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Predica XV

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Predica XIV Indice del primo volume

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XV.

In questa seguente predica si contiene della siconda visione di Giov anni evangelista, locando molto della superbia de’ peccatori con bellissime ragioni.

Suspiciens Iesus in coelum ingemuit, et aii illi: ephphetha, quod est adaperire (Iterum ubi supra). Di nuovo anco Iesu lacrimando, alzando gli ochi al cielo disse: — ephphetha; — apreti, occhio chiuso et orecchia serrata, apreti a volere udire e vedere la tua salute.

Nel parlare nostro di stamane ci convien vedere la visione la quale vidde Giovanni ne l’Apocalisse allo ottavo cap. del sicondo Angiolo, che elli vidde colla siconda tromba, dove così dice: Et secundus Angelus tuba cecinit, et tamquam mons magnus igne ardens, missus est in mare, et facta est tertia pars maris sanguis, et mortua est tertia pars creaturae eorum, quae habebant animas in mari, et tertia pars navium interiit. Dice che — quando l’Angiolo sicondo si pose la tromba a boca, tpu, tpu, tpu, una montagna di fuoco ardente, grande più che la Montamiata, cadde in mare, e fatta fu la terza parte del mare sangue, ed è morta la terza parte delle creature che avevano anima nel mare, e la terza parte delle navi pericolarono.1 — Nel qual sacro parlare ci so’ dimostrate tre visioni:

La prima è superbia mentale. [p. 366 modifica]

Siconda, concupiscenzia carnale.

Terza, ragione animale. (Dûe andiamo? Va’, siede giù2). A casa.

Nelle quali visioni (attende et imparale) ci so’ tre fondamenti delli stermini del mondo, e’ quali procedono et hanno fondamento dalle parti e dalle divisioni. Doh! imparali; chè questi s’imparano alle spese delle parole3, dove tu vedrai i pericoli che so’ dentro nascosi.

Prima, dico, superbia mentale: quelli medesimi. Oh, ella è la mala radice! Affezione carnale e ragione animale! Sai, chi va per questa via, non è niuno che non diventi una bestia. E ponvi mente; che se in una città sònno questi tre vizi, tu vedrai andare a terra le navi con tutti coloro che vi so’ dentro.

Superbia mentale è la prima. Mons magnus.

Ira è la siconda. Ignis ardens.

Impazienzia è la terza. Missus est in mari.

Vediamo il primo: superbia. Mons magnus: uno monte grandissimo, come la Montamiata. Or pon mente. Che vi so’ in su questi monti così alti? Sòvi tre cose:

Prima, freddo.

Siconda, ventoso. Terzo, è luogo ruinoso. Tutte e tre queste cose vengono nell’uomo il quale è superbo. Perchè è freddoso l’uomo superbo? Sai perchè? Perchè ogni luogo alto è freddoso, e l’uomo superbo sempre mira d’andare su alto. O superbo, alza ben su il capo! Tu l’alzarai tanto,4 che tu il romparai. [p. 367 modifica]

È ventoso, pieno di vento; chè tu non credi nè vuoi che niuno ti sia appena pari.

È ruinoso, chè sempre sta in pericolo di minare colui che sta in tale superbia. Donde vengono queste tre cose? Non vengono se non da superbia, et inde hanno il loro principio. La superbia è porta di tutte le tentazioni e di tutti i mali e di tutti i pericoli che mai furono, so’ e saranno in questo mondo. Volta mano: che è opposita alla superbia? È l’umiltà. L’umiltà è porta di tutto il bene che mai si fece o farà5 in questo mondo. Oh, quanto è buona parola! Un’altra volta: per la porta della superbia entra nell’uomo ogni peccato, ogni scellerazione, ogni vizio che si può operare o pensare o immaginare. Per la porta della umilità entra ogni bene, ogni virtù, ogni cosa buona, la quale la creatura può operare in questo mondo. Elle sònno più superbie. Doh! Ode la mala superbia. Sai che dice? Dice: — oh, io ho tante divisioni nel cuore, et anco tutto dì mi ce n’entrano di nuovo, e sempre combattono nella mia mente, nè mai se ne partono! — Non so’ utili se elli non le caccia da se, e tiene la vera e la dritta via. Ma intende a quello che io voglio riuscire: le tentazioni che vengono all’ uomo, non so’ mai a utile dell’anima, se elleno non sònno infine coronose6. Chi vuole essere incoronato, sì vuole avere vittoria nelle battaglie dove esso combatte. E la vittoria mai non la potrai avere senza il combattare; quia non coronabitur, nisi qui legitime certaverit (Iacobus in Canonica sua)7. Per contrario, colui che è umile, [p. 368 modifica] con tutto che elli abbi le tentazioni, sempre resiste, nè mai consente a nulla. E però questo tale combattitore, rimanendo veocitore, elli è incoronato. Questo s’aquista molto per la virtù della umilità. La superbia, perchè ella non combatte mai, non merita corona. Ma bene vengono cotali tentazioni e cotali pensieri nella mente nostra, e stanno sì dentro nell’anima: non essendo mosse da superbia, non so’ però di peccato, se già tu non le leghi in te8, o vero lo’ dai cagione che esse si riposino in te. La ragione si è, che da altro motivo vengono della nostra mente: non so’ in nostra potestà i primi9 motivi. So’ d’altra ragione le tentazioni vengono dalia superbia, che fanno ruinare l’anima. Come dirà uno: — oh, io vorrei diventare prete! S’io fussi prete, io confessarei, io ârei il nome di buona persona, io farei molte cose. — Da superbia vien questo.

