Trattato completo di agricoltura/Volume I/Selvicoltura
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LA SELVICOLTURA
O COLTIVAZIONE DEI BOSCHI
Indice
- Introduzione
- Delle varie specie di boschi
- Nomenclatura forestale
- Piante boschive — Piante dolci e forti
- Propagazione del bosco
- Dell'impianto o piantagione
- Clima, esposizione e terreno pel bosco
- Boschi cedui
- Fustaje sopracedue
- Dell’emendamento
- Della purgazione
- Della mondatura
- Dello scalvo
- Rotazione dello scalvo
- Taglio delle fustaje
- Cambiamento nella qualità del bosco
- Dei boschi sacri
- Imboscamento delle dune
- Prodotto dei boschi
§ 318. Sembrerà forse strano ad alcuni ch’io abbia a premettere la coltivazione dei boschi a tutte le altre forse più utili o più lucrose coltivazioni. Ma quando si pensi che nell’ordine naturale di cose, il bosco è quello che deve aver preceduto e preparato il terreno al prato ed ai cereali, e che una nazione qualunque che voglia interessarsi dell’Agricoltura, deve avanti tutto pensare al prosperamento dei boschi, come procurerò di mostrarvi, vedrete che non a torto volli dapprima parlarvi di questi.
La valle del Po e l’Italia tutta è in gran parte cinta od attraversata da alti monti e dalle loro estese diramazioni. Le Alpi e gli Appennini costituiscono due buoni terzi della totale superficie di questa ricca penisola, ed è quindi necessario che l’abitante conosca l’utile del bosco, e la nazione ne comprenda l’importanza e proponga e mantenga le leggi forestali. L’Italia ha un littorale assai lungo e sinuoso, e, come una volta, può divenir sede di un esteso commercio1, e quindi aver bisogno di legname atto alla fabbricazione delle navi. Osservate le leggi che la Repubblica Veneta aveva sancite in proposito, e vedrete quanto le stesse a cuore lo stato dei boschi. Il privato che distrugge i boschi, allettato dall’utile momentaneo, non ama i suoi figli, e quel governo che di essi non si cura, desidera il deperimento irrimediabile della nazione.
Mi si dirà forse che il buono o cattivo stato delle foreste è strettamente legato colla vaga pastorizia, e coi difetti che seco traggono gli estesi possedimenti comunali. Ma appunto perciò spetta al governo il ristringere o togliere il vago pascolo, l’obbligare i comuni a livellare o meglio a vendere le loro proprietà. Corre un proverbio, sventuratamente vero, che dice: Cosa di comune, cosa di nessuno. Dappertutto ove si passò alla vendita dei fondi comunali crebbe il prodotto e la ricchezza degli abitanti; quelle persone che una volta emigravano in altro paese, ora trovano lavoro nel proprio, ed un utile più sensibile; crebbe inoltre la moralità, dovendo ciascuno imparare a rispettare l’altrui proprietà, affinchè sia rispettata anche la propria. Quei pastori che una volta non avevano che un gramo pascolo per pochi mesi, ora possono mantenere un maggior numero di bestiame, trovando, nelle proprietà riducibili a prato, quadruplicato il prodotto dell’erba; e quantunque debbano comperare il mantenimento, pure il guadagno aumentò coll’aumentare del bestiame. Alcune valli triplicarono in pochi anni le loro bestie grosse, e diminuirono il numero delle pecore e delle capre, che si trovarono poco utili, anzi rovinose a tutte le coltivazioni; laddove nel grosso bestiame si rinvenne un maggior utile giornaliero, ed un utile secondario nella maggior massa di concime che se ne ritrasse.
