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XVI |
dre di coltura e sapere a ben fare la prima educazione.
Ed eccomi perciò a considerar la donna in faccia alla scienza; a provarle come i fatti la dimostrano atto, a coltivarla, di quanto essa aumenti il suo morale valore, di qual felice emulazione la femminile coltura faccia punto il viril sesso con sempre maggiore incremento di civiltà; di quanta maggiore autorità si circondi il carattere materno, se allo affetto, che ispira, aggiunga riverenza e stima del solido intelletto; di quanta maggiore efficacia sulla prole siano ammaestramenti che, non di tradizionale meccanismo, ma di profonda sapienza si recano la impronta.
Ma la donna, costituita qual’è di vivace intelligenza e d’indole diffusiva, non ha esaurita nella cerchia angusta delle domestiche pareti la sua morale vitalità; epperò là non finiscono i suoi doveri.
Ovunque, con altrui vantaggio e proprio, applicare può le sue nobili facoltà l’essere morale, là egli trova tracciato un dovere. La inerzia dello spirito non è ammissibile; e sarà sempre sventura forzata, se volontaria, delitto.
Epperò eccomi ad indagare quale lavoro alla donna incomba in faccia alla società ad esserle utile elemento, e ad affermare in faccia a quella la sua importanza colla potenza del suo intervento, nello edificio civilizzatore elaboralo dai collettivi conati delle masse unitarie.
Aborrente da tutti gli estremi, ma imbevuta delle idee del mio secolo, che considerando nella donna la potente individualità, deve ad essere conseguente educarla ad occupare un posto più dignitoso che quello non sia da lei occupato fino ad oggi; credente fermamente che l’educazione e coltura della donna sia problema vitale per lei e per tutta quanta l’umanità; convinta che la donna, risollevata alla coscienza della sua nobilissima na-