Queste sònno delle operazioni e tentazioni che entrano per la porta della superbia; e che questo sia vero, se tu volti per contrario, tu ne vedrai l’essemplo. L’operazioni di Maria, madre di Iesu Cristo benedetto, furono le più virtuose che mai frissero operate in questa vita da pura creatura. E queste opere furono operate nella vita sua: l’operazioni sue furono tutte in grazia di Dio, et in lui dirizzava ciò che faceva. E ciò che mai ella fece, ogni cosa entrò in lei per la porta della umilità. E che fece costei? Ogni spirazione, ogni parola, ogni cosa piccola o grande, tutto faceva con umilità. E per tanta umilità ch’ella ebbe, che meritò? O Maria, che meritasti? Quia quem coeli capere non poterant, tuo gremio [p. 369 modifica] contulisti: — Quello che non capiva in tutto il cielo, ella il tenne nel suo ventre10. — Più; che con tutto che ella fusse in tanto perfetto stato e grazia di Dio, non vi fu per altre cagioni, che per sola umilità. Quia respexit humilitatem ancillae suae11. Con tutto che ella fusse piena di virtù, non guardò tanto Idio all’altre virtù, quanto alla umilità sua. Inde dice Giovanni al terzo cap. nella sesta Chiesa12: Ecce dedi coram te ostium apertum, quod nemo potest claudere, quia modicam habes virtutem: — Ecco che io t’ho dato l’uscio aperto, il quale uscio è la porta della umilità: non è chi possa venire in mezzo di te; tanta è la virtù della tua umilità, se non solo Idio. — Chi è colui che s’aumili tanto, che e’ doverebbe13, e quanto anco tu ti potresti umiliare? Humilitas tua in medio tui.

Mira in mezzo di te, e pone mente alla umilità tua: tu vi trovarai un sacco di feccia. Ben la potresti avere volendo, però che tu hai l’uscio aperto. Ecce dedi coram te ostium apertum; nè mai ti può èssare serrato in questa vita. Vuolo meglio intèndare? Or considera, e vede donde passarono l’operazioni di Setenasso. Unde passarono? Per la porta della superbia, e per la superbia sua fu umiliato e cacciato in profondo14 dal cielo impireo. L’opere di Cristo per qual porta passarono? Per la porta della umilità: Humiliavit semetipsum factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis15. Cristo Iesu si umiliò sè medesimo. O quanto umiliossi? Insino alla morte. O a che morte? Alla morte della croce, la più vitoperosa [p. 370 modifica] morte e la più vergognosa che si potesse trovare. Propter quod et Deus exaltavit illum16. Che n’è seguìto per questa umilità? Chee? Che elli fu esaltato. Costui andò in su per la sua umilità, e dègli17 un nome che è sopra ogni nome. E che nome? Guarda Luca al decimo cap., che li Apostoli dissero a Cristo18: In virtute tua et in nomine tuo eiecimus daemonia: — Noi cacciamo i demoni nel nome tuo. — Iesu vidde che questo veniva da gattiva radice: ellino venivano lieti a lui, dicendo: — Signore, nel tuo nome noi cacciamo i demoni: — Domine, etiam daemonia subjiciuntur nobis in nomine tuo. — Et Iesu rispose: Videbam Satanam sicut fulgur de coelo cadentem: — Io vidi Satana quando elli cadde di cielo. Solo cadde per la superbia sua; e però guardatevi, che voi non cadiate voi. Non aviate in voi superbia, ma siate umili. E qui vedi come questi tali monti ventosi vengono da superbia. Mai non trovarai niuna anima pomposa e piena di vento, che metta mai niuna opera per la porta della umilità. Nè anco trovarai mai niuno uomo o donna superbo, che non sia gattivo, però che ogni operazion che fanno, vengono da superbia; le quali so’ sempre poste dalla man sinistra. Mai altro che da man sinistra non arruota, e sempre aruota con una mano: tu non arruotarai mai bene con una mano sola, avendo sempre il pensiero a te. Se tu vuoi arrotar bene, elli ti convene arruotare con due mani, colla dritta e colla sinistra, cioè con carità a ogni creatura, e con umilità [p. 371 modifica] dentro in te. Sta’ giù al basso; non salire in sul monte del vento della superbia; chè se tu vai lassù, mai niuna opera farai che buona sia: se tu vi vai, tu ruinarai. Doh! Ode quello che è scritto nel secondo libro dei Re: Maladidus mons Gelboë, super quem non veniet ros, neque pluvia:19 — Maladetto quel monte Gelboe (interpretato superbia) sopra il quale non viene rugiada nè aqua. — Tu potresti dire: O prima che venisse il diluvio, già non pioveva egli: come dunque era maladetto il monte dove non pioveva o non discendeva rugiada per bagnarlo? Nè anco pioveva per li piani che li bagnasse: dunque erano maladette le terre? — Rispondoti: Idio abondava alcuna volta dell’anno tanta aqua nei fiumi, che spargevano l’aque sopra della terra et allagavanla, come pure oggi si vede in Egitto certi tempi dell’anno. Ma non comprendi tu quello che ha fatto questo monte della superbia? Ella fece cadere Lucifero di tanto alto luogo, dal cielo impireo infino al centro della terra. Et in che grado scese; chè d’angiolo di luce in tanta grazia di Dio, et in iscurità e bruttura e maladizione di Dio!20 Perchè fu? Solo perchè volse salire su questo monte della siperbia, e farsi simile all’altissimo Idio. E però conchiudo, che non è niuno peccato che si possa fare in questo mondo tanto grande e tanto in dispiacere di Dio, quanto el peccato della superbia. Corruit, et in pallorem, colore mutato, lassum super ancillulam reclinavit caput21. [p. 372 modifica] Anco si leggie in lob al xv cap.22: — Superbia viene obviam Deo. — Solo per lo peccato tanto iniquo e dispia— cente a Dio cascò Lucifero in tanto sterminio. Guarda anco in santo Matteo a ventiquattresimo cap.23; Quoniam abundabit iniquitas, refrigescet charitas multorum. Quando abondarà la iniquità nell’uomo tanto per superbia, subito viene a raffreddarsi della carità che prima aveva; però chè elli cerca d’essere il maggiore e il più alto e ’l più onorato. E sai che seguita poi, o uomo superbo? Ode24: Qui se exaltat, humiliabitur. — Chi se esaltarà, sarà umiliato. — E questo è detto a tutti coloro che entrano in questo peccato della superbia. E se tu entri in superbia, tu non puoi stare in carità, e non stando in carità, tu entri in superbia.

