Prediche volgari/Predica XXXI
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XXXI.
Come si de’ perseverare insino al fine chi vuole avere la corona.
Qui autem perseveraverit usque in finem, hic saìvus erit. (Matthei, X cap.). Dilettissimi, le parole prealegate so’ di Matteo al decimo capitolo; e in sentenzia volgare dicono così: — Colui il quale perseverarà insino a la fine, costui sarà salvo. — Chi insino a la fine perseverarà, in vita eterna n’andarà. E io v’avevo impromesso ieri di predicarvi stamane d’un’altra materia, [che io non vi predicarò]1 per paura che ’l tempo non ci levi dal Campo.2 Distingue tempora, et concordabis scripiuras: — Distingue i tempi,3 e concordarai le scritture. — E bench’io vi lassi quella materia che era bellissima e utile, nondimeno questa sarà utilissima a coloro che ci sono; e però io dirò a quelli che ci so’, che è cosa necessaria; e quello che ârei detto, ârei detto a quelli che non ci so’. Elli si dice: sapientis est mutare propositum: — Elli è senno alcuna volta di mutarsi di proposito. — Oltre: a le mani. Tre perseveranzie si possono vedere de le prealegate parole:
La prima, intelligenzia in sapere.
Siconda, in volontà, in volere.
Terza, in facultà, in potere.
Qui autem perseveraverli usque in finem, cioè che sappi far bene e vogli far bene e possa far bene, hic salvus erit, colui sarà salvo. Elli ci conviene vedere uno testo scritto, ad literam accordandosi col Vangiolista; e però intendelo e imparalo. Guarda Giovanni ne la su’ Apocalipsa al ij cap. a la quarta Chiesa, che dice così: Qui vicerit, et custodierit usque in finem opera mea, dabo illi potestatem super gentes, et reget eas in virga ferrea; et tamquam vas figuli confringentur, sicut et ego accepi a Patre meo; et dabo illi stellam matutinam. In volgare dice così: — Colui che vincerà, e guardarà insino a la fine l’opera mia, cioè i miei comandamenti, io gli darò potenzia sopra a le genti, e reggiaragli in verga di ferro (tu sai che la verga del ferro è infressibile e sta ritta) e saranno rotti come vasi di figolo, cioè come vasi di terra, come i’ ho ricevuto dal mio Padre, e darò a loro la stella mattutina. — Come dice el Vangelista, così simile s’acorda costui, cioè el sapere, el volere e ’l potere.
Prima, al potere, perseverante giustizia.
Sicondo, al volere bisogna perseverante bontà.
Terzo, al sapere bisogna perseverante verità.
A potere, giustizia; al volere, bontà; a sapere, verità. Prima, al potere, la giustizia: bisognaci sapere e fare due cose: la prima, fare il bene; la siconda, lassare il male. E che ti pare che sia altro la giustizia, se non fare il bene e odiare il male? Odelo; declina a malo, et fac bonum4: — Parteli dal male, e fa’ il bene. — Vediamo prima l’odio che l’uomo díe avere al fare male. Dice Giovanni: — Qui vicerit: — Colui che ârà vittoria contra al mal fare. — Fermianci qui, chè ci è buono stare, con tutto che ci sia vento. Vediamo che cosa è vittoria. Victoria spiritualis est effectus perseverantis gratiae: — La vittoria è una grazia spirituale con effetto perseverante; — cioè perseverante in fino al pònto de la morte. E questa è la vera vittoria. Tutte le virtù le quali tu puoi nominare, tutte possono avere fine, ma a la perseveranzia non v’ha fine. Vede s’io dico il vero. Che ti può fare la fede? Puoti fare combattere insino a la tua fine, ma non ti può però fare avere vittoria. La speranza, similemente la carità che è così magna e perfetta virtù, anco può avere fine, e nella fine non ârai vittoria. Così simile la pazienzia: potrai avere pazienzia, e verrà la fine, e pure alla fine non árai vittoria. La prudenzia:5 anco vi trovarai fine, nè anco vi drovarai vittoria. Nella temperanzia anco v’è la fine, e ne la fine non trovarai vittoria. Tutte queste virtù che io t’ho nominate, e se più se ne nominasse, non ne trovarai niuna, se non solo la perseveranzia, che in fine abbi vittoria. Che ti vale la fede, se tu ti rompi in mezzo? Nulla. Che ti vale la speranza, se in mezzo ella ti manca? Che ti puole valere la carità, se tu ti rompi a la fine tua?6 Così dico della prudenzia. La pazienzia, la temperanzia, la fortezza, la giustizia nulla ti possono valere, se tu ti rompi in mezzo: non possono valere se non si ha la perseveranzia. Qui perseveraverit: — Colui che perseveuarà, ârà la vittoria. — E pero vo’ dire così: — se tu frate Bernardino.... (io vo^ dire a me) se tu frate Bernardino vivi cento anni ancora, e facci sempre bene insino a la fine del tuo termine, e quando l’anima si parte dal corpo in su quel punto tu ti rompi, tu non hai fatto nulla. Io ti dico: se sempre tu ârai fatto bene, e in sul quel ponto tu hai uno pecato mortale e con esso muori, a casa calda te ne vai. In uno punto solo de la tua vita tu ti rompi, tu hai perduto tutto il tempo che tu hai fatto bene. — Or volta mano: poich’io ho detto a me, ora vo’ dire a voi: andarà ora a contrario. Se uno cittadino o altra persona che si sia, fa sempre mai male, mai non fa altro che pericoli quanti e’ ne può fare, dico che è più malagevole il tuo salvarti, che non è il mio. Attende bene. Se egli è pericolo a chi fa bene a potersi salvare, che pericolo debba essere di colui che non fa mai altro che male? E però dico così: che se gli Apostoli i quali fecero tanto bene tutta la vita loro, se a la fine eglino si fussero rotti, tutti sarebbero iti a casa del diavolo. Or pensa tu ora di chi mal vive, come e’ farà male!
