Memorie storiche di Arona e del suo castello/Libro VI

Libro VI

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LIBRO SESTO


SOMMARIO:

Torbidi di guerra nel ducato, ed occupazione del Castello per parte degli Spagnuoli — Pestilenza dell’anno 1576 — Si erige la confraternita del Sacramento e di S. Giuseppe, ed il monastero della Purificazione — Arona è fatta sede di un governatore da Filippo II re di Spagna — Il cardinale Federico Borromeo erige la chiesa di Loreto — Abbellisce quella di Santa Maria — La costituisce in collegiata, dando a lei, allo spedale ed al monte di pietà analoghi regolamenti — Dona alla collegiata molte preziose reliquie — Innalza il monte, il seminario, ed il colosso di san Carlo.
Riassumendo la serie dei castellani del forte, trovo che nell’anno 4375 era castellano Giulio Beolco, patrizio milanese, sotto il comando del quale essendosi per ordine del governatore di Milano don Gabriele Covio, duca d'Albuquerque, fatto improvvisamente occupare il forte per mezzo del conte Giovanni Anguissola piacentino, lo tenne questi sino all'anno 1579, in cui al primo di agosto per ordine
[p. 120 modifica]di Filippo II re di Spagna, e duca di Milano, il marchese di Aimonte, governatore del ducato, lo restituì a’ suoi legittimi padroni, e vi rientrò dipoi per castellano il già detto Giulio Beolco, che lo tenne a nome di san Carlo. Era stile già introdotto a quest’epoca nei feudatarii di questo forte, che morendo alcuno d’essi che ne fosse

stato padrone, o morendo il castellano, se ne investiva per atto pubblico il successore legittimo, e questi nominava il castellano, esigendo da esso il giuramento di fedeltà di tenere e difendere a nome del feudatario il forte; e sempre sino alla cessazione del feudo si è osservata una tale pratica.

Affliggeva in questi tempi gran parte della Lombardia per la seconda volta in questo secolo la peste, che recata dal Tirolo, e passata ad infestare i paesi di terraferma della repubblica Veneta e del ducato di Mantova, venne a svilupparsi nel paese di Paruzzaro alli 14 di marzo del 1576, essendone stati colpiti in prima tre individui della famiglia Dallaqua, che aveva accordato, si dice, ospitaliero ricovero ad un merciaiuolo di Pogno di riviera d’Orta, reduce dal Brabante, a cui era riuscito di approdare nel porto di Livorno, e continuare il suo viaggio a scanso di precauzioni sanitarie. Vi durò il morbo sino all’ultimo di settembre successivo con morte di duecento e più persone, malgrado le più diligenti precauzioni usate dagli ufficiali di sanità del ducato, che spedirono sul luogo medici e commissarii per porre in opera ogni mezzo onde impedire i progressi del contagio; ma erasi già questo, in altri paesi manifestato, e particolarmente in Melegnano, da dove fu poi a Milano recato, e si diffuse eziandio nella riviera d’Orta, ove quel merciaiuolo ebbe ricetto, ed in [p. 121 modifica]quasi tutta la Lombardia, alla quale costò il sacrificio di innumerevoli vittime, ed alla sola Milano, al dire del Besta1 , di diecisettemila e più abitanti coll’ingente spesa di un milione e mezzo. Ci narra questo scrittore, che dei paesi del lago Maggiore più vicini ad Arona, oltre a Paruzzaro, siano stati infetti dalla pestilenza Baveno, Graglia e Massino; e quantunque Arona fosse situata nel mezzo del pericolo, pare che siasi prodigiosamente preservata, non trovandone alcun cenno nei documenti pubblici e privati. I nostri maggiori attribuendo un tale fatto alla protezione dei santi Fedele e Carpoforo, le di cui ossa in quel medesimo anno sono state da san Carlo concesse al paese, vollero perpetuare la memoria di tale successo inserendola nell’atto di solenne voto fatto per la festa del giorno tredici di marzo.

