Il Buddha, Confucio e Lao-Tse/Parte Seconda/Capitolo XII

XII - Cenni intorno alla religione de' Giapponesi

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XII - Cenni intorno alla religione de' Giapponesi
Parte Seconda - Capitolo XI Avvertimento

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Capitolo XII.


Cenni intorno alla religione de’ Giapponesi.1


§1. — Quando incominciammo questi Studii intorno alle religioni dell’Estremo Oriente, era nostro intendimento trattare alquanto distesamente della mitologia, delle credenze e del culto degli isolani del Nippon.2 Ma gli argomenti de’ passati capitoli ci parvero di tale importanza, che anche svolti incompiutamente, come gli abbiamo, ci hanno condotto tant’oltre, da occupare, in questo volume, parte di quel posto, che doveva dedicarsi alla religione de’ Giapponesi. Per la qual cosa non darem che un cenno della dottrina, che si professa in quelle lontane regioni, attenendoci strettamente a quel che v’è di nazionale; inquantochè la Cina, avendo portata la propria civiltà nel Giappone, vi portò pure quelle credenze filosofiche e religiose, delle quali fino a qui abbiam ragionato. E per quanto possa essere soggetto importante di studio osservare il loro cambiamento, trasportate che furono in mezzo a quel popolo d’indole e di schiatta diversa, e i mutamenti che quelle stesse dottrine straniere apportarono alle indigene; pur tuttavia non potremo far ciò che di volo.

[p. 518 modifica]La religione che professavano i Giapponesi, prima che il Buddhismo, il Confucianesimo e il Taoismo fossero introdotti in quell’arcipelago, vien chiamata Shin-tô: nome che vale in nostra lingua «Dottrina degli Dei» o «Dottrina degli Spiriti»; poichè la voce Shin non è che la cinese Shén, che tante volte abbiamo avuto occasione di menzionare. Shintô non è dunque parola prettamente giapponese; ma appartiene a quella specie di dialetto cinese, che si mescolò all’antica e bella lingua di Yamato,3 quando la scrittura e la letteratura dell’Impero di Mezzo passarono colà, che fu verso la fine del terzo secolo. L’espressione usata da’ Giapponesi, quando in giapponese vogliono chiamar la fede de’ padri loro, per distinguerla dalla dottrina del Buddha e di Confucio, è Kamino mici, che vuol dir medesimamente «Dottrina degli Dei».

Ora innanzi tratto è di mestieri dire che cosa s’intenda per Kami, voce che noi abbiam tradotto «Iddio». Kami è nome, col quale si chiamano tutti gli esseri di natura soprumana, tanto d’origine celeste, quanto d’origine terrestre, i quali si trovano menzionati nelle antiche scritture del Giappone; e viene anche dato agli spiriti, i quali si suppone abitino i templi consacrati a cosiffatti esseri. In appresso questi nomi si diedero anche agli uomini che addimostrarono straordinarie capacità: ed eziandio agli animali, alle piante, ai mari, ai monti, e a tutto quello che addimostra alcun che fuor dell’ordinario e del naturale. Fra gli uomini degni d’un siffatto titolo stanno in primo luogo i Mikadi; i quali nelle antiche poesie sono appellati Tôtsu kami «Iddii lontani»; con la quale [p. 519 modifica]espressione si vuol dire, che sono esseri, che di molto differiscono dagli umani. Ma oltre a cotali personaggi, si chiamano Kami ancora molti fenomeni e cose naturali, come per esempio il tuono, qualificandolo Naru kami, romoreggiante Dio; diconsi Kami il drago, i folletti (Tengu), le volpi o altri esseri, a cui venne attribuita potenza straordinaria. Ne’ più antichi libri di mitologia si trova l’epiteto di kami tributato anche all’orso; e poi anche a certe piante, e certe foglie di alberi: i frutti del pesco vi sono chiamati Ohokamudzuno kami.4 Kami è insomma l’appellativo con cui s’indica tutto ciò che si stima misterioso e imperscrutabile, allo stesso modo che viene usata la voce cinese Shén; quando esso è applicato a quelli enti soprumani, che esistevano durante la vita cosmogonica e teogonica del mondo nipponico, nulla ci vieta di designar coloro col nome d’Iddii; e così pure qualificare la loro numerosa figliuolanza.

Tutto quello che accade quaggiù, sì di bene e sì di male, è opera di questi Iddii; e l’azione dell’uomo sul procedere de’ mondani eventi è di pochissimo valore. Gli Dei hanno deposto nel cuore degli uomini l’idea del bene, e il concetto di quel che è lecito farsi; e il conformarvisi è ad essi cosa tanto naturale, quanto il soddisfare ad ogn’altro loro bisogno. Gli Dei guidano le stagioni, la pioggia, il vento, l’andazzo de’ tempi, la buona e la cattiva fortuna degli uomini. Tutto quello che c’è di male nel mondo è pur’esso conferito agli Iddii; ma sono essi una qualità d’Iddii malefici, chiamati Magatsubuno kami, la cui potenza è grande quanto quella de’ buoni, i quali si trovano spesso incapaci a contenerli; di maniera che [p. 520 modifica]gli uomini, tanto meno virtuosi degl’Iddii, non possono sfuggire a tutte le innumerevoli disgrazie, delle quali son cagione quegli spiriti del male.

In quanto alle anime de’ morti, un letterato per nome Hirata in un suo scritto afferma, che esse vanno nella «regione dell’invisibile e del recondito». Ivi continuano la loro esistenza, e tutte possono divenire Iddii; non però egualmente potenti ed efficaci, ma tutti, chi più chi meno, fanno sentire il loro influsso quaggiù. Alcuni han preso residenza ne’ templi fabbricati a loro onore; altri stannosi vicini alle proprie tombe, e rendon servigi o aiutano il lor signore, i loro genitori, la moglie e i figliuoli loro.

Oltre ai sopraddetti Kami sonovi ancora altri enti di minore autorità e potenza, che si chiamano Tama, o «Spiriti». Primi fra questi stanno i Wakimi tama, i quali sono prodotti in un modo singolare: un Dio getta via porzione di sè stesso, si divide, e produce uno, due o più di siffatti esseri; i quali si chiamano come dicemmo, appunto perchè sono in cotal modo separati dalla sostanza divina. Tengono appresso gli Arami tama, spiriti terribili, il cui ufficio è di gastigare gli uomini, per le male opere; i Nigini tama, spìriti graziosi, inclinati all’indulgenza e al perdono, che intercedono gli Iddii pe’ peccatori; e finalmente i Sakimi tama, spiriti benefici, che spandono le loro benedizioni sopra tutti i buoni.

