Sacre rappresentazioni/I/Rappresentazione di Abramo e Agar

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I - Rappresentazione di Abramo e Agar
I - Avvertimento
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RAPPRESENTAZIONE


di


ABRAMO E AGAR.



Per riprodurre questa Rappresentazione ci siamo principalmente giovati di una edizione fiorentina senza data, ma dei primi del secolo XVI°, che si trova nelle collezioni di Palatina o di Magliabechiana. Essa ò in-4°, di 12 carte segnate a-b con figura sotto il titolo, e al finis le iniziali M. F. M. In ordine di tempo, dopo questa edizione verrebbe l’altra fatta stampare da Maestro Francesco di Giovanni (sic) Benvenuto dal canto de’ Biscari, in-4°, di 8 carte, con 2 figure sul frontespizio una delle quali è quell’Angelo che si trova anche in tante altre Rappresentazioni, e l’altra raffigura la Superbia e la Umiltà. In fondo i il segno dei colubri colle iniziali A. A. Manca la Frottola, e invece di essa, in principio è questa ottava:

Lo eccelso signor Dio dell’alta gloria,
     Auditor mia, vi dia soluto e pace;
     Qui udirete una leggiadra istoria
     Che ’l Genesi mi mostra esser verace.
     Vedrete innanzi a Dio chi ha vittoria
     O il viver ver del mondo o il fallace;
     Et a quel si dirà porrete cura
     Chè tutto avrà misterio e gran figura. —

E in fondo invece del seguito della Frottola;

Veduto avete, presenti uditori,
     Come s’apprende il di dal suo mattino.
     E qual li frutti sien do’ primi fiori,
     E del ben far qual’è il premio divino.
     Queste son nostre gioie e gran tesori.
     Questo ò di vita nostra il buon cammino;
     Ismael è scacciato, Isac Isac.
     Ch’è il popolo giudeo e benedetto.

Il Batines (Bibl. delle Rappres., pag. 46) registra anche le seguenti stampe: Fiorenza del mese di settembre 1556, in-4°di 12 carte con 7 figure. Vi ha [p. 2 modifica]la Frottola. ma il titolo è modificato a questo modo: La Rappresentazione di Abraam e di Sarra tua mojlie nella quale si contiene la buona cita di Isaach lor figliuolo, e la mala creania d’Ismael figliuolo di Agar sua anelila . e come furono cacciati. Nuovamente ristampata- E prima per annumiaiione è tm padre con duoi figliuoli, un buono e un cattivo, per esempio universale de’padri e de’ figliuoli.

In Siena l’anno 1581. in-4” di 12 carte con 2 figure. (Il Batines ne nota un’altra pur di Siena simile a questa in tutto, ma senz’anno. Forse qui è errore, nato da questo che l’esemplare dell’edizione del 1581 che trovasi in Magliabechiana. è strappalo appunto nell’ultima carta dove dovrebbe essere la data.) Quest’edizione ha la Frottola.

Firenze, appresso Giovami Baleni, l’anno 1589, in-4* di 12 carte con 3 figure. Manca la Frottola.

Siena, alla Loggia del Papa, 1010, in-4” di 12 carte con 3 figure. Non ho vista quest’edizione nelle Biblioteche fiorentine.

Circa all’autore di questa Rappresentazione, che per freschezza e purità naturale di lingua, è da porsi Ira lo migliori, non mi è riuscito a trovar nulla. Solo dalle parole del Padre nella Frottola: 0 Firenze felice Non è ancor tempo mollo Tu eri pur rivolto Quasi al viver cristiano, Or se’infelice e insano, si può ricavare che fu composta non molto dopo la morte del Savonarola.

La Frottola fu stampata anche a parto col titolo: Frottola d’un padre che acea due figliuoli ec. (Vedi Batines. Bibl. 84.).

Il lettore osserverà che generalmente abbiamo conservato alcune proprietà dell’antica ortografia fiorentina, come vechieta, vego ec.

la rappresentazione quando abraam cacciò agar sua ancilla con ismael suo figliuolo.


E prima è per annuziazione un padre con due figliuoli; uno cattivo chiamato Antonio; l’altro buono chiamato Benedetto.


El Padre chiama:Anton!

Antonio risp.Chi chiama?
El Padre dice:Ascolta,
E di’ un’altra volta
     5Messer, come richiedo.
Ah! si conosce e vede

     El buon di da mattina,
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E spesso s’indovina

Pe’ segni un buono effetto.
10È in casa Benedetto?
Risp. Antonio:Messer si.
El Padre: dice:E che fa?
Fa niente, o si sta?
El Padre chiama:Studia la lezione.
El Padre: dice:Perchè gli ha discrezione
E vote imparar presto.
Io ti ricordo questo:
Che ’l tempo vola via,
Nè uom fu mai nè fia
20Che ’l vedessi tornare;
E chi non sta a imparare,
Mentre è in giovineza,
Ne vien poi la vecchieza
E quel non sa niente.
25Or va, e sia prudente,
E chiama il tuo fratello.
Antonio va e chiama Benedetto; el Padre da sè dice:
Quanto indarno favello
A questo figliuol mio!
E’bisogna che Dio
30Sia quel che gli dia buoni,
Nè il padre s’abandoni
Ma buono esemplo dia
E vigilante stia
Che mai non perdin tempo;
35In ogni loco e tempo
Intenda dove e’vanno;
Chè ’l mondo è pien d’inganno
Sotto ombra di bel mostro.
Tornano insieme, e Benedetto inginocchiato dice:
Ecco, buon padre nostro,
40E’ figli a tua presenza.
Risp. il Padre:O santa obedienza
Quanto contenta e piace!
Voi mi date una pace
Un tal gaudio, un contento,
45Che come il sento drento
Io noi posso narrare.

Io t’ho fatto chiamare
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Per darvi un po’ di spasso,

Et andrem passo passo
50Al vespro alle Murate,
E con fede gustate
Que’ loro suavi canti,
E parranvi angiol santi
Udir cantar dal cielo.
55Vedete, e’ non è gielo,
La stanza non fia calda,
Poi una bella lalda
O dua, si ben diranno
Che si starebbe un anno
60Fermo a tal melodia.
Or su, pigliam la via;
E meco ognun s’attenga.
Antonio un po’ adirato dice:
E volete ch’io venga,
Padre, si mal vestito?
65Risp. il Padre:Parti che sia ardito?
E a chi, e perchè?
Per quel che ver non è.
Che manca? e che vorresti?
Risp. Antonio:Manca, che voi dicesti
70Di farmi un bel mantello,
Et i’ho ancora avello,
E meno or vi pensate.
Risp. il Padre:Or che siamo di state
Portasi questi panni?
75Risp. Antonio:}Et i’ ho ormai tanti anni
Ch’io starei ben col lucco.
Aimèl s’io fussi il cucco
Non l’arei tanto a dire,
E potrèmi vestire
80Più ch’io non volsi mai.
Risp. il Padre:E stu ha’ tempo assai
Tu l’hai speso assai male.
Dimmi, che giova o vale
L’esser grande e borioso,
85Bello e non virtudioso?
E vestir riccamente,
E non aver nïente

Di bene mai inparato?
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Risp. Antonio:L’uomo è pure stimato1

90Dovunque va o sta.
Risp. il Padre:A’ panni, e non chi gli ha,2
Fanno que’ tali onore.
Et oggi è questo errore
Nel mondo più che mai;
95Chi ha danari assai
E vadi ben vestito,
Costui è riverito
E chiamato uom da bene;
E pel contrario, se viene
100Fra que’ ch’ io ti ragiono,
Un virtudioso e buono
Fingon di nol vedere,
O piglieran piacere
D’uccellarlo tra loro.
105Ma nota che costoro
Son tutti gl’ignoranti,
Et èccene oggi tanti
Che altro non ci si spende.
Ma chi qualcosa intende
110Ama più le virtù
Che quanto tesor fu
O sarà mai nel mondo.
Bada a quel ch’io rispondo,
Chè chi non sta a udire
115E ’l suo padre ubidire,
Buon segno esser non suole.
Risp. Antonio:Le son tutte parole;
Io vorrei aver danari.
E, come hanno e’ mia pari,
120Ricchi e be’ vestimenti.
Risp. il Padre:Or pur, ch’io ti contenti;
Dimmi quel che tu vuoi.
Risp. Antonio:E i’ vel dirò poi.

