La Donna e i suoi rapporti sociali/Alle giovani donne
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Alle Giovani Donne
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La revisione del Codice Civile italiano per opera del Parlamento nazionale mi poneva fra le mani un argomento — La donna, per vieto costume esclusa dai consigli delle nazioni, ha sempre subito la legge senza concorrere a farla, ha sempre colla sua proprietà e col suo lavoro contribuito alla pubblica bisogna, e sempre senza compenso.
Per lei le imposte, ma non per lei l’istruzione; per lei i sacrifica, ma non per lei gl’impieghi; per lei la severa virtù, ma non per lei gli onori; per lei la concorrenza alle spese nella famiglia, ma non per lei neppur il possesso di sè medesima; per lei la capacità che la fa punire, ma non per lei la capacità che la fa indipendente; forte abbastanza per essere oppressa sotto un cumulo di penosi doveri, abbastanza debole per non poter reggersi da sè stessa.
Ora, se la donna è impossibilitata dalle vigenti istituzioni a rivendicare il suo diritto in quel parlamento che, in qualità di rappresentanza nazionale, tutta dovrebbe rappresentar la nazione ne’ suoi indispensabili e reali elementi, essa tenta almeno di farlo per quella via che non le può essere preclusa, per quella cioè della stampa; e possa la sua voce, che chiede uguaglianza vera di tutti i cittadini innanzi alla legge, esser raccolta colà dove il solenne mandato dalla, nazione impone ogni equità e ogni giustizia.
Strappare all’oscurantismo uno de' suoi più poderosi elementi, generalizzare l’istruzione donde un, potente incremento alle libere istituzioni, creare un nuovo impulso alle scienze ed alle arti, duplicare le forze della nazione duplicando il numero de’ suoi cittadini e raccogliendo tutti gl’interessi nel raggiungimento di un unico scopo, crearsi fama di illuminato. e generoso sopra ogni popolo civile, ecco i vantaggi che debbono naturalmente scaturire dalla redenzione della donna nella nostra Italia.
Se non che prevedo l'obiezione, che mi può esser fatta anche da qualche amico generoso della redenzione femminile; che cioè in mano all’ignorante ed al pregiudicato potrebbe assai facilmente servire il diritto ad uccidere il diritto; che pur troppo al dì che corre, subendo la donna le antiche influenze, e nè potendo d’un tratto diradarsi dinnanzi gli occhi la fitta tenebrìa di sessanta secoli, essa finirebbe o per non comprendere il suo diritto e trascurarlo o, che peggio è, per mal applicarlo, non altrimenti che un coltello, utilissimo arnese in mano al savio ed all’adulto, si fa pericoloso e funesto fra mani al bambino od al mentecatto.
Nulla di più vero, e di più giusto in verità,’ che siffatto timore; laonde evo considerando risolsi di rivolgere a voi, giovani donne, il mio libro, e parlare a voi dei vostri doveri prima, poscia dei vostri diritti, nè passerò a parlar di questi, se non quando mi lusingherò di avervi a sufficenza provato che il diritto sul dovere si fonda, non altro quello essendo che lo strumento col quale questo si compie. Ognun vede e sa, che potente ed efficace si è destato il bisogno d’istruzione nella donna in questo quinquennio di libera vita. Ognun vide l’entusiasmo che la donna italiana portò nel patrio risorgimento, la devozione sua agli interessi nazionali, i sacrifica che lieta compì sull’altare dei patrii bisogni.
Se ciò tutto non rivela massima intelligenza della pubblica cosa; se l’avere scossa l’inconscia pace dell ignoranza; se il suo caldo parteggiare per cose, per individui o per principii, non prova ampiamente in lei sazietà della vieta apatia, e bisogno supremo di nuova vita, di più libera atmosfera e di più ampio orizzonte; se ciò non è, dico, allora noi assistiamo ad un fenomeno che non ha ragione d’essere, epperò non possibile soluzione.
Negare olla donna una completa riforma nella sua educazione, negarle più ampii confini alla istruzione, negarle un lavoro, negarle una esistenza nella città, una vita nella nazione, una importanza nella opinione non è ormai più cosa possibile; e gli interessi ostili al suo risorgimento potranno bensì ritardarlo con una lotta ingenerosa, ma non mai impedirlo.
Ma ogni ragione e l’esperienza di tutti i secoli prova che l’iniziativa d’ogni redenzione incombe all’oppresso medesimo; epperò è duopo, studii la donna il suo terreno, e sciolgasi prima ad un tratto da ogni influenza che tenti piegarla e formarla ad interessi non suoi; ed ecco ragion per cui io tento riscattarla dai vieti principii d’una morale relativa per sostituirvi una morale assoluta, che non già sè stessa, ma le sole forme sue modifica in faccia ai rapporti.