Ad onta dei narrati sconvolgimenti e delle onerose imposte, che ne sono per lo più la certa conseguenza, fioriva a questi tempi in Arona lo spirito della vera pietà animato dalle eroiche azioni di chi reggeva, cosicchè oltre alla compagnia dei Disciplini che già esisteva sino dal 1484, cangiatisi poi in confraternita di santa Marta, venne sotto il 15 di maggio del 1582 da san Carlo eretta nella parrocchiale chiesa di Santa Maria l’altra confraternita del Ss. Sacramento, che prese l’abito color ceruleo, a cui venne incorporata la scuola di san Giuseppe che esisteva sino dal 15242:, ed in novembre del 1584 si stabilì la compagnia detta del Rosario, e poco distante da questa [p. 122 modifica]epoca, cioè nel 1590, si fondò il collegio delle Madri sotto il titolo della Purificazione di Nostra Signora. Istitutrice benefica di questo collegio fu la contessa Margarita Triulzio Borromeo, nella quale gareggiavano la nobiltà, la pietà, la ricchezza ed il disinteresse. Il luogo stesso in cui ai giorni nostri viddimo questo monastero nel pieno suo splendore è pure quello in cui ebbe il suo principio, essendosi dilatato in progresso per gli acquisti che le religiose hanno fatto dei vicini locali. La felice promozione di questa novella colonia si dee allo zelo del Padre Giovanni Mellino Gesuita, ed alla Madre Clemenza Ruga di Arona, che fu la prima superiora dello stesso collegio. Le cure di questi egregi operai ridussero in poco tempo questa vigna eletta ad uno stato di essere ammirata; e sebbene questo collegio non avesse clausura, la ritiratezza, la modestia e l’esercizio continuo delle virtù morali fecero sì che anche da lontani paesi gli venissero raccomandate e poste in educazione le figlie delle più nobili famiglie, oltre all’insegnamento pubblico per le figlie povere del paese.

È pure da attribuirsi allo spirito di pietà del tempo l’unione di un coadiutore alla parrocchia, i di cui pesi per l’accrescimento della popolazione si facevano ognora più gravi. Ciò ebbe luogo mentre reggeva la parrocchia Gerolamo Del-Majno, che la resse dal 1591 al 1607, e che era successo al parroco Matteo Colonna, morto nel 1590. L’unione di alcuni benefici semplici costituì la dotazione della coadiutorìa, la quale poi nel 1605 è stata dall’immortale cardinale Federico Borromeo eretta in cura d’anime ed unita al Capitolo.

La signoria di questa contéa dopo la morte di san Carlo Borromeo ultimo discendente del conte Giberto suo [p. 123 modifica]padre, passò con tutte le altre di quell’illustre casato nel conte Renato di lui cugino e figlio del conte Giulio-Cesare. Godeva questo feudatario un grande credito presso i popoli delle sue terre, poichè a sua mediazione potè riescire a sedare le discordie e ravvicinare le due emule famiglie ossolane Del-Ponte e dei Brenni, che avevano elevato due potenti fazioni che laceravano la valle dell’Ossola in onta alle fiere intimazioni del governo spagnuolo di Milano. È un bel monumento per la storia l’atto solenne stipulato in Arona per tale riconciliazione alli 15 agosto 1595 dal notaio Alfonso Picena avanti la porta della chiesa maggiore di Santa Maria, nel quale atto le parti riconciliate giurarono l’osservanza della stabilita pace sopra gli Evangelii colle imprecazioni delle podestà infernali e dei castighi di Ananìa, di Datir e di Abiron per chiunque non la mantenesse. Fu pure efficace l’opera dello stesso conte Renato a sedare la discordia fra le due famiglie dei Balconi e dei Rossi, capi di due fazioni che malmenavano la valle di Vegezzo, soggetta essa pure al suo feudo; e tale concordia risulta pure dall’atto stipulato in Arona alli 5 aprile 1596, fatto in presenza del castellano Giulio Pomponio, di Giulio Perego podestà d’Intra, e di Bernardo Besozzo fiscale di Domodossola. Erano frequentissime in quel secolo le fazioni in uno stesso paese, e direi quasi nella medesima contrada tra cittadini e cittadini. Il governo debole della Spagna o le trascurava, o sì limitava tutto al più a spaventarle colle minacciose grida, le quali poi non sosteneva colla forza e colla pubblica autorità.

Dopo la surriferita ristaurazione di questo forte seguìta l’anno 1554, si pensò da Filippo II re di Spagna a [p. 124 modifica]tenerlo colla maggior gelosia, avendo le precedenti vicende di guerra fatto conoscere che era un antemurale del ducato dalla parte della Francia e della Svizzera3. Quindi fissò in Arona la sede, di un governo subordinato a quello di Milano, che tenesse luogo anche di castellano del forte. Il già nominato Giulio Beolco fu l’ultimo che portasse il titolo di castellano; ed il primo governatore, per quanto si è potuto riscontrare, è stato Giovanni Maria De Sardi, il quale fece il lascito di lire quattrocentoventi milanesi alla parrocchiale chiesa di Santa Maria per la celebrazione di una messa ebdomadaria4. Successe al De Sardi lo spagnuolo don Alfonso Sanchez, speditovi da don Pedro Toledo De Osorio, governatore dello stato di Milano. Questi abitava continuamente nel Castello, ove tenne sempre una numerosa guarnigione per li continui movimenti di guerra che vi erano in quei tempi. Introdusse questo governatore l’usanza delle salve d’artiglieria per alcune solennità della chiesa, pel giorno del compleanno del regnante, e per la ricorrenza di alcuni santi di particolare divozione della potenza che comandava.

