Liguria preistorica/Parte seconda/Capitolo III

Parte seconda - Capitolo II Parte seconda - Capitolo IV
[p. 264 modifica]

III. — GIACIMENTI RECENTI.


Caverne ossifere a facies neolitica.


I giacimenti recenti di cui faccio conto di occuparmi in questo capitolo consistono principalmente in caverne ossifere, il cui riempimento si produsse nei modi già contemplati. Siccome quasi tutte le caverne di cui si tratta ricettano alla parte inferiore manufatti riferibili alla fase neolitica e alla parte superiore i prodotti di una industria di transizione che appartiene alla fase dei metalli, così non ho creduto di dover distinguere i depositi relativi alle due fasi. Descriverò invece a parte, sotto il titolo speciale di caverne ossifere a facies siderolitica certi depositi recentissimi (dal punto di vista strettamente cronologico si potrebbero ascrivere ai tempi storici) che accennano ad una fase assai più inoltrata, durante la quale i vasi fittili erano torniti e cotti nella fornace e si faceva largo uso del ferro. Fra i giacimenti recenti potrebbero comprendersi, in un ordinamento di carattere generale quelli ben noti [p. 265 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/271 [p. 266 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/272 [p. 267 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/273 [p. 268 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/274 [p. 269 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/275 [p. 270 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/276 [p. 271 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/277 [p. 272 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/278 [p. 273 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/279 [p. 274 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/280 [p. 275 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/281 [p. 276 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/282 [p. 277 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/283 [p. 278 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/284 [p. 279 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/285 [p. 280 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/286 [p. 281 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/287 [p. 282 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/288 [p. 283 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/289 [p. 284 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/290 [p. 285 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/291 [p. 286 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/292 [p. 287 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/293 [p. 288 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/294 [p. 289 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/295 [p. 290 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/296 [p. 291 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/297 [p. 292 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/298 [p. 293 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/299 [p. 294 modifica]stici, frammenti di macine, macinelli, brunitoi, come pure cocci di ceramiche analoghe a quelle della vicina grotta Pollerà (i).

Caverna Pollera.

Considerazioni generali sulla caverna. — Le prime notizie di questa caverna furono fornite fin dal 1873, da don Perrando; essa fu poi esplorata da me, dal Dott. Wall, dal Prof. Morelli, da don Amerano, dal Sig. G. B. Rossi Fig’79 Cavità anteriore della grotta Pollerà (P. Bensa.

e in ultimo nuovamente da me, somministrando materia a parecchie note e memorie paletnologiche ed archeologiche, di cui si troverà V elenco in appendice.

(i) Bull, di Paletn. ital., vol. XVIII, n. 7, 8. Parma, 1892. [p. 295 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/301 [p. 296 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/302 [p. 297 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/303 [p. 298 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/304 [p. 299 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/305 [p. 300 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/306 [p. 301 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/307 [p. 302 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/308 [p. 303 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/309 [p. 304 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/310 [p. 305 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/311 [p. 306 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/312 [p. 307 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/313 [p. 308 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/314 [p. 309 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/315 [p. 310 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/316 [p. 311 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/317 [p. 312 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/318 [p. 313 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/319 [p. 314 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/320 [p. 315 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/321 [p. 316 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/322 [p. 317 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/323 [p. 318 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/324 [p. 319 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/325 [p. 320 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/326 [p. 321 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/327 [p. 322 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/328 [p. 323 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/329 [p. 324 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/330 [p. 325 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/331 [p. 326 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/332 [p. 327 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/333 [p. 328 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/334 [p. 329 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/335 [p. 330 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/336 [p. 331 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/337 [p. 332 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/338 [p. 333 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/339 [p. 334 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/340 [p. 335 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/341 [p. 336 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/342 [p. 337 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/343 [p. 338 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/344 [p. 339 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/345 [p. 340 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/346 [p. 341 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/347 [p. 342 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/348 [p. 343 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/349 [p. 344 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/350 [p. 345 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/351 [p. 346 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/352 [p. 347 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/353 [p. 348 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/354 [p. 349 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/355 [p. 350 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/356 [p. 351 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/357 [p. 352 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/358 [p. 353 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/359 [p. 354 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/360 [p. 355 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/361 [p. 356 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/362 [p. 357 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/363 [p. 358 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/364 [p. 359 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/365 [p. 360 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/366 [p. 361 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/367 [p. 362 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/368 [p. 363 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/369 [p. 364 modifica]solito delle caverne ligustiche; un terzo poi è un pezzo di fondo pianeggiante, cui va unita parte della parete.

In fatto di strumenti litici, non mi fu comunicato che un rozzo coltellino di arenaria, a grana finissima, lungo 63 mm. e largo 18, di sezione triangolare, appuntato ad una estremità e troncato all’altra. I due tagli di questo arnese sembrano un po’ logorati dall’uso.

Fra gli oggetti raccolti dal Prof. Celesia, sono pur compresi due piccoli ciottoli di spiaggia marina che probabilmente furono recati nella grotta per mano dell’uomo.

La fauna della caverna è rappresentata, nella raccolta sottoposta al mio esame, dai seguenti pezzi:

a) Parte d’un radio sinistro d’un grossissimo orso; b) il corpo d’una vertebra dorsale d'un orso più piccolo; c) un epistrofeo di ruminante (verosimilmente di cervo), sul quale si vedono incisioni trasversali, praticate da uno stromento da taglio; d) due valve di Donax trunculus, mollusco edule abbondante in tutti i bassi fondi arenosi del Mediterraneo.

Da quanto precede, si può arguire che la caverna della Rocca di Perti, al pari di altre in Liguria, fu abitata o almeno visitata dall’uomo in diverse epoche e che il suolo della stessa ebbe a subire qualche artificiale sconvolgimento, in virtù del quale si trovano ora commisti oggetti di remota antichità ed altri comparativamente recenti.


Caverna delle Arene Candide.


Nozioni generali. — A ponente della piccola città di Finalmarina si protrae dalla catena litorale un piccolo promontorio che ha nome Caprazoppa, e raggiunge nel suo punto culminante l’altezza di 293 metri sul livello del mare. Questo monte è costituito alla sua parte inferiore, di calcare dolomitico triassico, di color bigio chiazzato di ferrigno, in stratificazioni assai inclinate, e superiormente [p. 365 modifica]di calcare grossolano ed arenaceo riferibile al miocene medio, propriamente al piano elveziano, in strati quasi orizzontali1.

[p. 366 modifica]La Caprazoppa, al pari dei monti circonvicini, analogamente costituiti dal punto di vista geologico, si presenta alla sua parte inferiore e media tutta bucherata e fessa da numerose soluzioni di continuità che talvolta raggiungono le proporzioni di vere grotte. Quasi tutte sono parzialmente occupate di materiali detritici o di terra rossa ed hanno le pareti loro inquinate da infiltrazioni ferrugginose.