Tu hai veduto in queste parole — tamquam mons magnus — tre cose:

Primo, freddoso; dove tu offendi Dio.

Nel sicondo, ventoso; dove tu offendi il prossimo.

Nel terzo, ruinoso; dove tu offendi te medesimo. E questo diciamo che basti per la prima radice.

La siconda è ira, dove dice: ignis ardens. Dice che quel monte grande che fu messo in mare, era tutto di fuoco, cioè d’ira pieno. Hai a xxxij cap. del Deuteronomio: Ignis succensus est in furore meo: — Il fuoco è acceso nel mio furore e nella mia ira. — Convienti sapere che in tre modi si può avere quest’ira:

Primo, è ira di natura.

Sicondo, è ira di grazia.

Terzo, è ira di colpa. [p. 373 modifica]

Ira di natura è questa. Adiratevi voi mai, donne? Io ci vego di magre25, che mi pare che ci sia alcuna che talvolta fa a’ capegli! Io miro pure se ci fusse niuna che avesse l’ochiate26, perchè talvolta sognano per dare. Elli sònno bene tali ire, che non è peccato. Quando tu gastighi et adiriti per accostumare le tue genti; e talvolta rispondarai male in un subito, e cognosci che tu dici male, che dirai una parola gattiva, e non entra però nel cuore, non entra insino alla ragione, imperò che come tu vedi che tu hai detto male, e tu ti raffreni; questo non è peccato mortale. Ma io ti dico più, che con tale ira tu puoi meritare; chè vedendo uno male, e tu vuoi gastigare et amonire, et in uno subito ti viene un pensiero meno che buono, e tu ti raffreni e resisti, allora meriti. E quanto più è il combattimento e tu più resisti, più meriti. Inde hai nel Salmista: Irascimini, et nolite peccare27: — Adiratevi, e non voliate peccare; — fa’ che tu resista al peccato. Amaestrarnento di frate lacopone; che se ti fusse detta una paroletta, non volere subito córrare all’ira, imperò che forse Idio ha permesso che ti sia detta, perchè ti meriti. Vuolo vedere? Dimmi: che merito ârai tu, se elli t’è detta o fatta una ingiuria, e tu non hai pazienzia? Non nissuno. Sai come tu se’ fatto? Se’ peggio che non è questo legno28: io te ne voglio fare la pruova. Io dico a questo legno: — tu se’ una ingrata creatura, e se’ gattivo. — Vedete che egli non m’ha risposto, ma ha avuto pazienzia. Tu dirai: — [p. 374 modifica] dunque elli ha meritato? — No, imperò che egli non ha anima. Ma che dirai dell’uomo? L’uomo ha l’anima, e intende e cognosce e risponde. E se elli è detta villania all’uomo o alla donna, et elli ha pazienzia, [subbito elli merita, et è merito di gloria. O quanto è santa cosa avere pazienzia]!29 O donna che hai la tua suociaria stratta; o suociara che hai la nuora traversa30, se tu arai pazienzia, sempre meritarai. O tu della traversa moglie, e tu dello stratto marito, sempre meriti, se tu hai pazienzia. Ma ben che tu ti corrucci alcuna volta, fa’ che l’ira non passi insino alla ragione, e se tu arai questa pazienzia, sempre meriterai. Doh, basti alla prima ira. La siconda ira è ira di grazia. Può adivenire questa ira quando tu odi o vedi di quelle cose gattive31, e tu non le puoi patire, e non v’hai pazienzia, perchè sònno in dispregio di Dio e contra i comandamenti suoi; e te per zelo di Dio non hai pazienzia. Sai, come fece Idio quando vidde la chiesa sua, nella quale si vendeva e comprava; et elli fece il funicolo, e cominciò a battare tutti coloro che vendevano e compravano le pecore e’ buoi, e cacciò per terra le tavole de’ danari, dicendo Domus mea, domus orationis32: — La mia casa è casa d’orazione. — Oh! chi l’avesse veduto nel viso, e veduta questa operazione, elli arebbe detto ch’elli tesse stato il superbo uomo; che ciò che elli fece, fece per zelo di Dio e dello onore suo. Inde disse David: Zelus domus [p. 375 modifica] tuae comedit me33: — El zelo della tua casa m’ha divorato. — E però dico: irascimini; adiratevi e non peccate, e così meritarete. Se tu dicesse: — Oh! io fo questo per santo zelo; — rispondoti che io no ’l so già io: sâtelo tu; non ti ingannare.34 Io ti voglio dire quello che adivenne a Perugia. Fu uno il quale bastemiò Idio in su la piazza; et un altro udendolo, li diè una boccata35. Subito colui che aveva ricevuta la boccata, ricognoscendosi che aveva detto male, disse a colui che gli avea data36: — dammi l’altra, — e volseli l’altra guancia. Sentendo il padre che questo suo figlio era stato battuto da colui, subito corse ine, e saputa la cagione, disse a colui che l’aveva battuto, che anco ne li desse un’altra. Tutto questo fu per zelo di Dio. Dico che questo è di merito, et anco meritò colui che bastemiò per la pazienzia sua37. Anco fu a Firenze alla porta del podestà, uno voleva andare al podestà per una grazia; giunse alla porta. Colui che stava alla porta, non voleva aprire: pure infine tanto disse costui, che elli aperse bastemmiando Idio. Come elli ebe aperto, e colui avendo udita la bastemmia, subito prese questo portinaio, e dielli molte pugna e calci; e come l’ebe38 così battuto, et elli si fugie via. Elli li fu mandato dietro, et infine fu preso. Domandandolo il podestà: — perchè hai tu battuto questo mio portinaio? — elli disse: io venivo per parlarvi, che vo[p. 376 modifica] levo domandarvi una grazia; e pregando e ripregando il vostro portinaio che m’aprisse, infine elli m’aperse bastemmiando Mio molto vitoperosamente. Io non potendo sofferire l’offesa di Dio, li dèi, come voi avete potuto sapere e vedere, di molti calci e pugni. — Allora il podestà udendo la cagione e il perchè costui s’era mosso a darli, gli disse: — tu facesti molto bene. — E poi il domandò: — che grazia volevi tu da me? — Egli rispose: — io volevo la tal grazia. — Et egli disse: — et io so’ molto contento. — E fugli perdonata la méschia che fece con colui, perchè il fece per zelo di Dio39. Zelus domus tuae comedit me. Questa ira quando viene per tal modo, dico che è santa e buona. E questa è la siconda ira: ira di grazia.