Intanto dove sonvi ancora dei boschi comunali, essi vengono mal tagliati e quasi mai emendati o ripristinati dopo un taglio completo. Le giovani piante che vi crescono sono rose o calpestate dalle capre, dalle pecore o dal bestiame più grosso; ed il pastore per riscaldarsi consuma una gran quantità di legna per accendere un fuoco, che spesso, impassibile, vede appiccarsi a qualche pianta o ramo secco e poi estendersi a consumare in un giorno il lavoro di qualche secolo. Il privato poi se non lascia consumare dal fuoco o danneggiare dal bestiame il proprio bosco, lo taglia a capriccio, o lo svelle riducendo il terreno a gramo pascolo od a cereali che non possono maturare. Tolte in un modo o nell’altro le foreste alle cime od al dorso degli alti monti, impossibile od assai difficile ne riesce il successivo rimboscamento: che anzi le pioggie ed il vento svelgono e trascinano in basso quelle piante e quella terra che il tempo, per mezzo del bosco, aveva potuto accumularvi. Le sottoposte vallate rimangono maggiormente esposte ai venti, ai balzi di temperatura, alla siccità ed alla grandine; e i torrenti ed i fiumi nello scendere, non trovando più ostacolo, finiscono a guastare e trascinar colle loro acque le porzioni più fertili del piano.
Cura dunque d’un buon governo dev’essere quella non solo di limitare o togliere il vago pascolo, di livellare o vendere le proprietà comunali, ma eziandio quella di far leggi che regolino dove ve ne sia la convenienza, l’allevamento, il taglio e l’estirpamento dei boschi. E dove sono in deperimento istituisca premj a chi pianti un certo numero di alberi sul proprio fondo; attivi ispettori e guardie forestali, con leggi severe che tolgano il monopolio e ripristinino la buona fede; dichiari sacri alcuni boschi che impediscono i venti, le valanghe le frane, ecc. e che una volta distrutti più non vedrebbesi vegetazione al loro posto. La parola di boschi sacri ci viene dai tempi antichi, nei quali volevasi coi pregiudizj far rispettare alcuni boschi; ma noi a quest’ora dovremmo aver intesa la ragione, e dovremmo rispettar le leggi, mentre gli antichi temevano l’ira dei Numi campestri e silvani.
§ 319. Ma entriamo in materia, e cominciamo ad enumerare i benefici effetti esercitati dai boschi che stanno sugli alti monti, come pure passiamo in rivista i grandi ed estesi danni del soverchio disboscamento.
1.° I boschi trattengono e derviano i venti impetuosi e freddi.
2.° Favoriscono la liquefazione delle nevi.
3.° Conservano in giusta misura l’umidità atmosferica.
4.° Mantengono le sorgenti.
5.° Mantengono più regolare la quantità d’acqua nei fiumi, rendendo più regolari le pioggie.
6.° Trattengono le valanghe e le frane.
7.° Attirano insensibilmente l’elettricità atmosferica.
8.° Rendono più salubre l’aria.
9.° Servono a fertilizzare il terreno.
§ 320. I boschi rattengono o deviano i venti impetuosi e freddi. I venti, soffiando contro i boschi non rimbalzano con forza, come succede quando soffiano contro la nuda rupe, ma vi si perdono per entro, rotti e divisi dai rami, dai tronchi e dalle foglie; ed un vento che sia penetrato in un bosco non lascia più traccia di sè. L’effetto contrario, è riconosciutissimo da chiunque abiti da 50 o 60 anni in un paese montuoso. Molti passi di montagna da poco tempo divennero pericolosi; in alcune comuni del Modenese, ove bastavano i tetti di paglia per coprire le case, or sono appena sufficienti i lastroni; e ciò pel disboscamento avvenuto in occasione della strada per la Toscana e Massa. Nell’isola di Francia il disboscamento rese frequenti ed impetuosissimi gli uragani; e ormai questa sorte tocca a molte vallate delle Alpi ed anche al centro della Lombardia.