E tanto più credo doversi la donna formare ai severi principii dell’elica, in, quanto che, per la natura delle nostre istituzioni, ella è costretta sottoscrivere a tutte le dottrine, leggi ed opinioni che vengano dall’uomo esposte, promulgate o diffuse, le siano, o no, utili e giovevoli; laonde a riscattarla da siffatta servitù dello spirito, nulla vidi di meglio a farsi, che convincerla della sua morale potenza, dell’altissimo fine cui è missionata, dei doveri e dei diritti che le creano d’intorno i molteplici rapporti.
Se non che, nello imprendere questo lavoro, nel caricar le spalle di questo arduo incarico, sentomi travagliare da mortai peritanza; e come queste incertezze valermi possono compatimento ed indulgenza appo le gentili creature a cui la mia fatica è consacrata, voglio tutte porle in luce e vantaggiare così la posizione mia nei cuori vostri, o leggitrici, mostrandovi le difficoltà incontrate nel cammino che, in vista d’un possibile utile vostro, mi son incuorata a percorrere.
Le leggi della morale scritte nei cuori nostri, e dalla ragione ogni dì più potentemente affermate e convalidate, stanno. E stanno indeclinabili, eterne, inconcusse in onta agli interessi, malgrado la debolezza, a dispetto delle passioni; e verso quelle s’indirizza ogni filosofia, che si proponga l’uomo e l’umanità guidare alla possibile perfettibilità. E della morale scrissero con ogni tema e Con ogni forma migliaia di scrittori, e le Sue leggi svolsero in ogni modo, ora con piana e facile allocuzione per l’età adolescente, ora con sublime potenza di raziocinio, e vastità di concetto, furono fatte argomento alle profonde investigazioni della filosofia.
Mi si apriva adunque dinanzi un terreno ben battuto ed investigato da fini osservatori, e da valentissime penne trattato; e certo fatica molta non valeva di lavorare per aggiungere il peggio al meglio; e quand’anco non una misera intelligenza siccome la mia, ma un altissimo intelletto si fosse l’impegno assunto di percorrere di nuovo quella via, sarebbe pur sempre stato a mio credere superfluo lo ripetere ciò, che già in mille guise fu detto, lo illustrare ciò, che è già sì ricco d'illustrazione, e discutere di ciò, che tutte le opinioni già trova unanimi e concordi.
D’altronde l’occhio a voi rivolgendo, lettrici mie, trovavo quantità di scrittori, che a voi consacrarono le penne ed i temi, e voi fecero argomento e le vostre doti, e la potenza vostra, e perfino le vostre fralezze, a lavori d’ogni genere, d’ogni forma, d’ogni portata; così che sarebbe impossibile darvi encomii più lusinghieri, e biasimi più indiscreti, nè mostrar di voi maggiore stima, nè di peggior dispregio caricarvi; e neppure alcun che di nuovo insegnarvi; poi che da oratori d’ogni colore e pensamento vi si diresse la parola e l'insegnamento.
E chi vi volle educate a passività assoluta e v'insegnò dover essere voi siccome cencio pieghevole, oggetto da strappazzo nelle mani di chi poteva e sapeva imporvi ogni sua voglia; e chi cinte di ferro il seno, e il volto ascoso dalla robusta celata d’un elmetto, vi cantò valorose nella lotta ed intrepide nel periglio; e chi, raccolte in lungo e fitto velo, inaccessibili a sguardo mortale, vi collocò fra il vestibolo e l’altare e, fra i vaporosi labirinti del misticismo, la perfezione vi additò nell’oblio di tutto e di tutti; e chi, dalla potenza dei vostri vezzi soggiogato, proclamò essere il fine della vostra mortale carriera la terra adornare e rallegrare col raggio della vostra bellezza, e la soavità del vostro sorriso, ed educate perciò vi vorrebbe a far somma stima di quella e ad avervi facile questo.
Ora, dove insuperabile difficoltà credeami incontrare fu là appunto dove m’ebbi lo intelletto illuminato ed addirizzato. Il cuor si solleva involontario alla vista del sommo egoismo, che la maggior parte informa di quei volumi, e l'ingiusto giudizio, che ovunque pesa sulla donna che, biasimata od encomiata, è insultata sempre, dacché come essere relativo è ovunque considerata, e non mai siccome portante in sè stessa lo intrinseco valore dall’intelligenza e dal sentimento costituito, indipendentemente dal sembrar dessa, o no, amabile e bella, dall’essere ella, o non essere, oggetto di delirii o d’entusiasmi.
Meditando meco stessa su cotal pregiudizio, attesi anzi tutto ad imporre silenzio alle passioni e ad esaminare freddamente, se per avventura, abbenchè falso, potesse alla donna tornar utile cotale opinione, e se da senno, dal curvar ella docile il collo al giogo di codesti esorbitanti giudizii, ne uscirebbe dessa più sviluppata d’intelletto, più solidamente informata a virtù, più potente nella sua influenza. Che se cotali conseguenze veduto avessi scaturire da quelle sconsolanti premesse, piegato avrei il capo riverente sotto la legge sovrana, che ci comanda il bene ad ogni costo.
