Trattato completo di agricoltura/Volume I/Selvicoltura/17
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imboscamento delle dune.
§ 401. Se sugli alti monti importa dichiarar sacri alcuni boschi che difendono le parti più basse, presso le rive piane e sabbiose del mare sarebbe pur necessaria una zona boscata che rendesse produttivo quel terreno instabile; e che nello stesso tempo riparasse il suolo più lontano, dalle sabbie che mano mano lo invadono, spinte dalle onde, dalla marea o dai venti. Quei cavalloni, o promontorii sabbiosi, deposti dal mare sulle rive, e che continuamente vengono agitate dalle onde o dai verni diconsi dune. Nel 1850 l’ingegnere Brémontier trovò la maniera d’imboscare le dune operando come segue. Cominciò egli dal fissare colla vegetazione, quello spazio sabbioso quasi piano che esiste tra il piede delle dune e la linea occupata ordinariamente dalle acque e dalla marea, dove le sabbie scorrono continuamente. Costruì uno steccato od argine alto 1m,50 circa verso il mare, e dietro questo seminò giunchi, ginestre e pini, suggerendo il silvestre nei luoghi freddi ed il marittimo nei climi caldi: l’argine dura tre o quattro anni, e dà tempo ai semi di nascere e crescere quasi ad un metro d’altezza, formando una lista di compatta vegetazione dallo steccato al piede delle dune. La parte più esterna di questa linea, quella cioè che guarda il mare, incomincia a trattenere le sabbie dopo il deperimento del riparo che esisteva, e vi forma una specie di nuova duna avanzata, trattenuta dai fusti delle piante, la quale difende lo spazio più interno.
Fissata questa prima zona si continua l’imboscamento della porzione verso terra, sempre eseguendolo per liste successive, parallele alla prima, e che non presentino interruzioni. La porzione ascendente delle dune, verso il mare, sebben sia riparata dalle onde, non è però ancora difesa dall’azione dei venti e delle pioggie che smuovono continuamente la sabbia della loro superficie. Epperò, quando sia a pendío rapido, cominciando al basso, si faranno tanti steccati orizzontali, a guisa di scaglioni, e sotto si farà la semina, come già si disse. Se invece il pendío sarà dolce, si procederà immediatamente alla semina, ricoprendo poscia il suolo con rami di piante, guerniti di foglie: s’incomincia collocandone un ordine in basso, col capo grosso verso il mare, indi se ne pone un altro al disopra, e così via via sinchè tutto lo spazio seminato ne resti coperto. Importa che i rami servienti a questa copertura siano di lunghezza presso che uguale, di metri 3 circa, e che s’intreccino vicendevolmente. Al disopra poi, e per traverso a questi, si dispongono tante pertiche fissate nel suolo con piuoli, allo scopo di meglio tener fermi i rami sottoposti: in mancanza poi di rami vi si potrebbe supplire con alghe e giunchi disposti uniformemente sul suolo. Con ciò lo spazio o linea orizzontale che si andrà mano mano imboscando sul pendío ascendente resterà difesa dall’azione delle pioggie e dei venti.
Giunti in siffatta maniera fino alla sommità della duna, non resta che ad eseguire la stessa operazione sulla sua parte discendente verso terra, la quale di solito è riparata dai venti. Ciononpertanto siccome il pendío interno è formato dalle sabbie continuamente elevate sulla cima della duna, e che poi, per le stesse cagioni, superata la cima, discendono dal pendío interno, così esso riesce assai mobile; epperò abbisognerà dar tempo che la sabbia possa alquanto sodarsi, non essendo più ricoperta da nuova sabbia discendente, stante l’imboscamento della cima; poscia si passerà alla semina, che non avrà nemmeno bisogno d’essere ricoperta, come fu accennato per quella del pendío ascendente.
Fissate poi le dune, il terreno al di là di queste verrà facilmente convertito a bosco senza molta cura, e quanto più ci allontaneremo dall’azione del mare potremo allevare piante di maggior conto.
Questa operazione, oltre a rendere produttivi molti spazi deserti che sempre più s’estendono, come succede nelle foreste di monte esposte ai venti od alle valanghe, arreca pure il vantaggio di migliorar l’aria e diminuire l’arsura delle spiaggie marittime. Ov’essa fu intrapresa riuscì bene e di generale vantaggio.