Risp. il Padre:Il vo’ saper testè;
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125
E qui da te e me

Veder chi ha ragione.
Risp. Antonio:Io vorrei un giubbone
Di drappo spanto e bello,
Accompagnato a quello
130Scarpe, calze franzese
Attilate e distese
Come dipinte; et anche
Un altro paio, ma bianche,
Per quando io vo di fuora;
135Et una cappa ancora
Listrata, o un gabbano,
Un tocco da cristiano,
E per la città bella
Saione o gabbanella
140Increspata all’usanza,
La berretta di Franza,
La camicia increspata,
Scarsella ricamata
Che fussi delle sei....3
145Questo è quel ch’io vorrei:
E’ par ch’io chiegga un regno!
El Padre dice:Ha’ tu altro disegno’?
Di’ pur, non vergognarti
Perch' io vo’ contentarti.
150Risp. Antonio:Vorrei al mio dimino
Aver sempre un fiorino,
Per poter col compagno
Spendere, e esser magno
E mie voglie saziare.
155El Padre dice:Et anche per giocare.
Ma stu vuo’ altro, parla.
Risp. Antonio:Vorrei sempre in istalla
Aver un bel cavallo,
Nè avere accattallo,
160Per ire a spasso ogn’ora.
El Padre dice:Vuoi altro?
Antonio risp.:Non per ora.
esgue Antonio:Ma vorrei questo presto.

El Padre dice:O parlar disonesto!
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165
O superbo, o ignorante!

Va’, pon di queste piante
E spera nel lor frutto!
O mondo guasto tutto!
O fior delle città
170Fiorenza mia! chi t’ha
Tolta la tua prudenza?
O gentil mia Fiorenza!
L’ardita fanciullezza,
Sfrenata giovanezza
175È quella che ti guasta;
Poichè un mese non basta
Una usanza lor nuova,
Ma ognor più si truova
Nuove frasche e pazzie;
180E queste son le vie
Trovate dal dimonio.
Soleva a noi, Antonio,
Bastare un mantel verde;
Et or si strazia e perde
185Più in un vestir per voi,
Che non facea per noi
In nostra gioventute;
E solo alle virtute
Avamo il nostro amore.
190Ma credi che ’l Signore
A caso nol permette.
Cresciute le berrette
E scemati e’ cervelli,
E’ panni son più belli
195E gli uomini più stolti,
Per esser troppo volti
A si vile e breve opre.
El nostro mal si scopre
Col far grande scarselle,
200E men danari è in quelle
Che di tempo nessuno.
E come cominci uno
Di queste nuove imprese,
In men tempo d’un mese
205Ne fia Firenze pieno.

Cosi l’aver vien meno
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E corresi poi al vendere,

Perchè crescie lo spendere
E sciama ogni guadagno,
210E tal vuol esser magno
Che ha fatica di vivere.
E’ ci sare’ che scrivere
E dir, più ch’io ho detto.
L’altra è che un giovinetto
215Vadi tanto scollato,
Atto proprio cavato
Da tristi e meretrice.
O Firenze felice,
Non è ancor tempo molto
220Tu eri pur rivolto
Quasi al viver cristiano,
Or se’ infelice e ’nsano!
Voltasi all’altro figliuolo:
Ma tu, dolce figliuolo
Che ti stai cheto e solo,
225Che vorrestu? di’ il vero.
Risp. Benedetto:Padre, el mio pensiero
Volto è solo a studiare,
Et a me basta andare
Vestito onestamente
230E non si riccamente;
Ch’io vego e’ virtudiosi,
O palesi o nascosi,
Sempre esser più stimati
Amati e onorati,
235Che un ricco e ignorante
Che sol dal vulgo errante
È amato, e non da Dio.
Sicchè, buon padre mio,
Fate, se voi potete
240E quando voi volete,
Io non abbi accattare
E’ libri, chè prestare
Chi gli adopra mal vuole.
Altro poi non mi duole;
245Di tutto in voi rimetto.
El Padre: dice:O buon mio Benedetto,

Tu hai il nome e’ fatti,
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E nel parlar, negli atti

Da Dio se’custodito.
250E’ sonmi ora pentito;
Vo’ che indietro torniamo
E vo’ che noi andiamo
A’ fiesolani poggi,
Ch’io mi ricordo ch’oggi
255Una festa non vista
Mai più, el Vangelista4
Vi fa e rappresenta.
E voltandosi ad Antonio segue:
E, se ben mi ramenta,
La fia tutta per te.
260Antonio risp.:Dite pur sempre a me,
Per farmi più vergogna.
Risp. il Padre:Perchè più ti bisogna
Che a quest’altro qui.
Risp. Benedetto:Deh! padre mio deh! sì,
265Andiamo là a vedere;
Fatemi tal piacere.
El Padre risponde, fingendo d’andare:
Or su, moviamo il piede.
Et andando così un poco, dipoi dice:
E se il guardian ti vede?
Risp. Benedetto:Arò in sul palco un lato.
270El Padre: dice:Oh, i’ t’arei accattato,
E sai se volentieri
S’io mel pensavo ieri,
Una veste gentile
Per non parer si vile.
275Risp. Benedetto:Io starò bene in terra.
Vanno così un poco; di poi il Padre dice:
E se il luogo si serra
Come potremo entrare?
Risp. Benedetto:Io farò ben chiamare
Un che mi verrà aprire.
280Sollecitiam pur d’ire

Perchè tardi non siamo.
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Et andati che sono un poco, il Padre risponde e dice:

Oh be’, noi ci appressiamo,
El è la porta aperta.
Ma questa po’ dell’erta
285Atti fatto sudare;
Guarda non riscaldare.
Risp. Benedetto:Non, padre mio, nïente.
Giunti che sono dove si fa la festa, il Padre dice:
E’ c’è di molta gente.
Benedetto guardando el parato risponde al padre:
E questo è un bel parato.
290Risp. il Padre:Si bene, in simil lato.
Benedetto dice:E ogni cosa è in punto.
Risp. il Padre:Be’, tu se’ a tempo giunto,
Chè non s’arà a badare.
Risp. Benedetto:Padre, i’ vo’ domandare
295Un della compagnia
Che festa questa sia.
Risp. il Padre:Si ben, senza sturbare.
Benedetto vede un giovane vestito come un festaiuolo andare in qua e in là tutto infaccendato, e pigliandolo così un poco, dice:

Fratello, a perdonare,
Che festa ha esser questa?
300El Festaiuolo risp:Deh! non mi tor la testa,
l’ho altra facenda.
Benedetto dice:Deb! fa’ che io lo intenda.
Risp. il Festaiolo: Sta in silenzio a vedere
E potralo sapere;
305Tu non hai discrezione,
E vedi passïone
Ch’i’ho, perchè manca uno.
Risp. Benedetto:Che non c’è ancora ognuno?
El Festaiuolo risponde a Benedetto:
No, che manca una voce.5
310Et è ito un veloce
A Firenze per lui,
Nè torna niun de’ dui;
Gli altri a disagio stanno.