Copriva in questi tempi la sede arcivescovile di Milano in cardinale Federico Borromeo, nipote di san Cario, successo nelle arcivescovado a Gaspare Visconti, che morì nel 1595. Questo uomo celebre per santità di vita, per lettere, per buon gusto nelle belle arti, e per cuore liberale e magnanimo, non solo corrispose alle più belle speranze che ne-aveva concepito san Carlo, ma sorpassò di gran lunga la sua e l’altrui aspettazione, e supplì colla più generosa [p. 125 modifica]munificenza a quanto lo zio aveva ideato di fare a beneficio di Arona, in cui sebbene il nuovo porporato non fosse nato, aveva però le più intime relazioni di sangue e d’interesse, e per cui aveva anche ne’ più grandi suoi affari il più tenero attaccamento. Ecco in ristretto cosa scrive il Sassi nella vita di questo cardinale: Ǣgre ferebat Federicus oppidum illud, quod insigne ac pene venerandum reddiderat natali suo etiam cœlitus demissis radiis illustrato sanctus Carolus Borromceus, solo paræciæ titulo gaudens a cœteris minime distingui, quocirca meditatus est peculiari splendore illud augere. In primis autem Ecclesiam elegantia omni adornavit, pictoresque nominis celebrioris accivit, ut in ea Beata; Virginis Nativitati dicata quidquid ad ejusdem vitam spectabat esprimeret; dein collegium canonicorum instituit, atque archipresbiteratus dignitate illius præsidem ornavit anno 1603 annuis redditibus ex proprio ære assignatis.

Basterebbe questa succinta relazione per tramandare ai posteri l’attestato delle beneficenze rese a questa chiesa ed al paese dell’inclito porporato, se più segnalati doni ed opere grandi non rendessero necessaria la enumerazione. E benché altri prima di me siansi accinti a tale lavoro, non credo perciò di togliere il pregio delle loro fatiche se nel tenere il filo della storia dei tempi, non posso passare in silenzio quelle stesse cose, che essendo di grande importanza, e formando epoche singolari per Arona, lascerebbero un deforme vuoto se fossero omesse.

Aveva già prima del conseguimento della sede arcivescovile dato un contrassegno della sua affezione al luogo natalizio del glorioso suo zio san Carlo coll’erezione fatta nell’anno 1592 della bella chiesa di Santa Maria di Loreto, [p. 126 modifica]sotto disegno del Pellegrini, come lo impariamo dalla epigrafe posta sulla porta all’occidente della stessa chiesa:

D • O • M

TEMPLO • SANCTISS • VIRG • LAVRETANE

EXTRVENDO

FEDERICVS • CARD • BORROMEVS

MARGARITÆ • MATRIS

AC • POPVLI • ARONENSIS

VOT1S • ANNVENS • IECIT

DIE • VIII • MENSIS • DECEMB •

ANNI MDXCII •

Appena entrato al possesso della sede arcivescovile, e nella prima visita che fece della diocesi nell’anno 1602 avendo veduto molto squallido e deforme il tempio di Santa Maria, si determinò di ristaurarlo a proprie spese, avendovi data esecuzione nel susseguente anno, e consistettero le opere nella totale dipintura della chiesa, ritenute però, come si è di sopra accennato, le immagini antiche che stanno nei lati della porta principale e le medaglie vetuste sottostanti alla vôlta percontro il battisterio. Fece indorare i capitelli delle colonne, rinnovare il pergamo e l’organo, aggiungendo a questo una maggior copia di registri per mano di scelto artefice. Ma la maggiore delle opere che fece a questa chiesa è stato il totale cambiamento della faccia del presbiterio, che prima era una semplice cappella spoglia del benché minimo ornamento. Figura quivi fra pregevoli stucchi, la maggior parte indorati, il ben conosciuto pennello di Francesco Mazzucchelli detto Morazzone. In altrettante tele a giusta sede collocate si vedono dipinte la Natività di Maria, il di lei [p. 127 modifica]Sposalizio; l’Annunzio dell’Arcangelo; la Visita a Santa Maria Elisabetta; la Nascita di Nostro Signore; l’Adorazione dei Magi. Porta la vôlta superiore altre non meno stimabili pitture a fresco indicanti i quattro grandi profeti. Il Salvatore che assolve l’adultera; la morte di Maria Santissima; la sua Assunzione al Cielo, e la di lei Coronazione. Opera di Carlo Panfilo è il quadro in tela sovrapposto allo stallo principale del coro, che figura l’immacolata concezione col Cardinale benefattore genuflesso a suoi piedi. Merita poi l’attenzione degli eruditi il fresco del Montalchi che sta sul frontespizio della mensa dell’altar maggiore indicante Gesù deposto dalia croce compianto dalla madre e da pie donne. L’espressione di queste figure a chi bene le contempla, è di una naturalezza che soddisfa; ma il più -«singolare e studiato atteggiamento è quello di san Giovanni in atto di bacciare i piedi di Gesù: appare indubitatamente da questa figura, che l’autore non sapesse ove collocare questo santo, ed il modo con citi lo dispose, cioè tra l’urna e Gesù, fanno chiaramente vedere la felice immaginazione del pittore. È veramente una fatalità che questo fresco sia collocato in un luogo in cui difficilmente viene ad essere portato all’occhio del pubblico. Nei due campi laterali al presbiterio Federico Zuccari dipinse in fresco un che di consimile della rappresentanza della mensa coll’aggiunta di quattro Angeli e di san Bernardo genuflesso avanti il Redentore, è nell’altro campo si vede dipinto san Bernardo, che scrive sulle grandezze di Gesù e di Maria, cui sta contemplando, e questo è pennello di Cesare Nibbia. Il più pregiato dipinto però di questa chiesa è la famosa tavola di Gaudenzio Ferrari che sta collocata sull’altare della capella detta degli [p. 128 modifica]innocenti, che attrae meritamente l’incessante ammirazione degli eruditi. È divisa questa tavola in sei spartimenti adorni di ricco intaglio in legno dorato. Nel campo di mezzo che è il più grande vi è la nascita del Redentore, che seduto sopra di un cuscino viene circondato dalla Vergine, che sta genuflessa amorosamente guardandolo, da san Giuseppe e da due angeli, posti tutti in gentili atteggiamenti. Nello spartimento del lato destro vi sta santa Caterina, e santa Barbara ; al di sopra li santi Ambrogio, e Giorgio; nel campo sinistro san Martino e san Gerolamo in abito cardinalizio; al di sotto san Gaudenzio e san Pietro martire; in alto vi è il Padre-eterno con due angeli che stendono un nastro. Finora sono state vane le ricerche per sapere la provenienza di questo quadro alla chiesa, e solo volevasi che la figura di donna genuflessa, che vedesi nel campo sinistro, fosse la divota che avesse fatto dipingere o donato il quadro. Ravvolgendo io però le carte del patrio archivio notarile ritrovai l’istromento di convenzione che fece la comunità col suddetto pittore per la dipintura di detto quadro, e due altri di seguito di confessione del ricevuto prezzo in ducatoni centocinquanta5 così non v’ha dubbio che noi possediamo uno de’migliori parti di quel celebre pennello, benché vorrebbesi ancora da alcuno dubitare che tale veramente lo sia, appoggiati al Gaudentius Vintius pinxit, che leggesi nel basamento della cornice6 ma bisogna essere di ben limitato criterio per non confessare che questa inferiore pittura è di pennello totalmente diferente e di molto minor pregio del restante; che nulla [p. 129 modifica]hanno a che fare le mezze figure rappresentanti il Redentore in mezzo agli Apostoli colla leggiadrìa delle teste, la perfezione nei paneggiamenti, il vago colorito delle superiori tavole, che costituiscono un complesso ammirabile, ed un gusto veramente peruginesco.

Abbiamo in queste pagine notato come nell’anno 1602 il cardinale Federico Borromeo fondasse la scuola sotto il nome di Scolastica maggiore per l’istruzione dei figliuoli di Arona e del Vergante con assegno di capitali bastanti per gli alimenti del maestro, e con fissazione della casa e del locale per esercire la scuola nella canonica da lui innalzala appresso alla chiesa di Santa Maria; dobbiamo ora con compiacenza proseguire all’enumerazione delle seguenti beneficenze, per le quali la memoria e la riconoscenza degli Aronesi verso di sì grande benefattore non verrà mai meno. Eresse sotto li 10 di marzo di questo medesimo anno in collegiata la parrocchiale chiesa di Santa Maria, che decorò di un'arcipretura, il di cui primo arciprete è stato il nobile Giacomo Filippo Solaro già parroco di Arona, di poi instituì sei canonicati ai quali, oltre alle rispettive abitazioni nella canonica stessa, assegnò una conveniente prebenda; e si è per tal modo questa chiesa emancipata dall’aggregazione alla regione del prevosto di Angera, a cui san Carlo Borromeo l’aveva assoggettata nell’anno 1568.

