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376 | predica decimaquinta |
levo domandarvi una grazia; e pregando e ripregando il vostro portinaio che m’aprisse, infine elli m’aperse bastemmiando Mio molto vitoperosamente. Io non potendo sofferire l’offesa di Dio, li dèi, come voi avete potuto sapere e vedere, di molti calci e pugni. — Allora il podestà udendo la cagione e il perchè costui s’era mosso a darli, gli disse: — tu facesti molto bene. — E poi il domandò: — che grazia volevi tu da me? — Egli rispose: — io volevo la tal grazia. — Et egli disse: — et io so’ molto contento. — E fugli perdonata la méschia che fece con colui, perchè il fece per zelo di Dio1. Zelus domus tuae comedit me. Questa ira quando viene per tal modo, dico che è santa e buona. E questa è la siconda ira: ira di grazia.
Terza ira è di colpa. Questa ira passa insino alla anima, la quale conturba il sangue infìno al cuore2, colla quale s’offende Mio. Unde in santo....3 al quinto cap.: Qui irascitur proximo suo, iudicobitur a Deo: — Chi s’adira col suo prossimo e col suo fratello, sarà giudicato da Dio, — però che questo tale pecca co la volontà contra lui; e tanti peccati fai, quante volte tu caschi in questo contra lui. Non toccare mai questa ira; che se tu ti impacci con essa, ella ti farà mal capitare; imperò che questa è tamquam mons ignis ardens: — ella è come uno monte di fuoco ardente. — Non la tocare, chè ella gitta fuoco grandissimo e pericoloso. Ode David come ne dice: Tange montes et fumigabunt4: cioè, se tu tocarai questo monte, egli fumicherà col fare ingiuria al prossi-