315Risp. Benedetto:Be’, mentre che verranno,
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E tu mel di’ con fretta;

Tu me I’ aresti or detta.
El Festaiuolo risponde a Benedetto e dice:
Or su, io son contento.
Nota bone, e attento
320Tien lo ingegno e l’orecchio.
Nel Testamento Vecchio
A capitol ventuno
Intendere può ciascuno
Come il Genesis narra
325Che Abram sposo di Sarra,
Si come a Sarra piacque
Con l’ancilla Agar giacque,
Et èbbene Ismael.
E seguendo poi quel
330Il mondo pien d’inganni,
Volle più tempo e anni
Svolgere a’ modi suoi
Isac,6 nato poi
Di Sarra, figliuol buono
335Dato per grazia e dono
E sopra naturale,
Come Dio liberale
Sempre a chi l’ama porse.
Ma Sarra se n’accorse,
340E fe’ che ’l suo Abrá,
Come ciascun vedrà,
Con le sue proprie mane
Die’ lor sol acqua e pane
E poi gli cacciò via;
345Onde a lor per la via
Mancar l’acqua vedrete,
E crescier poi la sete
Ad Ismael si forte
Che quasi venne a morte,
350Si come può seguire.
Per nol veder morire,
La madre il menò allora
Di quella strada fora

In boschi e ’n selve ombrose,
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355
Sotto un àlbor lo pose

E da lui si partì,
E scostossi di lì
Quanto uno arco trarrebbe,
E del figliuol gl’increbbe;
360Et ebbe tal merzede,
Chè con si buona fede
Fece orazione a Dio,
Che l’Signor giusto e pio
In quel bosco, in quel monte
365Gli providde una fonte
D’un’acqua molto buona.
Cosi non abbandona
Chi ben pregar lo vuole.
Or su, non più parole
370Ecco chi ci mancava.
Giunge un Gobbo, e Benedetto dice:
Guarda chi s’aspettava!
Io mi vo’ innanzi fare.
To’, ve’, per non sudare
È venuto a cavallo.
375Cosa da rimandallo!
El Gobbo risponde a Benedetto:

Anzi, per far più presto.
El Festaiuolo dice:No, gl’intervien per questo
Che a chi par ben cantare
Sempre si fa aspettare;
380Non e’ dicitor buoni.7
El Festaiuolo segue voltandosi al Gobbo:
Or càvati gli sproni,
Et è il tuo luogo qui.
E voltandosi el Festaiuolo al padre co’ figliuoli dice:
Voi starete costì
Et ognuno al suo loco;
385La festa starà poco
A venire allo effetto.
Ora il Festaiuolo si volta al popolo, e pregandolo dice così:

E a te, popol diletto,
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Noi ti vogliam pregare

Che tu voglia ascoltare
Con silenzio et amore;
E d’ogni nostro errore
Scusa, chè di fuor siamo;
E come amaestriamo
Qui questi giovanetti,
Acciò che più perfetti
Sien per dire in Fiorenza,
Dove per eccellenza
Bisogna mostrar l’arte,
E qui basta far parte
E gli esempli sien buoni.8
Or su, date ne’ suoni
Ch’io conosco nel volto

Ciascuno esser ben volto;

State in silenzio, e per premio io prometto
Esemplo, pace, amor, gaudio e diletto.


Finita l’annunziazione il festaiuolo va a sedere. Et Abraam sta a sedere in luogo un poco rilevato e Sarra appresso a lui et a’piedi loro da mano destra debbe stare Isac, e da mano sinistra un poco più discosto debbe stare Ismael con Agar sua madre; et alla fine del palco da man destra debbe essere lui altare, dove Abraam va a fare orazione, et alla mano sinistra alla fine del palco ha a essere uno monte in sul quale sia uno bosco con uno arbore grande, dove arà apparire una fonte d’acqua a modo di pozo, quando sarà il tempo.


Abraam dice a Sarra:

     Stu pensi, Sarra mia, con diligenza,
Iddio ci porta un singulare amore,
Considerata la gran previdenza
Ch’ha auto sempre al ben nostro et onore
Nella Caldea, e qui per la influenza
Della gran fame, mi spirò il Signore
Ire in Egitto, e tu meco venisti

E da lui d’ogni ben fummo provisti.
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          Segue Abraam: Dove per tua beltà fu’ per morire;
Ma per non tentar Dio e per men male,
Sorella mia, cioè parente, dire
Ti fe’, si come è il vero e naturale;
Perchè il tuo padre Aram, senza mentire,
Come tu sai, è mio fratel carnale.
Fustimi tolta, e sopra a ogni cosa
Ti volle Faraon tor per isposa.
     Allor d’aver figlino’ per tal cagione
Avemo quasi ogni speme perduta,
E Dio percosse e’ servi e Faraone,
E fusti immaculata a me renduta
Con grande onor e don di condizione,
E per mia sposa fusti conosciuta;
Ricchi tornammo qui d’argento e d’oro,
Servi, vari animali e gran tesoro.
     Ma tutto passa questa grazia santa
Che prometter da Dio più volte udisti:
Che essendo vecchi, e tu sterile tanta
Miracolosamente concepisti
Di me cento anni e tu ben di novanta,
Isac, il quale al tempo parturisti;
Il che pensando certo non posso io
Tenero il pianto e ringraziare Dio.
     Sarra risp.:Et io piangendo udito ho parlar te
Come chi per letizia piange e ascolta,
Sendo il ver tutto e provatolo in me
Et in particular più d’una volta
Con Faraone e Abimelech Re
Di Gerais, da’ quali io ti fu’ tolta;
Dove da l’angel mio fu’si guardata,
Che a te ritornai monda e immaculata.
     Essendo poi visitata da Dio,
Miracolosamente ebbi concetto.
Così portando il tuo e figliuol mio
Sentivo tanto gaudio nel mio petto,
Che ’l peso era leggier, soave e pio;
Nel parto poi, tal letizia e diletto
Che superava il duol che suol sentire
Ciascuna donna nel suo partorire.
     E, così vecchia, ogni pena a lattarlo

Non mi parea fatica a sopportare.
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Poi quando il volli dal latto levarlo,

Per gran letizia tu volesti fare
Un bel convito, e a mensa onorarlo
Chi si venne con teco a rallegrare.
Ma dimmi, sposo mio, se gli è onesto,
Qual fin t’ha mosso a dirmi or così questo?
Risp. Abraam:La ragion vuol che a quel che più si doni
Tanto al dator fien più quelli obligati;9
Però avendo da Dio si magni doni,
Vorrei che alfin noi non fossimo ingrati,
Chè Dio dà e’ figliuoli acciochè buoni
Principalmente que’ sieno allevati;
E’ padri che v’han poca diligenzia
È un dare a’ figliuoi del mal licenzia.
     E dalla parte mia non ha a restare;
Ma tu ancor, si come dolce madre
Che han più spesso e’ figliol seco a parlare
E con più sicurtà che col lor padre,
Custodiscilo in modo nel ben fare
Che tu il conduca in ciel fra l’alte squadre,
Che Dio sotto figura della terra
Di Canam m’ha promesso, e mai non erra.
     Sarra risp.:Certo, veder più presto il cuor disia
Corporalmente il mio figliuol morire
Che viver ricco, sano, e per la via
D’infideltà e’ peccati seguire;
E non resterò mai in vita mia
Di fargli il bene e le virtù fruire.
Abraam risp.:E così credo, anzi certo ne sono.
E odi quanto Dio vuole et è buono.
     Et verbo eterno, el qual debe pigliare
Del nostro seme umana carne in terra,
Per esser redentore a liberare
L’unirne nostre dalla infernal guerra,
Prima comincierà a operare,
E poi insegnare a qualunque uom che erra,
Chè chi col dire insegna e non fa l’ opre
Poco giova a chi ode, e ’l falso scuopre.
Però credendo a tal redenzïone,