Questo grande Prelato, e padre di Arona, oltre alle opere di pubblica e privata beneficenza, pensò anche ad assicurare le rendite de’poveri, prescrivendo al monte di pietà già instituito da san Carlo, le regole per il maneggio delle entrate e delle beneficenze; e diede in pari tempo alla fabbricerìa della collegiata le opportune leggi col titolo di [p. 130 modifica]costituzioni, in cui lasciò un non dubbio attestato del suo affetto per questa chiesa, leggendosi nel proemio : cum Aronesem ecclesiam, quanti semper unice dileximus.

Ridotta nel modo sopra accennato questa chiesa, la volle il pio Benefattore anche arricchire di un prezioso deposito di reliquie di Santi, e si deve infatti chiamarlo prezioso per il tesoro inestimabile delle numerose ed insigni reliquie che contiene, e per la ricchezza degli argenti ne’quali sono rinchiuse. La solennità di questo memorando trasporto seguìto alli dieci di agosto 1610 risulta dall’atto delli 15 dello stesso mese ricevuto Casati, di cui per istruzione dei nostri concittadini narreremo la sostanza.

Era in quell’epoca il Cardinale impiegato nella visita della sua diocesi e ritrovavasi in Brivio ; e per avere egli determinato che le sacre reliquie dovessero giungere ad Arona prima del giorno dell’Assunzione, in cui si doveva solennizzare il trasporto alla collegiata, delegò monsignor Alessandro Magenta a fare le di lui veci in questa occasione. Per effetto di questa delegazione sono state dal delegato nell’atto stesso riconosciute le reliquie prima di trasportarle. Nel relativo atto che porta la data delli 10 agosto, ricevuto Cesare Pezzana, si legge: Primum recognovit putcherrimum reliquiarium preclaro opere ex argentum confectum ex ordine pradicti illustrissimi domini7 sexaginta duabut capsulis localisque distinctum tot nimirum, quot in eo sacra reliquia asservantur, quarum particola auro, argentoque intexto integumento distintae, coloris pro ratione et qualitate earum,juxta sonda matris Ecclesiaritum [p. 131 modifica]involuta sunt, et inseriptionem itevi haben singulæ: quarum nomina earum constant patentibus litteris, omnibus argenteis a parte somma unius cujusque loculi expressa, opere vitreo ornatum ita ut singoli loculi vitro pellucido, cornicibus prædictis argenteis munito contegantur. Tecas idem duas ex argento pari ter, quæ capitis, cum collo dimidioque pectore formam et similitudinem exhibent, in quibus inclusa sunt capita unius sasseti Thebea Legioni, et unius virginis socieiatis sanctæ Ursula. Brachium cum manu palmam comprimentem ex argento conflatum, in quo pars notabilis brachii sancti Agapiti inclusa deferenda est. Thecam aliam argenteams pedem habentem, instar calicem, et vasculum agnus Dei grandius, altitudinis unciarum trium, vel circa, cum felta ornate expressa, in qua duodecim dentes ex SS. Thebeis, et virginibus sanctae Ursula foliculis argenteis includuntur: integumento ibidem solida velato rubeo, trinisque aureis contecta, in quorum alio baculus pastoralis, in alio vero mitra et palium B. Caroli cardinalis archiepiscopi contindur, vitro pariter exornata.

Seguì la solenne traslazione da Milano ad Arona accompagnata dalle più festive dimostrazioni dei popoli di Ro, Legnano, Gallarate e Sesto Calende, pei quali passarono le sacre reliquie; e giunte queste ad Arona verso un’ora di notte delli 14 alli 15 di agosto, vennero deposte e custodite nella chiesa della Beata Vergine di Loreto fra le giulive acclamazioni di molto popolo concorso, e fra il rimbombo della numerosa artiglieria della piazza e del castello: Bombarda omsses ex arce munitissima exonerantur, aliaque anca tormenta quamplurima in platea Aronensi ingenti srepitu... Montes quibus lacus includitur, totaque ipsa regio mirabili tormentorum sonitu tubarumque clangore, [p. 132 modifica]et omnium campanarum sono latissime a suis finibus personabat8.