I boschi delle alte montagne non solo limitano o rallentano l’impeto dei venti, ma per la stessa cagione impediscono anche i venti freddi che vengono dalle nevose cime, o che vi passano sopra. Oggidì le valli del Ticino, del Brembo, del Melia e del Tirolo, ed in generale le valli italiane che scendono dalle Alpi vanno soggette ai venti freddi ed alle brine, anche in stagioni avanzate ben più che una volta: e gli anni abbondanti di frutta divengono sempre più rari.
§ 321. I boschi favoriscono il liquefarsi delle nevi. Infatti gli alti monti assai ricchi di piante sono più presto praticabili di quelli privi di vegetazione, perchè quella porzione di neve che rimane sospesa sui rami, si fonde facilmente, e quindi lo strato di neve che cade sul terreno riesce di minore altezza e per conseguenza anch’esso meno duraturo. Ovvio può essere ad ognuno l’osservare che la neve, presso il tronco degli alberi, presso i cespugli e sotto le piante, scompare prima di quella situata in luogo senza vegetazione. Anche i rami sospesi artificialmente a certa altezza dalle nevi esercitano gli stessi effetti. La causa di questo fatto rivede nel calore comunicato direttamente dal sole alle piante, e da queste assorbito e riverberato sulla neve. Dipende altresì dalla più estesa superficie che la neve presenta in contatto coll’aria più calda di essa, laddove non è punto conduttrice del calorico, cioè difficilmente lascia penetrare il calore nell’interno della sua massa. La liquefazione incomincia dal lato di Mezzogiorno, indi si estende al lato di Ponente, poi a quel di Levante ed infine a quello di Tramontana. I rami alti delle piante agiscono anche coll’impedire l’irradiazione del calore solare della terra verso gli spazi celesti, e perciò la neve sottostante si mantiene in uno stato più vicino alla liquefazione che non quella che resta allo scoperto. Tutti sanno che basta spargere delle foglie o della terra sulla neve, perchè questa si liquefi più prontamente. S’aggiunga, che nel verno le piante hanno un calore proprio sempre maggiore dell’atmosferico. Altra osservazione poi assai comune è che la neve caduta sui corpi soffici svanisce prima di quella che cade sui corpi compatti; quindi la vediamo scomparire prima dai terreni lavorati di recente che da quelli lavorati già da qualche tempo; prima dalle cotiche erbose, soffici e dai prati che dai terreni nudi, duri ed incolti, e prima ancora dai boschi ricchi di erica, di foglie e di terriccio, che da quelli che ne siano spogli ed il cui terreno sia molto compatto o poco profondo. L'aria rinchiusa dalla neve nelle porosità del terriccio, e delle foglie cadute, agisce liquefando la neve dal basso in alto, come i rami e le foglie superiori agiscono d’alto in basso; e l’acqua che scola dalla neve liquefatta tanto per dissopra quanto per dissotto, non si ferma negli strati di quella ancora intatta a renderla più compatta per effetto del freddo notturno, ma passa e trapela per la neve ed infine pel terriccio che rimasero maggiormente riservati da quell’influenza. Perciò nei boschi di piante sempre verdi questi effetti sono più sensibili che negli altri.
Quest’azione dei boschi, che sembra di poco momento, è di una grande importanza, perchè in tal modo scompajono dai monti in poco tempo le prime nevi d’autunno e le ultime di primavera; perchè impedisce che la neve si accumuli di troppo; e che la linea delle nevi perpetue e dei ghiacciai continui a portarsi in basso, esercitando così l’azione di innalzare la linea della vegetazione.
Perciò ben si vede che i boschi, oltre all’arrestare i venti impetuosi o freddi, diminuendo la quantità della neve sui monti, renderebbero meno rigidi i verni, meno fredde o meno saltuarie le primavere, e meno anticipati i freddi autunnali. Così l’ulivo non avrebbe abbandonato il Novarese, e non andrebbe abbandonando anche le sponde dei laghi prossimi alle Alpi; il castagno ed il gelso non soffrirebbero così di frequente le brine, la coltivazione della vite diverrebbe più conveniente anche nell’alta Italia, e quella del lino e dei cereali si potrebbe spingere con maggior vantaggio anche nelle prime valli.