Un codice sacro che insegni specialmente i precetti della dottrina sintoica, come si chiama la religione primitiva de’ Giapponesi, non esiste. La sostanza di questa dottrina rilevasi dal racconto della genesi del mondo e degli Dei nipponici: racconto che precede quello della storia della nazione, di cui discorriamo. Ora i più accreditati libri intorno a tal materia, e in pari tempo le scritture sacre di questa religione, sono il Kojiki «Ricordi [p. 521 modifica]de’ fatti dell’antichità», e il Nihongi «Istorie giapponesi». I capitoli di queste opere, dedicati alla cosmogonia e alla teogonia, sono anche dati a parte alle stampe col titolo di Jindaino maki; e uniti agli ampli commenti, che diversi celebri seguaci del Sintô vi fecero, sono tenuti pe’ soli documenti autentici in materia di religione. A siffatte scritture è da aggiungere un’opera liturgica, per la celebrazione delle feste solenni del Sintoismo, la quale porta il titolo di Norito; e poche altre di minore importanza che non starò a menzionare.

Dopo l’introduzione nel Giappone de’ libri classici di Confucio, avvenuta in sul finire del terzo secolo dell’èra volgare, e della dottrina buddhica, in sulla metà del sesto, l’antica religione del popolo di Yamato perse la sua purezza primitiva. Cadde a poco a poco in disuso l’antica fede de’ Kami, per degenerare col tempo in un mescuglio di credenze di diversa origine. Il Buddhismo diventò quasi la religione nazionale, professata dal Mikado all’ultimo dei sudditi; fino a che, conosciutasi la filosofia di Cu-hsi, venne essa, dalla parte colta del popolo giapponese, preferita alla credenza indiana.

Alcune sètte nuove nacquero dall’unione della vecchia fede con le dottrine straniere. Verso la metà del nono secolo di nostra èra, un famoso letterato chiamato Kukai,5 conosciuto più spesso col nome postumo di Kôbô Daishi, compose un sistema religioso che fu detto Riôbu Sintô; nel quale le dottrine di Confucio, di Çâkyamuni e dei Kami nipponici s’abbracciavano fraternamente: e il sistema era in ispecial modo fondato sulla teoria, che le Deità sintoiche altro non fossero che trasfigurazioni e trasmigrazioni di deità buddhiche.

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Tre scuole vennero appresso questa. La prima, conosciuta col nome di Yuiitsu Shintô, ebbe per maestro Yoshida Kanetomo, che fiorì verso la fine del quindicesimo secolo: scuola che aveva preso per base le credenze della setta buddhica chiamata Shingonshiu.

La seconda scuola ebbe origine intorno l’anno 1660, e venne fondata da Gegushi Nohuyoshi, guardiano (kannushi) di Geku, tempio della terra di Ise. Essa procura di spiegare i fatti accaduti nelle età divine della tradizione nipponica, con la teoria dello Yi-king.

La terza finalmente, fondata da Yamazaki Ansai,6 si chiamò Suiga Shintô; e tentò di metter d’accordo la dottrina di Yoshida Kanetomo con la filosofia di Cu-hsi.

In mezzo a questa confusione di credenze, era naturale che sorgesse nel Giappone una scuola, intendimento della quale fosse di rintracciare la sincera e genuina espressione della fede sintoica. Capi di questa scuola furono Kada Adzumaro, Mabuci, Motoori Norinaga e Hirata Atsutane. I quali, ripudiando ogni scrittura cinese per concetto e per istile, si dettero a investigare gli antichi documenti, che conservavano intatte la lingua e le tradizioni di Yamato. I libri che di sopra abbiamo menzionati, insieme con una importantissima raccolta d’antiche poesie, intitolata Manyôshiu, furono fondamento delle loro ricerche, e mezzo principale di ricomporre la storia primitiva del Giappone; e in special modo, di ricercare, scevro da tradizioni straniere, l’antico sistema cosmogonico e teogonico. Mossero di poi guerra, co’ loro scritti, a tutto quel che di cinese s’era infiltrato col tempo nella letteratura, negli usi e nelle costumanze della loro nazione; procacciando di ricondurre a’ tempi, ne’ quali [p. 523 modifica]idee e parole venute dall’Impero di Mezzo non ne avevano stranamente cambiato indole e tendenze. Egli è vero che Motoori nega d’avere avuto in animo di resuscitare il Sintoismo, col fine di proporlo novamente come regola e religione a’ suoi contemporanei; e afferma che il suo intendimento fu di ricostituire perfetta l’età aurea degli Dei; ma il disprezzo che egli e gli altri della medesima scuola s’adoperarono a seminare sul Confucianesimo, sul Buddhismo e sul Taoismo, tornava tutto a vantaggio della fede verso gl’Iddii nipponici, e della restaurazione dell’antica credenza. Con tutto ciò, gli sforzi di questi strenui campioni d’una riforma religiosa, tendente a ravvivare il puro Sintoismo, non sortirono grande effetto; ma molti e importanti furono invece i frutti de’ lavori di que’ dotti, per quel che concerne l’idioma, la letteratura e la storia del Giappone; e gli studiosi di siffatte discipline debbono serbare di essi onorevole e grata memoria. Premesse queste poche nozioni storiche, facciamoci ora ad esporre la cosmogonia e la teogonia, che se ne cava da’ testi che ce la serbarono più intatta.

§ 2. — Prima dell’origine delle cose vi era uno Spazio infinito (ohosora): il cielo, la terra, il sole, la luna non esistevano ancora. Nello Spazio infinito apparvero gli Dei Amenominakano kami,7 Takamimusubino kami e Kamumimusubino kami, per la cui maravigliosa potenza si produsse una «cosa», che invano tenteremmo [p. 524 modifica]definire a parole.8 Era come una nube sospesa, e, per dir così, galleggiante nel seno dello spazio immenso. Da essa a poco a poco uscì fuori alcun che a guisa di corno; meglio, a guisa d’un giovan rampollo d’un giunco (kaya); ma di che straordinaria natura esso fosse, non è detto. Si crede però che fosse lucido e trasparente e purissimo, perchè col tempo diventò sole. Quella «cosa» crebbe e s’allargò all’infinito: ed era come una nuvola che s’affaccia alla cima d’un monte; piccola da principio come un giunco appena spuntato fuor dalla terra, ma poi innalzatasi divenne immensa. E quell’immensità fu la «Regione celeste» (Amatsu kuni) l’«Eccelso campo del firmamento» (Takaamano hara); fu il «Cielo» (Ama). Mentre dal di sopra di quella prima «cosa» s’andava producendo il Cielo, dal di sotto uscì alcun che d’indistinto, che in appresso distaccatosi diventò la luna. Ora, nello stesso tempo che tutto questo s’andava formando, manifestarono la loro essenza sette deità; le prime tre, Dèi solitarii; le altre, coppie di Dei maschi e femmine. Eccone la serie:


I. Kuninotokotacino mikoto, che fu il primo ad apparire di mezzo alla «prima cosa» formatasi.

II. Kunisatsucino mikoto.

III. Toyokumununo mikoto.

IV. Ohijinino mikoto e Suhijnino mikoto.

V. Ohotonojino mikoto e Onotonobeno mikoto.

VI. Omodaruno mikoto e Kashikoneno mikoto.

VII. Izanagino mikoto e Izanamino mikoto.9 [p. 525 modifica]

Quando i concetti dell’antica filosofia cinese si mescolarono con le tradizioni indigene, il primo Mikoto o Kami, che dir si voglia, fu tenuto per la espressione della potenza de’ cinque elementi riuniti; gli altri cinque come espressione de’ singoli elementi suddetti (acqua, fuoco, legno, metallo, terra); e la sesta eoppia fu riguardata come la personificazione della potenza creatrice del Yin-Yang.

Le modificazioni che sofferse la cosmogonia giapponese, per effetto delle idee venute co’ libri filosofici della Cina, si appalesa fin dalle prime parole della genesi esposta dal Nihongi. — «Innanzi che il Cielo e la Terra fossero separati, e i principii delle forze Yin e Yang, distinti; il caos era come un uovo. E il caos conteneva dentro di sè gli embrioni delle cose. E la sostanza più pura e leggera si sprigionò dal tutto, si sparse, si estese e formò il Cielo. E la sostanza più grave e rozza s’aggrumo, e formò la terra. Ora, agevole essendo il roteare armonico della sostanza squisita e purissima; e lento il solidificare e indurire della materia rozza; il Cielo fu il primo a formarsi: la Terra si fissò più tardi. In appresso nacquero gli Dei (Kami), e presero sede nel creato. — Per la qual cosa è detto che il primo continente apparso all’aprirsi del caos era galleggiante; era come un pesce notante a fior d’acqua. — In questo tempo, di mezzo al Cielo e alla Terra, si produsse una cosa (itotu mono), come il germoglio d’un giunco (Ashikai); la quale si tramutò e divenne il Dio (Kami) appellato Kunitokotacino mikoto». — L’ultimo passo soltanto, di questo brano, esprime veramente un concetto [p. 526 modifica]conforme all’antica tradizione giapponese; il restante, è rilevato da’ libri cinesi.

Fuor che l’ultima coppia di Dei, le altre tre furono infeconde: Izanagi e Izanami furono propriamente i procreatori del globo terraqueo. Non solo le altre Deità, dalle quali procedette la dinastia dei Mikadi che regna tutt’oggi, ma anche le altre creature del mondo, anche le isole e i continenti, furono da loro generati e partoriti, nella stessa guisa che gli uomini generano e partoriscono figliuoli. Izanagi è la potenza virile, lo sposo d’Izanami, madre di tutte le cose.

Questi due Iddii menarono la loro esistenza per un pezzo insieme con gli altri in mezzo allo spazio. Quando una volta, che eglino erano in sul «Ponte sospeso del Cielo» (Amano uki hashi), osservando di sotto il tenebroso abisso, ebbero in animo di farvi un regno, che fosse come il loro talamo. Allora Izanagi presa la immensa sua lancia, di cui era armato, e che si vuole avesse la forma del Lingam, l’abbassò giù ne’ profondi; e con la punta agitò la superficie del gran mare primitivo. Poi sollevò la poderosa asta; e una gocciola, che cadde dalla cima di quella nel mare, in un tratto divenne un’isola, che fu Onogorojma; la quale si crede sia quella che sta oggi a oriente di Yeshima. Quivi discesi i due Kami, infissero la picca in terra, e fecero un padiglione, che fu la loro reggia.

Dopo alquanto tempo venne loro curiosità di sapere come fosser fatti i lor corpi, e in che stesse la diversità de’ sessi. Ed ecco come, traducendo alla lettera, le Scritture narrano il fatto. — Tunc Izanagi quaesivit ab Izanami: «Corpus tuum quo in modo factum est». Et illa: «Corpus meum crescens crevit, sed locus est qui continuus non crevit». «Corpus meum», inquit Izanagi, [p. 527 modifica]«crescens crevit, sed locus est qui superfluus crevit. Nunc mihi propositum est, si tibi videtur, mei corporis eum qui superfluus crevit locum, corporis tui in eum locum inserere qui non continuus crevit, et terram generare». Izanami respondit: «Commodum erit». Tunc Izanagi: «Ego et tu, quin circumeuntes coelestera hanc columnam, thalamo jucunde coimus». I due Kami s’accingono dunque a celebrare le nozze. Partesi a sinistra Izanami, a destra Izanagi; e fanno il giro dell’isola; e quando l’un l’altra si furono incontrati, dice Izanami: «Oh mio bello e forte sposo, io ti saluto». «Ti saluto, oh bella mia» risponde Izanagi; poi, pensando, riprende: «Or come tu parlasti prima? Non son’io forse l’uomo? Tu non devi dir nulla avanti di me: ricominciamo». I due Dei fanno di nuovo il giro dell’isola, e come di nuovo si furono incontrati, subito Izanagi esclama: «Ecco la mia giovane, la mia bella sposa!». «E tu il mio sposo bello quanto mai!» dice l’altra: e così furon contenti.