Chi da Finalmarina seguiva la via provinciale della Riviera, nella direzione di Pietra Ligure e d'Albenga, appena oltrepassata la galleria, per mezzo della quale si attraversa il promontorio della Caprazoppa, vedeva in passato il versante meridionale del medesimo, comunque assai ripido,coperto, per buon tratto della sua altezza, di finissima e bianca sabbia silicea, che dalla vicina spiaggia fu scaraventata sui fianchi del monte per opera dei venti di mezzogiorno, colà gagliardissimi. Questa sabbia, asportata in gran copia a vantaggio di parecchie industrie, è ridotta da qualche anno a scarso residuo. Ad 89 metri d altezza sul livello del mare, un pò' sopra il limite superiore delle Arene Candide, così si chiama la duna, fra rupi scoscese, sulle quali vegetano grami cespugli spinosi, è scavata nel calcare triassico una profonda grotta che trae il suo nome da quelle arene e mette all’esterno per tre aperture principali, disposte quasi sul medesimo piano orizzontale2. La finestra L (fig. 95) che si apre verso sud-ovest è meno ampia delle altre due e inaccessibile; dalla mediana M, che è larghissima e bassa, si penetra facilmente nella cavità. Questa si presentava, all’epoca della mia prima visita, come una vasta camera di forma irregolare,che misurava 70 metri nella maggior dimensione (senza [p. 367 modifica]tare una piccola propaggine nella quale si prolunga all'estremità orientale), 15 di larghezza massima e poco meno di 5 di altezza 3. Alla parte media di essa, la volta si abbassa e le pareti si accostano, per modo che rimane divisa da una specie di strozzatura in due ineguali compartimenti, occidentale l'uno, orientale l'altro (fig. 95). Entrambi sono quasi privi di stalattiti, ed invece le pareti e la volta si mostrano qua e là ornate di ciuffi di felci. In fondo al primo sbocca un tortuoso cunicolo, per mezzo del quale si scende in un intricato laberinto di tenebrose spelonche fra loro comunicanti 4. Una di esse, più vasta e più dirupata delle altre, sarebbe ammirabile per la vaghezza delle sue colonne stalattitiche e dei suoi panneggiamenti lapidei, se non avesse subito la sorte comune a tutte le caverne della Liguria, cioè una vandalica devastazione.

Rispetto all’origine, dirò solo che, a parer mio, si deve principalmente attribuire all’azione distruttiva delle onde marine per quanto concerne la cavità principale, ed alle erosioni prodotte da acque sotterranee rispetto alle altre, più anguste e tortuose, che si estendono entro la montagna.

Il sollevamento che si verificò alla fine del periodo pliocenico ed ebbe per conseguenza, l’innalzarsi dei depositi subapennini della Riviera al loro livello attuale, dovette subire un arresto od un rallentamento più o meno lungo, durante il quale l’orizzonte a cui ora si trova la caverna corrispondeva al livello del mare. Questo allora, flagellando colle sue onde la ripa per lunga successione di secoli, disgregò e corrose alcuni degli strati più esterni del calcare, praticando in essi una larga breccia, che fu poi resa [p. 368 modifica]più ampia e profonda per opera delle acque circolanti nelle viscere del monte.

A favore della mia opinione militano i seguenti fatti:

  1. ° D’innanzi a due delle tre maggiori aperture suindicate (distinte nella figura colle lettere L, M, N) esiste come una specie di terrazzo in gran parte ruinato, anch’esso opera del mare pliocenico.
  2. ° Si osservano nel monte parecchie altre caverne allineate allo stesso livello e piuttosto estese nel senso orizzontale.
  3. ° Il calcare della Caprazoppa e dei monti vicini presenta, presso a quell’altezza, numerosi fori praticati da molluschi litofagi.

Allorché la visitai per la prima volta, la grotta offriva un suolo pianeggiante, sul quale si vedevano alcune pietre di piccole dimensioni e vari massi caduti. Questo suolo era, nella camera orientale, perfettamente asciutto e costituito di terra bruna; nella camera occidentale e in qualche punto della parte media, si presentava un po’ umidiccio e coperto qua e là di croste stalattitiche, per effetto di stillicidi calcariferi.

Le materie terrose che occupavano il fondo della spelonca raggiungevano la potenza di circa m. 3.20 5 ed erano regolarmente stratificate. Il massimo numero degli strati visibili era, secondo i punti, di sei o sette, ed in ciascuno si distinguevano quasi sempre un letto di terra bruna, con carboni, ceneri, cocci ed ossa, ed un letto sterile, assai più sottile, formato di terra chiara o biancastra, sparsa di pietre angolose. La prima, vale a dire la terra bruna, fu in gran parte recata nella cavità per opera di correnti acquee temporarie, e vi si introdusse da una piccola [p. 369 modifica]tura situata all’estremità orientale, per poi depositarsi, mista ad avanzi di pasti e a residui di focolari abbandonati dall'uomo. La terra di color chiaro e le pietre non sono che materiali caduti dalla volta e prodotti dalla degradazione meteorica, accumulatisi nei lunghi intervalli di tempo durante i quali la grotta rimase disabitata.

Alla estremità occidentale della cavità, siccome la volta è umida e la roccia è resa più dura e meno alterabile, per effetto di stillicidi calcariferi, non potevano originarsi materiali frammentari e polverosi, invece di letti detritici, si formarono alcuni sepimenti stalattitici.

In un piccolo tratto della parte media, di contro alla parete settentrionale, il deposito calcarifero, assai copioso,si concretò in una breccia, quasi destituita di stratificazione, i cui elementi principali sono: ceneri, minuzzoli di carbone, frammenti d’ossa e cocci di rozze stoviglie. È presumibile che ivi, originariamente, fossero collocati alcuni focolari. Di altri si trovarono poi evidenti tracce nel terriccio sciolto e stratificato che occupava la camera orientale.

Gli straterelli ricchi di cenere e carbone, fra i letti stalattitici o fra i letti di terra bianca, accennano ad altrettante epoche nelle quali il sotterraneo servì di domicilio all’uomo, e sono, per così dire, altrettanti suoli successivamente sepolti da cause naturali.

Storia delle ricerche eseguite nella Caverna. — Visitai per la prima volta la grotta nel mese di giugno del 1864, in compagnia del professor Adolfo Perez di Nizza e di mio fratello Alberto. Il primo, buon conoscitore della nostra geologia, aveva scoperto, nelle spelonche dei Balzi Rossi, tra Mentone e Ventimiglia, copiosi manufatti litici ed altre preziose reliquie dei tempi trascorsi, e sperava che le nostre ricerche sarebbero pur riuscite proficue alle Arene Candide. D’altra parte, si magnificava a tal segno l’estensione della grotta, si vantavano siffattamente la [p. 370 modifica]rietà e la bellezza dei suoi aspetti, che eravamo desiderosi di ammirare tali meraviglie. Ci assicurammo di poi che la voce popolare aveva esagerati i meriti del sotterraneo; ma dal punto di vista paletnologico, esso doveva superare di gran lunga la nostra aspettativa.

Perlustrata la grotta in ogni sua parte, iniziammo alcuni scavi in vari punti della cavità maggiore e più esterna di essa, perchè ivi il suolo, essendo costituito da un potente deposito di terriccio, sembrava più propizio alle nostre indagini. Da uno solo, praticato a circa m. 1.20 nella camera occidentale, si ottennero per allora oggetti degni di nota, cioè: 4 punteruoli d’osso, frammenti di vasi, conchiglie, ossa di mammiferi infrante ed ossa umane 6.