Ma tale non fu lo risultato delle mie disquisizioni, e spontaneo sorse il desiderio di combattere quei sistemi e di collocare la donna, non più nel posto assegnatole dagli interessi e dalle passioni altrui, ma sibbene in quello dovuto, secondo giustizia, all’importanza dei mezzi di cui dispone, e della missione di cui natura e provvidenza l’hanno incaricata.
Ma aborrendo per natura dalla polemica pura che le passioni solleva e poco giova all'argomento; convinta che, più col fatto che colla parola si trionfa dei secolari pregiudizii se, come questo, basati su numerosi e forti interessi; desiderosa prima, e sovra tutto, d’esservi utile, persuasa che il conquisto del bene esige sforzo e violenza, ammaestrata dalla storia, che diritto ed importanza mai non si concedono gratuitamente, ma fa d’uopo conquistarseli; io mi rivolsi a voi, onde incoraggiarvi a tentare l’impresa; onde esortarvi a chiarire coi fatti quanto s’ingannino coloro, che bassamente di voi pensarono, che vi credettero incapaci di applicare lo innato ingegno a studii utili e severi, che crearono per Voi una morale relativa, la quale vi pieghi ad interessi speciali, che non altro sembrano vedere in voi d’amabile se non ciò che non è vostro ma dono gratuito della natura, che di ninna influenza vi credono potenti oltre quella che sui ciechi istinti si fonda; dottrine queste che non è duopo mostrarvi come al nulla vi riducano quando, per fatto di natura matrigna, o d’età, o di circostanze, cessate d’essere oggetto di passione e di simpatia.
È tanto basti per chiarirvi il punto mio di partenza — Il mio lavoro, siccome diretto attutile vostro materiale e morale, e tendendo ad affermare il vostro individualismo, era d’uopo cominciasse per mostrarvi quali siete e non attraverso alle lenti della opinione.
Dalle leggi eterne della morale all’infuori non v’ha arbitrato che pesi sulle umane azioni, il quale non sia continuamente modificato da circostanze di luogo, di tempo, di condizione e di persona, e capovolto affatto talora dai progressi della civiltà e dell’intelligenza. Un secolo fa, l’immortale Molière, colle sue Preziose Ridicole, faceva argomento al sarcasmo la dottrina femminile; ed il pubblico francese applaudiva freneticamente all’autore, all'opera, all'argomento; in oggi l’istruzione femminile ha avvanzato. Sovente la donna dirige al pubblico la parola, ed è volentieri sentita e spesso lodata — Ecco l’opinione,
È evidente che talune dovettero per prime affrontarla, ma siccome desse non gettavano il guanto che al pregiudizio, questo dovette pur far posto alla ragione. Negli scorsi secoli, in cui i più rinomati cavalieri spregiavano le lettere siccome studii imbelli e plebei (1) e si recavano a sommo vanto la incapacità di scrivere il nome proprio, una donna qualunque, del nostro secolo, sarebbe apparsa un mostro d’erudizione; e mentre agli uomini di quei tempi sarebbe stata intollerabile, per troppa dottrina, d’una donna ignorante de’ tempi nostri, gli uomini attuali non son certo, per quel che mi sembri, molto incomodati bench’ella sappia qualche cosa di più.
Dalle modificazioni che ’subisce la opinione pubblica, siccome in questa in tutte cose, ne inferisco necessità di avviare la donna a criterii men relativi, onde dall’oggi al domani ella non si trovi incompatibile colle nuove forme, che la civiltà impone alla morale.
E dico forme, poiché se Gallo Sulpizio, ai tempi della romana repubblica, potè dividersi dalla sposa perchè comparsa in pubblico senza velo, il che sembrò allora un insulto alla verecondia, questo fatto, nè poco tempo dopo sembrò tale in Roma stessa, nè sembrerebbe oggi alla pubblica coscienza; e se Egnazio Mecennio uccise sua moglie sull’istante per averla vista ber vino (contravvenendo alla legge di Romolo che lo vietava alla donna), eppure nè i giudici nè la opinione non gli fecero di simile esorbitanza nessun delitto, sarebbe in oggi una bizzarra eccentricità chi pretendesse sconvenire alla donna l’uso del vino; come rimarrà a perpetuità immorale e deplorevole spettacolo sì nell'uomo che nella donna la ebbrezza, che però in altri tempi fu alzata al grado di sacro rito e si procurò ad onorare la divinità (testimonio le romane Baccanti e le greche Menadi) e non la pagana solo, ma la cristiana altresì.
Informata la donna agli assiomi della morale, ed avvezza a scernere con sicurezza fra il bene ed il male, fra la forma e V ente, fra i consigli sussurratigli all’orecchio dagli interessi e dalle passioni, ed i precetti intransigibili del dovere, fra le più o meno logiche esigenze dell’opinione, e l’incrollabile coscienza dei principii, ella non sarà più facile pesca all’amo delle seduzioni, che amano nell’attuale civiltà (che ha bandito la brutale violenza) porsi in aguato dietro speciose dottrine, ed avvilupparsi fra i facili argomenti d’una relativa e compiacente morale.
