuorché nell’indicazione del valore F 6 che si trova nel poco campo lasciato libero fra lo stemma e l’iscrizione del rovescio. Si può credere che in una zecca del genere di quella di Desana il rovescio nel n. 30 sia stato adoperato anche assieme al diritto del n. 6, che è poi meglio riprodotto da Morel-Fatio, tav. III, n. 30. La differenza più importante fra i due pezzi che tengo nel mio medagliere sta nell’intrinseco, perchè quello con F€, che è uguale al n. 30 di Promis, è di buon argento, mentre quello di cui ho dato prima la descrizione è di lega pessima argentato.
5. — Mistura, peso grammi 8,54.
Ho creduto di far cosa buona riproducendo il disegno esatto di tale moneta che esiste nel mio medagliere; mentre Morel-Fatio23 l'aveva tolta da un cattivo disegno dell’Hoffmann Muntzschlüssel. È una imitazione di un dicken di Lucerna che ha per patrono S. Leodegario.
6. — Mistura, peso grammi 5,55.
Questa moneta di argento inferiore è imitazione di un pezzo annoverese colla B. V. assai popolare in Germania ed appartiene senza dubbio alla zecca di Desana ed al tempo del Conte Antonio Maria perchè le lettere devono interpretarsi anche qui come in altri simili casi Domini Ticii Desanae.
7. — Rame, peso grammi 2,11.
8. — Rame, peso grammi 1,88.
Imitazioni di quattrini milanesi coi quali Carlo Giuseppe Tizzoni (1641-1676) cercava di sorprendere la buona fede dei popoli lombardi, facendosi ritrarre col tipo e col vestito del re di Spagna e disponendo le lettere dei suoi titoli e feudi in modo da ingannare gli inesperti.
ASTI.
1. — Mistura, peso gr. 1,16.
D. Promis descrive due monete simili a questa colla testa di San Secondo protettore di Asti, e perciò coniate in quella città durante la signoria dei Marchesi di Monferrato (1356-1377). L’illustre autore, mancando di documenti e di dati precisi, esita a dichiararsi sul valore e quindi sul nome da dare a tali pezzi, però nella monografia sulla zecca di Asti inclina a credere il primo24 un mezzo grosso, mentre pubblicando il secondo colle monete dei Paleologi25 lo chiama un bianchetto. Evidentemente sono una stessa cosa ed hanno lo stesso valore tanto i due esemplari del Promis quanto il mio, che non ha altra differenza se non la barba sul mento del Santo.
A mio avviso sono bianchetti da 12 al grosso come quelli ai numeri 9, 10 e 11 della Tavola II attribuiti da Promis a Teodoro II di Monferrato.
MONFERRATO.
Delle monete coniate dai Paleologi e dai Gonzaga marchesi di Monferrato si occuparono Domenico Promis26 ed altri valenti numismatici, ma l’argomento non è ancora esaurito, ed ecco quanto, esaminato il mio medagliere, posso aggiungere al già noto.
1. — Oro, peso gr. 3,38.
Simile in tutto allo scudo d’oro di Guglielmo II ed a quello di Bonifacio II, questo mio esemplare manca dell’iniziale del principe e del tratteggio che nel campo superiore completa lo stemma aleramico.
Siccome si tratta di una imitazione dello scudo francese del sole, è naturale il pensiero che questo pezzo anonimo sia il primo tentativo di una emissione che non cercava farsi notare, ma anzi desiderava, di passare inosservata. Devo però avvertire che uno di siffatti scudi d’oro di Bonifacio che possiedo ha lo stemma centrale partito, ma senza tratteggio come questo, percui si deve concludere che lo scudo anonimo deve essere stato coniato nei primi 30 anni del secolo XVI, durante i principati di Guglielmo e di Bonifacio senza determinare l’epoca più esattamente.
2. — Mistura, peso gr. 1,20.
E. Maggiora Vergano, nell’unico numero comparso della Rivista Numismatica Italiana, anno II, 186627, descrive quattro monete inedite di Monferrato, ma in causa della sospensione del periodico la terza tavola, che doveva recarne i disegni non fu pubblicata.
Trovandomi possessore di una monetina uguale a quella descritta sotto il n. 2, ed avendo trovato fra i disegni di Kunz la tavola preparata per la stampa, credo far cosa utile e grata agli studiosi col darne il disegno. Il Maggiora Vergano esprime il parere che tale monetina sia un bianchetto, ma il peso e la dimensione me la fanno ritenere piuttosto un quarto di grosso di Guglielmo II Paleologo (1494-1518).
3. — Argento, peso gr. 3,69.