Il frutto che nacque dapprima da’ loro amori, fu qualcosa di mal conformato: un aborto. Gli sposi non lo vollero neanche vedere, lo messere in una barchetta fatta di giunchi, che allora la terra non produceva che di quelle piante, e, lo abbandonarono in mare; sì che andò chi sa dove. Nacque loro un altro fanciullo; lo chiamarono Awano shima, ma in verità non valeva più del primo. Izanagi e Izanami domandarono allora agli Dei la cagione di questa loro imperfetta capacità generatrice; ma gli Dei non seppero dar loro adeguata risposta. Di maniera che s’accinsero senz’altro dì nuovo all’opera, meglio che fosse loro possibile. Questa volta riusciron bene. Nacque un’isola abbastanza grande, che fu nè più nè meno che la maggiore isola dell’arcipelago nipponico: cioè a dire Ohoyamato Akitsushima, come chiamavasi in antico. [p. 528 modifica]Poi venne la minore isola di Awaji, lì vicina; e poi nacque Iyo, oggi isola di Shikoku; poi Tsukushi, odierna Kiushiu; poi Iki, Tsushima, Oki e Sado.10 Dopo alquanto riposo, ben meritato dopo tanta fatica, procrearono altre isole di minore importanza, quali sono: Kibino kojima, Adzuki shima,11 Hime shima, Cika shìma,12 Futago.13 In quanto alle altre piccole isolette e scogli, che sono in numero grandissimo, nacquero tutte dalla spuma del mare: come dalla spuma del mare nacquero pure tutti gli altri paesi barbari, che non son Giappone: terra creata dagli Dei pe’ loro figliuoli.

Dopo procreato a questo modo il paese, Izanagi e Izanami si adoprarono a procreare figliuoli simili a loro stessi: e il primo parto fu degno di quella coppia d’Iddii, che aveva creato l’arcipelago nipponico. Amaterasu ohomnì kami,14 bella tanto da esser degna di diventare il sole che doveva illuminare il mondo degli uomini, fu la primogenita figliuola d’Izanagi e Izanami.

Il sole e la terra, per quanto fossero già formati, erano però tuttora congiunti, come da una striscia, da un ponte di materia cosmica, chiamato Amano uki hashi o Amanoiwa fune. Questo, dopo alquanto tempo la nascita di Amaterasu, si ruppe, e cadde giù. Il sole allora ascese nello spazio, e si fermò nel mezzo, dove di [p. 529 modifica]continuo s’aggira sul proprio asse; e la terra incominciò il suo andare da destra a sinistra, intorno all’astro di Amaterasu. Poco appresso la luna si staccò essa pure dalla terra, e cominciò a muoversele attorno.

Ma, per continuare la genealogia degl’Iddii nipponici, è da sapere che molti figliuoli ebbero que’ due Kami di sopra nominati, tra’ quali fu Susonawo. Il figliuolo di questi fu Ohonamujino kami. Dio di grandissima potenza; il quale si fece signore della terra col nome di Ohokuninushino kami, e stabilì la sua corte nella provincia di Idzumo.15 Costui, insieme con Sukunabikonano kami, si dice che compiesse l’incivilimento del Giappone, incominciato già da Izanagi e Izanami.

Il Dio del fuoco, chiamato Homusubi od anche Kagutsuci, fu l’ultimo figliuolo che ebbero i due sposi divini, e fu cagione che essi si separassero. La Dea ebbe molto a soffrire, come si può ben credere, a mettere al mondo la deità di quell’elemento divoratore; e si narra ancora che in mezzo alle convulsioni e agli spasimi vomitò dalla bocca qualcosa, che diventò il Dio e la Dea de’ metalli (kane). Izanami a cagione di questa disgraziata avventura abbandonò lo sposo e si andò a nascondere nelle «Regioni inferiori» o nel regno delle tenebre: ma poco dopo, pensando quanto male avrebbe fatto quel suo ultimo figliuolo nel mondo, lasciato così libero di sè stesso, credette bene ritornare per alquanto tempo nella «Regione della luce», per mettervi riparo. Risalita dunque sulla terra creò gl’Iddii dell’argilla, e quelli [p. 530 modifica]delle acque; e dette loro l’ufficio di dominare il fuoco, e di tenerlo a freno, affinchè non si lasciasse portare dall’impeto della propria natura: poi ridiscese nel regno delle tenebre (Yomi).

Izanagi addolorato quanto mai, per la perdita della sua sorella e sposa, volle vendicarsi su Kagutsuci, Dio del fuoco, cagion di tanto male; e tratta la poderosa sua spada, lo tagliò in tre pezzi, i quali si convertirono in tre Iddìi: il Dio del tuono, Ikadzuci, il Dio de’ monti, Ohoyamatsumi, e il Dio della pioggia, Takao kami. Di poi Izanagi si recò nella regione detta Yomi, a cercar la sua sposa, per vedere se la inducesse a ritornar nel mondo; e si suppone che si rendesse colà, per un buco nel centro della terra, la cui uscita si vede anc’oggi nel luogo detto Ifuyazaka in provincia di Idzumo. Ritrovata la sposa, la pregò istantemente di ricondursi di nuovo sul mondo terrestre; il quale non essendo per anco del tutto finito, era d’uopo ch’eglino s’industriassero a popolarlo e farlo perfetto. Persuasa la sposa, risalirono i due Kami nelle regioni della luce; e Izanagi, dopo essersi purificato tuffandosi nelle acque marine, inquantochè il luogo d’onde veniva era luogo d’impurità, accompagnò di nuovo la sposa al palazzo regale.

Ora è da sapere che Amaterasu venne fatta per volere di Izanagi regina del sole; e come tale partecipò insieme co’ suoi divini genitori al governo del mondo nipponico. Ella ebbe quindi desiderio d’aver sulla terra progenie sua propria; e della collana che aveva ricevuto dal padre come segno di autorità sovrana, riuscì a produrre il Kami Oshihomimino mikoto, dal quale nacque Ninigino mikoto, che fu appellato Sumemimano mikoto, per indicare che era l’«Eccelso nipote» di Amaterasu.

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Ninigino ebbe in animo di riconquistare al padre suo il titolo di sovrano del mondo, che gli spettava di diritto; e tenne consiglio con gli altri Dei intorno al da farsi; in quanto che Ohonamuji aveva usurpato il trono, come s’è veduto di sopra. Amenohohi, altro figliuolo d’Amaterasu, che aveva fama di molto accorto, fu mandato in ambasciata a quel Dio, che s’era fatto senza ragione sovrano della terra. Ma per quanto l’ambasciatore abilmente parlasse, non per questo Ohonamuji si lasciò smuovere; e un altro messo fu spedito dal cielo, a imporre a quel re, anco con la forza, di sfrattare dal trono. Risoluto quanto dir si possa, parte il secondo messaggero; ma giunto alla corte e veduta la figliuola del re, chiamata Shitateru hime, innamoratosene perdutamente, dimenticò ogn’altra faccenda. Dovettero insomma partire dal cielo due de’ più valorosi Iddii, Takemika dzuci e Futsunushi, accompagnati da Amenohohi, ì quali finalmente riuscirono a persuadere quel principe a cedere ogni diritto di sovranità sul Giappone in favore di Ninigino mikoto. Ohonamuji lasciò dunque il reame, ma a patto che gli fosse almeno innalzato sulla terra un tempio in suo onore. La richiesta era così discreta, che gli Dei non si opposero; e il tempio fu costruito. E anche oggidì si vede nella provincia di Idzumo un edificio chiamato Ohoyashiro, consacrato a Ohonamuji; il quale la tradizione vuole che sia quello medesimo richiesto dallo stesso Iddio.