Ed ecco in qual modo, sollevando la donna dall’opinione, intendo avviarla alla morale.
La religione fu sempre e dovunque potentissimo mezzo a dominare la donna, e sta bene; ma io vorrei che questo sentimento, ch’è in lei tanto sentito e dominante, non in mano altrui fosse, ma in sua mano; non diretto a farla schiava perpetua dell’altrui avviso, epperò dell’interesse altrui talora cieco strumento, ma sollievo le fosse e guida attraverso i delirii dell’umana mente e gli errori d’una peranco non adulta filosofia.
Gli è in vista di ciò che, partendo io dalla semplice ragione religiosa ad appagamento dello intelletto (dacchè voi a qualunque culto apparteniate siete in possesso delle religiose dottrine), più che della teoria, della pratica applicazione mi sollecito di questo nobilissimo fra i sentimenti dell’anima umana. Laonde non sopito e latente vorrei rimanesse in voi, oppure sterilmente espresso con atti esterni convenzionali che, per quanto moltiplicantisi, poco costano all’uomo, e meno onorano Iddio, siccome quelli che il loro pregio in sè stessi nom recano, ma portarvi debbono alla viriti, all'amore universale, all’operosità.
Considerando quindi la donna nella famiglia, e vedendocela ricca e forte di una potenza, che ha la sua segreta ragione nei cuori stessi di quelli che la circondano, eppure vedendo questa stessa potenza rinnegata dalle istituzioni, paralizzata dagli interessi, soffocata dallo abuso del muscolo, e dalla donna stessa sconosciuta e deprezzata per l'inscienza deplorevole del proprio valore, mi sorge spontaneo il voto, ch’ella si desti finalmente al sentimento dei propri mezzi, ed alla loro doverosa e lata applicazione. — Madre, vede passarsi fra le mani tutte le generazioni, sulle quali tutte ella possiede lo irrepugnabile vantaggio della prima educazione. Incalcolabili sono le conseguenze di questo fatto! l’uomo non giunge che assai difficilmente a sbarazzarsi dalle impressioni della prima infanzia. In quella età non sono già idee che si accatastano sopra idee, ma sensazioni che si aggiungono a sensazioni, cosichè le prime nozioni della vita possono chiamarsi vere incisioni, mentre inumerosi concetti, che attraversano la mente adulta, non sono che panorami. Da ciò ne deriva che, quando la donna farà sosta alba coscienza di sè, e saprà e vorrà applicare lo immensurabile potere del materno ascendente, e l’arte avrà appresa dello educare, le generazioni saranno quali essa le vorrà.
Nè meno potente è la donna sposa, quando le nuziali tede accese vengano dallo amore, massima potenza che abolisce e sopprime di fatto tutte le tirannidi escogitate dagli interessi, appoggiate dalle leggi, applicate dalla forza, e sottoscritte dalla debolezza, delle quali fu ed è dovunque e sempre, dal più al meno vittima la donna moglie. Non è che sotto la influenza dello amore, che risorgono i diritti della natura, e l’eguaglianza è ristabilita fra due esseri ambo d’intelligenza dotati e di sentimento, l’uno all'altro necessarii, l’un l’altro attraentisi. Epperò ogni interesse della donna, vuole, che fin quando i coniugali nodi retti non siano da più equi patti che quelli non sono dalle istituzioni nostre prescritti, ella non accetti che l’amore a mediatore del fatale contratto, senza di che, legata a perpetua servitù, sarà astretta a maledire ogni giorno le importabili catene. Che se l’amore avuto avrà pronubo al nodo, oh allora! non abbisogna di nessuna dottrina, di niun insegnamento. Egli solo ammaestra, egli rivela, egli compisce. Egli dona lo intuito dei secreti dell'altro, egli indovina ciò che sarà gradito, egli affronta il dolore, non paventa il sagri fido, non conosce querela, non ama il garrito, detesta la tirannia, e come fuoco sacro, che di continuo lavoro si nutre, abborre la inedia, ed all’utile, al meglio, alla felicità dell’oggetto suo, assiduamente si impiega.
Ottenuto il frutto dell’amore, tutta la morale vitalità della donna si riversi su quello, seguendo i procedimenti della natura, che quel mezzo a cotal fine preponeva.
Questo è il suo maggior campo d’azione, è questa la grave ed ardua missione sventuratamente finora sì sovente incompiuta, perchè argomento di serie meditazioni, d’assidue cure, d’eroiche abnegazioni, cose tutte però che, per quanto difficili, non sono altrimenti superiori alla sua potenza; tanto più s’ella voglia persuadersi, essere lo suo intelletto capace di molti lumi siccome il suo cuore sede di molto affetto.
