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selvicoltura. | 321 |
far gravissimo danno alla coltivazione dei prodotti estivi delle basse valli o delle larghe pianure. Per questa proprietà che hanno le piante di scaricare l’elettricità, fu sempre utile il piantare poco lungi dai fienili, dalle capanne, dalle case o dalle stalle, delle piante di larice, di pino, di pioppo piramidale, di olmo, di noce, ecc. I monaci misero a profitto questa osservazione per salvare i loro alti chiostri e le loro chiese, che il fulmine sembrava colpire di preferenza.
§ 328. Le selve e le piantagioni tutte servono anche a migliorare e render più salubre l’aria atmosferica. Epperò a tutti è noto che in vicinanza dei boschi e presso gli alberi oltre alla frescura che si prova nelle giornate calde, vi ha pure una sensazione piacevole. E questa sensazione voi sapete (§ 18) procedere appunto dalla facoltà che hanno gli alberi, durante il giorno e quando sieno muniti di foglie, di assorbire dall’aria il gas acido carbonico, lasciando poscia in libertà l’ossigeno ch’entra nella sua composizione.
Di fatto in certe località, dove vennero tagliati molti boschi, si resero frequenti alcune malattie che dapprima erano sconosciute. A Nuova-Jork, dopo alcuni disboscamenti, si mostrarono le febbri intermittenti e le perniciose. Così Ispahan deve in parte la sua salubrità ai platani, Roma agli abeti, Bairut e Ravenna ai pini. Egli è quindi cosa utilissima il lasciare intatti, od il piantare nuovi boschi, dove questi si frappongano a qualche vento troppo umido e caldo, sia perchè passi sopra larghi tratti di mare o perchè scorra sopra paludi che li impregnino de’ loro nocivi vapori. Il bosco in questo caso arresta il vento, diminuisce il caldo, attira e trattiene in parte l’umidità ed i gas nocivi alla salute.
§ 329. Ma i boschi nei paesi montuosi e nei luoghi non troppo fertili producono un altro effetto di grandissima importanza, ed è che servono a render fertile il terreno sul quale crescono. Per convincerci di questa verità già vi feci osservare (§ 189) come un banco di ghiaja o di sabbia, trasportata da un fiume, possa col tempo divenire una prateria od un terreno coltivo. Infatti dopo qualche tempo su questi sterili banchi vedonsi crescere alcune pianticelle ed alcuni pochi arbusti, il cui seme venne trascinato dalle acque, o trasportato da lungi coi venti. Le foglie che cadono all’intorno a questi arbusti, ed i rami morti che se ne staccano, colla loro putrefazione servono di concime alla stessa pianta che diverrà più vegeta, e preparano il terreno a quelle sementi che nuova-