Ormai invece le nevi cadono anche d’estate, e si trattengono per tutto l’anno, non solo sulle Alpi, ma ben anco sugli Appennini, dove una volta non accadeva che assai di rado, e vi restava soltanto d’inverno.
§ 322. I boschi conservano l’umidità atmosferica. Infatto dove sono molte foreste, le nebbie e le rugiade sono maggiori, e le pioggie assai più frequenti. E ciò perchè i venti non possono penetrarvi liberamente a toglierne l’umidità, ed i raggi solari, non riscaldando il suolo rendono quasi nulla l’evaporazione; mentre il suolo molto poroso, perchè formato dalla decomposizione delle erbe, delle foglie, dei rami e dei tronchi morti e caduti, più d’ogni altra qualità di terreno s’imbeve, ritiene e conserva l’umidità. Pertanto l’umidità evaporata dalle piante per la loro vegetazione, è in abbondanza compensata da quella che vien condensata dalla loro presenza, favorendo la formazione di nubi che facilmente si risolvono in pioggia.
Osservando le regioni situate lungo il corso d’un fiume, troveremo la nebbia soltanto o maggiormente ove le sponde siano guernite di larghi boschi. La Germania, la Francia, l’Inghilterra e molti paesi anche tropicali dell’America, ov’erano molti boschi, avevano pioggie più abbondanti che non oggidì. La stessa Lombardia, anticamente ricca di boschi anche nella sua parte mediana, era nell’estate più fredda e nebbiosa che oggidì. Per queste cagioni i boschi, mentre temperano il freddo, diminuiscono la siccità e gli ardori estivi facilitando la pioggia e diminuendo i balzi di temperatura. Dopo i grandi disboscamenti il clima divenne più variabile, l’inverno più lungo a scapito dell’autunno e della primavera, e l’estate si fece più cocente, perchè meno temperato dall’umidità atmosferica non convertita in pioggie regolari dall’azione condensatrice dei boschi. L’Asia minore, la Giudea, la Grecia e gran parte dell’Egitto, per soverchio disboscamento sono ben lungi dal mostrare l’antica fertilità, e molti luoghi si convertirono in aridi deserti. Ed all’incontro le spiaggie del mare e certe isole si potrebbero rendere meno arse, col procurarvi l’imboscamento.
Queste sono le principali influenze che i boschi esercitano sul clima d’un paese, alle quali devonsi aggiungere altre più locali, ed il di cui effetto si fa sentire più direttamente sul terreno.
§ 323. Ho detto che i boschi favoriscono le pioggie, attirando e trattenendo nel suolo l’umidità ed impedendone la rapida evaporazione. Or bene, questa circostanza è quella che mantiene le sorgenti in uno stato di regolare efflusso d’acqua Che un vasto disboscamento produca la diminuzione delle acque, od anche il totale asciugamento delle sorgenti, è provato ovunque da innumerevoli fatti. Boussingault fece delle ripetute osservazioni su questo proposito nell’America Meridionale, e prese per norma più sicura il livello delle acque di quei laghi che sono alimentati dai ruscelli o dai fiumi che scendono dai monti, ma che giunti nel lago le loro acque, non trovano un esito ulteriore. Con ciò egli verificò che ovunque erasi molto disboscato, il livello di quelle acque era diminuito. Così Nueva Valencia, che venne fondata nei 1555 a mezza lega Tacarigna, nella valle d’Aragua, nel 1800, per asserzione di Humboldt, ne era già lontana di 4300m. Nel 1796 nel lago erano rimaste a secco varie isole, e gli abitanti quantunque si lagnassero di una mancanza d’acqua pei loro opifici, pure erano abbastanza compensati dalla fertilità del terreno rimasto a secco. Nel 1822 Boussingault, visitando la stessa valle, trovò che l’acqua era d’assai aumentata e che tuttavia aumentava; e ciò in conseguenza delle guerre