Nell’agosto dello stesso anno ritornai alla Arene Candide in compagnia del Prof. Giovanni Ramorino e proseguimmo insieme gli scavi già iniziati, ma con poco successo. Non trovammo infatti, oltre ai cocci e alle solite ossa di animali, che un pezzo di pomice lavorata ed altri oggetti di poco momento.

Delle ricerche eseguite in queste due gite presentai una breve relazione alla Società italiana di Scienze naturali, nella sua riunione straordinaria tenuta a Biella dal 3 al 6 settembre 1864, sotto la presidenza di Quintino Sella.

Tre anni dopo, nell’esporre d’innanzi al Congresso internazionale d’Antropologia e d’Archeologia preistoriche, riunito in Parigi, la storia succinta delle indagini paletnologiche eseguite in Liguria, tornai per poco sullo stesso argomento, recando ulteriori notizie sui caratteri osteologici degli avanzi umani da me scoperti. La caverna fu poscia visitata da don Perrando, ma con esito mediocre. [p. 371 modifica]Al principio del 1874, i signori Yeats Brown Montagu e Victor Brooke, il primo console, di S. M. britannica in Genova, il secondo zoologo ed autore di alcune monografie intorno ai ruminanti, mi esibirono di accompagnarli in una escursione che avevano in animo di fare nella Liguria occidentale, affine di visitare alcune grotte di quel territorio e, presentandosene l’opportunità, per eseguire qualche scavo nelle medesime. Io accettai di buon grado l’invito, e proposi che le nostre indagini avessero a cominciare dalla caverna delle Arene Candide, nella quale le prime raccolte legittimavano la speranza che si avesse a trovare assai di più in seguito, mediante scavi ben diretti e sufficientemente profondi. Detto fatto, ci recammo a Finalmarina e di là alle Arene Candide, ed appena posto piede nella grotta si principiarono gli scavi. A 40 o 50 centimetri di profondità, nel suolo della caverna, si trovarono subito le tracce di un focolare; cioè: pietre annerite dal fuoco, ceneri, carboni, cocci di rozze stoviglie, ossa di mammiferi e particolarmente di ruminanti, per lo più cotte ed infrante, ed anche alcune ossa foggiate a punteruoli. Ad un metro e 60 cm., tolti alcuni lastroni di calcare, che avevano opposto improvvisa resistenza allo scavo, si mise allo scoperto l’estremità superiore d’una tibia umana, poi un femore, un bacino, una colonna vertebrale, in breve, uno scheletro umano completo, accanto al quale giacevano un corno di cervo, vari pezzi d’ocra, un’accetta di pietra ed altri oggetti che a tempo debito saranno enumerati e descritti.

Costretto da urgenti motivi ad abbandonare l’impresa così felicemente iniziata, l’esplorazione continuò per due giorni ancora, per opera de’ miei compagni, e ne risultò il ritrovamento di vari altri manufatti e di uno scheletro di bambino.

Poco dopo, don Perrando fece altre due visite alle Arene Candide e, ripigliando le interrotte ricerche, riuscì [p. 372 modifica]a procurarsi, la prima volta, alcune parti d’uno scheletro di bambino e, la seconda, due altri scheletrì umani, uno dei quali quasi completo, senza contare molti manufatti di più maniere.

In quello stesso anno un nuovo esploratore, Anton Giulio Barrili, si diede ad estendere taluno degli scavi già iniziati, e a lui si deve la scoperta di un quinto scheletro, col solito corredo di ossa, di conchiglie e di cocci.

Ad alcuni terrazzani dei dintorni, non so se per vana curiosità o per cupidigia di tesori, parve l’esempio degno di essere imitato; ma per buona ventura si contentarono di praticare un piccolo fosso e di devastare una sola tomba.

Il prezioso ricettacolo di reliquie preistoriche era, tuttavolta, in gran parte intatto, e quando accettai l'incarico, affidatomi dal Ministero dell’Istruzione, di eseguire alcuni scavi nelle caverne ligustiche, a vantaggio del nascente Museo etnografico e preistorico di Roma, il mio primo pensiero fu di ripigliare l'esplorazione che tre volte, e a lunghi intervalli di tempo, avevo principiata e che, per circostanze indipendenti dalla mia volontà, mi era stato impossibile di compiere.

In nove giorni di ricerche accuratissime (dal 24 agosto al 3 settembre 1876), durante i wuali fu posto a nudo il fondo roccioso di buon tratto della parte orientale e media della grotta, mi venne fatto di scoprire sette nuovi sepolcri inviolati, coi rispettivi scheletri, alcuni guasti, altri in ottimo stato, e una ricca serie di manufatti di terra cotta, di pietra e d’osso. Questi oggetti, nonché i sette scheletri, sono ora ostensibili nella collezione del Museo etnografico e preistorico di Roma.

Più tardi, la grotta fu visitata da mio fratello Alberto, il quale, avendo praticato un piccolo fosso in un punto che io gli avevo indicato, vi scoprì, impigliati in una tenacissima concrezione stalagmitica, contenente ossa, [p. 373 modifica]boni e cocci, un bellissimo scalpello d’osso, un’ascia-scalpello di pietra verde (il primo rappresentato nella tav. II, fig. 1) ed un cristallo di quarzo jalino.

Nel 1883, il D.' Wall, medico presso l’esercito inglese delle Indie, tentò nuovi scavi verso l'estremità orientale della camera maggiore della grotta, in un tratto in cui il terriccio della stessa è misto di pietre e coperto di massi. Ivi i miei saggi erano sortiti infruttuosi e così avvenne da principio di quelli di Wall; ma, avendo egli continuato gli scavi fino a maggiore profondità, fu così condotto alla scoperta di un orifizio, per cui penetrò in un'altra camera ancora vergine, nella quale ottenne largo compenso alle sue fatiche, col ritrovamento di numerosi manufatti primitivi ed avanzi di pasto, che giacevano a vari livelli, entro straterelli di terra e cenere. Nello schizzo planimetrico presentato alla pagina 370, schizzo desunto dalla memoria dell’Ing. Bensa già citata, appariscono le dimensioni approssimative di questa camera, quali risultano al presente dopo gli scavi da cui fu sconvolta. In alcuni punti la sua altezza supera di poco quella di un uomo di media statura, in altri la volta è tanto bassa che obbliga il visitatore a proceder curvo. Dalle aperture che mettono all’antigrotta o cavità esterna fino al fondo della nuova propaggine, il suolo va discendendo rapidamente, ciò sopratutto nel primo tratto.