Terza ira è di colpa. Questa ira passa insino alla anima, la quale conturba il sangue infìno al cuore40, colla quale s’offende Mio. Unde in santo....41 al quinto cap.: Qui irascitur proximo suo, iudicobitur a Deo: — Chi s’adira col suo prossimo e col suo fratello, sarà giudicato da Dio, — però che questo tale pecca co la volontà contra lui; e tanti peccati fai, quante volte tu caschi in questo contra lui. Non toccare mai questa ira; che se tu ti impacci con essa, ella ti farà mal capitare; imperò che questa è tamquam mons ignis ardens: — ella è come uno monte di fuoco ardente. — Non la tocare, chè ella gitta fuoco grandissimo e pericoloso. Ode David come ne dice: Tange montes et fumigabunt42: cioè, se tu tocarai questo monte, egli fumicherà col fare ingiuria al prossi[p. 377 modifica] mo, e subito ardarà. Et hai veduto mons magnus ignis ardens.

La terza radice è impazienzia. Ogni volta che un superbo viene a ira, oh, oh, oh, va’, tocali il naso;43 mai non sarebe sofferente, che non vorrebbe essere salutato. E però dice: Missus est in mare. Oh, quanto è pericoloso mare una mente superba! Quello è ben mare d’amaritudine. Se tu il tocasse ponto, elli fumicarebbe. E però disse Ieronino a terzo cap.: Magna velut mare est confritio tua.44

La siconda parte principale. Et facta est tertia pars maris sanguis: — E fu fatta la terza parte del mare sangue. — Non avere il pensiero a questa maladetta lussuria, nè a niuno atto di carne. Ode che t’è detto nello Eclesiastico a xiiij cap.°: Ne declines cor tuum in mulierem. 45Non èssare sì pazzo che tu ti ponga a balestrare le femine,46 quando sarà detta la predica; imperò ch’io non voglio che voi mi facciate ruffiano; che se io me ne avvego, io farò con bombarde e con balestra e con trabocchi; e farò per modo ch’io mi farò tenere un pazzo. — Non declinare l’ochio tuo nella donna altrui.47 — A casa, a casa, dico.

Dice Giovanni che e’ fu fatta la terza parte del mare sangue; dove noi vedremo tre delettazioni:

Prima è dilettazione spirituale.

Siconda è sensuale.