Or io torno a casa. Dico che la vittoria è perseverante grazia, e non si contiene solo in abbandonare il male, ma ancora in fare il bene. Qui vicerit, dice Giovanni. E ’l Vangiolista dice: Qui autem perseveraverit usque in finem, salvus erit: — Colui che vinciarà il male e perseverarà in sino a la fine ne le virtù e farà bene, colui sarà salvo. — Doh, impara una figura che è al sesto cap. di Iosuè. Iosuè aveva posto il campo a Ierico, e avevalo assediato, e non potendolo avere, apparve uno angiolo a Iosuè in forma d’uno uomo con uno coltello in mano, e dissegli: — tu hai assediato Ierico: le mura de la città so’ forti e so’ bene guardate, e la gente v’è dentro forte, sì che tu non hai fatto nulla. Se vuoi avere vittoria, e’ ti conviene fare così: scalzati, però che questo luogo è santó; e fate che voi andiate sei dì d’intorno a Ierico, ogni dì una volta. El settimo dì abbi sette preti con sette trombe in mano, portando l’arca. El campo de la gente armata andava innanzi, e l’avanzo de la gente andava dietro a l’arca. Infine le mura di Ierico cadaranno, e voi entrarete dentro et ardaretelo, e saccomanarete tutta la robba che voi vi trovarete. — E così fecero, et ebbero la vittoria. Misterio! Chi è Iosuè? È lanima che cerca d’avere vittoria, e Ierico è la vita mondana e viziosa, contraria a la salute dell’anima. L’angiolo si è la spirazione che noi aviamo buona, che ci dice: — scalzati, chè questo è luogo santo. — A volere andare a vita eterna, scalza i piei, cioè scalzati dagli affetti 7; chè l’andare nostro è o in bene o in male. Se hai l’affetto a Dio, tu camini a Dio: se hai l’affetto al male, camini al diavolo. Le scarpe sono i beni mortali, come sai, chè sono di bestia morta: so’ di quoio. Così sono anco le calze solate. Scalzateli, scalzateli! Non istar mai calzato con questo affetto! Vedi tu: a questi vostri Consigli che voi fate, mai non si converebbe che voi v’andaste altro che scalzi8. — Oh, ella sarebbe la buona usanza! — Dice colui: — Oh, vorrebbe essere di state! — Io tel confesso; ma e’ sarebbe buono così di verno come di state. Io ti dico che quando tu vi vai, che tu ti scalzi dalli affetti ambiziosi; chè con quelli calzamenti tu non ârai mài bene. Poi che tu ti se’ scalzato, va’ d’intorno a Ierico; va’ intorno a questi beni del mondo mentre che tu ci stai. Poi fa’ che tu abbi sette preti con sette trombette, coll’arca innanzi di Dio. Hai tu posto mente a quello che fa la trombetta? Trombetti, èccene niuno? Tu vedi che quando il fiato entra nella trombetta, e’ non si sente; ma quando e’ n’esce, non fa così; anco fa all’escire un grande busso. Dimostrasi ne la vita nostra: Quia transit mundus et concupiscentia elius:9 — Perchè elli passa il mondo e le sue concupiscenzie. — E’ sette preti significano e’ sette doni de lo Spirito Santo, e’ quali tu puoi ricévare essendoti scalzato da questi affetti mondani; e’ quali doni gli trovarai in Isaia all’xj cap: Requiescet super eum spiritus Domini; spiritus sapientiae et intellectus, spiritus consilii et fortitudinis, spiritis scientiae et pietatis, et replebit eum spiritus timoris Domini: sette doni che so’ dati a coloro che vogliono ben vivare, seguitando le virtù. A noi ci conviene andare in su, a volere andare a lui; come lui cominciò di sopra e venne in giù; chè ci bisogna prima spiritus timoris Domini: lo spirito de la sapienzia. Come disse Davit: Initium sapientiae timor Domini10: — El principio della sapienzia è el timore di Dio. — E noi cominciamo col timore; e questo è il dono che noi riceviamo prima: del quale dice Anselmo in Libro similitudinum: Quia principium timoris est recordium inferni. Or vede s’io dico vero. O donna, quando tu ti cuoci il dito, come tu senti quella pena, subito tu ti ricordi di casa calda, pensando: — oh che pena díe essere quella, a stare tutto sempre nel fuoco! — Così quando tu ti pógni il dito coll’aco, e tu ti ricordi de le ponture de li scarpioni che so’ in quello luogo, martoriando l’anime dannate. Così quando ti viene fumo agli ochi, e tu ti ricordi del fumo de lo inferno. Così quando tu senti una puzza o qualunque altra cosa si sia dispiacevole, allora tu ti ricordi dello inferno, e hâne timore e paura. E questa è una tromba; e da questo vieni al sicondo.
El sicondo dono che ti viene, poi che tu hai questo del timore di Dio, si è el dono della piatà, però che tu hai piatà di te medesimo di non andare nello inferno, e guarditi di non andare nello inferno, e guarditi di non fare quelle cose per le quali vi si capita; e questa è la siconda tromba.