Ninigino mikoto divenne così sovrano assoluto del Giappone. Ma prima di scender giù dal sole, ricevette dalla Dea di quello, sua zia, le insegne regali: la spada cioè detta Kusanagino tsurugi,16 la pietra preziosa chiamata Yasakanino maya tama, e lo specchio che è [p. 532 modifica]onorato in Naikû in Ise, simbolo di Amaterasu medesima. Scese il novello re dalle sfere celesti con un corteggio di molti Iddii minori, e prese piede in terra in sul monte Takacihono mine, oggi detto Kirishima yama, a confine delle province di Hiuya e Ohosumi in Kiushiu.

Dopo di questo Dio, regnarono nel Giappone altri due Iddii che furono Hikohokodemino mikoto, Takeukayafukiahezu no mikoto. Dopo di loro salì al trono Kamuyamatoiwarehikohohodemino mikoto, conosciuto più comunemente col nome di Jinmu Tennô; il quale fu il primo imperatore del Giappone, di schiatta umana. La storia lo vuol nato l’anno 711 avanti l’èra volgare, e morto all’età di 127 anni. Costui fu il fondatore della dinastia de’ Mikadi, che ancora tiene il trono: la sola dinastia che abbia dominato il Giappone; l’ultimo membro della quale, Mutsuhito, nato l’anno 1852, è il centoventiduesimo Mikado, a cominciar da Jinmu.

Due letterati, Hatori e Hirata, che scrissero sul principio di questo secolo, s’accinsero a metter d’accordo la scienza con la religione. Eglino traendo profitto delle cognizioni astronomiche, che eran venute loro dall’Europa, vollero a lor modo provare la verità della genesi narrata dagli antichi testi storici, la quale abbiamo ora esposta. Ciò fecero per via d’una serie di diagrammi, accompagnati da commento, co’ quali si procurò dimostrare il graduale formarsi del Sole, della Terra e della Luna.

Il primo diagramma è un circolo, con dentro, nella parte superiore, tre macchie; le quali stanno a indicare l’essenza de’ primi tre Kami: Amenominakanushi, Takamimusubi e Kamumimusubi, avanti che fossero composti il Sole, la Terra e la Luna. Il circolo non sta a significare altro che lo spazio; ma non vuol dir che esso sia limitato: e negli ultimi diagrammi la linea di [p. 533 modifica]circonferenza non è disegnata. Questi tre Dei si manifestarono dapprima in Takamano hara,17 o, in altri termini, nei «Campi del Cielo empireo». Hirata propenderebbe a credere che essi dimorino oggidì nella Stella polare, che è riguardata come il culmine del Cielo. Una tal credenza non è però accettata da altri Sintoisti.

Il secondo diagramma rappresenta lo spazio circoscritto da una linea, con dentro le sopraddette tre macchie nere. Ma sotto ad esse, vi è segnato un circolo, dentro il quale è scrìtto iti motu, ossia «una cosa». In quanto che è narrato, che «nel principio del Cielo e della Terra eravi una cosa in mezzo al grande spazio, la cui figura non può essere definita». Quella cosa sta a rappresentare la prima manifestazione della potenza creatrice dei primi Dei.

Nel terzo diagramma quell’oggetto primo creato ha cominciato a prender forma. È raffigurato come qualche cosa di convesso, a foggia di campana. Gli antichi testi voglion che da quella «cosa», simile a una nube secondo alcuni, a un giunco, secondo altri, la quale è indicata nel secondo diagramma, uscissero fuori due Dei; il primo chiamato Umashiashikabihikojino kami; il secondo Amenotokotacino kami. Quest’ultimo, a detta di Hirata e Hatori, sarebbe il Sole, a detta di Motoori, il Cielo; l’altro è identificato con il Dio Sukunabikona, che dette aiuto a Ohokuninushi, quando imprese a incivilire il Giappone.

Il quarto diagramma rappresenta tre globi di varie grandezze, congiunti fra loro come da un cordone. Il più grande è contrassegnato col nome di Ame, «Cielo»; e contiene dentro cinque macchie nere, che voglion dire [p. 534 modifica]i «Cinque Dei celesti». Il globo di mezzo, più piccolo del primo, è distinto col nome «Terra», e dentro si veggono cinque circoli. Il globo più piccolo, che viene in appresso, rappresentato come se fosse nell’ombra, porta il nome di Yomi, ed ha in mezzo due macchie nere. Hatori avverte, che nel Kojiki e nel Nihongi non si trova memoria della formazione del Yomi; ma che probabilmente s’andò formando dal di sotto della «Prima cosa», in quella maniera che dal di sopra di essa s’andò formando l’Ame. I due autori più volte menzionati affermano che Yomi o Yomino kuni è il luogo, dove ritirossi Izanami dopo aver partorito Homusubi, Dio del fuoco: altri lo identificano con altre mitologiche regioni dell’universo. Yomi è voce che è interpretata «tenebre»; e Yomino kuni, «Regno delle tenebre», è da’ più tenuto che significhi Luna. Hirata fa inoltre notare che la credenza, la quale fa del Yomi o Yomino kuni la dimora degli spiriti de’ defunti, è relativamente moderna.

Il quinto diagramma cerca di dimostrare la separazione dei tre globi, segnati nell’altro come fossero uniti da un cordone umbilicale. Ma Hirata e Hatori non son d’accordo intorno al tempo, in cui i due globi figuranti il Cielo e la Terra furono separati l’un dall’altro. L’ultimo de’ due autori suddetti suppone che l’Amanoukihashi, o «Ponte galleggiante del Cielo», sopra cui salirono Izanagi e Izanami per creare i diversi continenti, fosse appunto l’asse comune che congiungeva il Cielo e la Terra. E però crede eziandio che essi non venissero separati che al tempo di Ninigino mikoto; mentre Hirata è di parere che il detto ponte non fosse invece che una gran barca, entro la quale i due Dei nominati si portavano or all’uno ora all’altro dei due globi del Cielo e la Terra.

