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18 rappresentazione di abramo e agar.
Abraam, Sarra et Isac si pongono a sedere, et Ismael si rizza e guardandosi e parendogli essere bello e gagliardo dice da sè:


     Quando mi sguardo ben i’ son più bello,
D’almo gentile, giovane e gagliardo,
E parmi che a ciascun che io favello
Mi ponga amore, anzi, com’io lo guardo,
I' vo’ bel tempo or ch’io ben posso avello;
Chi non fa quando può, è sempre tardo;
La gioventù de’ sempre gire e tendere
A caccie, feste, suoni, canti e spendere.
E voltandosi Ismael a’ compagni dice così:
     Dunque, compagni mia, che stiamo a fare?
Vogliam noi perder tempo e non godere?
El Primo Compagno risponde:
Io rinego la fé, che s’io vo’ andare
Un passo fuor, mio padre il vuol sapere.
Risponde il Secondo Compagno:
Voi non sapete una scusa pigliare;
Io fo talvolta in casa bugie bere
Che le vedrebbe un cieco, in fede mia;
E la foggia fa spalle,1 io raschio via.
     Risp. Ismael:E’ bisogna anche a me giocar del destro
Se io non vo’ che Abraam mi muti suono;
Io non ho più bisogno di maestro,
Nè di tante orazion, nè far sì il buono;
Ma vorrà poi tirar tanto il balestro
Ch’io so che ’l romperà; io so ch’io sono.
Or ch’io conosco il mal, ch’i’ vego e odo
Intendo far d’ogni cosa a mio modo.
El Terzo Compagno risponde:
     Egli hanno a noi sol quella discrezione
Che ha il lupo a un agnello, io lo veggio;
E non dicon: quand’io ero garzone
Io facevo cosi, e forse peggio.
Risponde il Primo Compagno:
Sa’ tu dove mi pare aver ragione?
Quand’io guadagno e poi danar gli chieggio,
E vuol sapere perchè, a uno a uno;

  1. La foggia era quella parie del cappuccio che pendeva sulla spalla. Ma il proverbio, non so dichiararlo. Raschio via, probabilmente: io me la svigno.