Memorie storiche di Arona e del suo castello/Libro V
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LIBRO QUINTO
SOMMARIO:
concessioni ed usanze che tuttora sussistono; e per altro atto 17 aprile 1665 a rogiti Visconte si diede licenza di costrurre un ponte in pietra attraversante lo stesso canale in vicinanza dell’antico convento dei Cappuccini, ora detto il monastero, e tal ponte tuttora sussiste.
Sì è nel precedente libro veduto come su gli ultimi periodi dell’abbazia de’ monaci Benedettini siasi quasi introdotto un diritto di decima sui frutti del territorio; possiamo ora a questo luogo accertare del modo con cui tale diritto siasi poi confermato, ed abbia fatto passaggio dai Gesuiti ai parrochi di Arona nell’anno 1593. I padri Emanuele Orco e Francesco Mellino, rettore e procuratore della Casa Gesuitica in Arona hanno venduto al curato Del Majno, successore del Colonna la ragione di esigere una brenta di vino in ogni anno dagli eredi di Gerolamo Sardo, sopra di una pezza di terra vitata, e prato alla Ferrera e ciò per decima da essi Gesuiti convenzionata, ivi in causam decimæ convenzionatæ 1 nel medesimo anno è seguita transazione tra la comunità ed il suddetto curato per una parte, e i Gesuiti per l’altra, con cui, attesa la’ povertà, della cura, e per terminare le vertenze tra il curato che pretendeva per ragione di diritto parrocchiale la decima, ed i Gesuiti che gliela contendevano come subingressi nei diritti dei Benedettini, la comunità assicurò il reddito di lire cinquanta annue ai Gesuiti, per le quali promise di dar loro tanto terreno che equivalesse a tale reddito, con chè i Gesuiti rinunciassero, come rinunciarono al curato la ragione di decimare l’uno per trenta sui beni situati al disopra della roggia dei molini 2. Che fossero poi vertite delle quistioni tra il curato, i Gesuiti, e gli abitanti di Arona, è facile a conoscersi dal tenore del seguente decreto di visita fatta da monsignor Tarugi visitatore delegato da san Carlo nel mese di luglio 1579: «Perchè nella presente visita si è inteso, che li uomini di questa cura hanno poca considerazione della salute loro, defraudano le decime al curato, e con varii pretesti le vanno subterfuggendo con grave pericolo delle anime, e pregiudizio della chiesa, però si ordina, ognuno che posseda beni sotto la cura di Santa Maria, che deve intieramente pagare la decima conforme al debito, e consueto loro, cioè nella campagna a computo di uno ogni quindici, e nelli ronchi a computo di uno ogni trenta; però nessuno per l’avvenire sia escusato da questo pagamento se non ne mostra ragione fondata, nè s’intenda fare pregiudizio alcuno qualsivoglia accordo in ciò fatto col curato passato, o col presente, perchè il fatto loro non deve nè può portar danno alla chiesa, nè alli successori. » Da questo decreto si travede inoltre, che pendenti le questioni del curato coi Gesuiti ed i particolari, non si corrispondeva la decima al parroco che la contendeva ai Gesuiti, nè tanto meno si pagava ai Gesuiti sul dubbio di doverla pagare doppiamente; onde questi si determinarono di lasciarla al parroco, come difatti nell’anno 1599 la rinunciarono pienamente a favore del curato Del Maino e della comunità, entrambi concorsi al pagamento del prezzo d'acquisto 3. Il concorso della comunità nel prezzo di tale acquisto fu probabilmente per aiutare la porrocchia, che inallora era assai povera di reddito.