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Nel sesto diagramma il Sole o il Cielo è figurato con dentro le solite cinque macchie nere, significanti i cinque spiriti celesti; e la terra è rappresentata come se già vi si fossero formati i continenti e le isole, tra le quali primeggia, come ognun si può immaginare, il Giappone. Hatori spende molte parole per provare che le isole dell’Arcipelago giapponese vennero generate nella stessa guisa degli animali, e come gli animali e i vegetali, crebbero anch’esse a poco a poco. In conseguenza della nascita del Giappone il mare e la terra furono distinti, e fu resa possibile la formazione spontanea di tutti gli altri paesi stranieri, per la condensazione della spuma del mare.

Ma è tempo oramai di lasciare quest’argomento e di venire a dir qualcosa intorno al culto sintoico.

§ 3. — Quando Ninigino mikoto discese dal cielo, i suoi divini progenitori gl’insegnarono come dovesse essere la Legge che aveva a governare il paese: e i loro insegnamenti si riferiscono qui appresso. — «Tutto quaggiù è in mano degli Iddii celesti e terreni; onorarli è perciò massimo dovere degli uomini. Bisogna scongiurar gli dei malefici, affinchè non faccian danno; render culto a’ benefici, per ottenere i loro favori. Per la qual cosa l’arte di governare fu detta Matsurigoto, che è come sì dicesse «culto»; inquantochè gli antichi sovrani, onorando altamente gl’Iddii, facevano che questi spargessero sul popolo ogni sorta di beneficii, e lo rendessero contento e felice. In que’ tempi, in cui la religione era in fiore, si usava tra le altre la solenne cerimonia della «Purificazione plenaria» (Ohobarai), che il sesto giorno del dodicesimo mese si celebrava con pompa magna; e in virtù di questa l’intera nazione si purgava al tutto dei peccati e d’ogni male».

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«— Ma il numero degli Dei e de’ loro varii ufficii è sì grande, che non può l’uomo a uno a uno prestar adeguata onoranza. Convien dunque che i primi e più nobili e i più potenti sian presi a oggetto di culto speciale; per gli altri bastan feste e sacrificii che gli abbraccin tutti, o buona parte. Coloro poi, a cui manca tempo d’andare ora in questa ora in quella chiesa, per le giornaliere funzioni dedicate alle varie deità, possono in casa propria adorare la reggia del Mikado, pregare al domestico altare (kami dana), onorare gli spiriti degli antenati, il sacro patrono del luogo, e il loro iddio tutelare.

«— Nel chiedere agli Dei le grazie che si desidera, e che hanno il potere di concederci, siano le nostre preghiere brevi, affine di non annoiare la divinità.

«— Alzatoti di buon mattino, ti laverai il viso, le mani e tutto il corpo, e ti sciacquerai la bocca; poi con la faccia voltata in verso Yamato, batti due volte insieme le palme, e prostrati con la testa al suolo: quindi inginocchiati su i talloni, in quella stessa guisa, che si usa salutare il signore; e prega così:

«— Reverente m’inchino innanzi ad Ameno Mihashira e Kunino Mihashira, appellati Shinatsu hikono kami e Shinatsu himeno kami,18 a’ quali è consacrato il tempio costrutto con solide colonne a Tatsutano Tacinu, nel comune di Heguri, provincia di Yamato. E invoco benedizione e perdono de’ peccati che involontariamente ho commessi; e supplico che s’allontanino da me le malefiche influenze degli Dei perversi, e che io abbia vita lunga e rigogliosa. Degnatevi, o Kami che governate i venti, di portare agli Iddii celesti e terreni le quotidiane preghiere che io loro indirizzo».

[p. 537 modifica]«— In quanto a’ peccati, in parole o in opere, ve ne sono in due specie: quelli che si commettono apposta e quelli che si fanno disavvedutamente. Nessuno, per quanto cauto egli sia, può dire di non cadere in qualche fallo, senza accorgersene; e perciò si usava una volta nella preghiera le parole: «degnatevi di correggere i peccati, de’ quali mi posso esser reso colpevole». Ma è meglio supporre che le colpe siano involontarie; che gli Dei, quando uno ha in animo di correggersi, son sempre disposti a perdonare. Gli Dei cattivi, o demonii che si chiede agli Dei buoni di tenerli lontani da noi, sono esseri, i quali cercano di continuo far danno alla società e alle persone. Essi ebbero origine dalle impurità, che Izanagi si prese visitando il mondo inferiore, e che egli si tolse per via di purificazioni.19 In appresso le impurità e gli spiriti malefici s’accrebbero sempre più; e specialmente poi dopo l’introduzione del Buddhismo. Gl’Iddii de’ venti, di sopra invocati, hanno potenza col loro soffio di cacciar via tutto quello, di che voglion liberar la terra, e in special modo i mali e le brutture del mondo.

«— La preghiera che deve seguire a quella riferita, s’indirizza ad Amaterasu e agli altri Dei che hanno dimora nel sole, e sta tutta nell’invocarne semplicemente il nome.

«— La terza preghiera è diretta a Izanagi e Izanami, e agli altri Dei che abitano la luna.

«— La quarta si porge agli Dei di Ise, principalmente ad Amaterasu e a Toyoukebimeno Kami, e poi alle altre deità minori, adorate nelle cappelle vicine al tempio maggiore». — Toyoukebime fu la figliuola di Wakamusubi; e questa nacque dalla congiunzione del Dio [p. 538 modifica]del fuoco colla Dea del sole. È la patrona delle cose che sì usano per cibo, vegetali o animali; ed è conosciuta, come tale, con altri otto nomi. Toyoukebime andò formando, per via di una suddivisione di sè stessa (Wakimitama),20 Kukunocino kami e Kayanuhimeno kami; il primo, riguardato come il generatore degli alberi; il secondo, della vite. Di più il riso e gli altri cereali, il bestiame, i filugelli, e quel che serve di cibo, o a far vestimenta, o case, son tutti beni che l’uomo riceve da questi Wakimitama della Dea Toyoukebime. Ella è anche venerata col nome di Ukanomitamano mikoto insieme con altri due Iddii, nel gran tempio d’Inari tra Kiôto e Fushimi.21

«— E ora il devoto si volga dalla parte della provincia di Hitaci, e inchinatosi, come s’è detto avanti, ripeta devotamente il seguente prego:

«Qui da voi lontano io vi adoro, o Takemikadzuchino kami, e te, Futsunushino kami, e te, Funadono kami, a cui son consacrati il tempio di Kagushima, in comune di Kagushima, provincia di Hitaci; il tempio di Katori in comune di Katori, provincia di Shimotsufusa:22 e il tempio di Ikisu in provincia di Hitaci, chiamati reverentemente i tre templi di Adzuma.