Chi entra nella parte della spelonca rinvenuta da Wall, osserva a tutta prima verso levante, una sorta di fenditura quasi verticale, appena praticabile (nel linguaggio minerario si direbbe un caminetto), la quale alla sua parte superiore mette all’esterno, e lateralmente comunica, mercè uno stretto cunicolo, con parecchie camere più alte, che penetrano profondamente nelle viscere del monte. Tali camere, ben più delle altre già ricordate, sono rivestite in generale di belle concrezioni stalattitiche. [p. 374 modifica]Nella maggiore di esse, si osservano impigliate nella crosta di stalagmite che costituisce il suolo, ossa d’erbivori spezzate e rose, abbandonate probabilmente da qualche fiera. La più remota della serie è una vasta galleria ascendente, ed ha per suolo uno strato di escrementi di chirotteri, entro al quale raccolsi alcuni cocci di stoviglie non tornite, di fattura preistorica. In tutte queste cavità superiori alla principale non furono trovati da me né da altri, oggetti degni di nota, tranne le ossa e i cocci precitati. Piccoli scavi eseguiti nelle medesime rimasero affatto sterili.

Nella propaggine, la cui scoperta si deve al dottor Wall, questi trovò da principio, verso ponente, i resti di un focolare, con molta cenere, numerosi cocci, ossa di ruminanti, e di suini, conchiglie interne di seppie, spine e vertebre di pesce, ecc.; più innanzi, in una concavità della roccia sotto un piccolo stillicidio, che egli reputa r ultimo residuo di una antica sorgente inaridita, raccolse frammenti di stoviglie, verosimilmente vasi da acqua. Poco lunge, Wall disseppellì 70 articoli di monile, in forma di cilindretti faccettati e forati, che egli crede ricavati da denti d’orso, parecchi coltellini di selce ed una sorta di lampada di terra cotta. Fra tutti questi residui un solo osso umano, un omero, se ho ben inteso, il quale, essendo spezzato e coperto di erosioni artificiali e tracce di cottura, attesterebbe, secondo il raccoglitore, il cannibalismo degli antichi cavernicoli.

Il dottor Wall lasciò interrotte le sue ricerche nella primavera del 1883, e, poco appresso, gli scavi abbandonati furono ripresi nel medesimo punto dal sacerdote Nicolò Morelli, il quale, asportati alcuni strati di terriccio ancora vergini, nella parte estrema della cavità nuovamente scoperta, raccolse ancora svariati manufatti di pietra, d'ossa e di terra cotta, che descriverò in seguito. [p. 375 modifica]Il 9 Gennaio 1884, recatomi nella grotta in compagnia del sacerdote Morelli e del capitano Enrico Alberto d’Albertis, proseguimmo, non senza frutto, le investigazioni nel punto in cui il primo le aveva lasciate, risultandone la raccolta di alcune conchiglie forate, di due lesine d'ossa, di cocci ecc.

Visitando nello stesso giorno le altre parti della caverna, vidi che una propaggine, la quale sbocca all'estremità occidentale della camera principale, propaggine che nel 1876 misurava soli 5 metri di lunghezza, era divenuta praticabile per m. 14.50, con larghezza massima (all'imboccatura) di m. 2.40, mantenendo direzione costante da N.E. a S.O. Questo mutamento era dovuto allo sgombro di massi e pietrame fatto eseguire da Wall. Ivi siffatto lavoro non aveva dato, peraltro, utili risultati; ma, proseguito di poi dal Morelli, condusse al ritrovamento di numerosissimi manufatti e d’avanzi umani. Nella medesima gita ebbi il piacere d’incontrarmi col dottor Wall, reduce a Finalmarina, il quale mi fornì ragguagli particolareggiati intorno al ritrovamento della nuova cavità e circa i manufatti che vi furono raccolti. Egli crede che questa cavità fosse altre volte in libera comunicazione colla camera esterna, e che la via per cui vi si accede rimanesse di poi intercettata dai detriti trascinati per opera di acque affluenti dall’apertura orientale, ciò durante un periodo in cui la grotta era abbandonata. I cavernicoli che vennero di poi ad abitarla non avrebbero conosciuto l'esistenza della propaggine suaccennata. Io divido pienamente questo modo di vedere; senonchè, ho per fermo che la chiusura della grotta sia avvenuta in tempi relativamente recenti e che il deposito archeologico abbia subito solo lieve accrescimento dopo tal chiusura. Infatti, nella cavità scoperta dal dottor Wall abbondano cocci di vasi romani, e si trovarono inoltre [p. 376 modifica]pezzi di grandi vasi torniti di pietra oliare, i quali, secondo l’opinione di paletnologi competenti, non sono più antichi dell'invasione romana, si mostrano anzi più frequenti nelle stazioni archeologiche riferibili all’epoca barbarica.

Gli scavi praticati da Wall nel 1884 avrebbero sortito esito felicissimo, risultandone, a quanto mi fu accertato, la scoperta di altre cinque sepolture col relativo scheletro.

Le investigazioni compiute da don Morelli dal 1885 al 1887, in vari punti della spelonca trascurati dai suoi predecessori, in ispecie alla estremità occidentale e in qualche punto verso N.E., ebbero per epilogo il ritrovamento di buon numero di tombe, aumentando assai la collezione di manufatti e di avanzi organici, da lui formata.

Alcuni oggetti raccolti da Morelli furono illustrati da me; di altri lo stesso raccoglitore diede la descrizione 7.

Merita poi menzione la circostanza che, nel marzo 1881, il compianto principe ereditario Federico Guglielmo di Germania, accompagnato dalla consorte, dal Console Brown e da altri, visitò la caverna, e volle essere informato da me dei più minuti particolari in ordine alle recenti scoperte. La principessa raccolse, alla superficie del deposito archeologico, alcuni fossili, dichiarando di volerli offrire al Prof. Virchow.

Tombe scoperte nei primi Scavi. — Ebbi già occasione di avvertire come nelle prime visite che io feci alla grotta, nel 1864, vi trovai ossa umane sparse in disordine ad una certa profondità nel terreno. Un vecchio contadino, il quale adempieva meco, allora, all’ufficio di guida, affermò che alcuni terrazzani dei dintorni erano venuti [p. 377 modifica] molti anni innanzi nella grotta a farvi incetta d’ossa, di cui si servivano per ingrassare le loro terre. Da ciò emerge l'interpretazione più probabile e più logica degli avanzi così dispersi.

Queste ossa sono fragili, leggere e biancastre, come se avessero subito l’azione del fuoco, e presentano scalfitture ed intaccature, che sembrano assai antiche, le quali in parte furono prodotte da zanne di carnivori, in parte da arnesi taglienti. Si presentano alla mente varie spiegazioni di tali circostanze; ma preferisco astenermi dall’emettere giudizi in cui la fantasia avrebbe parte troppo larga. Ad ogni modo, credo che non si tratti di avanzi d’antropofagia, prima di tutto, perchè le ossa umane non sono spezzate nel senso della lunghezza, come quelle degli erbivori, in secondo luogo, perchè i segni di cottura, comuni con quasi tutti gli scheletri umani della grotta, furono forse prodotti da fuoco acceso sulle tombe, mentre i cadaveri erano sepolti a fior di terra.