che avevano desolate quelle contrade, ove con un clima tropicale, in breve tempo, il bosco prese ii posto occupato dall’Agricoltura. I due laghi, fra i quali ora trovasi la città di Ubaté, 80 anni fa non ne formavano che un solo. Lo stesso abbassamento di livello osservò pure in molti altri laghi delle Ande, ove eransi distrutte immense selve. Gautieri asserisce che Costantinopoli deve le sue sorgenti al bosco che l’avvicina e che viene assai rispettato. Molte isole devono la presenza delle sorgenti d’acqua dolce ai boschi che occupano qualche altura: per esempio nell’isola dell’Ascensione una sorgente si disseccò per esservisi abbattuta una vicina selva, e ricomparve coll’averla ripristinata. Lo stesso, al dire di Marchand, accade alla fontana della Louvière nel comune di Soubey nella Svizzera: 90 anni fa erasi disseccata pel disboscamento; dopo 80 anni circa, il proprietario avendo lasciato crescere una foresta superiormente, la fontana ricomparve; ma in seguito essendo stata nuovamente tagliata, la fontana tornò a scomparire. Tutti i fiumi, a quanto pare, una volta trasportavano una maggiore quantità di acqua. In molte delle nostre vallate la siccità estiva arrivò al punto che molti pascoli e prati naturali riescono di pochissimo profitto nella stagione più calda. Saussure, che studiò le condizioni dei laghi della Svizzera, è dell’opinione che il lago di Neuchâtel, quello di Bienne e quello di Morat dovevano ad un tempo formare un sol lago, non essendo anche oggidì separati che da terreni paludosi o piani; e questa diminuzione delle acque l’attribuisce al continuo disboscamento effettuatosi nel cantone di Vaud e nel Jura. Una simile diminuzione, per la distruzione delle selve alpine, Saussure l’avrebbe notata anche pel lago di Ginevra.
Boussingault osservò pure che la diminuzione delle sorgerti divien stazionaria dopo un certo tempo dal disboscamento; che nei luoghi in cui le selve vennero finora rispettate, nè i laghi, nè i fiumi subirono variazioni nella quantità delle loro acque; e che i disboscamenti parziali agiscono sulle sorgenti ma non sulla minore o maggior facilità delle pioggie. I paesi situati lungo le coste del mare, che sono ricchi di piante, hanno abbondanti pioggie, e quelle che ne sono sprovvisti sono aridissimi, quantunque nelle stesse circostanze.
§ 324. I boschi adunque, dacchè rendono più regolari le pioggie e più continue le sorgenti, servono per conseguenza a mantener nei fiumi una più costante e regolare abbondanza d’acqua ed a render meno frequenti le piene straordinarie. L’America era quella parte del mondo che avendo la maggior quantità di boschi, aveva anche i più grandi fiumi; ma questi però non arrecavano gran danno nemmeno nelle stagioni della massima piena. Ora all’incontro, pel continuo abbattere ed abbruciar foreste, che si fa in quelle regioni onde ridurle coltive, accade che i fiumi conducono un corpo d’acqua più incostante, essendosi le pioggie rese scarse d’estate e frequenti d’autunno e di primavera.
Ma l’inconveniente più disastroso che arrecò l’eccessivo disboscamento in tutte le contrade, è che nella stagione calda le pioggie divennero più rare ma più impetuose e repentine. E ciò perchè l’umidità atmosferica prodotta dalla rapida evaporazione del suolo, oppure quella che è portata da qualche vento che passi dapprima sopra qualche largo tratto di acqua, o di palude, giunta presso le cime dei monti, non viene più mano mano assorbita, condensata e trattenuta dai boschi, ma viene, a cagione d’un freddo più intenso, rapidamente condensata in grosse nubi, che in forma di pioggia la riversavano nelle valli o sulla pianura.