E mi giunge opportuno lo dimostrare, come il solo istinto materno, se per avventura sia sufficiente provvidenza alle fisiche esigenze dell’uomo animale, certo è impotente a creare ed informare l’uomo morale, ed abbisognar perciò la madre di coltura e sapere a ben fare la prima educazione.
Ed eccomi perciò a considerar la donna in faccia alla scienza; a provarle come i fatti la dimostrano atto, a coltivarla, di quanto essa aumenti il suo morale valore, di qual felice emulazione la femminile coltura faccia punto il viril sesso con sempre maggiore incremento di civiltà; di quanta maggiore autorità si circondi il carattere materno, se allo affetto, che ispira, aggiunga riverenza e stima del solido intelletto; di quanta maggiore efficacia sulla prole siano ammaestramenti che, non di tradizionale meccanismo, ma di profonda sapienza si recano la impronta.
Ma la donna, costituita qual’è di vivace intelligenza e d’indole diffusiva, non ha esaurita nella cerchia angusta delle domestiche pareti la sua morale vitalità; epperò là non finiscono i suoi doveri.
Ovunque, con altrui vantaggio e proprio, applicare può le sue nobili facoltà l’essere morale, là egli trova tracciato un dovere. La inerzia dello spirito non è ammissibile; e sarà sempre sventura forzata, se volontaria, delitto.
Epperò eccomi ad indagare quale lavoro alla donna incomba in faccia alla società ad esserle utile elemento, e ad affermare in faccia a quella la sua importanza colla potenza del suo intervento, nello edificio civilizzatore elaboralo dai collettivi conati delle masse unitarie.
Aborrente da tutti gli estremi, ma imbevuta delle idee del mio secolo, che considerando nella donna la potente individualità, deve ad essere conseguente educarla ad occupare un posto più dignitoso che quello non sia da lei occupato fino ad oggi; credente fermamente che l’educazione e coltura della donna sia problema vitale per lei e per tutta quanta l’umanità; convinta che la donna, risollevata alla coscienza della sua nobilissima matura e dandosi pena di frugarsi in fondo al cuore, deve scoprirvi dei tesori d’amore, di persuasiva, di commiserazione, tutta una vita morale insomma non avvertita ancora, ed inesplorata; persuasa intimamente essere dover suo destarsi alla voce dell'umanità che la chiama, siccome potentissimo elemento, ad impiegarsi nel suo fatale lavoro, io mi rivolgo alla femminil gioventù e le predico incessantemente; no, non ti è lecito trascorrere oziando la vita alle feste, ai passeggi, in mezzo a mille bagatelle indegne di sciupar le ore d’un’anima intelligente, mentre tanto lavoro ferve intorno a te; no, non ti è lecito aggirarti smaniosa in cerca del riso e della gioia ad ogni costo, mentre la martoriata umanità si travaglia in un’angoscia intestina, e lagrime e sangue versa da mille pupille e da mille ferite, per l’egoismo dei pochi e l’ignoranza dei molti; no, non ti è lecito trarti in disparte, oziosa spettatrice degli affannosi conati dell’umanità verso il bene; che se il tuo dovere non senti, allora sentir dovrai le ineluttabili conseguenze del non averlo compiuto. Indarno cercherai la stima e l’affermazione della tua personalità, indarno tenterai rivendicare il naturale diritto e scuotere il giogo che ti grava ingeneroso il debole collo; tu stessa avrai affermata la tua impotenza morale, la intellettiva fragilità, la pusillanime natura, epperò la necessaria tutela, e la eterna servitù.
Oh si desti la donna al sentimento della propria missione, alla fede degli umani destini! dopo sessanta secoli di assenza morale, ella può tuttavia giungere in momento assai opportuno.
L’uomo ha quasi esaurito ogni sua risorsa. Egli ha fatto guerre, ha riportato vittorie, ha celebrato alla conquista ed abbruciò incensi alla gloria grondante sangue: ma poi s’avvide ch’egli era infelice; allora s’immerse nella meditazione, creò dei sistemi, li formolò, li applicò, indi li rifece, li corresse, e li tornò a fare; ma poi s’avvide che era infelice. Sorse il Cristo e gli sussurrò all’orecchio la segreta parola ch’era la soluzione del suo problema; ma egli non la comprese, laonde da cattiva interpretazione ne trasse pessima applicazione e s’avvide, ch’egli era ancora infelice. Allora egli escogitò una dottrina, che i tempi mostravano di facile applicazione, e quasi gli parve d’aver afferrata l’ultima parola della sua tesi; ella consisteva nel far felici i pochi di lumi, di potenza e dovizia, ed alle masse guarentire il benessere coll’inconscia ignoranza, siccome il gregge tripudia e saltella sul prato, insciente delle cesoie del tosatore e del coltello del beccaio; ma ben presto s’avvide, ch’egli era ancora infelice. E tornando sul cammino già fatto, egli ritrovò quella secreta parola sussurratagli all’orecchio dal Cristo, la raccolse, la meditò e la comprese; ma ecco la guerra degli interessi, i lamenti dello egoismo epulonico, i garriti del gaudente, la grave resistenza della massiccia ignoranza, tutti d’accordo a barricare lo generoso cammino del bene, il bel sentiero che alla sociale felicità conduce.