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E che lui in carne Cristo fia chiamato,

Perchè gli arà la plenaria unzione
Dello spirito santo in lui informato,
E volendo imitar sua perfezione,
Come discepol bene amaestrato,
E esser, benchè il nome non ha ancora,
Ma nell’opre cristian, che fien allora,
     Dobbiam di santa vita dargli esemplo,
Che spesso al ben fa l’alma più veloce,
Nè possa dir: Padre, imparo e contemplo
Da voi el mal, chè questo è quel che nuoce.
Chiamalo, andiam, si come al sacro tempio,
A ringraziar col core e con la voce
Iddio all’altar nostro edificato,
Ch’e’ vuol, siccome è giusto, esser laudato.
Abraam va verso l’altare, e Sarra rimane e chiama Isac e dice:
Vien qua, Isac, o dolce figliuol mio.
Risp. Isac inginochiandosi:
Che comandate?
Sarra levandolo d’inginochioni dice:
                         Or così reverente
Sie sempre a tutti, umil, devoto e pio
Chè molto piace a Dio l’ubidiente,
E vo’ che sappi che l’eterno Dio
Ti dette a noi miracolosamente.
Io vo’ che per tuo bene e tua salute
Tu fuga e’ vizii, e segua le virtute.
     Isac risp.: Maggior diletto mai ho conosciuto
Che è quanto amar Dio e nel far bene;
Ma perchè i’ son fanciul bisogna aiuto
Da Dio impetrar, dal quale ogni ben viene.
Sarra dice:A punto il mio voler t’è or venuto,
Chè ’l padre tuo, che tanto car ti tiene,
Mi t’ha fatto chiamar che all’orazione
Insieme andiamo.
                              Isac risp.: Or su, con divozione.
Vanno all’orazione dove è Abraam, e inginochiati tutti, Abraam dice solo:

     A render grazie a te, buon Signor, vengo
Del mio figliuolo e sì mirabil dono;

Sol per tua grazia e sol da te lo tengo
' ' ' [p. 17 modifica]
E a te lo rendo e offerisco e dono;

Ma perchè senza te mal mi sostengo,
Così, con la tua grazia, quei sia buono,
Chè nulla è ben senza la grazia tua,
E accetta or l’orazïon mia e sua.
Finito Abraam, Isac e Abraam con un bel canto dicono questa stanza:
0 magno Dio, che ’l ciel la terra e ’l mare
Di nulla in si bell’ordine hai creato,
E da te, che non puoi nè vuoi errare,
Nella sua perfezione è conservato;
Dà grazia a noi che non possiamo amare
Altri che te che debbi esser amato,
Vincendo il mondo pien d’affanni e pene,
E nella fin fruir te, sommo bene.
Finita l’orazione si partono, e per la via tornando a casa Abraam dice ad Isac:
     Attendi, Isac, al nostro documento
Che t’amiam certo più che non si suole,
E quel che ho visto in opra e sperimento
Tel voglio or dichiarar con le parole.
Fa’ che tu sia sollecito e attento
All’orazion che spesso far si vuole
In mo’ che in ogni tua operazione
Preceda sempre innanzi l’orazione.
     Questa fa l’uom sollecito e fervente
Per sè e per gli altri a santa caritade;
Questa impetra da Dio giusto e clemente
Quel che si chiede a salute e bontade;
Questa m’ha fatto allegro e pazïente
E vittorioso d’ogni avversitade;
Questa m’ha fatto spesso in ciel gustare
E’ ben celesti et in Dio trasformare.
     Risp. Isac O caro padre, o dolce madre santa,
Sappiate sol che questo è il mio contento
Di seguir vostri esempli, e voglia tanta
Delle virtù, sprezaudo oro et argento;
Ma pensate ch’io son tenera pianta
E che ’l sostegno vostro a qualche vento
Bisogna ancor, benchè vi fia fatica.

Abraam risp.: E volentier, che Dio ti benedica.
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Abraam, Sarra et Isac si pongono a sedere, et Ismael si rizza e guardandosi e parendogli essere bello e gagliardo dice da sè:


     Quando mi sguardo ben i’ son più bello,
D’almo gentile, giovane e gagliardo,
E parmi che a ciascun che io favello
Mi ponga amore, anzi, com’io lo guardo,
I' vo’ bel tempo or ch’io ben posso avello;
Chi non fa quando può, è sempre tardo;
La gioventù de’ sempre gire e tendere
A caccie, feste, suoni, canti e spendere.
E voltandosi Ismael a’ compagni dice così:
     Dunque, compagni mia, che stiamo a fare?
Vogliam noi perder tempo e non godere?
El Primo Compagno risponde:
Io rinego la fé, che s’io vo’ andare
Un passo fuor, mio padre il vuol sapere.
Risponde il Secondo Compagno:
Voi non sapete una scusa pigliare;
Io fo talvolta in casa bugie bere
Che le vedrebbe un cieco, in fede mia;
E la foggia fa spalle,10 io raschio via.
     Risp. Ismael:E’ bisogna anche a me giocar del destro
Se io non vo’ che Abraam mi muti suono;
Io non ho più bisogno di maestro,
Nè di tante orazion, nè far sì il buono;
Ma vorrà poi tirar tanto il balestro
Ch’io so che ’l romperà; io so ch’io sono.
Or ch’io conosco il mal, ch’i’ vego e odo
Intendo far d’ogni cosa a mio modo.
El Terzo Compagno risponde:
     Egli hanno a noi sol quella discrezione
Che ha il lupo a un agnello, io lo veggio;
E non dicon: quand’io ero garzone
Io facevo cosi, e forse peggio.
Risponde il Primo Compagno:
Sa’ tu dove mi pare aver ragione?
Quand’io guadagno e poi danar gli chieggio,
E vuol sapere perchè, a uno a uno;

[p. 19 modifica]
Poi, borbottando, ho un grosso, o nessuno.

     Risp. il Secondo:El mio potrebbe dir; s’io non volessi
Io non ne metterei in casa un lupino.
Risponde el Primo:
El simil fare’ io se io potessi;
Ma e’ vuole el conto infin a un quattrino.
El Secondo risponde:
Che diavol te n’andre’stu non gliel dessi?
Risponde el Primo:
Non mangerei più in casa pan nè vino.
El Secondo risponde:
Et io non vi starei, quando e’ non vuole;
Per tutto come qui si lieva il sole.
El Primo risp.:Io ho voluto imparare a ballare
E a qualche gentilezza mi son dato,
E sol per non aver poi da pagare,
Come si debbe io non ho inparato.
Risponde el Secondo:
Et io so prima mollo ben giocare,
E questo per non essere ingannato;
E cantar e ballar, schermire e suoni
Per esser alle man co’ compagnoni.
Ismael risp.:Non più; ognuno attenda a’casi sua,
E qualche bella gita oggi pigliamo.
Risponde el Secondo:
Dove n’andremo?
Ismael risp.:Andremo in villa tua,
E li vo’ che una caccia oggi facciamo.
El Secondo risponde:
E’ non v’è cani.
Risp. il Primo:Io andrò per dua.
Risp. il Trezo:
Io per le rete.
Ismael risp.:Or su noi ci avviamo.
El Primo risp.:
Aspettale pur voi, noi torniamo ora.

Ismael risp.: Ognuno sia alla porta infra un ora.