La prima tomba intatta fu scoperta, come dissi, nel 1874, allorché iniziai nuove ricerche nella caverna, in compagnia dei signori Brooke e Brown. Lo scheletro cui dava ricetto si trovò alla profondità di m. 1.60, nella camera orientale, presso a poco alla parte media di essa, col capo poco discosto da un voluminoso masso caduto dalla vòlta e coi piedi rivolti verso il mare. Esso giaceva obliquamente rispetto al piano della caverna; aveva cioè il capo più alto dei piedi. Degli arti anteriori, uno era collocato sotto il capo e l’altro disteso; i posteriori si trovarono un po’ piegati. Le ossa erano perfettamente difese da alcuni lastroni di calcare disposti sotto, sopra e ai due lati, a guisa di incassatura. Sotto i lastroni inferiori, a qualche centimetro di profondità, v’era come un letto di terra biancastra; alil'estremità corrispondente al capo e intorno ad esso, per 15 o 20 cm., si sovrapponeva alla [p. 378 modifica]terra bianca una polvere carboniosa, che mi sembrò il residuo di un’abbondante capigliatura. Accanto al cranio, v’era un corno di giovane cervo, in cui non si vede traccia di lavorazione; a lato dello stesso cranio, si raccolsero vari pezzi d'ocra rossa, originariamente contenuti in un vaso, ed una piccola accetta di giadaite, e sul torace, una grossa zanna di cinghiale, alla cui estremità radicale sono praticati due fori (fig. 96).

Lo scheletro appartiene ad un individuo adulto, di sesso mascolino, la cui statura è un po’ inferiore alla media. Il cranio è piccolo, dolicocefalo, schiacciato lateralmente, allargato nella regione posteriore, basso ed angusto nella frontale; la sua circonferenza massima è di millimetri 510, il diametro longitudinale, fra la sommità della sutura nasale e la protuberanza occipitale, è di mm. 172, il diametro bitemporale raggiunge appena i 118 mm. L’indice cefalico è perciò 62,79 e attesta spiccatissima dolicocefalia. Le mascelle mancano, in parte, dei loro denti, ed alcuni dei superstiti sono cariati. La mandibola inferiore ha la porzione ascendente collocata in posizione assai obliqua, e la prominenza del mento ben spiccata.

Il detto scheletro, esumato nei primi scavi ed ora conservato nella raccolta del Museo civico di Genova, presenta un sacro con 5 false vertebre invece di 4, saldate insieme e con 5 fori invece dei 4 che vi si si trovano normalmente. Secondo le osservazioni del Prof. Raimondi, la falsa vertebra sopranumeraria si aggiunse in basso « per assimilazione della prima vertebra cocclgea »; e tale unione avvenne «non solo pel corpo, ma anche bilateralmente per anomalo sviluppo dei processi trasversi, saldati ad anello osseo semplice col pezzo ultimo del sacro, sostituendo così un quinto foro alla normale incisura sacrococcigea ».

La tomba aperta dai signori Brown e Brooke, presso la sopradescritta, non ricettava che uno scheletro di [p. 379 modifica]colo bambino, le cui mandibole presentano un molare ed un premolare per lato. Questo scheletro non era difeso da lastre di pietra e non si osservarono accanto ad esso che cocci, conchiglie ed ossa di mammiferi.


Fig. 96. Ornamento atto con una zanna di cinghiale, della caverna delle Arene Candide; 2/3, della grand, nat.

Il primo dei tre scheletri scoperti dal R. D. Perrando giaceva presso a poco nel mezzo della cavità orientale, quasi a contatto della roccia viva che forma il fondo della grotta, sotto una spessezza di m. 2.20 di terriccio ed apparteneva ad un bambino lattante. Mancavano le solite pietre, e non si raccolsero nelle vicinanze che ossa e cocci di poco interesse.

Il secondo scheletro, che fu quasi completamente conservato, apparteneva ad un fanciullo di 7 a 8 anni e riposava alla profondità di m. 1.70, sempre nella parte orientale del sotterraneo, ma un po’ più addentro del primo; sul suo cranio si osservano le tracce di una frattura anteriore alla morte.

La terza tomba si scoprì nella parte media, presso la parete che sta di contro alla più ampia apertura. Essa era limitata da otto lastre di pietra e dava ricetto alle ossa di un vecchio, presso le quali giaceva un coccio con graffiti. Le due braccia del morto, congiunte sul torace, sostenevano una grossa pietra. Lo scheletro [p. 380 modifica]venuto in questa tomba si distingue pel cranio straordinariamente sviluppato nel senso longitudinale (misura 194 mm. nel diametro antero-posteriore e soli 155 nel trasversale) e munito di rilievi sopra orbitali assai maggiori del consueto. Sopra i detti rilievi, ed anche un po’ ai due lati, esso presenta una larga zona colorata irregolarmente di rosso mattone, da una sostanza granosa e polverosa, cementata da concrezioni calcari. Si tratta sicuramente di ocra, di cui era tinta la fronte del cadavere all’epoca del seppellimento.

Barrili descrive presso a poco in questi termini il sepolcro da lui trovato: « Lo scheletro è di persona giovane e mostrava le braccia composte in atteggiamento di chi dorme, il destro ripiegato intorno al capo, il sinistro sul petto, mentre il torace e la faccia erano leggermente voltati da tramontana verso la parete del masso. Intorno alla persona e di sotto erano alcuni lastroni; un altro era collocato sopra e ricopriva appena la regione lombare. Entro quella rozza sepoltura, si trovarono conchiglie in buon dato, quali bucate, quali a dirittura foggiate in cerchietti, ossa lavorate, uno scalpello di pietra verde e uno stranissimo arnese di giadeite, del quale non è ben certo l'uso se d'arma ovverosia d’ornamento8 ».

«  Negli strati superiori alla tomba si rinvennero ossa e denti d’animali diversi, tra i quali è riconosciuto il cinghiale, avanzi di stoviglie dalle più rozze alle più aggraziate, ma senza vernice né tracce di graffiti. Uno di questi cocci, e appunto il piede di un’anfora, fu pure ritrovato presso lo scheletro, sotto il cui cranio era un modesto ciottolo di spiaggia marina. Neanche qui mancava l'ocra per tingere che fu anzi ritrovata in quantità piuttosto singolare ». [p. 381 modifica]Aggiungerò che lo scheletro, notevole per le sue esigue proporzioni, è adulto e probabilmente di sesso femmineo. Il suo cranio, assai piccolo, dolicocefalo e allargato posteriormente, misura 169 mm. nel diametro antero-posteriore, 115 nel bitemporale, 485 nella circonferenza massima. La sua faccia è meno larga che negli altri individui della stessa provenienza. Le mascelle portano tutti i loro denti che sono sani; la mandibola inferiore offre, tra il corpo e il ramo ascendente, un angolo molto aperto; l'apofisi coronoide è breve ed acuta.

Tombe scoperte posteriormente. — Descriverò per sommi capi le tombe scoperte da me nel 1876, distinguendo ciascuna di esse con un numero progressivo, che corrisponde all’ordine del ritrovamento.

