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parte seconda 527

«crescens crevit, sed locus est qui superfluus crevit. Nunc mihi propositum est, si tibi videtur, mei corporis eum qui superfluus crevit locum, corporis tui in eum locum inserere qui non continuus crevit, et terram generare». Izanami respondit: «Commodum erit». Tunc Izanagi: «Ego et tu, quin circumeuntes coelestera hanc columnam, thalamo jucunde coimus». I due Kami s’accingono dunque a celebrare le nozze. Partesi a sinistra Izanami, a destra Izanagi; e fanno il giro dell’isola; e quando l’un l’altra si furono incontrati, dice Izanami: «Oh mio bello e forte sposo, io ti saluto». «Ti saluto, oh bella mia» risponde Izanagi; poi, pensando, riprende: «Or come tu parlasti prima? Non son’io forse l’uomo? Tu non devi dir nulla avanti di me: ricominciamo». I due Dei fanno di nuovo il giro dell’isola, e come di nuovo si furono incontrati, subito Izanagi esclama: «Ecco la mia giovane, la mia bella sposa!». «E tu il mio sposo bello quanto mai!» dice l’altra: e così furon contenti.

Il frutto che nacque dapprima da’ loro amori, fu qualcosa di mal conformato: un aborto. Gli sposi non lo vollero neanche vedere, lo messere in una barchetta fatta di giunchi, che allora la terra non produceva che di quelle piante, e, lo abbandonarono in mare; sì che andò chi sa dove. Nacque loro un altro fanciullo; lo chiamarono Awano shima, ma in verità non valeva più del primo. Izanagi e Izanami domandarono allora agli Dei la cagione di questa loro imperfetta capacità generatrice; ma gli Dei non seppero dar loro adeguata risposta. Di maniera che s’accinsero senz’altro dì nuovo all’opera, meglio che fosse loro possibile. Questa volta riusciron bene. Nacque un’isola abbastanza grande, che fu nè più nè meno che la maggiore isola dell’arcipelago nipponico: cioè a dire Ohoyamato Akitsushima, come chiamavasi in antico.

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