Partesi il primo e il terzo, e vanno pe’ cani e per le rete, et Ismael ne va col secondo a vestirsi ad uso di cacciatore e mena seco il gobbo; dipoi si truovano tutti insieme e vanno cantando qualche canzona da sgherri a proposito; et in [p. 20 modifica]questo mezo Isac pensa di volere ire alla orazione, e dice da sè:
     
Io ho sentito sempre questo dire

Che un buon principio è d’una gran sustanza.
Ma che nulla non val senza seguire
A miglior mezo e fin, che è la importanza.
Però debbo a orare ogni giorno ire,
Chè si corona la perseveranza
Come il buon padre mio m’ha sempre detto,
E così vo’ che al Signor sia accetto.
Isac va all’altare, e posto ginochioni dice a modo di orazione:
     Ascolta il nuovo priego, o magno Dio,
E benchè io sia ancor vile e piccoletto
Accettai per amor del padre mio,
Il quale so che t’è in grazia et accetto,
E come lui, per sempre prometto io
Servirà et amar te, giusto e perfetto;
Ma tua grazia bisogna a tutte l’ore,
La quale io t’adimando col buon cuore.
Isac si leva da l’orazione e con allegreza andando verso casa dice:
     Or vego io donde vien la negligenza
Che s’ha oggi si grande all’orazione,
Questo è perchè non missen diligenza
D’andare a quel con fede e devozione,
E non possono avere esperïenza
Della suave e gran consolazione
Che sente chi si unisce orando in Dio,
Come per grazia ha sentito il cor mio.
Isac andato che è un poco, riscontra Ismael co’ compagni che torna da caccia cantando quella canzone: O cacciator che tanto cacciato hai, e giunto a piè del monte il Secondo Compagno dice a Ismael:


     Vedesti tu, Ismael, il mio Giordano
Pigliar due lepre, et in sì poco lato?
Risponde il Terzo Compagno:
E la mia cagna là giù per quel piano

Che attraversò la lepre in quel fossato?
[p. 21 modifica]
Risponde il Primo:

Et io la presi alle rete cor mano,
E sai ch’io m’ero appunto dormentato.
El Gobbo risponde:
E s’io beevo un bicchier più o un sorso
Innanzi a voi io abracciavo un orso.
Risponde il Primo Compagno dileggiando il gobbo:
     Io credo quando e’ ti creò natura
Ch’ella inparava, o la ponea a piuolo.11
Risponde il Gobbo:
E così com’io son, non ho paura
Di te, nè di nessuno a solo a solo;
Si che non mi bravar.
                                             El Primo dice:Guarda figura,
Che dice: non bravar.
                                             Risponde il Gobbo:Guarda figliuolo,
Che puo’ tu far?
                              Risponde il Primo Compagno:
Darti; nè più nè meno.
Risponde il Gobbo:
A chi?
Risponde il Primo Compagno:
               A te.
                              Risponde il Gobbo:Di’ pur: noi ci daremo.
El gobbo cava fuor l’arme per azuffarsi, et Ismael gli divide e dice:
     Ecco a bravare e farsi dispiacere;
Dica ognun quel che vuole, e ’l dar si stia.
Ma si sarebbe preso cinque fiere
E le son due; le fien volate via.
Egli è ben ver che non si può sapere
Da’ cacciatori un ver che stato sia,
E non dite più cosa che dispiaccia.
Andiamo a cena, a fare un altra caccia.
Partonsi, et Ismael veggendo Isac dice al secondo compagno:
     È questo Isac che vien qua per via?
Risponde il Secondo Compagno:

Nol vedi tu che si? se’ tu smarrito?
[p. 22 modifica]RAPPRESENTAZIONE III ABRAMO E AGAII.