Rimaneva al parroco di Arona di togliere di mezzo un diritto che competeva ai curati dì Angera per antica convenzione coi monaci Benedettini dipendentemente da una prestazione cadente sopra certi fondi denominati in Cumiasca ed Oriolo nel territorio di Arona, dell'origine della quale prestazione non si ha documento o memoria, quale diritto comecchè lesivo all'integrità della decima parrocchiale fu lungamente contestato, e portata in grado di appello la causa avanti la ruota romana, ove vertì trentun anni, si è alla fine transatta coll’istromento 27 settembre 1697 rogato Marinone in questi termini, cioè che il parroco (che in tale epoca era l’arciprete Masera) pagasse per l’acquisto di tale diritto per una volta tanto al curato di Angera Stefano Raulo lire trecento imperiali da impiegarsi in favore della parrocchia, ritenuta dai curati di Angera la sola prerogativa inerente al suddetto diritto di portarsi in Arona a celebrare i primi e secondi vesperi e la messa cantata di sant’Eusebio nella chiesa altre volte titolare di detto Santo, ed ora semplice oratorio dedicato a san Giuseppe. Ciò tutto si trova scritto nel libro delle visite pastorali di questa chiesa di Santa Maria sotto il mese di gennaio 1602 in occasione della visita tenuta dal cardinale Federico Borromeo, ivi: Præpositus Angleriæ tenetur ex antiqua consuetudine accedere ad hanc ecclesiam una cum canonicis, et clericis ejusdem loci ad canendum primas vesperas in vigilia sancti Eusebii, et inde ejusdem festi de mane ad canendas missas Ambrosianas , quibus parochus Aronæ solebat dare jentaculum, et ex consuetudine inter eos inita solvit cidem præposito lib. 50 imperiales ratione ficti simplicis decimæ illius partis territori Aronæ ubi dicitur ad Oriolum, quas decimas parochus ficti simplicis nomine habet a Rev. Praposito Angleriæ de triennio in triennium apparentibus instrumentis rogatis per Dom. Jacobum Catiam not. Aronæ de anno 1594 et aliis etiam antiquioribus initis per RR. Præpositos Angleriæ et R. Presbiterum Matheum Columnam olim curatum Aronæ. Consolidatosi in questo modo il diritto. di decima del territorio nel solo parroco, rimasero immuni unicamente li beni dell’antica abbazia; e si determinò l'estensione della decima su tutti i fatti a riserva del fieno e delle noci.
Collo spoglio di questi diritti, e di quelli altri, che di mano in mano la casa Gesuitica andava facendo, rimase; dirò così, quasi degradata da quella grandezza, e di quel potere temporale, che aveva per secoli affatticato ad acquistare l’abbazia dei monaci Benedettini sua autrice. Rimanevale solo un mezzo per rendersi stimata, e questo era la pubblica istruzione. Si intraprese questa dai padri non molto tempo dopo del loro ingresso in questo collegio; ma erano tanto tenui gli assegnamenti che la comunità corrispondeva ad un solo soggetto per l'esercizio della così detta Scolastica, quale già da molto tempo prima esisteva,4 che fino a tarda epoca e fino a che pie disposizioni a ciò non pensassero, non potè essere portata al grado di farsi distinguere. Le venne quindi a proposito il legato di certa Bianca Zucconi di Arona di alcuni fondi per la dotazione della scuola dei primi erudimenti, chiamato sotto il nome di Scolastica minore, fra i quali una casa in Arona situata sulla piazza di san Graziano per l’abitazione del maestro , e per l'esercizio della stessa scuola, e fondò contemporaneamente un canonicato sotto il titolo di san Francesco da conferirsi alto stesso scolastico, come si eseguì costantemente da tempo in tempo sino al giorno d’oggi5 ma questa scuola era esercita separatamente dalle altre tenute dai Gasuiti. Cominciavano queste dalla così detta Scolastica maggiore, a cui passavano i figliuoli dai primi erudimenti ad apprendere la lingua latina sino alla rettorica. Questa scuola venne fondata dall’immortale cardinale Federico Borromeo nell’anno 1602 6, come amministratore perpetuo del collegio Borromeo di Pavia; e con parte dell’avanzo dei redditi di detto collegio stabilì la dote di questa scuola, avendole assegnato due capitali, uno di lire 4500 l’altro di lire 6138 15 imperiali stati impiegati dal primo Scolastico sacerdote Aronne Cuchino sulla così detta comunità generale del Vergante 7. Gli assegnò una casa nella canonica, ed in seguito dal conte Carlo Borromeo seniore gli venne fissato uno stallo nel coro della collegiata. A detta scuola veniva di seguito la grammatica a cui fanno grado gli scuolari della Scolastica. Questa scuola non avendo dote, oppure non potendo essere eséguita