Si ha d’uopo del disinteresse, ci abbisogna dell’amore, dell’amore quasi infinito dell’umanità, ci occorre abnegazione e violenza, commiserazione e sacrificio; avanti dunque, avanti la donna! Ecco il suo giorno ed il suo lavoro. Vile, inutile, ed eternamente serva quella che si ritira!
La povertà, il dolore e l’ignoranza, ecco i tre pupilli che reclamano la sua tutela e la sua provvidenza. Non è ella cosa, che la donna ha già seco stessa convenuta, ch’ella deve trovarsi dovunque si soffre e si piange? La gioia corrompe, il dolore migliora; meschina ed illusa colei che fugge dal pianto per incontrare il riso, il riso cinico, il riso ad ogni costo; ella sconfessa la sua soave natura, ella rinuncia alla sua santa missione, ella perde ogni diritto all'amor dei mortali. Che farà di lei lo addolorato s’ella lo fugge? che ne farà il felice se già è felice senza di lei?
Il sacro suolo della patria reclama pur egli il suo culto dal cuor della donna.
Plutarco nelle sue Donne illustri, ci dimostra coll'irrefragabile eloquenza dei fatti, che le nazioni tutte, che vantano gloriose storie e magnanime tradizioni, ebbero delle madri infiammate di patrio amore e dei pubblici interessi tenere e sollecite.
Le prime lezioni, che l’uomo dalla donna riceve, tutte debbono indirizzarsi ad instillargli la religione della patria sempre, e vieppiù a tempi nostri, nei quali question di vita e di morte s’agita per molti paesi, e sovra tutto alla bella terra del sì, madre sublime, che al mondo partoriva in ogni tempo le più splendide individualità ed intere nazioni di eroi. Si offuschi davanti ai patrii interessi ogni egoismo di famiglia; e la donna che non sa gli affetti immolare sull’altare dove il genitore, ramante, il consorte, il fratello sacrificano la vita e versano il sangue, s’abbia pure il loro disprezzo; e indarno cerchi considerazione, indipendenza e diritti, a conservare i quali vuolsi la forte coscienza del bene anziché debolezza di passioni.
Ma no, la donna ha dato prove antiche e recenti di sentir vivamente la religione della patria; e mentre i nostri miti costumi la fanno de’ suoi nati tenerissima, pure mai non esitò ad immolare lo egoismo materno sull'altare dei palrii bisogni. Ed alla religione della patria la vedemmo anzi educarla quando, nell’intimo conversare, ella additava alla prole bambina lo straniero usurpatore, che le membra intepidivasi ai nostri focolari, ed insolente saliva e scendeva le nostre scale e le narrava gli sdegni paterni e gl’infelici recenti conati, ed allora
«Quello sdegno passava nei figli |
Nè vani furono questi ammaestramenti, che nell’infausto decennio della straniera oppressione, ogni madre alla prole insinuava, che, bambina, le recenti prove del 1848 udivasi negli intimi recessi della sua. casa narrare, appena innacessibile ai mille occhi d’una tirannica inquisizione, che finalmente
«Una selva di lamie si scosse «All’invilo del bellico squillo, |
Colta qual’io vorrei la donna, informata a solidi criterii, ricca d’un’amabilità risultante dalle squisite doti dell’anima, e vieppiù adorna del vero gusto che alle leggi del bello ed alla natura si ispira, più che alle mille bizzare eccentricità della volubile moda; stimando il bello, il buono ed il vero, ovunque si presenta colla superiorità dello spirito leale, aperta sempre ad ogni bel sentimento, sorda alle passioni, schiava del dovere, anima della famiglia, sorriso della società, ella dev’essere molto sensibile alle manifestazioni del genio. Natura ha le cose così disposte, che l’uomo, finché si voglia superiore, non si fa però che assai difficilmente superiore al disprezzo della donna, e molti fra quelli che affrontarono sventure, traversie e lotte d’ogni fatta, forza e vigoria trovarono a non soccombere nella stima d'una donna; nè congettura semplice è questa, e esperienza di pochi o molti fra loro che nominar si potrebbero, ma confessione altresì. Gian G. Rousseau, nell’Emile, dice; che niun uomo è indifferente alla disistima della donna; ed egli stesso pel primo, che tante severe verità le predicava, non poteva pur tuttavia rassegnarsi a non esserne apprezzato.