Allora, queste pioggie, più saltuarie, repentine e copiose, nè più assorbite dal terriccio, nè trattenute dagli ostacoli che producono le piante, i rami e le foglie cadute, i cespugli e le radici serpeggianti, corrono a precipizio in basso ad ingrossare repentinamente e smisuratamente il fiume od il torrente. Perciò può dirsi che i boschi, mantenendo maggior regolarità nelle pioggie, e presentando mezzi di assorbimento e disperdimento alle acque, impediscono le subite e disastrose piene dei fiumi.
Chi potesse ad un tempo osservare durante una forte pioggia, o poco dopo, due pendii montuosi, uno senza piante e l’altro fornito di bosco, specialmente verso la cima, ne avrebbe una prova di quanto ho asserito. Ei vedrebbe che il pendìo nudo manderebbe rapidamente in basso una grande quantità d’acqua, mentre l’altro non fornirebbe che qualche piccol rigagnolo d’acqua; e fors’anche, questo non avverrebbe che dopo la pioggia, o dopo che l’altro non ne manderebbe più. Ed osservando in seguito la posizione guernita di piante troverebbe non esservi ramo, foglia o fil d’erba che non conservi ancora un poco d’acqua, e il suolo compresso dai piedi rassomiglierebbe ad una spugna imbevuta; laddove sull’altro pendìo troverebbe il terreno compresso dal violento battere delle goccie di pioggia, e per conseguenza meno atto ad imbeversi profondamente, e facile a lasciar scorrere in basso quasi per intero l’acqua piovana che vi cade.
§ 325. Ove adunque siansi atterrati i boschi, le pioggie tanto repentine, non solo trasporteranno in basso un poco d’humus sciolto od un poco di terreno, ma, ove passano od urtano, schianteranno e trasporteranno e piante e terra e massi. Le acque ingrossate improvvisamente acquistano maggior violenza, e maggiori denudazioni possono fare, quanto più arrivano in basso, dove coi grossi massi e coi ciottoli dapprima, indi colle sabbie e col terreno disciolto andranno sempre innalzando ed allargando il letto della corrente, per cui più facili riesciranno le inondazioni e le deviazioni di letto. Non è raro infatti il veder fiumi d’ampio letto ghiajoso, essere asciutti nella state, ed in altri momenti, in breve ora minaccevoli per enorme quantità di acqua mista a fango, sabbia, ciottoli e massi.
Questo effetto riesce tanto più rimarchevole presso i monti, le di cui roccie vengono facilmente infrante o disaggregate dal gelo, dall’aria e dall’acqua. Perciò i fiumi che scendono dagli Appennini rialzano maggiormente il loro letto, che quelli scendenti dalle Alpi, le cui roccie sono di composizione più compatta.
Dove una terra, pervia all'acqua, giaccia su pendii molto erti, e spogli di piante che colle loro radici la fissino al masso sottoposto, talvolta accade che essa, imbevutasi di molto per continuate pioggie, divenuta pesante e scorrevole, si stacca e scivola in basso, producendo disastri tanto più rimarchevoli quanto maggiore è la porzione che si stacca. Di questi fatti se ne ricordano non pochi. L’improvviso ingrossamento del Mella nella state del 1850 ne porse un lagrimevole esempio nella Val-Trompia. Le roccie messe a nudo, o non trovando più il sostegno del terreno posto al dissotto, o perchè geli l’acqua nelle loro fenditure, si staccano, ed esse pure ruinano devastando le sottoposte selve, i casolari ed i campi: e per tal modo i monti si rendono sempre più erti ed inaccessibili alla vegetazione spontanea ed a quella artificiale.
