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predica decimaquinta | 373 |
Ira di natura è questa. Adiratevi voi mai, donne? Io ci vego di magre1, che mi pare che ci sia alcuna che talvolta fa a’ capegli! Io miro pure se ci fusse niuna che avesse l’ochiate2, perchè talvolta sognano per dare. Elli sònno bene tali ire, che non è peccato. Quando tu gastighi et adiriti per accostumare le tue genti; e talvolta rispondarai male in un subito, e cognosci che tu dici male, che dirai una parola gattiva, e non entra però nel cuore, non entra insino alla ragione, imperò che come tu vedi che tu hai detto male, e tu ti raffreni; questo non è peccato mortale. Ma io ti dico più, che con tale ira tu puoi meritare; chè vedendo uno male, e tu vuoi gastigare et amonire, et in uno subito ti viene un pensiero meno che buono, e tu ti raffreni e resisti, allora meriti. E quanto più è il combattimento e tu più resisti, più meriti. Inde hai nel Salmista: Irascimini, et nolite peccare3: — Adiratevi, e non voliate peccare; — fa’ che tu resista al peccato. Amaestrarnento di frate lacopone; che se ti fusse detta una paroletta, non volere subito córrare all’ira, imperò che forse Idio ha permesso che ti sia detta, perchè ti meriti. Vuolo vedere? Dimmi: che merito ârai tu, se elli t’è detta o fatta una ingiuria, e tu non hai pazienzia? Non nissuno. Sai come tu se’ fatto? Se’ peggio che non è questo legno4: io te ne voglio fare la pruova. Io dico a questo legno: — tu se’ una ingrata creatura, e se’ gattivo. — Vedete che egli non m’ha risposto, ma ha avuto pazienzia. Tu dirai: —