Poi che tu hai questi due doni, e tu pervieni al terzo, cioè che tu divieni sperto di sapere quello che ti conviene fare. Come fa colui che va per una via paurosa, dove si dubita di mascalzoni o d’altre persone che possono fare danno ad altrui: che se fusse bene una via piena di viottoli, elli la impararà sì bene, che mai non andarà se non dritto dritto: non si vollarà mai, perchè de’ viottoli vi sieno ss^ai; e perchè elli ha paura di smarrirsi, elli va procurando tanto attentamente, che e’ non è nè macchia nè via nè viottolo, che elli non cognosca; e per questo elli diventa tanto sperto, che quasi va senza alcuna paura. Se elli non avesse avuto questi due doni di prima, cioè il timore e la piatà, sarebbe andato ardito, non procurando a nulla, e non ârebbe mai imparata questa via, essendo andato a capo alto, che non si sarebbe curato donde egli s’andasse. E perchè ebbe il timore de la pena e adivenne piatoso di sè, per non capitar male giógne a questo terzo, cioè di cognoscere e guardarsi da quello che ’l può far mal capitare. E hai il dono de la scienzia; e questa è la terza tromba. Da questi doni si perviene poi all’altro: che non si rompe per ognì avversità che gli viene; anco sta fermo e saldo pure per la paura di non capitar male. E per questo perviene ài quarto dono, cioè al dono de la fortezza; e questa è la quarta tromba.
Da questi nominati si perviene poi al sapere per sè e per altrui; e allora può dare consiglio a sè e agli altri. E quésto è il dono del consiglio, e chiamasi la quinta tromba.
Da questi viene in una chiarità di mente, e diventa illuminato, chè niuna cosa gli rende altro che chiarità. Elli cognosce il vìzio e cognosce la virtù, e per questo ricevè il dono de lo intelletto. E questo è la sesta tromba.
Da questi si viene subito al dono della sapienzia; chè quando tu assapori una dolcezza di Dio, quanto tu lo specoli, quando tu il gusti, non ti piace niuna cosa di questo mondo; però che tu se’ a una intelligenzia tanto infallibile e tanto perfetta, che elli cade a terra Ierico, cioè la vita mondana, che non te ne curi di nulla. Questo Ierico così cascato è subito sacomanato e messo a sterminio. Questa città la vide anco Giovanni ne la sua Apocalipsa a xiiij cap.: Cecidit, cecidit Babyìon illa magna: quae a vino irae fornicationis suae potavit omnes gentes. A terra, a terra, a terra, Babilon: però che tu se’ contraria a coloro che hanno questi doni. Tu se’ contraria a la nostra astinenzia; a terra, carne. Tu se’ contraria a la nostra umilità: a terra, superbia. Tu se’ contraria a la nostra largità: a terra, avarizia; e così rimani vittorioso. E qui hai potuto comprèndare la perseveranzìa di guardarti dal malfare, e l’odio che tu debbi avere al malfare.
Vediamo ora di chi díe fare bene; però che non basta solo a guardarsi dal malfare, chè e’ bisogna far bene a volersi salvare. Qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit. Cristo fu nostro maestro, e lui ci conviene seguitare, però che lui è nostro capo e noi siamo i membri, dice santo Pavolo. Che fece Cristo? Fece due cose: coepit facere et decere.11
Primo, cominciò a fare bene: coepit facere.
Sicondo, insegnò a far bene: et docere.
Queste due cose se tu le consideri, so’ molto ottime; e però qualunque sarà colui che le seguitarà, sarà veramente cristiano di Dio. E inde disse Gioanni ne la Canonica sua al sicondo cap.:12 Qui autem dicit se christianum esse, debet opera quae fecit, et ipse facere: — Colui che dice essere cristiano, debba fare l’opere che fece Cristo. — Cristo se n’andò in paradiso: così s’ingegni di far lui. Sappi che Iddio non fece l’una di queste cose; anco le fece tutte e due. Pon mente a quello ch’io ti dico: elli so’ due Testamenti, el vecchio e ’l nuovo. Nel vechio elli comandò: — Non fare, non fare, non fare. — La maggior parte dei Comandamenti dicono: — Non fare. —13 Non habebis deos alienos in conspectu meo. Non facies tibi sculptile, neque omnem simiìitudinem quae est in coelo desuper. Non usurpabis nomen Dei tui frustra.14 Non occides. Non furtum facies. Non loqueris centra proximum tuum falsum testimonium. Non concupisces uxorem proximi tui.15 — Non adorare altro Idio che me. E non fare scultile immagini,16 che rasemprino altro. Non pigliarai il mio nome invano. Non uccidarai. Non parlàrai contra al prossimo tuo falsità niuna. Non disiderare la donna altrui. — Tutti quasi dicono: — Non fare el tal male: non fare el tal peccato nè ’l tale. — Non dice così i Comandamenti del Nuovo Testamento: questi dicono: — Fa’, fa’, fa’ bene; fa’ bene, ama. — Dice: — fa’ bene; — ma di molte cose che elli ti dice che tu facci, tutte si riducono in tre.
Prima, ci dice ama l’amico, cioè comanda che l’uno amico ami l’altro.
Sicondo, ama il nemico. Se uno ti fa male, abbi pazienzia, e non ti rivoltare a far male a lui, però che tu faresti male. Altro si conviene a volerci salvare, cioè.
El terzo, chè con tutto che elli ti facci male e tu gli âbi pazienzia, si conviene che tu gli facci bene, se tu gli puoi far bene niuno.