Terza è carnale. [p. 378 modifica]

La prima dico è spirituale, e questa è quando Idio consola una anima versando in lei della sua grazia; e dell’anima si versa poi nel corpo. Ecci niuno o niuna che abbia mai consolazione nell’anima? Sì, et anco n’ha un poca nel corpo, che sempre gode dentro in sè coll’anima, e parte se ne distende insino al corpo. Io t’ho detto come elli non pioveva sopra della terra: Genesis, ij cap.: In principio non pluebat super terram, sed fons in medio terrae inrigabat.48 Erano i fiumi che irrigavano la terra per modo, che tutta la terra si bagnava; e’ quali fiumi escono d’uno fiume del paradiso deliziano,49 e danno dell’acqua in tutte le parti del mondo. Così dico che fa Idio a una anima che si diletta in lui: elli li dà de’ diletti spirituali. Colui che ha naturale amore a Dio, e Idio gli dà grazia per quatro virtù, le quali virtù pure da lui50 vengono. Idio fa nasciare nell’anima molti diletti e molte consolazioni, solo perchè si bagni la terra, cioè l’anima e ’l corpo, sì che quello diletto spirituale irradia el corpo, e questo tale diletto non diventa mai sangue; come tu hai di santo Francesco, il quale si sentiva tanto pronto tutto il corpo e tutta l’anima. So’ molti che hanno più pronta l’anima, che ’l corpo, al sentimento di David: At iumentum factus sum apud te, et ego semper tecum.51 Di[p. 379 modifica] ceva David: — Io so’ fatto a modo che un giumento,52 e vengo a te coll’anima e col corpo, facendo tutto quello ch’io credo che ti piaccia; e per questo tu dai all’anima mia et al corpo spirituale consolazione. — Simile fu di questi anco santo Lorenzo, il quale nel suo martirio godeva nel mezzo delle fiamme del fuoco; e la letizia che elli aveva nell’anima era tanto grande, che si versò nel corpo di fuore. Similmente anco di molti Apostoli ne’ martirii loro, et anco quando erano perseguitati. Ibant gaudentes a conspectu consilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine Iesu contumenliam pati:53 — Andavano godendo li Apostoli, quando erano perseguitati per lo santissimo nome di Iesu Cristo. — E chi credi che godesse? Prima godeva l’anima [loro, e tanta letizia era nell’anime loro]54 che abondava di fuori, et infondevasi anco nel corpo. E questa è la dilettazione spirituale.

La siconda dilettazione si chiama sensuale o vuoi temporale. E questa dilettazione è quella che l’uomo piglia in questo mondo, cioè delli onori del mondo, delle richezze, de’ diletti, de’ contenti d’avere bella donna in matrimonio, d’avere belli figliuoli, che sieno onorati; le quali cose avendole, e non sapendosi con esse regolare, elli viene a peccare in molti e molti modi; i quali modi ravedendosi come Idio talvolta il toca, o per udire predicazioni et amaestramenti, et elli si ravvede. E vede che il peccato che elli faceva, era per flagelità, e subito viene a pèntarsi con contrizione, e così ritornato in sè, [p. 380 modifica] si ingegna di non fare come per lo passato ha fatto. Anco costui non diventa sangue, e non pericola col corpo55 della superbia. Chè benchè talvolta la ragione e la sensualità combattine insieme, et elli resiste, dico che non pecca, nè merita.56

La terza si chiama dilettazione carnale, cioè di quello che si diletta con ogni sentimento che elli ha in lussuria, in broda, in sodomia, con ogni dissoluzione. E come io ti dico di lussuria, così ti dico di tutti gli altri vizi, e s’io ti dichiaro d’uno, tutti gli altri puoi intèndare ch’io voglio riprèndare. Ma poniamo l’esemplo in uno solo: diciamo di lussuria. Uno che sia in questo vizio involto, elli ha tanto il suo pensiero in esso, che niuno diletto ha in altro che in lussuriare: elli non pensa che sia altro paradiso che quello. E benchè quello sia ogni sua consolazione, peggio che a la sfrenata si involle in quello n fare ciò che elli può fare. E con tutto che talvolta non possa, s’ingegna di potere a giusta sua possa. E pure non potendo, gli ’ncresce che egli non può. E per questo egli caccia sotto la ragione, e la malizia di sopra; elli sotterra la ragione, e la malizia vuole che stia di sopra a lei. Cacciate via quel porco, cacciatel via. — A casa.

Oh, noi aviamo per la Scrittura: Nolite proiicere marporitas inter porcos:57 — Non gittare58 le pietre preziose a’ porci. — Non si die predicare la parola di Dio a’ porci. Or a casa: sta bene. Io dico di quelli disordinati, i quali fanno del mondo paradiso, avendo sempre il loro pen[p. 381 modifica] siero qui a queste cose transitorie, e non avendo rispetto a nulla dell’altro mondo. A’ quali dice santo Paolo a’ Corinti: Animalis homo non percipii ea quae sunt spiritus Dei: — L’animale uomo non intende quelle cose che sono di Dio, nè di niuna cosa spirituale. — E così ti dico di ciascuno vizio e peccato, dove tu ti se’ involto. Ogni volta che tu se’ in questo terzo delettamento, che tu sottometti la ragione alla sensualità, ogni volta se’ in peccato mortale, et allora ogni tua opera diventa insanguinata per la colpa tua. E questo è il terzo delettamento. E questo sia la fine della siconda parte principale di concupiscenzia carnale con tre dilettazioni. Prima spirituale dilettazione: non è questa dove si riposa il peccato mortale. La siconda fu dilettazione sensuale: nè anco si riposa qui. La terza è dilettazione carnale, et ine si riposa. E però facta est tertia pars maris sanguis. E però sappi che ogni volta che tu hai questi diletti, o omicidi, o tradimenti, o furti, o lussurie, o avarizie, o dissoluzioni, o simili peccati mortali che uccidono l’anima, ogni volta che tu consenti in loro, i fatti tuoi stanno male. Laetantur cum male fuerint, et exultant in delectationibus pessimis: — Coloro che godono di far male ec.59 — O donne, domane, domane conchiuderemo questa materia.