dal medesimo maestro, che insegnava le classi inferiori, supplì la casa Borromeo, che stipendiava in annue lire trecento milanesi il soggetto che la copriva. Ma nell’anno 1795 la suddetta casa cessò da tale beneficenza, ed il municipio vi supplì, non sì sa il perchè, per qualche tempo. L'umanità e la rettorica erano le altre due ultime scuole. Il fondo per l’onorazio di queste è stato poi legato ai Gesuiti da certa Angela Carrara Fantoni di Arona col di lei testamento 30 agosto 1660 rogato Ramponi in lire dodicimila imperiali, a condìzione che si dovessero impiegare al sei per cento onde ricavarne annue lire settecentoventi per l’onorario de’ maestri, ma non essendosi potuto trovare un’impiego così vantaggioso, i Gesuiti rilasciarono alla comunità detto capitale, e questa si obbligò di corrispondere loro annue lire ottocento imperiali, con che facessero le scuole di umanità e rettorica, deputassero un prefetto, che le sorvegliasse, e stipendiassero un portinaio 8. Si accordò pure nella predetta circostanza ai Gesuiti l’esenzione dai carichi di varii fondi, che sino a quest’epoca gli era stata contestata: quindi nel 1665 il comune servendosi del suddetto capitale fabbricò il locale delle scuole di un sol piano terreno, in contatto del collegio de’ Gesuiti, per dare loro un commodo accesso alle medesime. A queste scuole si ottenne in seguito di unire la cattedra di filosofia la quale dettò per qualche tempo; ma essendosi in seguito erette le scuole regie in Pallanza, non furono più permesse che le tre scuole di grammatica, umanità, e rettorica, e poco manco che queste fossero colà concentrate. Non poco lustro e vantaggio ridondava ad Arona dall’istituzione di queste scuole per la regolarità con cui dai Gesuiti venivano dirette. Conviene poi confessarlo che tale ramo di coltura affidato a questa religione riscosse per ogni dove i pubblici applausi ed i più grandi frutti, sembrando veramente questo un elemento confacente al di lei instituto: noi vedremo in appresso, che cessata l’esistenza della casa Gesuitica, non potevano più queste scuole sostenersi con quel decoro con cui le ha dessa per lunghi anni mantenute.
Nè solamente nel ramo d’istruzione i figli d’Ignazio si rendevano distinti; ma lo erano anche nella coltura della religione, e nelle ecclesiastiche fatiche. La chiesa dei santi Gratiniano e Felino mercè le cure dei Gesuiti acquistava ogni venerazione e decoro per l’instituzione di certe funzioni, che appagavano il popolo ed erano di aumento al divin culto. La funzione dell’Enterro9 è istituzione Gesuitica, che veniva eseguita con vero decoro nella loro chiesa nel giorno del Venerdì Santo, se pure non si voglia far caso a certe evoluzioni dei travestiti a foggia dei soldati giudei, tratta forse in uso per dare maggiore peso ad una tale milizia. Per la direzione di questa funzione vi era un’apposita congregazione composta di Gesuiti, e di alcuni civili del paese, che amministrava anche le rendite della stessa instituzione, trovandosi sin presso della comune impiegato un capitale di lire trecento milanesi. È pure instituzione Gesuitica l’orazione detta la buona morte che si fa nella stessa chiesa all’imbrunire della quarta domenica di ogni mese, non che l’esposizione del Ss. Sacramento per quarant’ore negli ultimi tre giorni del carnevale, per la quale funzione era apparecchiato un sontuoso altare a guisa di teatro, con figure rappresentanti varii fatti della sacra scrittura. Con queste ed altre ecclesiastiche decorose funzioni la Compagnia di Gesù si rendeva ognora utile e desiderata in Arona. Nè minore si è dimostrato il suo impegno nella circostanza seguente. Correva l’anno 1709 in cui, deposti ì timori di guerra, della quale si erano per lungo tempo provati gli effetti, venne in pensiero ad alcune persone ragguardevoli del paese di eccitare la sopìta divozione verso dei santi Gratiniano e Felino, e di impegnare così maggiormente la loro tutela per la patria. Quindi manifestarono ai padri Gesuiti il lodevole pensiero di una nuova traslazione dei sacri loro corpi. Trovatosi nell’archivio dei Padri l’istromento della riposizione fattasi nell’anno 1489, si diede, previe le volute superiori approvazioni sotto li 19 di gennaio 1709, principio all’escavazione del luogo in cui giacevano nell’avello coll’urna di piombo in cui erano stati riposti; e dopo alcuni giorni di lavoro venne fatto di rinvenirli nella sera delli 24 dello stesso mese; e confrontato il tutto legalmente, e trovatosi pienamente in corrispondenza agli indizi