Ama l’amico; âbi pazienzia a chi ti fa male, e fa’ bene a chi ti fa male. E come Iddio comanda, così fece egli. Tu hai che egli amò gli amici principalmente, come e’ si díe fare. Diligentes me diligo, disse Iddio17. Amò anco gl’inimici che gli facevano male a lui, sai, quando era in su la croce; che egli perdonò, e ebbe pazienzia con coloro i quali il crucifigevano, e perdonò lo’; e più anco sai che egli orò al Padre, dicendo: Pater, ignosce illis quia nesciunt quid faciunt: — Padre, perdona a costoro che e’ non sanno quello che e’ si fanno. — E però questo medesimo conviene fare a te, fedel cristiano, comandato da Dio a tutti: Diligite inimicos vestros; benefacite his, qui oderunt vos; et orate pro persequentibus et calumniantibus vos:18 — Amate i nemici.; perdonate a’ nemici, e orate per chi vi fa male. Et qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit: — Chi perseverarà insino a la fine i comandamenti di Dio, colui ârà vita eterna per la vittoria. — O cittadini, sete voi disposti a fare così? Chi non vuol fare quello che Iddio comanda, sì alzi il dito. Sì, ch’io credo che ce ne sìeno! E anco ci so’ di quelli ch’io ne dubito, e non dicono però di no! Io vo’ dire, tiste, per me. Ecci niuno che creda ch’io abbi perduta l’anima? Io non l’ho però giocata, no. — Che vuoi tu dire? — Dicotelo. Circa da venticinque anni in qua io mi so’ ritrovato in questo abito19, e dico che a chi m’ha fatto dispiacere, io gli ârei volentieri baciato i piei, e anco più là; e mai dentro al mio amore non mi venne in dispiacere; nè niente mi tengo d’essere stato ingiuriato, e nol crédare ch’io mi tenga ingiurato. Che perchè io arecasse il libro, e arecassevelo qui e leggessevelo, io nol feci se none a loda di Dio, e perchè voi aveste fede a quello che io v’avevo detto l’altre volte.20
O cittadini miei, non crediate che io mi vogli perdere la vita dell’altro mondo. Se io la perdo di qua e aquistola di là, mi pare avere fatto molto. Ma se io perdo la vita di qua, chè non posso fare altro, e’ mi conviene pensare a quella di là: che s’io pongo mente di questa, oh, io ho molto poco guadagnato! Egli ci conviene pensare dell’altra; chè questa viene a dire nulla, se non per guadagnare quella. Io dico che voi che andate a udire le prediche, non credo che voi siate capaci d’intendere bene; e credo che chi ha detto sì, creda e tenga d’avere detto bene; e dicono che hanno detto quello che ho detto io, ma per altra via, la quale tu non intendi, tu. Come chi volesse andare a duomo, qui ne è una via, colà un’altra, di là una altra, e tutte hanno uno termine. Lassate andare il parlare di queste cose, e state atacati a la fede, come voi dovete. Nè anco de’ fatti miei non pensate, che nè in fatti nè in detti non mi tengo d’essere ingiuriato; e se pure fusse niuno che de’ fatti miei avesse detto niente, io gli perdono. Non aviate pensiero se non che ognuno dice bene; e non voliate giudicare voi, però che voi non potete. Questo pare che intervenga, che colui che è avaro non può crédare che ognuno non sia avaro. Così il lussurioso crede che ognuno sia lussurioso: così delli altri vizi. Non fate così, dico: se tu hai il vizio in te, crede che un altro sia buono; però che è miglior via, che voi doviate crédare ch’io abbi odio a persona stamane; però che io vo stamane con chi voi credete che sia più mio nemico, e anderò a mangiare a le sue spese; sì che da ora in là non crediate che altro che concordia21 fra noi sia. Colui che vuole tenere meco, non sarà mio amico se vorrà fare contenzione, e non voglio che sia de’ miei a nulla; però ch’io non son venuto per méttarmi in contenzione; ch’io credo se l’uno dice bene, così mi credo che facci così quell’altro ancora. A me m’è detto che tutti dicono bene; e così credo e così dico che faccino anco sempre bene insino a la fine, come dice il nostro tema. Dice Paulo al X cap. ad Romanos. O fedele, intende questo. Hoc est verbum fidei, quod praedicamus. Quia si confitearis in ore tuo Dominum Iesum, et in corde tuo credideris quod Deus illum suscitavit a mortuis, salvus eris.: — Questa è la parola de la fede, la quale noi predichiamo; e se tu confessi co la tua bóca e che tu creda col cuore, che Cristo Iesu risuscitasse da morte, tu sarai salvo. — E però crede che noi ci amiamo insieme lui e io22. Se tu se’ cristiano, osserva i comandamenti di Cristo. Non andare cercando di far meglio, chè no trovaresti mai. Di’ con David profeta: Mandata tua credibilia facta sunt mihi23: — Signor mio, i tuoi comandamenti sono in me molto credibili, e così gli voglio seguitare. — Colui il quale ha buono pensiero, segualo, e non gli paia malagevole; che se egli tocarà niente di quello di Dio, non gli parrà ponto malagevole. L’amore porta il fascio. Vede se Davit era inamorato di Dio, lui, quando elli diceva: Latum mandatum turni nimis24: — Il tuo comandamento è molto largo! —
Vediamo in questa perseveranzia del bene che ci bisogna. Bisogna due cose:
La prima, bisogna che sia dritta inverso a Idio25.
Siconda, sia buona.
La prima, dico, bisogna che a volere perseverare una cosa, ella sia dritta inverso Iddio. E chi non va dritto, non può mai perseverare. Giovanni da Picciano, parlando sopra alla Cantica, dove dice: Recti diligunt te26: — E’ dritti so’ coloro che t’amano: — non so’ coloro che dimostrano d’amare, come fa l’ipocrita, il quale mostra le lucciole per lanterne27.
