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372 | predica decimaquinta |
Anco si leggie in lob al xv cap.1: — Superbia viene obviam Deo. — Solo per lo peccato tanto iniquo e dispia— cente a Dio cascò Lucifero in tanto sterminio. Guarda anco in santo Matteo a ventiquattresimo cap.2; Quoniam abundabit iniquitas, refrigescet charitas multorum. Quando abondarà la iniquità nell’uomo tanto per superbia, subito viene a raffreddarsi della carità che prima aveva; però chè elli cerca d’essere il maggiore e il più alto e ’l più onorato. E sai che seguita poi, o uomo superbo? Ode3: Qui se exaltat, humiliabitur. — Chi se esaltarà, sarà umiliato. — E questo è detto a tutti coloro che entrano in questo peccato della superbia. E se tu entri in superbia, tu non puoi stare in carità, e non stando in carità, tu entri in superbia.
Tu hai veduto in queste parole — tamquam mons magnus — tre cose:
Primo, freddoso; dove tu offendi Dio.
Nel sicondo, ventoso; dove tu offendi il prossimo.
Nel terzo, ruinoso; dove tu offendi te medesimo. E questo diciamo che basti per la prima radice.
La siconda è ira, dove dice: ignis ardens. Dice che quel monte grande che fu messo in mare, era tutto di fuoco, cioè d’ira pieno. Hai a xxxij cap. del Deuteronomio: Ignis succensus est in furore meo: — Il fuoco è acceso nel mio furore e nella mia ira. — Convienti sapere che in tre modi si può avere quest’ira:
Primo, è ira di natura.
Sicondo, è ira di grazia.
Terzo, è ira di colpa.