Vediamo la terza parte e fondamento; cioè ragione animale, dove Giovanni ci dimostra: Et mortua est tertia pars creaturae eorum, qui habebant animas in mari, et tertia pars navium interiit. — Dice che elli è morta la terza parte delle creature loro, le quali avevano anima nel mare; e che la terza parte delle navi perirono. — Chi so’ costoro che pericolano in mare e ruinano? [p. 382 modifica]

Prima è ruina corporale.

Siconda è ruina spirituale.

Terza è ruina temporale.

Tutte e tre queste cose se ne vanno in ruina e pericolano per lo peccato mortale: prima uomini, poi anime, poi roba; e vedeli per ordine se io dico il vero. Prima diciamo che elli se ne va la robba. Vuoi vedere s’io dico il vero? Quanta robba credi tu che per le divisioni sia stata tramandata,60 simile pure per le divisioni e guerre? Quanta robba credi tu che sia perita in mare, e quanta tolta per forza con battaglia; e poi pure in fine perita, o per guerre o per fortune sonabissata in mare? Sai che non si può dire tanta; e considera tu collo intelletto; lavora tu con la mente.

Simile voglio dire dello spirituale, eziandio di consentimento di Dio, e che l’uomo che ha l’anima che è cosa spirituale, facendo lui contra alla volontà e contra ’l comandamento suo, che elli perisca61; imperò che Idio avendoci insegnato quello che noi doviamo a fare, e quello del quale noi ci doviamo guardare, vuole che sia punito. Ode a cap. xxj delP Esodo: Quod si bos cornupeta fuerit ab heri et nudiustertius, et contestati sunt dominum eius; nec recluserit eum, occideritque virum aut mulierem, et bos lapidibus obruetur; et dominum eius occident: — Se sarà uno che abbi uno bu’, che assilli, o veramente colle corna cercando di far male a nissuno da ieri, oggi e domani (cioè vuol dire tre dì); et elli sia stato significato al suo signore; et elli non l’ha rinchiuso, e ’l bu’ occide o uomo o donna, sarà poi lapidato il bu’, e ’l signore d’esso [p. 383 modifica] bu’ sarà amazato. — Che ci vuole dimostrare questo? Sai che? Che noi aviamo la parte irascibile, la parte concupiscibile e la parte razionale.

Dice: se sarà uno che abbi uno bu’, il quale significalo irascibile; che viene all’uomo talvolta cotali movimenti, cotali pensieri, quando d’una cosa disonesta, quando d’un’altra; questi cotali movimenti non fanno cascare l’anima a peccato mortale, però che questi movimenti non so’ in nostra di farli venire in noi e partire come noi voliamo; e però per questo non si pecca mortalmente. Ma se poi tu vieni a dilettarti in esso, allora s’aopera la parte concupiscibile, e subito tu vieni a entrare e cascar nel peccato [veniale, per lo diletto che tu hai di tal peccato]62.

Anco hai la parte razionale, che cognoscendo prima il peccato, poi vi ti diletti subito. Elli è detto alla ragione il terzo dì, cioè il primo dì fu la parte irascibile, e ’l sicondo fu la parte concupiscibile, ’l terzo dì si è la ragione. [Si è detto a la ragione il terzo dì: e se la ragione]63 consente, che è il peccato mortale, dice che deba essere preso il bu’, e deba essere lapidato, cioè la parte sensuale; e simile preso il signore, la parte razionale, e l’uno e l’altro debb’essere morto. E in tal modo se ne va la roba per le divisioni, vassene gli uomini, cioè i corpi. Et anco se ne va l’anima, e tutti si conviene che perischino in mare, cioè in perdizione eterna.

Vede la terza che è molto pericolosa: dove dice: et mortua est tertia pars creaturae eorum qui habebant animas [p. 384 modifica] in mari, et tertia pars navium interiit: — E morta è la terza parte delle creature che avevano anima in mare; e la terza parte delle navi periro, quando quello monte cadde in mare. — Come sta il mare? Ècci chi ’l sappi? Oh, quanto v’è grandi pericoli! Fusti tu mai a Vinegia? Se tu vi se’ stato, tu sai che in mare vi so’ di molte ragioni navi:64 quale grande, quale piccola, quale mezzana. Elli vi so’ in mare galee: elJi vi so’ galeazze; elli vi so’ cóche, sòvvi barche, sòvvi barchette, sòvvi gondole, sòvvi scafe; quale ha trecento banchi, quale trecentocinquanta65. So vi de’ brigantini di vinti o di vintidue banchi; sòvi navicelle piccole; évi di quelle che vanno in qua, quale in là; chi ha uno esercizio, chi n’ha un altro; chi remica, chi aconcia canape, chi vela, chi fa questo e chi quello, nè mai non hanno posa.