Non va cosi a volerla mandar bene, no. Ode Iacomo nella Canonica sua parlando di questi tali — Vir duplex animo inconstans erit28 in omnibus viis suis: — Ell’uomo che sarà doppio d’animo, che ârà più animi, sarà inconstante in tutte le sue vie. — Colui che vorrà far bene, Iddio li dà aiuto. Non manchi lui. Se elli fa bene e dilettavisi, e Iddio gli dà più animo, e egli il duplica; e tanto va di bene in bene, che egli viene a far che quello che gli pareva malagevole, ora vi si diletta. E però segue Giovanni ne la Apocalipsa: Dabo illi potestetem super gentes, et reget eas in virga ferrea, et tamquam vas figuli confringentur. Dice Giovanni che — a questi tali li sarà data potenzia sopra de le genti, e reggiaragli con una verga di ferro, e come vasi di terra saranno fracassati e rotti. — Chi saranno queste genti che dice: — li darà potenzia sopra le genti? — Le genti so’ il popolo gentile; cioè il popolo di Dio29. Quando tu odi ne la Scrittura nominare questi popoli, sappili intendere: e così il popolo pagano s’intende il popolo che vuole andare dietro a’ vizi e a’ pecati. Dice che saranno retti i
5 Il Cod. Pal., cioè le genti di Dio. in verga di ferro. La verga s’intende che sia dritta; e però si dà la verga in mano al signore30, la quale sempre si díe tenere dritta. Non la tenere torta, chè tu e lei cadrete poi. Tiella dritta, come vedi la Torre31. Perchè sta dritta questa Torre? Perchè ella non pende: perchè se pendesse, cadrebbe. Vuoi ti dica quando uno muro non può fare che non caggia? Ogni volta che la grossezza del muro pende tanto che ella esce fuora del fondamento, non potrà stare che ella non caggi. Vuoi vedere quando ella díe cadere? Piglia uno piombino, e póllo dritto, e pon mente al muro forte. Se tu vedi che la faccia di là pende tanto, che ella risponda a quella di qua, non avere mai fidanza a quel muro: va’, apuntellalo, se non ch’e’ cadrebbe. Così vedi de la soma de l’asino: quando ella pende, ella sta per cadere, e guasta l’asino. Così dico de la volontà. Vuoi perseverare? — Sì, — Fa’ che la tua volontà sia dritta a Dio. Se ella non sarà dritta a Dio, credemi, credemi che ella cadrà a terra. E qui hai veduto che la volontà perseverante vuol essere dritta come la verga, ch’e’ dritta.
Anco bisogna la siconda cosa a volere che la volontà sia perseverante. Bisogna che quello che tu fai, sia buono. Non si conviene come tu hai cominciato a fare uno bene, tu l’abandoni per ogni picola cosa. Inde disse Iob al XV cap.: Laedetur quasi vinea in primo flore hotrus eius: — Sarà offeso el raspollo dell’uva nel suo primo fiore. — Hai tu veduta la vigna quando è in fiore, che ella talvolta viene una nebbia e portane via tutte l’uve ne la malora? Sai quando egli è la vigna in fiore? Quando elli comincia all’uomo una buona volontà, e poi giógne uno traverso e rompela, e guasta ogni suo buono pensiero. Tu sai che quando l’uva è matura come è ora32, una nebbia non le può fare danno niuno, nè se ne curano le viti nè l’uva33. Similemente, quando una mente è ferma e disposta a voler far bene e in esso bene perseverare, non le può fare danno una nebbia d’uno caso dispiacevole; però che quella è uva matura, non si rompe per ogni cosa avversa, come fanno coloro che non possono sostenere nè una parola nè uno atto nè una miratura: ogni picola cosa gli rompe. Però dice: tamquam vas figuli confringeniur: — Come orciuoli o vasi di terra saranno fracassati e rotti. — E poi che e’ sónno rotti, a che so’ buoni? Chi andasse colà il sabato34, quando voi avete costì in sul campo degli orciuoli O de’ pignatti, con uno vergono di ferro, e desse fra tutti, a che sarebbero poi buoni? Se tu desse con questa verga in uno grande monte di vasi, sai che tu faresti? Faresti tre cose:
Primo, ne rómparesti molti agevolmente.
Sicondo, non varebbero poi nulla e’ rotti.
Terzo, che e’ non si possono bene rapezzare.
Alcuna volta si so’ trovate de le donne che sanno molto bene raconciare le conche con una colla, la quale fanno con verderame e biacca e vernice lequida; ma e’ non si può però raconciare e’ pignatti. Sai perchè? Perchè quella non è terra da ciò. Misterici Vuol dire che i pecati non sì possono rapezzare, nè se ne può fare nulla. Vuole vedere? Or dimmi: se e’ ti viene uno pensiero di volere de la robba del mondo, e pensi ne’ fatti della usura o de ma’ contratti35, tu pensi: — io nol vo’ fare, però che questo è peccato; —— subito tu lo spezzi, e così spezzato non vale nulla. Così d’ogni vizio de la gola, de la lussuria, della superbia, della accidia, de l’omicidio e d’ogni pecato. Che vale una lussuria che tu non volesti fare? Non vale un frullo. Che vale biastemia di Dio, che tu non volesti fare, nè mai vuoi fare? Tu no’ ne daresti una paglia. Così uno omicidio che tu non hai fatto, che non l’hai voluto fare, non vale una penna. Sai chi so’ coloro che gli vogliono rapezzare? So’ coloro che so’ cascati nel fare i pecati, e poi si so’ tirati adietro et hannoli rotti, e poi s’ingegnano di ritornarvi a farli. Se tu gli rincolli, elli è mal segno: [quello è segno]36 che tu vi ti diletti. Oimè, non fare, non fare! Fa’ come chi vuol seguire le buone volontà insino a la fine: de’ quali dice: tamquam vas figuli confringentur: — Saranno fracassati come vasi di terra. — Sogiógne Giovanni e dice: Sicut ego accepi a Patre meo: — Come io ho ricevuto dal Padre mio. — Due cose ci conviene vedere37 a fugire i vizi e a vinciarli;
Primo, quando tu se’ tentato e consenti col cuore, e poi li cacci prima che il facci.38
Sìcondo, quando se’ tentato; che ’l tentatore sta di fuore e tentati, e tu stai dentro e caccilo. Quanto sta bene quel volgare che dice; — sta’ di fuore, chè dentro piove! —
Prima, quando la tentazione viene e bussa, e tu stai dentro e stai così, vuoi, non vuoi; se il consentimento v’è a nulla, tu se’ cascato. Se tu il cacci prima pònto ponto, tu vieni ad avere vittoria.
