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XII

Negli scorsi secoli, in cui i più rinomati cavalieri spregiavano le lettere siccome studii imbelli e plebei (1) e si recavano a sommo vanto la incapacità di scrivere il nome proprio, una donna qualunque, del nostro secolo, sarebbe apparsa un mostro d’erudizione; e mentre agli uomini di quei tempi sarebbe stata intollerabile, per troppa dottrina, d’una donna ignorante de’ tempi nostri, gli uomini attuali non son certo, per quel che mi sembri, molto incomodati bench’ella sappia qualche cosa di più.

Dalle modificazioni che ’subisce la opinione pubblica, siccome in questa in tutte cose, ne inferisco necessità di avviare la donna a criterii men relativi, onde dall’oggi al domani ella non si trovi incompatibile colle nuove forme, che la civiltà impone alla morale.

E dico forme, poiché se Gallo Sulpizio, ai tempi della romana repubblica, potè dividersi dalla sposa perchè comparsa in pubblico senza velo, il che sembrò allora un insulto alla verecondia, questo fatto, nè poco tempo dopo sembrò tale in Roma stessa, nè sembrerebbe oggi alla pubblica coscienza; e se Egnazio Mecennio uccise sua moglie sull’istante per averla vista ber vino (contravvenendo alla legge di Romolo che lo vietava alla donna), eppure nè i giudici nè la opinione non gli fecero di simile esorbitanza nessun delitto, sarebbe in oggi una bizzarra eccentricità chi pretendesse sconvenire alla donna l’uso del vino; come rimarrà a perpetuità immorale e deplorevole spettacolo sì nell'uomo che nella donna la

  1. Ognun sa che Carlo V. non sapeva scrivere neppure il proprio nome, talchè servivasi per firmare d’un sigillo, nel quale l’orefice, sotto la direzione d’un ecclesiastico, avevalo compilato e quindi inciso.