Come sta il mare, così anco sta la terra abitabile. Nella terra vi so’ anco navi, barche, barchette, gondole, brigantini, cóche. O in che modo? Siena è una cóca, e la insegna sua è la balzana, et ha la vela e ciò che bisogna a potere navicare, et ha i ripari da poter campare da tutti i pericoli della terra. E così so’ anco de l’altre cóche, magiori una che un ’altra, È una cóca Milano, e così ha anco la sua insegna. Simile, anco Vinegia; anco come è Roma, ma Roma è magior che Siena, e così è magiore una che un’altra. Tutte queste e simili a queste si può dire che sieno cóche. So’ anche delle galee, so’ delle barchette e delle gondole, e tu puoi intèndarlo come so’ terre atte a potere combattare e a [p. 385 modifica] resistere a chi le combattesse. E’ brigantini so’ cotali tenute, forti per modo, che si possono difèndare da chi lo’ fa guerra. Tutte queste navi galee, cóche, barche, barchette, gondole et ognuna per sè nel grado suo, quando so’ unite insieme fra loro, non potranno mai essere vénte. Ma se âranno divisione fra loro non è niuna sì grande, che non possa essere vinta, e così perirà in mare66. Elli so’ molti luoghi, i quali non hanno niuna parte, e non hanno sètte; et anco ci è de’ luoghi che per antico avevano di queste parti e di queste sètte, et hannole levate via, e non vi si ricorda più nè parti, nè sètte, nè divisioni. E questo perchè hanno fatto? Acciò che non vi naschino l’uova,67 che forse vi sarebero nate, e per fuggire i giudicî di Dio. Anco so’ di quelli che tengono parti, sette e divisioni, e non le vogliono lassare, i quali aspettano solamente il giudicio di Dio. E a questi tali è detto per boca di Dio per lo vangiolista Luca68 all’xj cap: Omne regnum in se ipsum divisum desolabitur, et domus supra domum cadet: — Ogni regno che ha parti, sette e divisioni, è diviso e disolato, e l’una casa cadrà sopra l’altra; — chè costui farà disfare la casa di colui, e quell’altro farà poi disfare la tua, e così tutto questo regno sarà disfatto e sarà disolato et abandonato69. [p. 386 modifica]

Voliamo far fine? Tu hai veduto a questa ultima parte le navi pericolate in mare per la divisione. Guarda nel parlare di Iesu benedetto nel Vangelio di santo Luca al quinto cap.: Iesus vidit duas naves, et intravit in navim Simonis Petrij, amen70.