Sicondo, quando tu se’ tentato, poniamo de la lussuria, elli ti viene la tentazione: se tu resisti, che non v’entri nè volontà nè diletto, tu rimani vincitore, e la tentazione rimane di fuore. Proprio come se in una terra v’entrassero i sacomanni39 per volerla méttare a saco, e come essi entrassero e gridassero: — arme, arme, arme! — e quelli de la terra se lo’ facessero incontra e cacciasserli, e hanno vittoria: non di meno anco era meglio che non vi fussero entrati. Piglia l’essemplo da Cristo: non ti lassare mai lusingare per lo consentimento del peccato. Cristo ci ha dato amaestramento: mira come elli fece, lui. Non avenne mai a Cristo, con tutto che elli fusse tentato, che mai la tentazione del peccato entrasse dentro in lui. Egli fu tentato dal dimonio, quando elli ebbe digiunato quaranta dì e quaranta notti40, dicendoli: Si filius Dei es, dic ut lapidea isti panes fiant41; — Se tu se’ figliuolo di Dio, di’ a queste pietre che diventino pane. — E non entrò dentro questa tentazione, e però rispose: Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo quod proceda de ore Dei:42 — Non vive l’uomo solamente di pane, no; ma de le parole che escono de la bocca di Dio. — Così debbi fare tu, quando la tentazione viene, la quale si tira dietro il pecato mortale. E questo dà contra a molti, che hanno detto e credono, che niuna persona possa vivare senza il peccato mortale. E io dico che e’ ne sono le migliaia e migliaia di quelli che sanno risistere a le tentazioni. Questi tali uomini non so’ fatti come séte fatti voi: voi séte ingannati. Uno picolo peccato vi pare grande, e uno grande vi pare picolo. So’ di quelli che uno carbone lo’ pare bianco: costoro so’ neri, loro, e credono che ognuno sia nero come so’ neri loro. Piglia questo essemplo: così interviene a loro. Abbi uno pigniatto nuovo, e póllo a fuoco co la cucina che tu vi vuoi fare dentro. Se vi sarà il fuoco grande, le mosche si pongono intorno da la lònga: come il fuoco manca, e elle s’apressano. Poniamo che tu vieni alla predica: se ’l fuoco si spegne e ’l pignatto si rafreda, allora le mosche vi s’a pongono e vanno d’intorno, se esse vi potessero entrare. Se tu el lassasse punto scoperto, la mosca v’entrarà dentro: se ella v’entra, mal va: se tu ne la cavi, tu fai bene; ma meglio era se tu avessi turato, sì che non vi fusse cascata. Che vo’ dire? Dico che tu ti guardi, sì che ne la volontà non vi caschi la mosca del pecato. In Cristo non cascò mai pecato niuno; mai non fu mosca in sua vivanda.
Bisogna anco una terza regola, e non sarai ingannato da lo intelletto; è questa la facultà. Due cose è di bisogno che tu abbi:
Prima, cognizione de le cose umane.
Siconda, cognizione delle cose divine.
Prima, cognizione delle cose umane. Dice Giovanni: dabo illi stellam matutinam:43 — Io gli darò la stella matutina. — Sai quale è? È la stella Diana, La stella Diana ha questa condizione in sè, che mai non s’acorda44 col sole: quando ella si leva, si leva la mattina innanzi al sole dal levante, e la sera dal ponente rimane adietro. Avete voi mai veduto colà doppo vespero verso il ponente una stella rilucente con grandi splendori? Quella è la stella Diana. Così anco si vede da mattina molte volte: ella non s’acorda col sole: non vanno insieme le costellazioni delle stelle col corso del sole. Tu vedi la stella la mattina al levante inanzi al sole, e la sera la vedi dietro al sole45. Questo significa due cose: signitìca la vita attiva e la vita contemplativa.
La vita attiva s’intende in cognoscere le cose umane; e questo si vede in uno che sia pratico in queste cose del mondo. Egli diventa per questa pratica tanto illuminato lo intelletto, che egli viene nella vita attiva di Marta. Questa è regola generale: se tu non sarai molto sperto ne le cose del mondo, tu non sarai mai buono attivo. Se sarai pratico e sporto nelle cose del mondo, abìlemente puoi pervenire alla vita contemplativa, che è Maria Maddalena. Dall’esercizio vieni in contemplazione. E però dico: fa’ che tu ti ponga ne l’esercizio della orazione; e perseverando l’orazione, tu entri in una contemplazione tanto ottima, che tu vieni in alcuna particella a cognizione de le cose di Dio. Non fantasticare, o donna; non andare dicendo: — e’ mi parve sì e sì vedere... — Sono anco assai uomini che non intendono punto punto di Dio, che si so’ dati a queste cose mondane tanto, che ci si so’ perduti dentro. Che se egli pigliasse quella via che v’è dentro di bontà, diventarebbe ottimo contemplativo. Questa stella si chiama Lucifer, Inde Iob allo xj cap: Et quasi meridianus fulgor consurget tibi ad vesperam; et curri te consumptum putaveris, orieris ut Lucifer: — Come meridiano splendore nasciarà a te in vèsparo ec. —