Nella seguente mattina del giorno 15 colla più solenne pompa, in mezzo ad immenso concorso di popolo, fra le ripetute salve d’artiglieria e molte parti di musica, vennero le sacre reliquie trasferite alla collegiata, dove celebrata da monsignor Arcidiacono delegato la messa solenne ed i secondi vesperi, si devenne all’istromento di consegna nella medesima chiesa con intervento dei rappresentanti del comune specialmente delegati, e del castellano del forte e governatore del paese don Agostino Bonetti; essendosi nel medesimo istromento convenuto che una delle chiavi del deposito delle sacre reliquie fosse consegnata all’arciprete, e l’altra dovesse stare a mani di un amministratore della stessa chiesa. La riconoscenza degli Aronesi ha voluto eternare la memoria dei narrati favori colla grande lapide che affisse nella collegiata a fianco della cappella della Beata Vergine addolorata, che qui riporteremo senza però poter dare ragione della causa che fece protrarre sino all’anno 1642 l’incisione della medesima:

D • O • M

FEDERICO . BORROMEO . S . R . E . PRÆSBITERO . CARDINALI

TIT . S . MARIE . ANGELORVM . ARCHIEPISCOPO . MEDIOLANI

ARONE . COMITI . AC . PATRI

QVI. ECCLESIAM . HANC . RITE . JAM . ROLANDO. ANDEGAVENSI . EPISCOPO

SVFRAG. JOANNIS.S.R . E.CARDIN .TIT. S .PRAXEDIS ARCHIEP.MEDIOLANI

ANNO . SALVT1S . MCDLXXX1IX . IV . IDVS . MARTII

NATALIBVS . DEIPARE . CONSECRATAM

[p. 133 modifica]Pagina:Memorie storiche di Arona e del suo castello.djvu/147 [p. 134 modifica]Non pago ancora il generoso Cardinale di avere sì grandemente beneficata Arona, che non istette molto a meditare e compire un’opera grande che lo rese immortale presso la posterità. Questa grand’opera è quella del colosso del glorioso san Carlo suo zio paterno, stato nell’anno 16100 canonizzato per opera de’suoi congiunti, e specialmente del nipote Cardinale, che aveva spedito e mantenuto per molti anni in Roma l’oblato Marco Aurelio Grattarola a sollecitare gli atti della di lui canonizzazione. Per eseguire la vasta idea di un colosso che dovesse vincere l’aspettazione umana, e nello stesso tempo promuovere per quanto possibile fosse l’onore di Dio e la divozione verso san Carlo, pensò di formare su di un ameno colle in poca distanza del castello, in cui era nato il santo, un santuario con quindici distinte cappelle che rappresentassero i tratti più illustri della vita del medesimo, con una chiesa ed un seminario sotto le regole a tale effetto già prescritte dal santo, e ne fece quindi formare per mezzo dell’ingegnere Richini di Milano un vago disegno. Pose egli stesso alli 12 di luglio 1614 la prima pietra di quella magnifica chiesa con solenne pontificale, assistito dai vescovi Filippo Archinto di Como e Giorgio Odescalchi di Vigevano, fra le acclamazioni di numeroso popolo. Risulta di questa

solennità nell’epigrafe stata scolpita sulla prima pietra, riferita dal Sassi nella vita del medesimo cardinale: [p. 135 modifica]

PAOLO . QVINTO • PONTIFICE • MAXIMO

FEDERICVS • BORROMEVS • S • R • E • PRESB • CARDINALIS

ARCHIEPISCOPVS • MEDIOLANI

PRÆSENTIBVS • PHILIPPO • NOVOCOMENSI

ET • PETRO • GEORGIO • VIGLEVANENSI • EPISCOPIS

IN • HAC • PRIMARIA • S • CAROLI • CONSTRVENDA • ÆDE

LAPIDEM • HVNC

A • SE • ECCLESIASTICO • RITO • BENEDICTVM

PRIMO • POSVIT • III • IDVS • JULII

MDCXTV

L’aspetto di questo magnifico tempio convince della grandezza d’animo del pio fondatore, il quale per maggior venerazione del luogo ha voluto alzare in congiunzione al tempio una cappella, consacrata alla natività del santo, coi materiali stessi ond’era costrutta sulla rocca la stanza cubiculare in cui san Carlo venne alla luce. L’epigrafe sovrapposta alle due portine d’ingresso fa fede di questo fatto, ed è la seguente:

SACELLVM

EX • CVBICVLO • NATALITIO

SANCTI • CAROLI

BORROMEI

CONSTRVCTVM

Siccome però la fabbrica di questo grandioso edificio assorbiva un’ingente spesa, e non era possibile d’erigere contemporaneamente e senz’altri mezzi le ideate cappelle, eccitò a tal fine e Principi ed Università e Corporazioni a concorrervi, come con generosa gara vi concorsero, ed assegnò a ciascheduno di essi la spesa dell’erezione delle singole cappelle, sotto la lodevole direzione del nominato architetto Richini e dell'oblato Gratarola. L’elogio di questo insigne soggetto che si legge inciso in lapide di marmo bianco inchiusa nella parete della porta inferita [p. 136 modifica]laterale alla cappella maggiore alla destra entrando nella chiesa, e l’elegante epigrafe inscritta alla di lui tomba posta in mezzo del suolo del presbitero della stessa chiesa, lo qualificano abbastanza:

MARCO . AURELIO . GRATTAROLÆ

PROBITATE • AC • RELIGIONE

INTER • PRIMOS • COSPICVO

CONGREGATIONIS • OBLATORVM

TER • PRÆPOSITO • GENERALI

EOQVE • MVNERE

SVMMA • OMNIVM • APPROBATIONE

PERFVNCTO

DIVINA • PROVIDENTIA • DELECTO

VT • EJVS • POTISSIMVM • DILIGENTIA

S • CAROLVS

COELO • ADSCRIBERETVR

CVJVS • ETIAM • NOMINI • AC • GLORIÆ

EXCITATIS • PASSIM • ÆEDICVLIS

IPSIVS • VITAM • REFERENTIBVS

SACRVM • HVNC • MONTEM

DIVI • INCVNABVLIS • NOBILEM

DICAVIT

HVJVS • FABRICE • CVRATORES

B • M • POSS •


ed alla tomba :

MARCI • AVRELII • GRATTAROLÆ

OBLATI

CVJVS • ANIMI • DOTES

ADVERSA • MONSTRAT • TABVLA

QVOD • CORPORIS • RELIQWM • EST

HIC • TEGIT • LAPIS

Sebbene ambedue queste iscrizioni manchino di data, è però certo che sul principio dell’anno 1614 il Grattarola si portò ad Arona, ove dimorò circa undici anni, promovendo con lodevole impegno la formazione delle suddette opere, alle quali si diede il titolo di Monte di san Carlo, [p. 137 modifica]e morì nella casa dello stesso monte che esiste ancora presentemente al sinistro lato prima di ascendere al seminario. Si accennò poc’anzi che il Cardinale Arcivescovo avesse chiamato a concorrere nella spesa di questo Santuario Principi, Università e Corpi che si prestarono al suo invito. Di ciò fanno prova le seguenti epigrafi in sasso state infisse per lungo tempo esternamente dalla parte di ponente delle due prime cappelle del monte. Nella prima si leggeva:

D • O • M •

DIVO • CAROLO • PASTORI • VIGILANTISSIMO

VNIVERSITAS • NVMVLARIORVM • MEDIOLANENSIVM

LAPIDEM • HVNC

A • FED • CARD • BORROMEO • ARCHIEP • BENEDICTVM

P • D •

III • NON • OCT • ANNO • MDCXIX •

Nella seconda, che tuttora esiste, sta scritto:

D • O • M •

D • CAROLO • PASTORI • SACRO

ARGENTAMI • TRANSALPINI

D • D •

IV • NON • OCTOB • MDCXX

In questo incremento di cose nulla di più premeva al Cardinale che la formazione del colosso, che doveva nobilitare e rendere ammirabile alle vicine e lontane nazioni questo Sacro Monte. Chiamò quindi i due valenti artefici Siro Gianella di Pavia e Bernardo Falconi di Lugano, i quali vi posero pronta mano sul disegno di Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, di nazione Novarese, pittore di grido; e certamente quest’opera incomparabile sarebbe stata sollecitamente condotta a fine, se per causa della peste spiegatasi nell’anno 1629, e dilatatasi nel ducato di Milano, non si fosse necessariamente nel successivo anno 1630 dovuto sospendere il lavoro del Monte e la formazione [p. 138 modifica]dei pezzi del colosso, per essere anche stato costretto il pio Cardinale di adoperare i sussidii in opera più urgente, cioè nel soccorrere gli infetti da quel terribile morbo. Altro ritardo maggiore portò a queste opere la morte del Cardinale occorsa nel 1654, onde rimasero per lungo tempo sospese.

La mancanza di quest'uomo grande per tutti i rapporti, che la sua animatrice presenza facilitava ogni più ardua impresa; la carestia, solita infelice conseguenza della peste, ed i rumori di guerra degli anni 1652, 1655 e 1654, intiepidirono non poco la pietà e l’impegno di chi contribuiva per la fabbrica del Monte. Cionullameno nell’anno 1655 se ne riassunse il lavoro, e si proseguì anche la fabbrica del seminario dirimpetto alla chiesa, la quale erasi principiata dal cardinale Federico nell’anno 1620 a spese del seminario maggiore di Milano, come ne attesta 1’iscrizione seguente che si legge nel braccio verso tramontana della casa del medesimo:

D • O • M •

DIVO • CAROLO • SEMINARIORVM • PARENTI

FEDERICVS • CARDINALIS • ARCHIEP •

PROPAGATOR

HAS • ÆDES • SEMINARIO • MEDIOLANENSI • IVNGIT

ANNO • MDCXX •


Si proseguì pure il lavoro del colosso sul fondo di tremila scudi d’oro legati dal cardinale Federico Visconti per questo oggetto. Era intenzione del cardinale Borromeo che questo monumento dovesse essere indorato, come accenna la seguente epigrafe da lui medesimo fatta, che fu ritrovata nelle sue carte, e che intendeva di far incidere [p. 139 modifica]in marmo nella base del piedestallo del colosso, ciò che poscia non venne eseguito:

D v CAROLO • CARDINALI • BORROMEO • ARCHIEP • MEDIOL •

ET • PATRVELI • SVO

OB • GRANDEM • IN • PONTIFICATV • ANIMAM

ET • MAGNA • IN - ECCLESIAM • MERITA

FEDERICVS • BORROMEVS • CARD • ET • ARCHIEP . MEDIOL •

COLOSSEAM • EFFIGE M • ÆNEAM • INAVRATAM

CVBITOS • XXXIII • ALTAM

IN • HOC • COLLE • JVXTA • AVITAS • ARCES

ET • JVXTA • TANTÆ • VIRTVTIS • NATALE • CVBICVLVM

POSVIT9


Ma l’enorme spesa che avrebbe assorbito la doratura di un tanto colosso, e la moltiplicità delle opere già principiate sul Monte, che portavano un immenso dispendio, fecero mutar pensiero; il che fu cagione che non si esponesse la suddetta iscrizione, che in questa parte non sarebbe stata consentanea al fatto.

Dall’anno 1656 al 1645 si erano avanzati sensibilmente i lavori del Monte e della chiesa. Si era perfezionato il seminario, ed eransi già formati molti pezzi del colosso, che riponevansi nella prima cappella del Monte dirimpetto al convento dei Cappuccini. Nell’anno 1644 discese le truppe francesi in Italia, ed occupate le colline che circondano il forte, vi posero assedio. In quest’occasione non si sa come siansi smarriti varii pezzi principali del colosso, che rimase perciò arenato sino all’anno 1690, e da quest’epoca sino al 1696 fu condotto a fine, ed è poi stato nel successivo anno eretto nel luogo in cui ora [p. 140 modifica]maestosamente torreggia, sotto gli auspicii del cardinale Federico Caccia, che alli 19 maggio 1698 lo benedisse solennemente.

E perchè questo Monte fosse in avvenire amministrato giusta le regole che il Cardinale fondatore avea prescritte, lo incorporò alla biblioteca ambrosiana da essolui eretta in Milano, con che questa lo reggesse per mezzo di una deputazione sul luogo di quattro soggetti ecclesiastici e due secolari ed un cancelliere ; ed assegnò infine bastanti rendite per la manutenzione10.

Arreca veramente meraviglia una mole elevata a sessantacinque e più piedi dal piedestallo (che esso pure ne conta trentadue) così regolata nelle proporzioni, e così esprimente l’azione che rappresenta; ed al riflesso dell’immenso lavoro che si dovette fare, in un col costoso materiale adoperato, non pare inverosimile se la totale spesa sia giunta ad un milione e duecento ventiduemila lire di Milano, avute in qualche parte da opere pie e legati, e per la più gran parte dall’illimitata liberalità dello stesso cardinale Federico e dalla casa Borromeo. Suole il clero Aronese recarsi processionalmente nella vigilia pei primi vesperi, e nel giorno della festa del Santo alla chiesa del Monte per l’ufficiatura, in esecuzione dell’ordine ingiunto dal Cardinale fondatore nelle costituzioni date al Capitolo di Arona sotto li 31 marzo 1624.

  1. Besta Giacomo Filippo autore contemporaneo della narrazione del successo della pestilenza del 1576.
  2. Vedasi testamento di Petrina Zerbi 21 giugno 1524, rogato Gabriele Annoni già citato.
  3. Il conte Gualdo Priorato nella descrizione di Milano e ducato, annovera fra le prime fortezze del ducato quella di Arona.
  4. Testamento 22 novembre 1611 rogato Cesare Caccia.
  5. Istromenti 25 febbraio 1510 e 5 giugno e 26 luglio 1511 rogati Bartolomeo Caccia.
  6. Gaudenzio Bordiga.
  7. II titolo di Eminenza ai vescovi ed arcivescovi è stato introdotto in epoca posteriore a questa.
  8. Cosi riferisce l’atto di consegna 15 agosto 1610 ricevuto Casati, che si conserva nell’archivio municipale di Arona.
  9. Guido Ferrario nelle iscrizioni, tom IV.
  10. Istromento di erezione del Monte del 1° giugno 1624 ricevuto Giovanni Antonio Ceruto.