La cognizione di questo fatto deve fare la donna circospetta nei giudizii, larga d’encomii al merito, e muta, affatto davanti a quei luoghi comuni d’un falso spirito, a quelle ridicole rodomontate di cui è costume della vini gioventù farsi bella davanti alla donna. Oh se la donna non fosse sensibile che col vero merito, quanto gli uomini diverrebbero migliorii Ma pur troppo sovente ella è mistificata dalle apparenze della forza ch’ella crede scorgere dietro parole, ad atti arditi, che non altro rivelano che una illimitata fiducia nelle proprie forze, non sempre dal fatto giustificata, dietro una violenza di modi che non altro esprime che debolezza e suscettibilità; all’ombra di imprese contro la morale, che più sono ardite e più ci dicono quanto tirannico sia quel giogo di passione dal quale è trascinato misero schiavo l’uomo, dietro certe arie da conquistatori che taluni assumono presso la donna ch’è un insulto diretto alla facile virtù, che le si suppone. Ma sventuratamente debbo dirlo, della donna è il demerito se gli uomini sono così; ella troppo sovente non è debole che per il vizio e la leggerezza, non è insensibile che alle virtù ed alla sapienza. Eppure se è la forza che la Seduce, nella virtù e nella sapienza si trova, che importa superiorità d’animo, abnegazione ed eroismo, perseveranza di propositi, profondità e solidità d’intelletto!
Informata la donna ai principii, redenta dalle esorbitanze della opinione, sviluppata dalle tenebre della secolare ignoranza (il che se in parte da lei stessa dipende, assai e molto più dipende dalle nazionali istituzioni), non è più possibile certamente negarle il diritto. Lo Stato fu sempre ed è tuttavia colpevole verso la donna, chè, riconoscendola contribuente, la disconosce cittadina, e punendola delinquente, là nega capace.
La legge non si mostra alla donna che armata di flagelli, gravida di doveri, avara in libertà, feconda in restrizioni; può essa, la donna, far lieti sagrificii ad un paese le cui istituzioni la trattano così ingenerosamente?
Può ella, da senno, credersi obbligata verso una patria, che è per lei triste e dura più che, non è per l’uomo l'esigilo?
Può essa, in cuor suo, rispettar quelle leggi che vede e sente sopra se stessa ingenerose ed ingiuste? Può essa allevare i suoi figli al culto di un paese, ch’ella non ha nessuna ragione di amare? E quando questo paese le cerca il suo oro, i suoi figli e talora persino le sue convinzioni, qàal compenso le promette e le dà? Qual forza, quale argomento adoprerà essa per convincersi del suo dovere, per decidersi a compierlo?
Il dovere, fonte del diritto, è cosa santa ed equa, ma il dovere solo è schiavitù ed opressione.
Tutte le rivoluzioni sociali, politiche, religiose, tutte ebbero, o segreta o palese, sempre però una movenza interessata. Non si accagioni dunque per avventura la danna di strettezza di cuore se chiede il suo diritto.
Ogni lavoro vuol la mercede, ogni martirio vuol la corona; V uomo ha proceduto per questa via al conquisto della sua libertà, non v’ha ragione che ne escluda la donna.
Ed eccomi perciò a considerarla in faccia al diritto parziale ed al Codice Civile Sardo dopò averla guardata in faccia al diritto primitivo ed ingenito, davanti al quale ogni veduta d’interesse, di convenienza, di opportunità, deve tacere, e la parzialità della legge non iscusa, nè la debolezza del muscolo che non sarà mai equa base di diritto, nè l'ignoranza che si può vincere, nè V incapacità ch’è sempre affermata, provata non mai.
Che se talora, discutendo lo spirito delle nostre istituzioni avverrà, che la penna distilli qualche amarezza, dichiaro anticipatamente non aver io rancore con ninna personalità al mondo, ma scaturire queste involontarie dal vedere, quanto sia impossibile all’uomo astrarre da’ suoi personali interessi anche quando si dà ad intendere di far di proposito della giustizia, e questo spirito d’egoismo salire fino a mala fede, quando l’essere che si afferma debole ed incapace per ispogliarsi di diritti, si riconosce forte e responsabile per gravarsi di pene e di doveri.
È assai possibile scrivere con più calma e con maggior freddezza; ciò servirebbe anche forse ad attirare sul mio argomento le grazie degli uomini serii, che varcata l’età delle passioni, le persone e le cose tutte guardano con filosofica ed imparziale apatia. Ma a me, giovine e donna, è pur lecito non far a pugni colla natura che si è in questo argomento alleata ai più vitali interessi, epperò non violentandomi affatto, parlo come penso e sento, persuasa e convinta di essere fedele interprete dei pensieri e dei sentimenti di molte del mio sesso.