§ 326. I boschi collocati sugli alti dorsi dei monti arrestano anche la discesa delle valanghe, le quali possono produrre effetti consimili a quelli testè accennati. Nell’autunno, nel verno, e specialmente dopo i primi caldi di primavera, avviene che la neve caduta sulle ripide roccie, o sui pendii sguerniti di piante, staccandosi per effetto dello scioglimento delle nevi prodotto dal calore del suolo; oppure perchè spinte dai venti in soverchia quantità su quelle erte posizioni, non può più sostenersi, non trovando un impedimento negli alti boschi si stacca e scende, e nello scendere s’ingrossa in modo da rovesciar e schiacciare i boschi e le case più basse. Una volta poi fatta strada alle valanghe, come anche ai massi, riesce difficilissimo impedirne le successive discese. Andermatt deve la sua esistenza ad alcuni abeti che lo difendono dalle valanghe.
Egli è per tal motivo che in molti luoghi si dichiararono sacri, ossia intangibili, quei boschi che ponevano un ostacolo ai venti troppo impetuosi, ed alla discesa delle frane e delle valanghe. Ma pur troppo questi boschi in alcune località deperirono, in altre furono tagliati o guasti, ed in moltissime sentesi la necessità di ripristinarli.
§ 327. Oltre a questi vantaggi che arrecano i boschi, molti ve ne sono che meritano d’essere indicati, e fra gli altri quello di attirare insensibilmente l’elettricità atmosferica, per cui più rari o sconosciuti potrebbero essere i temporali accompagnati dalla grandine. A questo riguardo tengono la preferenza i boschi di piante sempre verdi a foglie acute. Anche negli attuali abitatori delle vallate del Ticino e dell’Adda, vi hanno persone che si ricordano che, avanti il taglio di molti boschi situati sull’alto de’ monti, la grandine era fra loro cosa sconosciuta, laddove al presente sembra che le vallate ed i luoghi vicini ai monti siano colpiti di preferenza. Inoltre, dopo che la grandine cade in quantità grande sui monti, i venti che in seguito di là si dipartono, portano a molta distanza dei sensibili abbassamenti di temperatura, e tali da far gravissimo danno alla coltivazione dei prodotti estivi delle basse valli o delle larghe pianure. Per questa proprietà che hanno le piante di scaricare l’elettricità, fu sempre utile il piantare poco lungi dai fienili, dalle capanne, dalle case o dalle stalle, delle piante di larice, di pino, di pioppo piramidale, di olmo, di noce, ecc. I monaci misero a profitto questa osservazione per salvare i loro alti chiostri e le loro chiese, che il fulmine sembrava colpire di preferenza.
§ 328. Le selve e le piantagioni tutte servono anche a migliorare e render più salubre l’aria atmosferica. Epperò a tutti è noto che in vicinanza dei boschi e presso gli alberi oltre alla frescura che si prova nelle giornate calde, vi ha pure una sensazione piacevole. E questa sensazione voi sapete (§ 18) procedere appunto dalla facoltà che hanno gli alberi, durante il giorno e quando sieno muniti di foglie, di assorbire dall’aria il gas acido carbonico, lasciando poscia in libertà l’ossigeno ch’entra nella sua composizione.
Di fatto in certe località, dove vennero tagliati molti boschi, si resero frequenti alcune malattie che dapprima erano sconosciute. A Nuova-Jork, dopo alcuni disboscamenti, si mostrarono le febbri intermittenti e le perniciose. Così Ispahan deve in parte la sua salubrità ai platani, Roma agli abeti, Bairut e Ravenna ai pini. Egli è quindi cosa utilissima il lasciare intatti, od il piantare nuovi boschi, dove questi si frappongano a qualche vento troppo umido e caldo, sia perchè passi sopra larghi tratti di mare o perchè scorra sopra paludi che li impregnino de’ loro nocivi vapori. Il bosco in questo caso arresta il vento, diminuisce il caldo, attira e trattiene in parte l’umidità ed i gas nocivi alla salute.