risultanti da detto istromento, vennero i sacri corpi estratti dell’urna di piombo già in parte consumata dal tempo; e collocati in un’altra più decente, sono stati esposti per varii giorni alla festosa venerazione degli Aronesi, e del moltissimo popolo che vi concorreva dai vicini e dai lontani paesi, nè andò guari, che sopra del luogo in cui prima giacevano sepolti sia loro stato fabbricato il maestoso deposito che attualmente si vede nel mezzo del coro dell’altar maggiore in luogo elevato a sculti marmi, a spese di Giovanni Antonio Canziani nel 1742. Di questa seconda traslazione venne rogato pubblico istromento, e riposta nell’urna sotto il guanciale di broccato su dì cui sono collocate le ossa de’sacri corpi la seguente iscrizione in pergamena: Priorum eleemosinis, jussu patrum Societatis Jesu Aronæ digentium, sanctorum martirum Gratiniani, et Filini, corpora ab ara maxima ipsorum ecclesiæ eruta, hic reposita sunt superiorum consensu anno salutis 1709, Clemente undecimo Pontifice Maximo. Altra iscrizione, che è la seguente, fu lasciata scolpita in marmo bianco sulla facciata della mensa dell’altar maggiore della medesima chiesa, onde segnasse ai posteri il luogo d’onde furono in quest’anno estratti li sacri corpi; ivi: Sanctorum martirum Gratiniani et Filini corpora, sub Decio Cesare passa: imperante Ottone II Divinitus e Perusia huc advecta; ade instaurata ad hanc aram pie translata, et hic coridita coram antistite Novariense (questi era Gerolamo Palavicini), sacerdotibus, populoque Aronensi kalendis junii anno salutis MCCCCLXXXIX sedente Innocentio VIII Pont. Max. Joanne Galeatio Sforza Vicecomite Duce Mediolani VI, Joanne et Vitaliano Borromeis Aronæ Comitibus, Hieronymi Calagrani Papiensis cubiculi secreti, canobii prefecti jussu, et impensa, anno 1709 a patribus Societatis Jesu hino erecta in urna superiori collocata sunt.
Divulgatosi col maggior culto la fama della seconda traslazione di questi santi, e penetrata in Perugia loro patria, si accesero li Perugini di un nobile desiderio di riacquistare almeno in parte le preziose reliquie de’ loro concittadini, per cui nell’anno 1745 rinnovarono l’istanza già da loro fatta nel 1648 con tanto calore, e con tali espressioni di tenerezza e di divozione, che gli Aronesi non hanno potuto negare a quell’inclita città una parte delle reliquie, che legalmente estratte, e riposte in un’urna adattata trasmisero a Perugia, ove furono con indicibile giubilo e pomba ricevute.
Narrati sin qui i distinti fatti per i quali la Compagnia di Gesù si era resa utile e desiderata presso la popolazione di Arona, discenderò all’epoca che ci portò la privazione di questo istituto. Correva già da qualche anno la voce, che questa religione potesse essere abolìta; ma difficilmente le popolazioni potevano persuadersene, vedendola sì bene radicata in quasi tutto l’orbe terrestre; ed Arona tanto meno se lo credeva, poichè è proprio di non credere ciò che non si desidera. Ma non era vana la voce sparsasi, perchè alli sedici di agosto del 1773 fu recata in Arona la certa notizia dell’abolizione di tal ordine, ed è stato nel medesimo giorno pubblicato il relativo Breve del Pontefice Clemente XIV (Ganganelli) dato alli 16 di luglio dello stesso anno, che non poco sgomentò il paese ed il vicinato, i quali da questo istituto sentivano diretti vantaggi. Qualche giorno prima dell’intimata abolizione i Padri alienarono i mobili e la ricca biblioteca che possedevano, e fu in questa circostanza che si sono smarriti variì importanti documenti dei Benedettini; ed alcuni dì questi in pergamene antiche vennero indi a qualche anno rimessi in parte alla biblioteca dell’Università di Torino, ed in parte all'archivio dell’economato generale, da dove noi abbiamo potuto ricavare molte notizie per questa storia. Con queste pergamene è stato pure colà recato il celebre manoscritto De imitatione Christi creduto del Tommaso da Kempis, intitolato dagli scrittori il codice di Arona*10 appunto perchè nella biblioteca di questa casa Gesuitica è stato rinvenuto dal padre Carlo Gregorio Rossignoli, recatovi, si crede, da Genova dal padre Maggiolo, come da una memoria cucita in principio del volume su carta che porta la data del 14 dicembre 1672. L'autore di questo prezioso codice, opera del secolo XIII è stato oramai, mercè la diligenza delle lettere subalpine11 accertato nella persona dell’abbate Gersen, o Gessen Benedettino di Cavaglià nel Biellese, credendosi in pria che fosse lavoro di Tommaso da Kempis o di Giovanni Gersone.