Tu vedi qui di due stelle: el meridiano fulgore, Taltra è Lucifer: l’uno la mattina, e l’altro la sera; significando in noi questo, che l’uno è illuminato ne le cose di Dio, e l’altro in quelle del mondo. Quella che illumina innanzi al sole, è significata in quelli che vogliono e fanno la volontà di messer Domenedio: Lucifer. Ècci di quelli che sieno illuminati innanzi al vèsparo, che mette ogni cosa a ordine? Questa è la stella che va dietro al sole la sera, là. E sai come va questo fatto? Quella che va dietro al sole la sera, la mattina va innanzi al sole. Sai che vuol dire? Vuol dire che se tu non se’ buono, Iacob, non sarai mai buono, Israel. El nome di Iacob si mantenne tanto, che Iddio gli mutò nome e posegli nome Israel. Così vo’ dire a te: ala via contemplativa vi si va per la via attiva: se non sarai buono attivo, non sarai mai buono contemplativo. Quando tu sarai buono attivo, andarai innanzi al sole: quando sarai buono contemplativo, andarai dietro al sole. E per queste due vie cognosci tutte le cose di questo e dell’ altro mondo, le intrinseche e l’estrinseche, e pervieni la quello che disse Agostino, che ognuno si converrebbe che sapesse. Dice:: Domine, cognoscam me, et cognoscam te: — Signor mio, dammi tanto lume, prima ch’io cognosca me; e se io cognosciarò me, sì cognosciarò te. — Che bisogna a volere cognoscere? Bisogna due regole: la prima, bisogna che tu cognosca te medesimo. Pensa a quello che tu se’: pensa la vita tua; pensa se tu hai fatto quello che Iddio t’ha comandato che tu facci; pensa se tu hai fugito quello che t’ha detto che tu fuga; e da queste cose verrai a uno cognoscimerito dite medesimo. E così cognosciutoti, e tu vieni all’altra regola, che anco ti bisogna, attiva. La siconda regola: bisogna che tu cognosca Iddio; e questa è la vita contemplativa in orare, in pensare, in contemplare Idio, pensando i benefizi46 che elli t’ha fatti: datoti l’essere, datoti cognoscimento, intelletto, memoria e volontà di poterti, saperti e volerti salvare e fare la volontà di Dio. Per le quali due cose tu vieni a cognoscere tutte le cose e di Dio e di mondo: cognosciarai tutto te e tutto Iddio. E da questo ti bisogna pervenire in cognoscere come noi aviamo due vite: l’una è la vita de la grazia: l’altra è la vita de la gloria. La prima è de la grazia; di colui che fa la volontà di Dio, mentre che vive in questo mondo. Oh quanto è grande grazia quella c’ha uno in questo mondo a vivare senza invilupparsi ne le cose vane, le quali so’ sufficienti a tòllargli la vita beata! La siconda si è la vita de la beatitudine ne la gloria. Non sarà quella vita solamente di quelli che vanno innanzi alla stella; ma andaranno innanzi al sole, e loro saranno come stelle. E però è detto in Daniel a xij cap.: Fulgebunt quasi splendor firmamenti; et qui ad iustitiam erudiunt multos, quasi stellae in perpetuos aeternitates: — Risprendaranno coloro i quali saranno iusti47 in vita perfetta insino a la fine, perchè saranno (vissuti)48 in santa iustizia, quasi come stelle dinanti a la eternità di Dio in perpetuo, chè mai non lo’ mancherà quella beatitudine de la gloria. —
Coglie in brevità il mio dire. Qui autem perseveraverit usque in finem, hic salvus erit. Dove ti dimostrai tre perseveranzie: prima, in sapere perseverare la giustizia: siconda, in volere: terza, in potere. E vedémo il dire di Giovanni acordato al tema. De la prima, del perseverare la giustizia, vedémo due cose: prima fare il bene, e siconda lassare il male. Del lassare il male vedesti Giovanni dire: qui vicerit: — Colui che vinciarà, sarà quello che ârà vittoria. — Dove vedémo per la perseveranzia di Iosuè vincere Ierico, signiticato per la gattiva vita; e vedémo sette doni che Iddio dà all’anima ben disposta. Del far bene vedémo Cristo Iesu nostro capo che ci insegnò a far bene, dandoci tre regole: prima, che tu ami l’amico; siconda, che tu ami il nemico, e terzo che tu âbi pazienzia di chi ti fa ingiuria. Dove ti dissi che chi mi vuol bene, non odii persona; e dissiti ch’io perdono a chi avesse mai fattami ingiuria niuna: e questa fu la prima parte principale. Per la siconda parte principale bisogna co la volontà perseverare nel ben fare: dove ti mostrai due cose, cioè due vie: l’una che sia dritta inverso di Dio: a’ quali dice Giovanni: Dabo illis potestatem super gentes: dove ti dissi che tu porti la bachetta dritta, o rettore. Siconda, bisogna la cosa buona a perseverarla a loda di Dio: dove ti mostrai per bôca di Giovanni a chi mal viene49: tamquam vas figuli confringentur; mostrati per li orciuoli che si rompono, tre cose e tre danni: prima, che molti orciuoli si romparanno: siconda, che quelli rotti non varanno poi nulla; e terzo, che non si possono rincollare; significato per li peccati delli uomini. Dove ti mostrai i remedii che tu debbi tenere, a volere campare da le tentazioni, due vie: l’una che mai tu non consenta a la tentazione, ma che subito tu la cacci via; non la lassare entrare dentro da te: la siconda, che tu fuga il mal pensiero: non vi stare mai dentro. E questa fu la siconda parte principale. La terza regola ti bisogna sapere a non volere essere inganato da lo intelletto, e questa è la facultà. Due cose vedêmo che ti bisognava50: l’una si fu cognizione de le cose umane; l’altra fu cognizione de le cose divine. A’ quali dice Giovanni: dabo illis stellam matutinam: — Io lo’ darò la stella mattutina: — dove ti mostrai come la stella Diana si leva la mattina innanzi al sole, e poi si trova doppo vèsparo dietro al sole, perchè mai non s’acordano col sole le stelle. Questo ti dissi significava la vita attiva e la vita contemplativa, che bisogna a chi si vuole salvare. Per la vita attiva s’intende che tu abbi cognizione de le cose umane: per la vita contemplativa dimostrai che tu abbi cognizione de le cose divine. E prima ti dissi che tu debbi sapere cognoscere te medesimo, e poi che tu impari a cognoscere Iddio. E da questo ti mostrai come noi aviamo due vite: l’una si chiama la vita de la grazia, ne la quale so’ tutti coloro che vivono ne’ comandamenti di Dio: l’altra è la vita de la gloria, la quale è in coloro che sònno nell’altra vita con Cristo Iesu; e questi so’ quelli che vanno innanzi al sole, vivendo ne la beata gloria, ad quam ille vos et me perducat in saecula saeculorum, amen.