Le considerazioni fatte sulla situazione creata alla donna da leggi, che ancor troppo risentono lo spirito del secolo che precedette il 1789, mi conducono naturalmente a chiedere delle riforme che, se sono limitate, hanno in compenso il vantaggio di essere possibili, ed è in: me profonda la convinzione, che un miglioramento nelle condizioni presenti della donna, non è vantaggio suo soltanto, ma altrettanto e più dell’umanità, che in tanta parte della donna si compone ed in altrettanta da lei dipende ed è influenzata. Ed eccovi scorse di volo le diverse parti della mia fatica. Come vedete, ella vi è tutta ed affatto consacrata, ad un solo fine si è ispirata, l'utile vostro, e dell umanità.
Accompagnando io la donna in tutte le situazioni, esaminandola sotto tutti i rapporti, e tenendo io a presentarle il suo meglio, volli preci* puramente parlare alle giovinette che esordiscono nella vita, già istrutte, epperò in grado non solo di accogliere le leggi della morale sotto la forma d’apotegmi, che se meccanicamente s’incidono netta ferace memoria dell’adolescenza, di rado resistono saldi sotto la bufera sollevata dalle giovanili passioni, ed in faccia alle speciose dottrine che loro servono da campioni; ma capaci eziandio sono di seguire quei raziocina, che conducono la loro mente ad apprezzarle, il loro cuore ad amarle, e decidono quindi la volontà a seguirle.
So che non tutte, per avventura, le idee qui sviluppate troveranno la difficile unanimità delle simpatie, ma quale autore mai, qual libro, quale concetto, trovò tutte le adesioni? quante volle la verità, camminando a testa alzata nel suo dritto cammino, dovette porre, senza pur avvertirlo, il calcagno su qualche esistenza che nella polvere si trascinava, e scomporre il lento e pertinace lavoro di molto tempo? Lo scrittore dovrà egli dunque prender sempre la penna per osannare a tutte le passioni, a tutti gl’interessi, a tutti i pregiudizii dacché siansi eretti in caste, in sistemi, ed asciugarla al più presto dacché trovisi incompatibile con essi? Se considerazioni di personale interesse avessero sempre asciugate le penne, a qual punto sarebbe ogni umano progresso? E come combatterà il pregiudizio chi si uccide sul labbro la parola, per timore di lui? Chè ne sarebbe del cristianesimo se Cristo avesse temuta la croce? Chè del nuovo mondo se Colombo avesse paventato l’ardita navigazione? Chè della libertà se i popoli temono il sangue? Chè d’ogni utile impresa se bastasse ad arrestarla la tema delle possibili eventualità?
Certo se qualche concetto nel mio lavoro vien meno alla verità, ascriversi dovrà allo abbaglio dello intelletto, non mai a transazione di coscienza, od a proposito di patteggiar coll’errore; ed essendomi io la verità proposta comechè sola base possibile alla morale, più dello scopo tenera che dei mezzi, accetto riconoscente ogni osservazione della critica che me illumini, ed alle mie lettrici accenni dove ho errato, ché inconsolabile sarei se vedessi che la fatica, che al bene ho. rivolta, al male conducesse.
I tempi avanzano. Il vecchio edificio del dispotismo, che tutto l’uomo incatena dal più intimo escogitato dell’anima fino al più indifferente degli atti umani, scricchiola sui cardini, scrolla e rovina. Pochi giorni ancora e lo spirito del cristianesimo sfolgorante della nuova sua luce, l’amore universale, precetto unico e nuovo, il raggio della sapienza, diffuso come lo spirito di Dio sulla faccia della terra, raccogliendo sulle ceneri di quello spento l’ultima zolla di terra, gli diranno, parce sepultis.
Ed io mi trasporto collo spirito a quel giorno e, lasciate le polemiche a penne più valenti, la lotta a braccia più vigorose, attendo a preparare la donna di quei tempi; la donna, non più eccitamento a basse passioni ed ingombro al cammino della umanità, ma la donna ispiratrice di alti propositi, impulso potente ad ogni gentil costume, e ed ogni progresso dell’intelligenza.
Riverente più ch’altri mai al dogma della libertà della mente, in una cosa non la riconosco libera, nello essere illogica e retriva, importando le morali facoltà, dovere di sviluppo e d’applicazione. Religiosa per ragione e per sentimento, nemica. del pregiudizio, adoratrice della Verità, schiava della morale, amante della patria, anima detta famiglia, sollievo atta sventura, complemento detta società, mostrandosi all’uomo in tutto e sempre dono di Dio; ecco la donna ch’io intesi preparare.
Che se avvenga che all’altezza del fine non corrisponda fecondità di mezzi, il buon volere mi salvi, la innata bontà del sesso cui volli giovare mi sia indulgente, e la lusinga mi conforti, che alcuna sorga fra tante valorose scrittrici che raccolga il mio argomento e, svoltolo da’ miei cenci, al pubblico lo presenti sotto forme più rigogliose e sfolgoranti.
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- ↑ Ognun sa che Carlo V. non sapeva scrivere neppure il proprio nome, talchè servivasi per firmare d’un sigillo, nel quale l’orefice, sotto la direzione d’un ecclesiastico, avevalo compilato e quindi inciso.