Ismael va incontro a hoc e dice: E1 ben trovato Isac nostro sia ; Donde si vien si devoto e contrito? Isac risp.: Dall' orazion che far si debbe in pria Ad ogni impresa, e cosi voi invito Se volete acquistar quel che vi piace Con util, grazia, onor, salute e pace. Ismael risp.: Tu se’ di que’ che si dan sempre a intendere Che s’abbi sempre a stare in orazioni ; E chi non sta, voi volete riprendere, E noi siam come voi certo o più buoni ; Voi non sapete un quatrin solo spendere Nè cavarvi una voglia, miseroni; Vuoisi sguaiate, or che giovani semo Chò, volendo, poi vecchi non potremo. Isac risponde ad Ismael : lo son certo di que’ che crede e intende Che far ben piaccia a Dio e’sua eletti, E che ubidir si vuol chi il mal riprende E non guardar se gli è pien di diletti, E chi per le sue voglie tanto ¡spende Manca danari e rinuova i concetti ; Cosi perdete il tempo e gioventute Ricchezza, stato, onor, pace e salute. Ismaei. risp.: E tu non di’ il piacer che s’ è avuto oggi ; Ma ben è il ver che alquanto strachi siano Per cantar e gridar su per que’ poggi : Velia qua, velia là, giù per quel piano. Io vo’che 'I tuo pensier al noslro apoggi E queste lepre che prese rechiano Venga a goder di nascoso tra noi, Acciò che Abram noi sappi e gridi poi. Isac risp.: Vedi che pure e’ ti par far errore, Poi che dal tuo buon padre ti vo’ascondere. Ismael risp.: Anzi, è perchè mi dà sempre romore D’ogni mio spasso, e non si può rispondere. ltisp. Isac : Egli è si grande il filiale amore Ch’ogni virtù in voi vorrebbe infondere, Ma il ben si fa di di, aperto e visto, E1 mal di notte, in luogo ascoso e tristo. Risponde il Terzo Compagno: Deh! non istiam più tanto a disputare ; [p. 23 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. 23 Costui la guarda troppo nel sottile, E sapratti si ben ciaramellare Che tu gli crederai, si come uom vile. jiisp. Isac : E voi sol con lusinghe et adulare Svolgete presto uno animo gentile’ Dalle virtù, e mostratevi amici In gioventù e ne’ tempi felici. Risponde il Terzo Compagno: Or non si debbe aver sempre un amico Che ti soccorra d’aiuto e danari? Isac risponde e dice: Cotesto si, ma nota quel eh’ io dico : Che molto esser vuol buono, e’buon son rari, E perciò averne io non m’affatico ; Manco han bisogno danar nostri pari, Sendo di vitto e vestir ben provisti, Se non per giuoco, o per non buoni acquisti. Segue Isac voltandosi al popolo: Oggi chi vuole aver grande amicizia Mostri d’aver danari e gran guadagno E ben vestito c di bugie dovizia, Bestemmio, bravo spenditore e magno; E chi vuol presto poi far nimicizia Facci il contrario, e qualche buon compagno Ripigli; e que’che prima erano amici, Dicendo mal di Ini, son poi nimici. Primo Compagno : Oh ! si starebbe un anno in questa pratica ; So vuol venir, non più baio o parole; E se non vuol venire, e tu lo spratica, E’non si vuol far bene a chi non vuole. Inteso avete, io non parlo in gramatica; 1 Citi non fa al tempo, indarno poi si duole. Ismael risponde a Isac: Tu andrai a tuo' salmi et orazione, Noi a provar se le lepre son buone. Partesi Isac; et Ismael cosi un poco discostatosi co’ compagni, et primo compagno dice ad Ismael: Ismael, se costui gli occhi chiudessi, Oh come poi, di’ il ver, si sguazerebbe? ' -Vo'ì parlo Ialino; dico in volgare, |>ci eli è ciascuno mi intenda. Risponde il Risp. Isac: [p. 24 modifica]24 RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. Risp.Ismael:Io non vorrei; ma pur se Dio volessi Con pazienzia; et a me ben farebbe. El Secondo Compagno dice: E non è niun che al veder non credessi ; Ma a tagliarli il capo e’non morrebbe. Ismaelrisp.: Ben lo vedrei, non vo’ dire ogni cosa ; Ma quando il tempo fia, corrò la rosa. Ismael co’ suoi compagni si partono e vanno a sedere, et in questo mezo uno servo eh' è stato a vedere el udire ogni cosa, dice da sé- di volerlo dire a Sarra, acciò che Isac non sia sviato : Se un fedel servidor debbe guardare La casa e roba del suo buon signore, Quanto più de’ star desto a conservare Sua bontà, onestà, pace et onore. Io vego che Ismael potre’ sviare Isac, e indurlo presto a tale errore Che a tempo non sare’ po’ a dar rimedio ; I’vo’fare or, chè ’1 ben non vuol mai tedio. // Servo va a Sarra e chiamata da parte gli dice: Madonna, udite el mio vero parlare Mosso sol sendo da voi tanto amato :1 I’ ho visto Ismael testé tornare Di fuor, non troppo bene accompagnato, Et han tentato Isac di voltare A’ modi loro, e benché in van sia stato, Pur molti colpi poi 1’ arbore atterra ; Or tu se’ savia, e sai che ciascun erra. Risp. Sarra: Se gli è ver che non paga oro et argento Un fedel d’un tesor qual si conviene, Qualunque sarà mai si gran talènto Che paghi chi 1’ onor più fedel tiene, Come tu, stato a questo bene attento? Ma Dio il qual remunera ogni bene Sopperirà; nè io scoprirò te, Ma a caso gli dirò, come da me. Partesi il Servo, e Sarra chiama Isac: Isac, che vuol dire tanto il tardare Staman de l’ir, qual suoli, a l’orazione? 1 Da/l’ esser da voi tanto amato. [p. 25 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. 25 Risp. Isac: Madre, apunto testé volevo andare. Sarra dice: Or non star più, e va’con devozione; E stu vedessi il contrario operare Ad Ismael, e con adulazione Volessi svolger te, noi consentire, Ma prima che far mal, voglia morire. Partesi Isac e iscontra Ismael, e Ismael dice cosi a Isac: Dove vai tu stamani, costumano? Risp. Isac: All’orazione, e te meco vorrei. Risp.Ismael:Che orazione! io vo che noi andiamo Oggi a un ballo che fanno e’Cananei, E di fiori e grillande ci adorniamo. Isac risp.: Cotesto è troppo errore, io non verrei. Risp. Ismael:Sta’ cheto, eh’è error di gentileza Gli spassi dati a nostra giovineza ; Come fu quel che avemmo iersera, E di’: mio danno, a non voler venire, Dove trionfò più un che non v’ era ; Poi, se facemmo baie io noi vo’ dire. Che sa egli a far, se no far buona cera? In ogni modo s’ ha presto a morire; Or questo po’ di tempo che s’ ha stare Non è egli me’, potendo trionfare? Segue Ismael mettendo una grillando, in capo ad Isac: Piglia di questi liori, e vo’ che tenga Tu questa, che più bella non si narra. Risp. Isac : Io son contento, ma prima eh’ io venga Io voglio andare a domandarne Sarra, Perchè farmi aspettar non intervenga. Ismael risp.: Anzi, è che tu non vuoi ch'ella ti garra. Isac risp.: EH’are’da gridar, perch’io gli ho detto Ch'io tornere’ testé. Risp. Ismael: Va, io t’aspetto. Partesi Isac e va a Sarra, e Sarra veggendolo con quella grillanda e fiori in mano, turbata dice: Chi t’ ha insegnato questi fior portare? Chi t' ha insegnato si il volto adornallo? Isac risp.: Madre, Ismael, che mi vuole menare Fra’ Cananei che fanno oggi un ballo. 7fi'sp.Sarra: E tu hai consentito a lui d’ andare? Voi-* t. s [p. 26 modifica]26 RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. Risponde Isac iiujinochiandosi: Madre mia si, ma io voglio or lassallo Perch’ io conosco che ingannalo sono, E sprezo e' fiori, e chiegovi perdono. Sarra risponde perdonandogli: Perchè tal volta è cosa umana errare Et angelica poi presto emendarsi, Però ti vo’, figliuol mio, perdonare Come è degno chi vuole umiliarsi; Nè voler più con Ismael andare, Nè mai con Cananei accompagnarsi Chè se ’1 sapessi Abram, 1’ are’ per male. Jiisp. Isac: Madre, mai più farò uno error tale. Ismael aspettando Isac. e veggendo che lui sta tanto a tornare dice da sè: E’ si sarebbe andato e poi tornato Un miglio non clic a casa, ov’io il lasciai; Ma Sarra non vorrà che sia sviato Come se fussi d’importanza assai; Ma se dà nelle rete, io 1’ ho giurato Più volte, credi, tu vi rimarrai. L’aspettar più non è il caso mio, Chè non andrebbe poi nè lui nè io. Ismael va al ballo, et in questo mezo Isac va all’ orazion e con modo pietoso dice : Bendi’ io dovessi non avere ardire Di pregar te, Signor che ’1 tutto imperi, Avendo tanto errato a consentire Ad Ismael et a’ mondani piaceri, Ma perchè non suol mai grazia disdire E perdonare all’umil volentieri, Però misericordia al peccatore Che promette mai più far tale errore. Isac levatosi dalla orazione, Ismael torna dal ballo e riscontrando Isac dice: Io potevo aspettar, s’io non volevo Che non andassi al ballo niun di noi ; Ma il più bel tempo come te perdevo Che possa aver nessuno a’ tempi suoi, [p. 27 modifica]IIAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. 27 Ma io m’indovinai t[ucl eh’ io sapevo Che Sarra non vorrebbe, e tu che vuoi Andarle allato sempre al cintolino Sarai fin in venti anni ancor bambino. Isac risp.: Io ho voluto più presto obedire A lei che a te, diletta madre mia, E se volessi tu il ben seguire Conosceresti il ballo esser pazzia; Ma forse presto ti vorrai peittire Del tempo perso, e 'I pentir tardi fia ; Pensa che chiunche balla 9 sta a vedello Cosi gli balla e saltagli il cervello. Ismael risp.: Guarda chi domin vuol riprender me! Io vo’ che tu da me far bene impari, Ipocrito, ghiottino e senza fè, Che faresti ogni cosa per danari ; Tu credi eh’ io non sappia chi tu se’? Ma vuole Dio che tu non sia mie pari Ch’ i’ userei or altro che parole ; Ma tuo danno sarà ; sia poi che vuole. Ismael lascia andare la cappa in terra per voler dare a Isac, e Sarra sentendo, corre a dividerli e dice: Che cosa è questa, a chi ti pare dare? Ismael, Ismael tu non lo credi! Non che tu voglia il tuo mal far lasciare, Ma altri a tue pazzie svii e richiedi. E pur se vuoi in mal continovare Lascia star qui Isac. E voltandosi Sarra a Isac dice: E tu che vedi Che non fanno per te e’modi sui, Fa’ che mai più io ti vega con lui. Sarra si parte con Isac, et Ismael rimasto solo da si dice: Se non giugneva Sarra in su quel punto Io gli davo una pèsca mal matura, E parve ben eh’ ella giugnessi a punto ; Egli è un sogno a chi non ha ventura ; 1 Ma innanzi che io sia morto e defunto Io gli farò un di una paura Che forse forse sarà da dovero, E trarrò lui e me d’ un gran pensiero. ' Altre edizioni : Egli è Wl sogno a ehi ha aver ventura. [p. 28 modifica]28 RAPPRESENTAZIONE DI ADRAMO E AliAR. Partesi Ismael, e Sarra levandosi da sedere dice da sé : Chi nasce di mal sangue e genie ria È rare volte a’ buon costumi dritto ; La madre sua che fu già serva mia È di quel sangue pessimo d’ Egitto, E veggendo me steril tutta via La tolse Abram per donna per mio ditto, Della qual concepette in poco tempo Questo Ismael, e partorillo al tempo. Insuperbita come sconoscente Si facea di me beffe e cosi il figlio, E riprendendola io benignamente Poco aprezava o nulla il mio consiglio, E da me si fuggi nascosamente ; E però certo io non mi maraviglio Se’l figliuol non traligna in parte o in tutto, Chè tal quale è la pianta, tale è il frutto. Ma dubito che un di per ira e sdegno E'non m’offenda il mio caro figliuolo, Faccendo suo pensiero e suo disegno Che questa eredità resti a lui solo. Et honne visto oggi un cattivo segno, E per levarmi lai sospetto e duolo Vo’rimediar testò che’l caso è verde; Chi ha tempo e tempo aspetta, tempo perde. Sauna va ad Abraam e dice: Abram, intendi ben quel ch’io ragiono, Chè ’1 caso d'importanza lo richiede: Noi abiam un figliuol ch’è molto buono, Et è ragion che sia di tutto crede. E credi a me, che accorta mi sono Che Ismael tutto il contrario crede, Con ucciderlo in prima; ond’io vorria Che Agar sua madre e lui cacciassi via. Auraam risp.: Nessuna cosa a l’uom più duole e spiace Ch’esser crudele al suo sangue, o non pio; Ma perchè sempre tenni teco pace, E benché questo grave sia al cor mio, M’ingegnerò di far quel che ti piace E crederrò che sia l’onor di Dio ; E lui preghiamo che ogni ben dimostra [p. 29 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AOAR. Ci spiri il suo voler, la pace nostra. E pensa, essendo ancor giovane quello, Che potre’ ravedersi dell’errore, Che spesso a un tempo un non si può tenello E poi fa me’che gli altri e in più* fervore. Sarra risp.: Abram, credi che chi non ha cervello, E che non rende a Dio el padre onore, Tien senza frutto in ¡speranza e tedio. ABRAAMrisp.:Non più, all'orazion eh’è il ter rimedio. Sarra si parte, et Abiiaam rimane e dice da sè : Egli è ben vero che gli è un gran contento Aver figliuoi, ma voglion esser buoni. Chè pel contrario e’ dan tanto scontento Che l'orza è che’l buon padre s’abandoni ; E se vuol castigargli, ognuno è ’ntento A dir che gli è crudele ; e cosi i doni Che’l mondo dà, or dan pace or dan guerra, Chè solo Dio tien un contento in terra. Da una parte l’amor naturale Mi stringe a quel che vuol Sarra fedele; Dall'altra eli’è pur cosa micidiale, L'essere al mio figliuol tanto crudele; E s'i’ noi fo, maggior danno e più male Potre' seguire, e cosi tosco e fele Pigliar bisogna; el me'non so comprendere Se tu pietoso Dio non mel fai intendere. Abraam inginochiandosi fa orazione e dice: Però, clemente Dio, che ab eterno Vedesti il fin di ciò che è stato e fia, Onde ogni cosa è sotto il tuo governo, Nulla t’è scosto, e tutto è in tua balia, Dunque tu vedi quel ch’io non discerno Che è mia salute e tua volontà sia, E vorrei sol quel io che non t'offendi ; Però se t’è in piacer, fa ch'io lo intendi. Finita l’orazione, una voce viene da cielo e dice: Abram, Abram, fa’quel che Sarra ha detto, Po'che Ismael nè me nè te non teme; Nè sarà contro a quel ch’io t’ho eletto, Perchè in Isac crescerà il tuo seme, Et Ismael, che per tuo amor m’è accetto, Di gran gente fia capo ; e però insieme [p. 30 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E All ab. Con la madre, tua ancilla, il caccia via, flliè Sarra il dice sol per profezia. Abraam si rizza, e tutto allegro in un bel modo clicc: Chi potre’ mai tal grazie e laude dare Al magno e buon Signor, qual si richiedo? Nessun nè io il potrebbe laudare Quanto gli è degno a quant’e’ci provede, E vego Sarra Idio farla parlare E che l’è piena d’umiltà e fede, Ubidiente in quel che si comanda ; Et ora adempierò quel che domanda. Abraam va a sedere, e chiamando Agar et Ismael dice: Agar, ascolta, io vo’ alquanto parlarti E a te, Ismael, sol di me nato; Tu sai che Dio, senza altro più narrarti, Nell’opre sue m’ha sempre amaestrato; Or perchè piace a lui che da me parti Col tuo figliuolo, a me debbe esser grato Benché amor Aliai forte mi tira; Ma poi che vuol, va’ dove lui ti spira. Agar piangendo risponde: Oimè, che vuol dir questo aspro parlare? Di'se t’abbiamo offesi, e siam contenti; Dove vuo’tu che noi andiamo a stare? Vuo’ tu che noi moiam di fame e stenti? Ismaelriap.: 0 dolce padre mio, vuo’ tu cacciare Il tuo figliuolo? omè che tu consenti Che noi ci andiam pel mondo tapinando! 0 caro padre! io mi ti raccomando. Abraam riap.: Certo, (igliuol, per tua tenera etade Molto mi duol che Dio questo vogli ora. /¡¿s/).Ismael:E però, padre, abbi di me pietado E della madre mia, giovane ancora; Nè vo’comc figliuol più libertade, Ma come schiavo tuo gir sem])re fora A guadagnar le spese, all'acqua e venti Per folti boschi, guardando e’tuo’armenti. Abraam si volta verso Agar, e dice: Tu sai quando discesi ne l'Egitto Chi qui era gran fame tra costoro; Quivi non solo Dio providde il vitto, Ma ricco tornai qui di servi e d’ oro, [p. 31 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. Tra’quali tu, come altre volte ho ditto, Fusti donata a Sarra mia da loro ; Cosi a voi farà se arete fede Che tanti uccelli et animai provede. Risp. Agar: Di quanta robba arò più previdenza, Più dorrà senza te il trionfalla. Risp.Ismael:0 padre, abbi del tuo figliuol clemenza Che per dolor vien meno e giù non parla. Abraam risp..'E’ bisogna che abbiate pazienza; To’questo pane, e questa acqua in spalla, E vanne col figliuol, poi che a Dio piace. Risp. Ismael : Padre, deh no! Risp. Abraam: Andate in santa pace. Partoriti con Vacqua c, col pane, e Agar dice ad Ismael: Pigliam, figliuol, la via alla ventura Piangendo, chè da pianger sempre abiamo. Mentre che vanno, dicono questi due versi insieme: Pianga con noi tutta la natura, Poiché tante ricchezze oggi lasciamo ; 0 città nostra, o casa, o degne mura Dove stati onorati tanto siamo, Piacciavi insieme piangere e dolervi, Perchè mai più speriam di rivedervi. Partiti che sono Agar et Ismael, Abraam dice a Sarra: Tu vedi, Sarra mia, ch'io t’ho contenta Perchè cosi mi fu da Dio dimostro. Or più che mai e più spesso ramenta Il far bene ad Isac, figliuol nostro; Chiamalo un poco, e stu non stessi attenta, E'sare'detto poi: il difetto è vostro. Sarra chiama Isac: Isac. Isac risp. : Che dimanda la mia madre ? Sarra dice: Fa motto a Abram. Isac ud Abram dice: Che comandate, padre? Abraam risp. : lo non voglio altro dir che ricordarti Il bene, le virtù e l’orazione. Tu non hai più chi sia per ¡sviarti, E ricca e bella e grande abitazione ; Di ciò ch’i’ho tu puoi assicurarti, [p. 32 modifica]32 RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E AGAR. E dopo me la mia benedizione. Risp. Isac. : Padre, il fai- ben, non roba, è il mio desio. Abraam dice: Cosi sarai più ricco, figlili ol mio. Ismael essendo pel caminare stracco dice alla madre: Eh madre! andate alquanto un po'più piano, Ch’i’son si stracco ch’io non posso andare. Risp. Agar: Figliuoloj e’sarà me’che ci posiano, E, sondo alto già il sole, un po’mangiare. Ismael risp. : Deh ! madre, sì. Risp. Agar : Or su, vo’ che noi stiano Qui dove il sol non ci può riscaldare, Scontando il luogo bel che Abram ci serra, E come bestie mangeremo in terra. Ora si pongono a sedere in terra, e Agar partendo del pane ne dà ad Ismael e dice: Per istamani arai un po’d’acqua e pane Dove solevi aver molte vivande. Ismael risponde mangiando : Io pruovo che’l pan basta alle mie mane Quando la voglia del mangiar è grande. Risp. Agar: Qui non c’è pan che basti per domane, Et in questi boschi c’è sol erba e ghiande. E porgendoli dell’ acqua dice: Te’, stu vuo’ ber. Ismael risp. : Si ben. Ismael avendo beuto dice alla madre: Beete or voi. Agar poi che ha beuto dice ad Ismael: Andiannc, e posercnci altrove poi. Partonsi e vanno caminando salendo il monte, et Ismael dolendosi, va dicendo : 0 cieco Ismael, la eredità Che tu cercavi al buono Isac torre ! Ecco i giuochi, e’piacer, le vanità! Cosi interviene a chi poco discorre ; Or vego chi fa mal che premio egli ha, E contro a Dio nulla si può disporre. Passato è mie’ piaceri e’ 1 mio contento, Isac gode, et io ne boschi stento. Ora Ismael essendo assetato dice alla madre: Io sento si gran sete, caldo e fuoco [p. 33 modifica]RAPPRESENTAZIONE DI ABRAMO E ACAR. 33 Ch’ i’ ho la bocca tutta secca e sciutta. Agar risp.: Qui c'è poca acqua, e non è ili questo loco; Ma guarda se tu truovi qualche frutta. JsjiaEL risp. : Deh! madre no, vedrete io berò poco. jiisp. Agar: Or le’. Ismael bee, e Agar perchè non bea più, dice: Non più. K reggendo che l’ha beuta tutta, dice: Tu l’hai beuta tutta. Ismaei. risp.: Chi ha gran sete al ber non ha misura; Ma noi ne troverremo alla pianura. Vanno cosi un poco, e Ismael mostrando d'aver sete dice : Io son rimasto più ora assetato; D’aver beuta quell’acqua mi duole. Risp. Agar: Perchè quella acqua t’ha più riscaldato, Chè essendo slraco e caldo far lo suole. Ismael risp.: Deh riposianci un poco in qualche lato. Risp. Agar: Vien da questo arbor qua, che non c’è sole. IsmaEL come straco ponendosi a sedere risponde e dice : Io non posso ir più là per grande ardore. Agar risp.: Tu l’hai nella persona, et io nel core. Ismael risp. : Non ci sarebbe alcun modo che io Trovassi fiume o pozo in questo monte? Risponde Agar e dice: Figliuol mio, no; ma vorrei ben che Dio Mi convertissi per te in una fonte Per contentarti, o dolce figliuol mio, E rinfrescar questa tua bella fronte. Ismael venendosi meno per la sete risponde e dice: Madre, la fame è tal, come vedete, Ch’io vengo meno, e muoio per la sete. Agar veggendo Ismael svenuto e stare come morto, dice piangendo : Misera a me, costui è qui svenuto E nulla ho da potergli dar conforto. Almen fussi il mio tempo già venuto, Di morir, prima che tu fussi morto! Figliuolo, io vorrei pur porgerli aiuto; Deh! dimmi per l’amore ch’io ti porto, Se vuoi, per ber, del mio sangue io mi privi, Ch’il farò volcntier pur che tu vivi. [p. 34 modifica]Pagina:Sacre rappresentazioni I.djvu/43 [p. 35 modifica]RAPPRESENTAZIONE di ABRAMO e AGAR. 35 Partesi Agar c venendo giù pel monte, dice da sé: Ben ch’io l’abbi cosi abandonato A orrei pur, s’il potessi, racquistare; E so che Dio, se gli è con fè pregato, Non suol della sua grazia mai maneare; Però a te col cuore umilialo Vengo, che puoi in un punto liberare Non che tanti martir, ma se partita L’anima lussi, rendergli la vita.. ¡lijioi inginocchiata orando dico.: Signore, egli è del sangue e di quel legno Del tuo Abram e mio patron si buono ; E se il peccato suo o mio, è degno Che si crudel ci metti in abandono, Per tua e lor bontà non ci abbi a sdegno Che d’ogni offesa ti chieggiam perdono; Signor, pietà, pietà iti mio figliuolo Ne’boschi, tra le fier, svenuto, solo. L'no Angelo apparisce ad Agar e dice: Agar, non temer più, ma certo credi Che’l tuo prego ha esaudito Dio clementi“, Nel qual pel tuo figliuol grazia gli chiedi, E quel crescerà presto in molta gente. Or piglia il tuo figliuol per mano, e vedi Quel pozo d'acqua là chiaro e vivente; Con quella te e il tuo ligliuol conforta, E lauda Dio che tanto amor ti porta. L angelo sparisce, c Agar vedendo un pozo con l’ acqua, con allegreza dice: Ringraziato sia tu, pietoso Dio; Lasciami al mio ligliuol portarne presto. Agar porta dell'acqua per dar bere al figlinolo, e giunta dice: Ecco dell’acqua, o dolce figliuol mio, Ringraziato sia Dio che s’6 un po’desto. Ismael avendo beato dell'acqua et essendo rinvenuto, dico alla madre: Madre, un po’bere. Agar risp. : Eccone, mio desio. Ismael dicc : 0 dolce madre mia, che vuol dir questo'.' La Madre risponde : Vuol dir che Dio un’ acqua buona e bella [p. 36 modifica]Pagina:Sacre rappresentazioni I.djvu/45 [p. 37 modifica]Pagina:Sacre rappresentazioni I.djvu/46 [p. 38 modifica]Pagina:Sacre rappresentazioni I.djvu/47 [p. 39 modifica]Pagina:Sacre rappresentazioni I.djvu/48