[p. 539 modifica]«Takemikadsuci e Futsunushi sono i due Iddii che scesero dal cielo per conquistare a Ninigino mikoto delle terre nipponiche, e Funadono kami serviva loro di guida. Dopo aver persuaso Ohanamuji a ceder la sovranità del Giappone, i menzionati Dei, s’adoprarono a purgarlo da tutti gli spiriti e genii maligni, che lo infestavano. Ciò fatto, sopra una candida nuvola, dalla provincia di Hitaci, risalirono al cielo; e lasciarono i loro Wakimitama in quel luogo, sì che i loro spiriti abitano ora i templi che vi furono innalzati a loro onore.

«— La sesta preghiera s’indirizza a Ohokuninushi, che regna nell’«Invisibile» o nel «Recondito», e alla sua sposa Suseribime, a cui è dedicato l’antico tempio di Ohoyashiro in Idzumo. — Con «invisibile» e «recondito» si vogliono indicare tutti quegli avvenimenti che all’uomo non è dato prevedere. La pace o il disordine d’uno Stato, la prosperità o l’avversità, la vita e la morte, e va’ dicendo, son nelle mani di Ohokuninushi. Colui che ha commesso un delitto e ha potuto sfuggire alla giustizia degli uomini, tema l’ira di questo Dio; egli lo perseguirà con ogni sorta di mali. E voi che avete fatto il bene, e nessuna ricompensa avete ancora ricevuta; sperate in lui, il quale non mancherà di versar un giorno l’altro sopra di voi le sue benedizioni. E voi tutti che vi volete mantenere virtuosi e onesti, raccomandatevi al Kami; ch’egli verrà sempre in vostro aiuto nelle congiunture difficili, in cui vi potete trovare.

«Dopo le sopra riferite, è da mettere l’orazione a Ihanagahime, Dea che presiede specialmente alla longevità. A proposito di questa Dea, ecco quel che dice la leggenda: Ninigino mikoto, sceso in questo basso mondo, e andato a visitare il tempio a lui consacrato, v’incontrò una bella e giovane donna. Domandatole del nome, ella [p. 540 modifica]rispose chiamarsi Konohana Sakuyahime, ed esser figliuola di Ohoyamatsumi, Dio delle montagne, e avere una sorella maggiore di nome Ihanagahime. Il giovane Iddio e sovrano, preso d’amore per quella donna, la chiese in isposa al padre di lei. Questi subito gli mandò tutt’e due le sorelle; ma la maggiore essendo bruttissima, Ninigino mikoto subitamente la fece ricondurre al padre. Il quale, come l’ebbe, recatosi dal principe sì gli disse: — Principe e Dio, offrendovi entrambe le mie figliuole, io aveva in animo di far che la tua divina prosapia fosse forte e durabile, come potea venirti solo da Ihanagahime, e bella quanto i fiori del ciliegio, come la poteva procreare Konohana Sakuyahime.23 Ma ora che tu hai rigettato Ihanagahime, la tua progenie sarà effimera com’è la bellezza de’ fiori; e il dolore della ripudiata fanciulla accorcerà anche più la vita degli uomini.

«— In appresso vengono le preci dedicate all’Icino miya, o al maggior tempio del luogo, dove uno ha dimora. Oltre a questi templi in alcune provincie del Giappone si onorano i così detti Kunitama no yashiro, i quali Motoori pensa fossero in origine consacrati a coloro, che primi occuparono e coltivarono quella parte di suolo, dove s’innalzano i detti edifizi.

«Fra le autiche pratiche sintoiche, che anche oggi sono in uso, è quella di portare i fanciulli appena nati al tempio locale, per metterli sotto la protezione dell’Uji gami, «Dio della Famiglia». La deità locale è più correttamente chiamata, come si ritrova negli antichi scritti, col nome di Ubusunano kami, che equivale a «Dio [p. 541 modifica]della terra nativa»; mentre Uji gami è veramente un supposto comune antenato d’una gente, che ha lo stesso casato. Spesse volte l’Uji gami rappresenta l’antenato di più famiglie; le quali si son accordate di onorare come tale un medesimo personaggio, che è diventato così il Dio del villaggio, della borgata, o anche d’un intero comune.

«Tutti gli Uji gami sono sottoposti a Phokumi nushi, il quale è lor capo; ed eglino, conforme a’ voleri di lui, ministrano gli affari degli uomini innanzi che nascano, in vita e dopo morte.

«Appresso gli Uji gami, vengono i Kami dana, «Cappelle consacrate a’ Penati». Ogni giapponese, eccetto i buddhisti più ferventi specialmente delle sètte Niciren e Ikkô, hanno nelle lor case un simile sacrario. Esso contiene alquante tabelle coperte di carta, chiamate oharahi e ofuda, su cui sono stampati i titoli e nomi degli Dei di Ise, e degli altri, nei quali il padron di casa ha posta singolar fede. Dinanzi alle tabelle, in certi tempi, come il primo giorno dell’anno, il due, il quindici, e il ventotto d’ogni mese, si offre il sake (specie di liquore fermentato, che in tal congiuntura è detto mike), riso e fronzuti rami di Sakaki (Cleyera yaponica). Un lume sta acceso tutto il giorno nel Kami dana. Alcuna volta, fra gli Dei dell’altare domestico, si nota il nome di Sohodono kami, altrimenti detto Kuyebiko, che è lo «Dio spauracchio»: il quale spesso si vede anche drizzato nei campi, per tener lontani gli uccelli, o altri animali che fan danno alle messi.

«— La preghiera che si porge al Kamidana, o domestico altare, è la seguente:

«Pieno di reverenza ti adoro, grande Iddio de’ due templi di Ise; e adoro voi tutti, centinaia di migliaia [p. 542 modifica] di Dei celesti, centinaia di migliaia di Dei terreni, e voi tutti, o Dei che siete venerati in ogni tempio grande o piccolo, d’ogni luogo della Gran terra delle otto Isole, e tu pure, o Sohodono kami, a cui ho dedicato una divina tabella in questo santuario. Vi supplico di perdonarmi tutti i miei peccati, di aiutarmi a fare il bene, e di tenermi sempre sotto il vostro potente patrocinio.

«— Un’altra preghiera è indirizzata agli Harahidono kami, Dei, il cui ufficio è di liberare i supplicanti da ogni genere di male e d’impurità. Vengono poi le preghiere agl’Iddii che salvano dalle pestilenze ed altri contagii; ad Amenokayaneno mikoto, riguardato come Dio della sapienza; ad Amenouzumeno mikoto, Dea de’ piaceri; agli Dei proteggitori delle case, delle porte, de’ focolari, delle cucine (Kôjin sama), de’ pozzi, delle latrine ecc.