Benché manchi del solito cavaliere, il peso di questa moneta ci avverte essere, essa un cavallotto, che all’aspetto sembra di lega alquanto migliore dei soliti di Bonifacio II (1518-1530) ed ha un’impronta affatto diversa, certo per non essere confuso con quelli d’intrinseco più scadente.
4 — Argento, peso gr. 10,94.
- circolo MARG · PALE · DV · MAN · MARC · MON · FE, una testina di vescovo in un circoletto divide l’iscrizione.
Questo bellissimo testone è opera squisita di valente artefice probabilmente lo stesso che modellò il testone di Gian Giorgio col cervo in uno steccato di vimini. La duchessa è rappresentata in vesti vedovili ed il principe in età infantile, per cui si può ragionevolmente supporre che la moneta sia stata coniata poco dopo la morte di Guglielmo Gonzaga, e quindi nei primi anni del regno di Francesco Gonzaga (1540-1550) sotto la tutela della madre Margherita Paleologa.
5. — Argento, peso gr. 15,39.
Il diametro e l’aspetto di questa moneta mostra che è semplicemente una varietà di quella riprodotta nelle Monnaies d’argent, du Cabinet de S. M., che il Promis28 crede un pezzo di 6 lire; mentre il peso corrisponde a quello indicato nelle stesse pagine per la moneta disegnata al n. 20 della tavola II. Avendo motivo di credere che l’illustre autore non abbia potuto vedere né pesare effettivamente i due pezzi, temo egli si sia ingannato e opino che tanto il mio esemplare come quello del Gabinetto imperiale di Vienna sieno mezzi scudi da tre lire di Vincenzo I (1587-1612) Duca di Mantova e di Monferrato.
6. — Argento, peso gr. 22,14.
7. — Argento, peso gr. 11,a8.
Il padre Ireneo Affò riporta due tariffe, l’una di Parma29 21 marzo 1625, dove si trovano elencati scudi di Mantova, che da una parte hanno una croce grande e quattro piccole, la seconda di Guastalla30, 1 febbraio 1640, nella quale è nominato un tallero detto (ossia di Mantova) dalle 5 ✠ e valutato L. 7,15, mentre i talleri d’Alemagna e d’altre buone stampe sono posti a L. 9,16.
Alla prima di tali citazioni G. A. Zanetti aggiunge la seguente nota: (232) " Posseggo questa moneta bene conservata e la trovo di peso carati 118 bolognesi. La sua bontà era di oncie 11 e den. 1, come ho rilevato dai saggi fatti in quel tempo in questa zecca di Bologna. „
Non ostante questo cenno in un’opera classica che è consultata da tutti gli studiosi, il tallero e il mezzo tallero di Ferdinando (1613- 1626) sfuggirono alle ricerche di tutti coloro che si occuparono delle zecche di Casale e di Mantova. Mi pare che tali pezzi si debbono ritenere coniati a Casale, perchè alla stessa officina sono attribuite tutte le monete colle croci disegnate a quel modo, che ricorda la pretesa dei Marchesi di Monferrato sul Regno di Gerusalemme.
PASSERANO.
1 — Rame, peso gr. 0,78.
Ciò che rende interessante questo quattrino, e lo distingue da altre imitazioni analoghe dei Radicati Signori di Passerano, sono gli uccellini disegnati in modo da adombrare i gigli bensì, ma col beccuccio aperto in modo da sembrare che escano appena dal nido per chiamare la madre. Un secolo più tardi le zecche della casa Doria ricorsero ad un simile artificio per simulare i gigli di Francia nei Luigini destinati al Levante.
FRINCO.
1. — Argento, peso gr. 5,02.
Fra le piccole zecche piemontesi, che si dedicavano alla imitazione di monete forestiere, esiste un intimo legame, per il quale una moneta imitata in una di esse si trova assai spesso riprodotta nelle altre colla sola differenza delle iscrizioni. Non è possibile conoscere se fra gli appaltatori esistesse qualche accordo, certo è che gli intagliatori dei coni sembrano gli stessi. Anche, il Giulio di tipo bolognese, di cui ho dato ora il disegno; è una conferma di questa osservazione fatta da tutti coloro che si occuparono dei prodotti di siffatte officine. Conosciamo già i giuli dì Messerano coi nomi di Besso Ferrero e di Francesco Filiberto, e forse un giorno ne vedremo altri simili usciti dalle zecche vicine; tutti poi della stessa epoca, e cioè della fine del secolo XVI.
2. — Mistura, peso gr. 2,11.