  1. Così tulle le stampe. Ma il Palermo riferendo quello prologo nella sua Illustrazione dei Codd. Palatini (II. 389) scrive: L’uomo è più stimato. E mi par buona correzione, salvochè per amor del verso si potrebbe dire invece: l’uomo è più istimato.
  2. A chi gli ha.
  3. Di gran rarità o di gran merito: come ora si dice: numero uno.
  4. La compagnia detta di San Giovanni Evangelista alla quale appartennero anche i figli di Lorenzo il Magnifico, che da usa fece rappresentare il suo Giovanni e Paolo. Vedi Cionacci, Osservazioni innanzi le Rime sacre di Lorenzo, pag. XVII.
  5. Un attore.
  6. Qui e altrove, perchè il verso torni, si pronunzi alla fiorentina: Isacche.
  7. Allude alle convenienze teatrali, ma i veri dicitori buoni non fanno così. Le stampe più moderne hanno: Cosi i dicitor buoni: ma mi sembra che guastino il senso. — Tutte le stampe hanno: No, gli intervien pur questo; per legare il verso coll’ antecedente ho corretto: per questo.
  8. Intendi: ci serva di scusa che siamo fuor di Firenze e che ammaestriamo nel ben dire questi giovanetti ec.
  9. Intendi: la ragione vuole che quegli a cui più è donato, tanto più obbligato al datore.
  10. La foggia era quella parie del cappuccio che pendeva sulla spalla. Ma il proverbio, non so dichiararlo. Raschio via, probabilmente: io me la svigno.
  11. Crederei che volesse dire: o la volle far proprio te, così brutto come sei. I contadi in quando piantano a piuolo certe erbe, sono obbligali a farlo cespo per cespo. Così la natura, se pur non fece un imparaticcio e un abozzo, volle proprio con cura e apposta, farti così come sei.