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380 | predica decimaquinta |
si ingegna di non fare come per lo passato ha fatto. Anco costui non diventa sangue, e non pericola col corpo1
della superbia. Chè benchè talvolta la ragione e la sensualità combattine insieme, et elli resiste, dico che non pecca, nè merita.2
La terza si chiama dilettazione carnale, cioè di quello che si diletta con ogni sentimento che elli ha in lussuria, in broda, in sodomia, con ogni dissoluzione. E come io ti dico di lussuria, così ti dico di tutti gli altri vizi, e s’io ti dichiaro d’uno, tutti gli altri puoi intèndare ch’io voglio riprèndare. Ma poniamo l’esemplo in uno solo: diciamo di lussuria. Uno che sia in questo vizio involto, elli ha tanto il suo pensiero in esso, che niuno diletto ha in altro che in lussuriare: elli non pensa che sia altro paradiso che quello. E benchè quello sia ogni sua consolazione, peggio che a la sfrenata si involle in quello n fare ciò che elli può fare. E con tutto che talvolta non possa, s’ingegna di potere a giusta sua possa. E pure non potendo, gli ’ncresce che egli non può. E per questo egli caccia sotto la ragione, e la malizia di sopra; elli sotterra la ragione, e la malizia vuole che stia di sopra a lei. Cacciate via quel porco, cacciatel via. — A casa.
Oh, noi aviamo per la Scrittura: Nolite proiicere marporitas inter porcos:3 — Non gittare4 le pietre preziose a’ porci. — Non si die predicare la parola di Dio a’ porci. Or a casa: sta bene. Io dico di quelli disordinati, i quali fanno del mondo paradiso, avendo sempre il loro pen-