È questa una imitazione affatto nuova e sconosciuta di un cavallotto reggiano di Alfonso II d’Este col solito artificio di far precedere da una S il nome del principe di cui era riprodotto il ritratto. Il metallo è pessimo, il lavoro trascurato, per cui a prima vista sembra opera di volgari falsari mentre le parole dell’iscrizione indicano che è uscita da un’officina famosa per tali disoneste imprese. È pure della fine del secolo XVI.
SALUZZO.
1. - Oro, peso gr. 3,37.
Ultima moneta che presento ai cultori della numismatica della regione subalpina è uno scudo d'oro di Michele Antonio (1504-1528) marchese di Saluzzo, che differisce dagli altri già noti principalmente per il motto che circonda la croce del rovescio. Ho creduto conveniente riprodurne il disegno, perchè un poco meno diligente e finito di quello che si vede ordinariamente, ma più spigliato e caratteristico, e perchè manchiamo di buoni disegni delle monete di Saluzzo.
Nicolò Papadopoli.
- ↑ Ladé Dott. A., Contribution à la numismatique des Comtes di Savoie. — Revue suisse de numismatique. Année IV, pag. 120-123, n. 11, 12 e 13.
- ↑ Ladé Dott. A., Un trésor de monnaies du moyen-àge, — Revue Suisse de Numismatique. Année I, 1891, pag. 25, tav. IX n. 3.
- ↑ Ladé, Op. citata, R. S. di N., 1894, p. 163-163, n. 53.
- ↑ Promis D., Monete dei Reali di Savoia, Torino, 1841, p. 59, tav. III, n. 3.
- ↑ Rabut F., Notice sur quelques monnaies de Savoie inédites. Chambéry 1849, pag. 18 e Troisième notice, etc, ivi 1856, pag. 5 t; 9, tav. 1, n. 3.
- ↑ Ladé, Op. cit. R. S. de N., 1894, 165-167, n. 57.
- ↑ Perrin, Cat. Chambéry, n. 96 e 97. Cat. Annecy, 53 e 54.
- ↑ Ladé, Op. cit. R. S. de N., 1891, n. 45, 46, 48 e 54.
- ↑ Rossi Umberto, Monete inedite del Piemonte, Gazz. Numis. Como, Anno III, 1883, pag. 81 e 84.
- ↑ Il versetto 7 del salmo 117 dice: Dominus mihi adjutor, et ego dispiciam inimicos meos.
- ↑ Promis, Op. cit. Vol. I, p. 368.
- ↑ Zanetti G. A., Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, Bologna, 1775-89. Tomo V, pag. 121-125.
- ↑ Promis D., Monete delle zecche di Messerano e Crevacuore, Torino, 1859, pag. 18.
- ↑ Revue de la Numismatique Belge, serie V, tomo I. Bruxelles, 1869, pag. 257-258.
- ↑ Promis, Op. cit., pag. 26, tav. III, n. 9.
- ↑ Gazzetta Numismatica. Anno I, Como 1881, pag. 46.
- ↑ V. Promis, Monete di zecche italiane inedite o corrette, Mem, IV, p. 28, tav. III, n. 33.
- ↑ Reichel, Münzsammlung IX, 2292.
- ↑ Morel Fatio, Monnaies inédites de Desana, Frinco et Passerano (R. N. Franc., 1895), pag. 18.
- ↑ Promis Vincenzo, Monete di zecche italiane inedite corrette. Memoria IV. Torino, 1882, pag. 25 e 26.
- ↑ Promis D., Monete della zecca di Desana, Torino, 1863, pag. 47 e 48.
- ↑ Morel-Fatio, Op. cit., pag, 46.
- ↑ Morel-Fatio, Op. cit., pag. 43, Tav. IV, n, 34.
- ↑ Promis D., Monete della zecca di Asti, Torino, 1853, pag. 24, tav. II, n. 3.
- ↑ Promis D., Monete dei Paleologi, marchesi di Monferrato. Torino, 1858, pag. 17, tav. I, n. 7.
- ↑ Promis D., Monete dei Paleologi, op. cit. — Monete ossidionali del Piemonte. Torino, 1836. — Monete inedite del Piemonte, Ivi, 1858. — Monete di zecche italiane inedite o corrette. Memoria III. Ivi, 1871.
- ↑ Pag. 132-134.
- ↑ Promis D., Monete di zecche italiane inedite o corrette. Memoria III, pag. 21-22.
- ↑ Della Mecca e moneta parmigiana. — G. A. Zanetti, Nuova raccolta delle monete, op. cit.. Tomo V, pag. 151.
- ↑ Della zecca di Guastalla. Ivi, tomo III, pag. 83.
- ↑ In Francia tale Croce si diceva dello Spirito Santo perchè era portata dai cavalieri di quell’ordine.