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parte seconda 521

de’ fatti dell’antichità», e il Nihongi «Istorie giapponesi». I capitoli di queste opere, dedicati alla cosmogonia e alla teogonia, sono anche dati a parte alle stampe col titolo di Jindaino maki; e uniti agli ampli commenti, che diversi celebri seguaci del Sintô vi fecero, sono tenuti pe’ soli documenti autentici in materia di religione. A siffatte scritture è da aggiungere un’opera liturgica, per la celebrazione delle feste solenni del Sintoismo, la quale porta il titolo di Norito; e poche altre di minore importanza che non starò a menzionare.

Dopo l’introduzione nel Giappone de’ libri classici di Confucio, avvenuta in sul finire del terzo secolo dell’èra volgare, e della dottrina buddhica, in sulla metà del sesto, l’antica religione del popolo di Yamato perse la sua purezza primitiva. Cadde a poco a poco in disuso l’antica fede de’ Kami, per degenerare col tempo in un mescuglio di credenze di diversa origine. Il Buddhismo diventò quasi la religione nazionale, professata dal Mikado all’ultimo dei sudditi; fino a che, conosciutasi la filosofia di Cu-hsi, venne essa, dalla parte colta del popolo giapponese, preferita alla credenza indiana.

Alcune sètte nuove nacquero dall’unione della vecchia fede con le dottrine straniere. Verso la metà del nono secolo di nostra èra, un famoso letterato chiamato Kukai,1 conosciuto più spesso col nome postumo di Kôbô Daishi, compose un sistema religioso che fu detto Riôbu Sintô; nel quale le dottrine di Confucio, di Çâkyamuni e dei Kami nipponici s’abbracciavano fraternamente: e il sistema era in ispecial modo fondato sulla teoria, che le Deità sintoiche altro non fossero che trasfigurazioni e trasmigrazioni di deità buddhiche.


  1. Nato l’anno 774 d. C., morto l’anno 835.