§ 329. Ma i boschi nei paesi montuosi e nei luoghi non troppo fertili producono un altro effetto di grandissima importanza, ed è che servono a render fertile il terreno sul quale crescono. Per convincerci di questa verità già vi feci osservare (§ 189) come un banco di ghiaja o di sabbia, trasportata da un fiume, possa col tempo divenire una prateria od un terreno coltivo. Infatti dopo qualche tempo su questi sterili banchi vedonsi crescere alcune pianticelle ed alcuni pochi arbusti, il cui seme venne trascinato dalle acque, o trasportato da lungi coi venti. Le foglie che cadono all’intorno a questi arbusti, ed i rami morti che se ne staccano, colla loro putrefazione servono di concime alla stessa pianta che diverrà più vegeta, e preparano il terreno a quelle sementi che nuovamente venissero trasportate dalle acque o dai venti, oppur cadute dalla stessa pianta. Così questi arbusti si andranno moltiplicando, e copriranno in gran parte quel terreno. Quando poi una tale vegetazione siasi fatta abbastanza forte, le piene del fiume non potranno che a stento introdurvi i massi grossi ed i ciottoli, e soltanto vi passeranno l’acqua ed i materiali più fini o leggieri, i quali si depositeranno sulle ghiaie e fra i cespugli, innalzando il banco colla sovrapposizione di materie più adatte alla vegetazione. Allora cominceranno a crescervi per entro anche le piante d’alto fusto le quali, coll’andar degli anni, opprimendo coll’ombra loro e colla loro stillazione quelle che sono più basse, le faranno perire; indi per la putrefazione di queste, e per quella delle foglie di ogni altra pianta, il terreno verrà arricchito di terriccio vegetale. Le innondazioni, mercè i successivi e graduali innalzamenti avvenuti pel deposito delle materie più fine, diverranno più rare, ed il suolo si convertirà naturalmente in pascolo; e questo, dopo un certo tempo, potrà rendersi coltivabile quando senza pericolo si potessero levare le piante. Sugli alti monti, dove il pendio non è troppo forte, il gelo, il disgelo, l’aria e le acque disgregano la parte più superficiale delle roccie, preparano il terreno alla vegetazione, e le pioggie in seguito, sciogliendo porzione del terriccio formatosi, fertilizzano le sottostanti valli.
Con quest’ordine la natura, per mezzo dei boschi, rende fertili molti spazi; e l’uomo dovrebbe trar frutto da questa osservazione onde imitarla o secondarla, e per cavarne eziandio un vantaggio da un maggior prodotto di legna.
Se questi adunque sono gli effetti prodotti dalla presenza dei boschi, ben si vede di quanta attenzione essi siano meritevoli per parte di un buon governo. Buone leggi forestali varrebbero a mantener produttivi molti terreni posti sull’alto de’ monti, i quali oltre al dare un prodotto continuo di legna, salverebbero le valli e le pianure dai disastri delle innondazioni, delle frane o delle valanghe, ed aumenterebbero il loro prodotto fertilizzandole con abbondanti sorgenti, con acque migliori, e col mantenerle ad una temperatura meno saltuaria. E questa cura spetta al Governo perchè gli effetti della trascuranza sono estesi a tutti, e perchè egli soltanto deve avere interesse per l’avvenire del suo paese; laddove il privato il più delle volte non vede nei boschi che un terreno di poco prodotto, ed una fonte di spese, il cui profitto andrebbe agli eredi; e per conseguenza spesso gli torna il conto d’estirparli, ricavandone quel più che si può in legnami, poco importandogli che in seguito rimangano spazi deserti per lui e per gli altri.
Note
- ↑ Amalfi, Pisa, Genova, Venezia, Palermo e moltissimi altri porti avevano, si può dire, l’esclusiva navigazione commerciale dell’Europa e del Levante.