N.° 1. Quella che ho contrassegnata col numero 1 era collocata nella parte media della caverna, ove è più bassa e ristretta, di contro all'apertura maggiore, a circa 3 m. di distanza dalla medesima. Essa trovavasi sotto il secondo strato del deposito archeologico, ad 80 cm. di profondità, ed era limitata, come quasi tutte le altre, da lastroni di pietra greggia, disposti in guisa da formare una specie d’incassatura. Lo scheletro cui dava ricetto era di adulto e, per quanto credo, di sesso maschile. Il suo cranio, quantunque schiacciato dal peso di un grosso lastrone di pietra, si raccolse quasi intiero, cioè mancante solo di una parte della regione occipitale; si salvarono poi le scapole, le clavicole, un omero, un radio e un’ulna, le articolazioni del secondo omero, le rotule, il calcaneo e l’astragalo di ciascun piede ed alcune ossa minori delle mani e dei piedi. Si estrassero inoltre pochi pezzi della colonna vertebrale, alcune coste e scarsi frammenti del bacino. Tutte queste ossa sono assai alterate dal tempo e dall'umidità e si sbriciolano sotto la minima pressione. Alcune, massime il cranio, sembrano aver sofferto l’azione del fuoco. [p. 382 modifica]Lo scheletro era raccolto in piccolo spazio e tutto scomposto dalla caduta delle pietre destinate a difenderlo, permodochè non si può accertare qual fosse la sua posizione originaria.

Nella terra che copriva la tomba furono trovati moltissimi gusci di patelle e d’altri molluschi eduli, ossa lunghe di ruminanti, cotte e spezzate, e un’ascia di pietra verde. Accanto allo scheletro, vi erano pure un fondo di vaso non tornito, con altri cocci di terra cotta, e vari pezzi d’ocra rossa che originariamente erano contenuti in un vaso.

Quantunque io non mi sia proposto qui di descrivere, dal punto di vista antropologico, gli scheletri disseppelliti nella caverna, mi pare opportuno di indicare in breve alcuni dei loro caratteri più spiccati. In quello della tomba numero i si vede chiaramente che il cranio è assai lungo, in confronto alla larghezza, alquanto sviluppato posteriormente, basso e depresso nella regione frontale. La faccia è alta, stretta ed assai prognata, estendendosi il prognatismo alla regione dentale. Le occhiaie sono quadre e quasi disposte lungo una linea orizzontale. I denti sono piuttosto grossi, sani e generalmente stipati; si osservano però piccole lacune fra il canino superiore di ciascuna parte e i denti più prossimi. Gli incisivi sono larghi, lunghi e foggiati a scalpello, i canini aguzzi. La volta palatale è stretta e lunga. 11 mento si presenta d’insolita altezza e mediocremente prominente. Il braccio ascendente della mandibola inferiore forma col ramo orizzontale un angolo più aperto del consueto. L’apofisi coronoide è breve ed appuntata. Le ossa delle estremità sono piuttosto sottili, comparativamente alle dimensioni del cranio. L’omero si distingue per la sua gracilità ed ha la parete della fossa olecranica assottigliata, ma non perforata.

L’individuo cui appartenevano le reliquie ora descritte aveva appena raggiunto i 25 anni quando fu sepolto; [p. 383 modifica]infatti, i suoi denti sono appena logori e gli ultimi molari, quantunque già formati nell* interno dell’osso mascellare, non sporgono ancora fuori di esso.

N.° 2. Questa tomba era situata a poca distanza dalla prima, un po’ più a ponente, e alla medesima profondità.

Sotto le solite pietre, si trovò uno scheletro adulto, di sesso maschile, in perfetto stato di conservazione e quasi completo, mancando solamente di alcune ossa minori dei piedi e delle mani.

Il cranio è dolicocefalo e sviluppato posteriormente, colla regione frontale un po’ angusta e le arcate sopraccigliari piuttosto sporgenti, massime nella parte mediana della fronte. La sua sutura fronto-parietale è parzialmente ossificata. Le orbite sono quadrate, profonde, poco oblique; la sporgenza nasale è assai pronunziata; zigomi prominenti. In complesso, la faccia offre un lieve prognatismo. Mancano tutti i denti della mandibola superiore e gli alveoli dei molari sono obliterati per vecchiaia.

La mandibola inferiore ha l’arco stretto e quasi angoloso; il mento è quadrato e sporgente. Il ramo ascendente della mascella è perpendicolare al ramo orizzontale. L’apofisi coronoide è spessa, larga ed arrotondata. 1 condili sembrano assai robusti. I denti di questa mandibola sono tutti a posto, ma assai logori, e in gran parte cariati. Il piano di logoramento è orizzontale.

Gli omeri, grossi, quasi diritti, a superficie scabre, hanno la fossa olecranica non perforata; le clavicole sono assai torte e grosse. 1 femori, esageratamente sviluppati ed un po’ arcuati, hanno il collo breve e la fossa digitale profonda e stretta; il loro margine posteriore offre i due rilievi della linea aspra straordinariamente salienti.

La cavità del bacino è ampia ed assai svasata superiormente; le tuberosità ischiatiche sono singolarmente grosse e robuste, con scabrezze più risentite del consueto. [p. 384 modifica]Tutte le ossa summentovate sono ancora in ottimo stato e non portano tracce dell’azione del fuoco. Esse appartengono ad un individuo d’alta statura e di robustezza non comune, il quale morì in età assai avanzata.

Lo scheletro era adagiato sopra un fianco, colle ginocchia un po' piegate e la mano sinistra collocata sotto la testa. Intorno ad esso, si trovarono: pezzi* d’ocra rossa, numerosi ossami di mammiferi, per lo più cotti ed infranti, gusci di patelle, di monodonte, di ostriche, valve di Pectunculus artificialmente forate per servir d’ornamento, un grosso punteruolo d'osso, una lama d'osso appuntata che è forse un pugnale, varie punte di freccia o di giavellotto parimente d’osso, molti cocci di stoviglie, un vasetto fittile, quasi intiero, di pasta bruna e fina, di forma ovale, a fondo piatto, a pareti sottili, il quale conteneva una certa quantità di terra bruna, sparsa di particelle carboniose, verosimilmente avanzi di cibo. Ma l’oggetto più interessante, fra quelli che facevano corona al morto, è indubbiamente una piccola e sottile accetta di giadeite, raccolta a destra dello scheletro, presso il capo.

N.° 3. Fu scoperta a levante della tomba numero 1, un po' più verso il fondo della caverna, ad una profondità di poco maggiore delle precedenti. Essa era circoscritta, secondo il consueto, da cinque o sei lastroni di calcare, disposti ai due lati dello scheletro e al di sopra di esso; la sola parte anteriore del corpo era però difesa da quelle pietre. Vi si trovò uno scheletro umano di sesso maschile, ben conservato e completo, se si faccia astrazione dalla mancanza di qualcuna delle ossa minori. Esso riposava coricato sul fianco sinistro, colla mano sinistra sotto il capo e coll'altra protesa e in alto. Le sue ginocchia erano piegate e le due tibie avvicinate.

Il cranio di questo scheletro è pur dolicocefalo, ma meno allargato posteriormente degli altri già menzionati; [p. 385 modifica]la sua sutura sagittale è già ossificata; le altre sembrano meno frastagliate che d’ordinario. La regione frontale apparisce stretta, fuggente; le arcate sopraorbitali sono poco prominenti alla periferia, ma si rialzano alquanto sopra la radice del naso. La faccia è assai larga, non prognata ed offre zigomi robusti ed assai sporgenti. Le mandibole portano tutti i loro denti, i quali sono logorati orizzontalmente; uno dei molari superiori è cariato. La mandibola inferiore, piuttosto alta, offre il mento sporgentissimo; la sua parte ascendente è verticale, coll'apofisi coronoide lunga, sottile, un pò' appuntata.