«— Vengono finalmente le preci alla cappella comunemente detta Butsudan, dove son poste le tabelle degl’antenati. Essa è in vero sotto la protezione degli Iddii buddhici, ed espone in venerazione la immagine de’ principali di essi, secondo la setta, a cui appartien la famiglia, mentre a’ lati di quelle immagini stanno le sopraddette tabelle. Ad esse si offrono fiori, e la prima porzione di riso cotto che serve di alimento giornaliero alla famiglia: ed inoltre, frutta o altro cibo, di cui si sa che erano una volta ghiotti i morti che si onorano. Hirata vorrebbe che fossero tralasciate così fatte pratiche, essendo quelle state introdotte e mescolate alle antiche cerimonie sintoiche dai preti del culto buddhico. Anzi, secondo il medesimo autore, anche il nome stesso di butsudan, dato al sacrario di legno, dove si serrano le tabelle degli antenati, dovrebbe esser mutato in quello di Tamaya, «ricettacolo o casa dello spirito»; e inoltre [p. 543 modifica]vorrebbe che le offerte fossero soltanto rami di Ceyera sempre freschi, fiori, come ornamento dell’altare; ma non incenso, che il bruciarlo vien da usanza straniera».

È costume ancora di visitare la tomba de’ genitori o d’altri parenti, nel giorno del mese che risponde a quello, in cui eglino morirono: costume approvato da’ più ortodossi scrittori di cerimonie del Sintô. I quali però vorrebbero abolita la generale commemorazione de’ morti che cade i giorni 14 e 15 del settimo mese, perchè d’origine buddhica. Ma invece di quella dovrebbesi ritornare all’antico costume, che poneva tale solennità nel secondo mese dell’anno, e la ripeteva il quarto e l’undicesimo.

Secondo Hirata, l’origine del culto degli antenati è da Ninigino mikoto; quando appunto, come s’è detto in principio, egli fu istrutto a onorare gl’Iddii celesti e terrestri, e a tenere tale onoranza per la faccenda più importante del governo. Un siffatto culto è riguardato come principal fonte di tutte le virtù domestiche, civili e religiose; e l’uomo che lo tiene in non cale, non potrà mai essere nè buon padre, nè buon cittadino, nè amante sincero degli Dei, gloriosi progenitori della nazione giapponese.24



fine

Note

  1. Quel che diremo in questo capitolo, è cavato del tutto da un’importante scrittura del sig. E. M. Satow, segretario della Legazione inglese al Giappone, uno de’ più valenti e dotti Yamatologi de’ giorni nostri. Il libro è intitolato: The Revival of pure Shintô, Yedo, 1876, ed è il meglio che si abbia intorno a siffatto soggetto.
  2. Nippon' o Nihon, da Ji-pén «luogo d’onde nasce il Sole», è il nome che i Cinesi danno al Giappone.
  3. Yamato, nome d’una delle più importanti province del Giappone, il quale è oggi usato pure per indicare tutta intera l’isola Nippon, la più grande dell’arcipelago.
  4. O anche Ohokamudzuno mikoto; in quanto che Mikoto è un epiteto, che equivale a Kami.
  5. Nato l’anno 774 d. C., morto l’anno 835.
  6. Nato l’anno 1618, morto l’anno 1682.
  7. «Il Signore del mezzo del Cielo. Taka, kamu e mi sono espressioni onorifiche. Musu val «generare»; parola che in composizione con ko e me dà origine a musuko e musume ossia «figliuolo» e «figliuola». Bi è lo stesso che hi: voce antiquata che vuole esprimere tutto quel che è maraviglioso, e altamente onorifica, e significa per eccellenza il Sole». Nota di E. Satow.
  8. In altri testi è detto: «apparve qualcosa di gelatinoso e congelato galleggiante in sul mare primitivo».
  9. In altri testi questa serie è diversa. Gli Dei solitari sono due invece di tre, mancando Kunisatsuci; e le coppie di Dei sono cinque piuttosto che quattro, venendo dopo Ohijini e Suhijni i coniugi Dei Tsimuguhino mikoto e Ikuguhino mikoto.
    Invece di Mikoto in alcune scritture si legge spesso Kami, parole che frequentemente hanno lo stesso significato e valore.
  10. Il Giappone si chiamò Ohoyashima Kumi, «Paese oltre otto grandi ìsole», appunto da queste prime otto isole generate da Izanagi e Izanami.
  11. Odierna Shódza.
  12. Forse le odierne isole Gòtô.
  13. Di Yezo, Karafuto e Sagalien non si parla, in quanto che furono scoperte non più tardi dell’viii secolo di nostra èra, quando il Nihongi e il Kojiki erano già scritti.
  14. Chiamata anche Ohofirumeno mikoto.
  15. Ebbe esso diversi figliuoli. Il maggiore sì chiamò Kotoshironushino kami, uno degli otto Iddii che si adorano nel Jingikuan; il secondo ebbe nome Ajisukitakahikoneno kami, che è il Dio di Kamigamo vicino a Kióto; un altro fu Takeminakatano mikoto. Dio di Kamino Suwa in Shinano.
  16. Conservata nel sacrario di Atsuta in Owari.
  17. Secondo altri autori, in Amatumi sora.
  18. Sono gli Dei de’ venti.
  19. Vedi pag. 530.
  20. Vedi pag. 520.
  21. I templi consacrati a Inari sama s’incontrano frequentissimamente per tutto il Giappone; sicchè comunemente si crede che Inari sia il nome di un Dio: errore nato dall’uso che hanno i Giapponesi di chiamare le persone dal nome del luogo di loro residenza. Egli è pure un errore che Inari sama abbia forma di volpe, come generalmente si crede; laonde molti templi veramente dedicati alle volpi, in Giappone, male sono stati indicati col nome di templi d’Inari. La volpe è la messaggera di Miketsu kami o Toyoukebime; e l’immagine di quell’animale è messa dinanzi a’ loro templi; la qual cosa ha confermato l’errore. — E. M. Satow.
  22. Kagushima e Shimotsufusa, oggi Kashima e Shimôsa.
  23. Il nome della sorella brutta è composto di Iha «roccia o scoglio» e naga «lungo», parole che insieme sono il simbolo pella longevità; il nome della bella, vale «lo schiudersi de’ fiori degli alberi».
  24. E. M. Satow, The revival of pure Shintó, pag. 79-96.