Note
- ↑ Le parole che sono tra parentesi, richieste dalla sintassi; mancano al nostro Testo soltanto.
- ↑ Cioè, dalla Piazza detta del Campo.
- ↑ Il Cod. Sen. 6, il tempo.
- ↑ Salmo xxxvj vers. 24.
- ↑ Sottinteso: potrai avere.
- ↑ Il Cod. Sen. 6: se tu ti rompi innanzi a la fine tua? E similmente il Cod. Pal.
- ↑ Qui e dove questa paróla ricorre, i Codd. leggono sempre, effetti.
- ↑ Continua la metafora: vuol dire immuni da ogni passione, da ogni malo affetto, come appresso dichiara.
- ↑ Epist. seconda dell’ap. Giovanni, cap. ij,. vers. 17; e nella Volgata. dice: Et mundus transit ec.
- ↑ Salmo CX, v. 10.
- ↑ Atti degli Apostoli, cap. primo, vers. 1.
- ↑ Questo passo non esiste nella citata Epist. di s. Giovanni, nè forse si troverebbe in altri luoghi della Bibbia.
- ↑ Questi che seguono sono versetti vari del cap. xx dell’Esodo, corretti qui e là col confronto della Volgata.
- ↑ Nella Volgata questo vers. che è il settimo, cosi dice: Non assumer nomen Domini Dei tui in vanum.
- ↑ La Volgata invece al vers. 16; Non concupisces domum proximi tui; nec desiderahis uxorem eius.
- ↑ Lezione ugualmente errata in tutti i Codd.; se non che il Sen. 6 ha, iscultilie. L’antica Bibbia Volgare, che viene ora egregiamente ristampando il ch. Carlo Negroni, a pag. 353 del Vol. I così legge: Non farai a te intagliatura, e niuna similitudine la quale è in cielo di sopra ec.
- ↑ Proverbi, cap. viij, vers. 17.
- ↑ Vangelo di san Matteo, cap. V, vers. 44.
- ↑ Già notammo che fra Bernardino entrò nell’Ordine Francescano nel settembre del 1402.
- ↑ Riesce difficile, per non dire impossibile, il rintracciare il fatto, a cui il Santo allude con queste parole. Si comprende solo ch’Egli intendeva a difendersi contro i suoi detrattori; mala genìa che alligna ovunque e in ogni tempo.
- ↑ Negli altri Codd., non crediate altro che tutta concordia ec.
- ↑ Vale a dire, il mio detrattore, od avversario, ed io. Tutta questa esortazione ad esser pazienti e benevoli co’ propri nemici, è cristianamente sublime.
- ↑ Non così nella Volgata al Salmo xcij, vers.5, che dice: Testimonia tua credihilia facta sunt nimis.
- ↑ Salmo cxviij, vers. 96.
- ↑ Diversa lezione è questa del Cod. Pai.: La prima, dico, bisogna che a volere perseverare una cosa, ella sia dritta inverso di Dio.
- ↑ Cap. primo, vers. 5.
- ↑ Periodo d’irregolare costruzione in tutti e tre i Codici. Giovanni da Picciano, frate delll’Ordine dei Minori, Arcivescovo Canturiense, compose pure un ufizio della beata Trinità, del quale esiste copia nella Biblioteca Comunale di Siena in un cod. di recente acquisto, segn. L. XI. 41.
- ↑ Cap. primo, vers. 8.
- ↑ Nella Volgata, est.
- ↑ Negli altri Codd., alla signoria.
- ↑ Quella detta del Mangia, alta e bellissima, sull’angolo sinistro del Palazzo pubblico.
- ↑ Ricorda bene il lettore che avendo il Santo cominciata la sua predicazione a’ 15 d’agosto dal 1427, dovette recitare questa predica alla metà del settembre.
- ↑ Il Cod. Seri . 6, nè l’uve. Il Cod. PaL^ nè nulla l’uva.
- ↑ Colà, in quella parte della Piazza, dove si vendevamo vasi di terra cotta disposti sul pavimento: brutta usanza soppressa da due anni appena.
- ↑ Il Cod. Pal., de’ mali contratti.
- ↑ Queste parole che si leggono negli altri Codd., mancano al nostro.
- ↑ Il Cod. Sen. 6, ci conviene avere. Diversamente poi nel Cod. Pal.: Due cose conviene fuggire a volere fuggire i vizi e a vincersi.
- ↑ I Codd. Sen. erroneamente, prima che li cacci.
- ↑ Intorno al significato della parola Sacomanni vedasi la nota seconda alla pag. 282 del volume primo.
- ↑ Gli altri Codd., e quaranta notti nel diserto.
- ↑ Vangelo di s. Matteo, cap. quarto^ vers. 3.
- ↑ Ivi, vers. 4.
- ↑ Apocalisse, cap. secondo, vers. 28.
- ↑ Il Cod. Pal., non si cérca., cioè, non si corica.
- ↑ Negli altri Codd.: la vedi a ponente dietro al sole.
- ↑ Gli altri Codd. hanno: nè benefizi.
- ↑ Negli altri Codd., saranno vissuti.
- ↑ Questa parola, che ci par necessaria, manca al nostro Testo. Nel Cod. Sen., 6, vissi.
- ↑ Negli altri Cedd., a chi mal vive.
- ↑ L’altro Cod. Sen., che ti bisogna.