Le vertebre sono in numero di 25, essendovene una sopranumeraria, che appartiene alla serie dorsale.

I caratteri delle ossa lunghe corrispondono a quanto fu avvertito nello scheletro della tomba N.° 2. Peraltro, nel femore 1 rilievi del margine posteriore sono un po’ meno sensibili.

Sulle vertebre cervicali raccolsi tre canini di lupo, uno grosso, in mezzo, e due piccoli lateralmente. A 30 cm. circa dalla mano destra, trovai una accetta di pietra verde. Non mancavano sopra la tomba e ai due lati: ossa spaccate, cocci, pezzi d’ocra e conchiglie.

N.° 4. La tomba distinta con questo numero d’ordine fu scoperta a levante e in vicinanza di quella cui assegnai il N.° 1, cioè presso l’apertura maggiore della grotta; giaceva a circa 1 m. di profondità. Lo scheletro che racchiudeva appartiene ad un individuo di sesso maschile, che morì in età assai avanzata. Alcune delle sue ossa, essendo fragilissime, ebbero a soffrire qualche danno, allorché furono estratte; tuttavolta si conservano per la massima parte.

II cranio è assai allungato e notevolmente sviluppato alla parte posteriore, a un dipresso come nello scheletro, della tomba N.° 2. La sua sutura fronto-parietale è [p. 386 modifica]ficata, la sagittale e la lambdoidea sono ancora ben visibìli. La regione frontale è mediocremente elevata ed offre le ossa nasali assai prominenti. La faccia, piuttosto larga, presenta un lieve prognatismo; il quale si fa più manifesto nella regione dentale. I denti, assai logori, attestano la vecchiaia dell'individuo. Gli incisivi medi superiori sono piuttosto distanti fra loro. Nella mandibola superiore, mancano due molari del lato destro e l'alveolo di uno fra essi è già obliterato; tre molari e un premolare superstiti sono più o meno cariati. Nella mandibola inferiore sussistono tutti i denti, tra i quali gli incisivi e i canini sono assai alti, impiantati verticalmente e distanti fra loro.

La regione basale del cranio è incompleta per la mancanza di parte dei temporali, dell’occipitale e dello sfenoide. Di queste ossa si conservano però molti frammenti staccati.

La mandibola inferiore è alta ed ha il ramo ascendente quasi verticale, coll'apofisi coronoide poco estesa e di forma un po’ uncinata. Il mento è quadro ed assai sporgente.

Le altre ossa dello scheletro sono in generale sottili e brevi; e ciò mi fa credere che la statura dell’individuo fosse inferiore alla media. L’omero sinistro ha la fossa olecranica perforata. I femori sono un po’ arcuati, carenati posteriormente e ruvidissimi; le tibie assai appiattite.

La tomba ora descritta conteneva, oltre alle ossa di mammiferi, ai cocci e alle patelle, un Conus Mediterraneus forato, due punte di freccia d’osso ed una scheggia di selce.

Lo scheletro giaceva nella posizione consueta, cioè adagiato sul fianco sinistro, con una mano sotto il capo, le ginocchia piegate e i piedi volti verso il mare.

N.° 5. Questa tomba era collocata a capo della precedente, cioè più vicina alla parete settentrionale della grotta, ad una profondità poco maggiore di un metro. Essa conteneva uno scheletro d’individuo giovane, di sesso femmineo, il quale è disgraziatamente incompleto. [p. 387 modifica]Del capo rimangono l'occipitale, i due parietali, i temporali, qualche pezzo di frontale, il mascellare superiore; ma queste ossa sono quasi tutte rotte e scomposte. La colonna vertebrale, il torace e il bacino sono quasi completi. Delle ossa degli arti mancano pezzi dei cubiti e dei radi ed alcune parti delle mani e dei piedi. Da quanto si conserva del cranio, sembra che differisse dagli altri summentovati per essere meno sviluppato posteriormente e per avere l’occipite meno turgido. I denti della mandibola superstite sono sani e bianchi, e dall’esame di questi apparisce che l’individuo aveva 12 o 14 anni appena, poichè provvisto di dentizione permanente e i suoi secondi molari, già formati nei rispettivi alveoli, non erano ancora venuti alla luce.

La posizione originaria del morto non si potè determinare, essendo le ossa, almeno in gran parte, spostate dai movimenti del suolo e sconvolte da uno scavo anteriore.

Molte conchiglie ed un raschietto di silice accompagnavano questo scheletro. Le sue ossa lunghe sono sottili, minute, liscie; e da tali caratteri, come pure dalla forma del foro occipitale e dall’ampiezza della pelvi, si può argomentare che appartenesse ad una femmina. Il loro colore uniformemente rossastro potrebbe dipendere da ocra in polvere sparsa nella fossa.

N.i 6 e 7. Queste tombe si rinvennero a 30 centimetri di profondità a fianco Tuna dell’altra, a levante del N.° 5, un po’ più internamente nella spelonca. Esse non erano difese da lapidi e contenevano le reliquie di due bambini, già assai alterate dal contatto del terriccio umido. Nello scheletro della tomba N.° 6 manca interamente la cassa craniense e si conservano i mascellari superiori, la mandibola inferiore, alcune vertebre, i pezzi principali del bacino e della cassa toracica, nonchè quasi tutte le ossa lunghe. Tali avanzi sono guasti, corrosi, fragilissimi [p. 388 modifica]e sembrano avere subito in qualche punto l'azione del fuoco. Così dalla dimensione delle ossa, come dal numero e dalla disposizione dei denti, si può argomentare che appartenessero ad un bambino di 4 a 5 anni; infatti, dal mascellare inferiore non sporge ancora fuori il primo molare permanente, il quale già sussiste però entro l’alveolo.

Lo scheletro della tomba N.° 7, comprende la massima parte del cranio, in frammenti assai alterati, le due mandibole, quasi tutte le ossa delle estremità ed alcuni pezzi della colonna vertebrale, della cassa toracica e del bacino. Questi avanzi sono ridotti a tal condizione che mal si prestano a qualsiasi misura o confronto. Rispetto all’età dell'individuo, credo poterla comprendere fra cinque e sei anni, perchè già si osservano nel mascellare inferiore il primo molare permanente, ben formato nel suo alveolo, mentre gli incisivi decidui non sono ancora surrogati.

Intorno ai due scheletri abbondavano ossa di mammiferi e conchiglie; fra queste si raccolsero alcune Columbella rustica (specie il cui mollusco non è mangereccio). In fatto di utensili, non si trassero dalle due tombe che un coltellino di piromaca, rotto, ed una scheggia di pietra verde.