Ecco in qual modo ha avuto fine quest’istituto, che dal 1340 a questa parte aveva figurato con tanto splendore: ed ecco come con quello svanì in Arona quella casa, che può a buon diritto chiamarsi sua madre, che la resse pel corso di ottocento e più anni. Quella chiesa intanto passò sotto la direzione dell’arciprete per tempo, il quale approfittando della singolare pietà del regnante Vittorio Amedeo III assunto al trono in questo medesimo anno, supplicò ed ottenne, che fossero stabiliti quattro regi cappellani per ufficiarla, e per supplire alle funzioni solite farsi dai Gesuiti, e che venisse aumentata la prebenda al capitolo della collegiata di Santa Maria, attesa la tenuità del reddito dell’antica residenza. La nomina di questi cappellani venne riservata al re, che la fece successivamente quasi sempre in capo di soggetti del paese. La loro congrua è stata portata a lire quattrocento di piemonte, per l’assicurazione della quale, come anche per l’aumento della prebenda al capitolo, e per la manutenzione della chiesa vennero dalla liberalità regia assegnati al capitolo li tre molini situati nell’interno del paese, e varii poderi nel territorio, altri in quello di Bogogno, e gli antichi beni dell’abbazia di san Martino di Pombia12. Gli altri beni e diritti della cessata casa Gesuitica furono alienati. Divise in questo modo le proprietà, che prima erano unite, e bene survegliate, si trovarono pur’anche divise le ragioni alle proprietà inerenti, e furono perciò certa conseguenza le novità, le usurpazioni, ed i litigi massime in ordine all’uso dell’acqua della roggia dei molini; cosicchè le concessioni precarie divennero possessi, e gli usi limitati si regalavano a capriccio. I beni immuni dalle decime vi divennero soggetti, e le scuole dai Gesuiti così bene dirette, se non sono del tutto cessate, non poterono però mai più portarsi a quel grado di elevazione a cui dessi le avevano ridotte.
- ↑ Istromento 17 giugno, ricevuto Gerolamo Soardi.
- ↑ Istromento 11 novembre rogato pure Gerolamo Soardi.
- ↑ Istromento giudiziale 12 maggio 1599 ricevuto Soardi.
- ↑ Istromento 17 luglio-1509, rogato Giovanni Filippo Caccia, e quello dei 12 marzo 1488, rogato De Cario, di consacrazione della chiesa di Santa Maria, in cui fra gli altri testimonii era presente monsignore Laurentio De Catico Grammaticæ professore in Arona.
- ↑ Testamento 10 luglio 1610 rogato Ceruti.
- ↑ Con istromento 29 luglio rogato Maggiolini, in cui si dice: «Docebit nempe litteras grammaticales etiam infimas a concordantiis inclusive neo non humanitatis et rhetoricotum solentias, arteses»
- ↑ Istromenti 18 ottobre 1666 rogato Pizzi, e 2 dicembre stesso anno ricevuto Rabaioli.
- ↑ Istromento 15 novembre 1664 rogato Frotto.
- ↑ Parola derivata ab interitu, d’invenzione spagnola.
- ↑ Ricerche storico-critiche dell'Amati, vol. II, pag. 355.
- ↑ Dissertazioni epistolari di Francesco Cancellieri; Roma 1809, alla dissertazione 395; ed il cardinale Roberto Bellarmino in lib,
- ↑ Istromento 29 luglio 1776 rogato Sicca notaio di Torino.