Note

  1. Così nei Codd., ma forse il Santo avrà, detto, perirono.
  2. Sgrida qualcuno de’ suoi ascoltatori, che s’era mosso dal posto, forse per trovarlo migliore.
  3. Cioè, impara a causare questi stermini, or che ti può riuscire facilmente, ammaestrato da me.
  4. Il Cod. Pal., tanto alto.
  5. Tutti gli altri Codd. aggiungono, o fa.
  6. Cioè, se da ultimo non procacciano all’uomo corona di vittoria.
  7. Questo passo appartiene invece alla seconda Epistola di san Paolo a Timoteo, cap. ii, vers. 6, e dice cesì: Nam et qui certat in agone, non coronatur nisi legitime certaverit.
  8. Il Cod. Pal., se tu già non le leggi in te. Il Cod .Sen, 6, se tu già nollo eleggi in te.
  9. Meglio che negli altri Codd., i quali hanno, i nostri motivi.
  10. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen . 6, nel suo gremio.
  11. Vangelo di san Luca, cap. i, vers. 48.
  12. Nell’Apocalisse: la sesta Chiesa è quella di Filadelfia.
  13. Il Cod. Pal. ., quanto doverebbe.
  14. l Cod. Pal., nel profondo dello abbisso.
  15. Epistola di san Paolo ad Philippenses, cap. ii, vers. 8 .
  16. San Paolo, Epist. cit., vers. 9
  17. Cioè, Iddio diede a Gesù Cristo un nome ec.
  18. Al decimo cap. del Vangelo di san Luca appartengono i due passi latini che poco sotto allega; ma questo è tolto al cap. settimo, vers. 22, del Vangelo di san Matteo, e secondo la Volgata così dice: in nomine tuo daemonia eiecimus ec.
  19. È il yers. 22 del cap. primo, e dice: Montes Gelboë, nec ros, nec pluvia veniant super vos ec.
  20. Così in tutti i Codd.; ma benchè la mancanza di qualche parola sia evidente, è facile nondimeno a chiunque cogliere il senso del periodo.
  21. Nel nostro testo, dopo queste parole latine, segue una breve lacuna, che non si riscontra negli altri Codd. Manca forse la solita versione del passo, tratto dal cap. xv del Libro di Ester.
  22. Così i Codd., meno il Sen. che legge: Superbia viene chontra a Dio. La citazione poi è errata.
  23. Corretto il Testo che dice, venticinquesimo.
  24. Il Cod. Pal. ha così: Ode sancto Luca, capo quattordicesimo.
  25. Vuoi dire, ne veggo qui taluna così secca, che credo bene che talvolta si prenda pe’ capegli con la comare.
  26. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., l’occhiata, che significa Lividore fatto agli occhi con un pugno o altro colpo.
  27. Salmo 4, vers. 5.
  28. Il pulpito, cioè, onde predicava.
  29. Mancano al nostro Cod. le parole interchiuse nella parentesi; omissione dovuta all’amanuense, rimasto ingannato, com’altra volta, da una parola ripetuta a breve distanza, che qui è la parola pazienzia. Supplimmo alla lucana seguendo gli altri Codd., che hanno qui una identica lezione.
  30. Cioè, di mali modi, incompatibile. E poco sopra stratta per strana.
  31. Meglio il Cod. Pal., che sono gattive.
  32. Vangelo di san Matteo, cap. xxj, vers. 13.
  33. Salmo lxviij, vers. 10.
  34. Di qui ha principio il settimo dei Racconti editi da Zambrini, loc. cit., pagg. 17-18.
  35. Boccata dicesi quel colpo che si dà altrui nella bocca con mano aperta; come guanciata nella guancia (Z).
  36. Il Cod. Pal., gliela aveva data. Nell’edizione dello Zambrini, gli aveva data la boccata.
  37. Qui termina il settimo e tosto segue l’ottavo dei Racconti editi in loc. cit., pagg. 18-19.
  38. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, lo ha.
  39. Termina qui l’ottavo dei Racc. San Bernard.
  40. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 infìno al cuore ed alla anima.
  41. Lacuna dei Codici.
  42. Qui tangit montes, et fumigant: così la Volgata al Salmo ciij, vers. 32.
  43. Cioè, se tu prenda con lui il più piccolo scherzo, non saprà sopportarlo.
  44. Nel nostro Cod. segue una breve lacuna, spazio sufficiente alla versione del luogo latino citato, la quale si trova omessa pure negli altri Codici.
  45. Non così la Volgata, vers. 12 e 13 del detto cap. Cum aliena muliere ne sedeas omnino, nec accumbas cum ea super cubitum; et non alterceris cum illa in vino., ne forte declinet cor tuum in illam ec.
  46. Cioè, volger gli occhi ora di qua ora di là per ricercarle.
  47. Il Cod. Pal., l’occhio tuo del cuore nella donna altrui.
  48. Assai diversamente dalla Volgata che dice: Non enim pluerat Dominus Deus super terram, et homo non erat qui operaretur terram. Sed fons ascendebat e terra, irrigans universam superficiem terrae vers. 5 e 6).
  49. Così gli antichi nostri appellavano il paradiso terrestre; detto anche semplicemente il Deliziano, come nel nostro libro dei Fatti di Cesare pag. 321, avemmo occasione di chiarire.
  50. Il Cod. Pal., da Dio.
  51. Salmo lxxij, vers 23. L’imperfetta lezione del Testo correggemmo con la Volgata.
  52. Il Cod. Sen. 6, a modo d’uno giovencho.
  53. Atti dogli Apostoli, cap. V, vers. 41 . Ma nel Testo il passo è riferito inesattamente, come dalla stessa versione che ne segue, si rileva.
  54. Le parole chiuse da parentesi mancano al nostro Cod. per la solita negligenza di amanuensi.
  55. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. col peccato.
  56. Il solo Cod. Pal., ma merita.
  57. Vangelo di san Matteo, cap. vij, vers. 6; e deve leggersi così: Nolite dare sanctum canibus, neque mittatis margaritas vestras ante porcos.
  58. Meglio gli altri Codd. Non voliate gittare ec.
  59. Nel solo nostro Cod. segue un breve spazio bianco, destinato alla rimanente versione del passo latino.
  60. Nel linguaggio sanese si usa tuttora Tramandare per Mandare a male, Dissipare.
  61. Periodo irregolare in tutti i Codici.
  62. Mancano al solo nostro Cod. le parole che stanno tra parentesi, volute dal senso ed omesse per svista dell’amanuense, caduto in inganno perla ripetizione della parola peccato.
  63. Per la stessa inavvertenza del copista mancano al nostro cod. le parole chiuse da parentesi.
  64. Gli altri Codd. seguon dicendo: Elli vi è delle navi; quale è grande ec.
  65. Il Cod. Sen. 6, quale à trenta banchi, quale c’è di vinti. Descrive stupendamente il movimento del porto allora frequentissimo di Venezia.
  66. Paragona Siena a una cócca, cioè a un naviglio a vela quadra e di gran corpo e sicuro nella navigazione: i’amor di patria non gli fa conoscere differenza, tra Siena e Milano e Venezia, che son tutte cócche ugualmente. Soltanto Roma è maggior di Siena; e dinanzi al nome ed alla grandezza dell’alma Città vien meno ogni rivalità municipale. Noti il Lettore come bene il Santo assomigli ad altrettante navi o galee le città italiche, la cui unione le avrebbe rese invincibili contro qualunque sorta inimici, e la divisione impotenti a resistere.
  67. Equivale a dire, acciò che non vi nascano i germi delle divisioni, che generano la rovina delle città.
  68. Il Cod. Pal., da parte di Dio per bocca dello evangelista Luca.
  69. Il Cod. Sen. 6, minato.
  70. Nella Volgata questo versetto, che è il secondo e terzo del detto cap. V, sta così: Et vidit duas naves stantes secus stagnnm: piscatores autem descenderant, et lavabant retia. Ascendens antem in unam navim, quae erat Simonis rogavit eum ec.