Il D.’ A. Incoronato, il quale ebbe a studiare i sette scheletri umani testè enumerati diede una tabella di misure (da me recata in appendice) ottenute sui quattro che sono in migliore stato di conservazione. Egli osserva che i loro caratteri anatomici non trovano riscontro in alcuno dei popoli ora viventi in Italia. La statura loro non vantaggiosa, la sproporzione degli arti, specialmente nei rapporti fra il braccio e l'avambraccio, richiamano alla mente, secondo questo autore, il tipo negroide (i). [p. 389 modifica]Scheletri umani raccolti dal Prof. Morelli. — Mi farò ora a descrivere sommariamente i due scheletri umani d’individui adulti rinvenuti nella caverna delle Arene Candide dal Prof. N. Morelli, scheletri in perfetto stato di conservazione, che figurano tra le raccolte del Museo geologico di Genova, cui furono ceduti dal raccoglitore. Premetto che giacevano in tombe a lastre analoghe alle sopradescritte. N.° 1. È notevole per le sue dimensioni, per la robustezza delle ossa, per le inserzioni muscolari ruvide e scabre. Il suo teschio sembra corrispondente al tipo ellissoide piano di Sergi 9. Esso apparisce spiccatamente asimmetrico pel maggiore sviluppo del lato sinistro rispetto al destro.

Seguono alcune delle principali misure:

    Diametro antero-posteriore.... mm. 176
    Diametro trasversale massimo... > 133
    Circonferenza orizzontale > 510
    Altezza totale della faccia > 210
    Larghezza massima della faccia, fra le
    sporgenze delle arcate zigom... > 130

La relazione che intercede fra i diametri antero-posteriore e trasversale conduce ad un indice cefalico di 76,1, in virtù del quale il cranio può essere compreso fra i sottodolicocefali (fig. 97). Altre particolarità consistono in ciò che le ossa frontali sono poco salienti e che la prominenza sopraorbitale è continua ed alquanto spianata. Le suture fronto-parietale e sagittale sono poco frastagliate e in parte ossificate, la prima però più della seconda; la sutura squamosa è aperta. La faccia, singolarmente alta, offre spiccato prognatismo dei mascellari superiori (fig. 98, 99). [p. 390 modifica]I denti, impiantati quasi verticalmente, hanno corona presso a poco spianata, e sono più distanti fra loro che non nei casi normali (è specialmente notevole la distanza fra i canini e i premolari); mancano gli ultimi molari delle due mascelle. Parecchi denti sono cariati.

Fig’97Fig.

98.

Fig. 99,

Cranio dello scheletro umano N.° 1 raccolto da N. Morelli nella caverna delle Arene Candide (Museo geol. di Genova).


Nello scheletro assile il corpo delle prime vertebre lombari, anchilosate, presenta escrescenze ossee marginali. [p. 391 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/397 [p. 392 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/398 [p. 393 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/399 [p. 394 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/400 [p. 395 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/401 [p. 396 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/402 [p. 397 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/403 [p. 398 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/404 [p. 399 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/405 [p. 400 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/406 [p. 401 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/407 [p. 402 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/408 [p. 403 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/409 [p. 404 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/410 [p. 405 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/411 [p. 406 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/412 [p. 407 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/413 [p. 408 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/414 [p. 409 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/415 [p. 410 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/416 [p. 411 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/417 [p. 412 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/418 [p. 413 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/419 [p. 414 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/420 [p. 415 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/421 [p. 416 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/422 [p. 417 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/423 [p. 418 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/424 [p. 419 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/425 [p. 420 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/426 [p. 421 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/427 [p. 422 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/428 [p. 423 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/429 [p. 424 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/430 [p. 425 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/431 [p. 426 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/432 [p. 427 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/433 [p. 428 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/434 [p. 429 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/435 [p. 430 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/436 [p. 431 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/437 [p. 432 modifica]signor Rossi mise allo scoperto una tomba conforme a quelle già descritte, la quale conteneva uno scheletro di adulto insieme agli oggetti seguenti:

a) Un coltellino siliceo.
b) Una piastrella d’osso.
c) Un pendaglio tratto dalla porzione apicale di una valva di Pinna, forata nella parte più larga.
d) Un frammento di grosso Pectunculus.

In complesso gli scheletri umani integri estratti dall’ossario sono almeno in numero di 20; mentre le ossa isolate, fra le quali alcuni teschi, rappresentano, secondo un computo approssimativo, altri 10 individui.

Caverna di Galuzzo.


Questa, detta in vernacolo Tana di Galuzzo (o di Galluzzo), si apre a circa un chilometro dalla stazione di Borgio Verezzi, verso levante, presso una fornace da calce. La sua apertura, larga 26 m. e bassa, si trova a pochi metri d altitudine sul livello del mare e a circa 120 m. di distanza dal battente di esso. L’apertura stessa è acclusa nella cinta di un orto, in mezzo al quale sorge la villetta del dottor Bracale.

La caverna consiste in una cavità principale, che misura m. 37.50 nella maggior dimensione, da S.E. a N.O., e 11 di larghezza media, da N.E. a S.O., con due propaggini principali, collocate nel senso della larghezza, l'una maggiore all’estremità S. E., l’altra minore all’estremità opposta. Un muro a secco, nella parte media, provvisto di un’apertura a mo’ di porta, divide la cavità nel senso della larghezza in due parti disuguali, l'una anteriore piuttosto ampia, l’altra posteriore meno estesa. A questa appartengono le due propaggini anzidette.

La volta della caverna presenta qualche stalattite soltanto nelle parti più profonde, nel rimanente mostra a [p. 433 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/439 [p. 434 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/440 [p. 435 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/441 [p. 436 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/442 [p. 437 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/443 [p. 438 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/444 [p. 439 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/445 [p. 440 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/446 [p. 441 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/447 [p. 442 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/448 [p. 443 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/449 [p. 444 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/450 [p. 445 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/451 [p. 446 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/452 [p. 447 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/453 [p. 448 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/454 [p. 449 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/455 [p. 450 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/456 [p. 451 modifica]Pagina:Liguria preistorica.djvu/457

  1. Questo calcare fornisce il pregiato materiale decorativo e da costruzione detto pietra di Finale o di Verezzi.
  2. La grotta era altra volta conosciuta nel paese sotto il nome di Armassa di poi, verso il 1862, due frati domenicani essendosi smarriti nel laberinto (d’onde furono tratti, dopo parecchie ore d’angustie, per opera di persone accorse a rintracciarli), fu detta anche Grotta dei Frati.
  3. In seguito ai profondi scavi compiuti nella caverna, le sue forme e dimensioni appariscono ora alquanto diverse
  4. Nelle cavità più remote della grotta si raccolsero il coleottero cavernicolo Macharites Vacca e l'aracnide Chthonius Gestroi.
  5. Nella parte orientale, posteriormente esplorata, la spessezza del deposito si trovò un po’ maggiore.
  6. Nella figura 95 i punti ove trovai le prime ossa umane isolate sono indicati con alcune lineette.
  7. Resti organici rinvenuti nella caverna delle Arene Candide. Atti della Soc. Ligustica di Sc. nat. e geog., vol. I. Genova, 1889 — Iconografia della Preistoria Ligustica. Genova, 1900.
  8. È un frammento di testa di mazza rappresentato nella fìg. 22, pag. 67.
  9. Arii ed Italici, pag. 112, fig. 25.